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Sintesi
Introduzione Valore di una donna - Tesina


Questa tesina di maturità verte sulla donna e sul suo valore a livello sociale. Gli argomenti che vengono trattati nella tesina sono i seguenti: in Psicologia il cambiamento del ruolo della donna dal secondo dopoguerra a oggi, in Pedagogia la Riforma Gentile e il liceo femminile, in Diritto madre e lavoratrice, dalla tutela alla parità, in Storia gli anni Sessanta e Settanta e il movimento femminista, in Inglese Virginia Woolf anf the birth of modern feminism, in Letteratura italiana l'immagine della donna, il consultorio familiare, in Igiene le malattie autoimmuni.

Collegamenti

Valore di una donna - Tesina


Psicologia - Il cambiamento del ruolo della donna dal secondo dopoguerra a oggi.
Pedagogia - La Riforma Gentile e il liceo femminile.
Diritto - Madre e lavoratrice, dalla tutela alla parità.
Storia - Gli anni Sessanta e Settanta e il movimento femminista.
Inglese - Virginia Woolf anf the birth of modern feminism.
Letteratura italiana - L'immagine della donna (Confronto tra D'Annunzio, Svevo, Montale e Pirandello.
Tirocinio - Il consultorio familiare.
Igiene- Le malattie autoimmuni.
Estratto del documento

“Il Liceo femminile 1923-

1928”

PEDAGOGIA

Le storie della scuola che riguardano il periodo fascista e la riforma Gentile si soffermano poco sul

Liceo femminile, la cui attività durò il breve arco di tempo intercorso fra il 1923 e il 1928, e che

per lo scarsissimo numero di allieve rappresentò un esperimento fallimentare nella politica

scolastica del regime; eppure è un illuminante esempio di come l’istruzione femminile veniva

considerata dal fascismo nella generale prospettiva di ristrutturazione del sistema scolastico, in

quanto scuola che, soddisfacendo il bisogno di dare alla donna un’istruzione separata da quella

maschile, la escludeva dagli studi superiori compiendo nell’arco di tre anni un percorso senza

sbocchi. Accanto ad essa veniva istituita l’altra scuola «di scarico», la complementare, creata per

accogliere parte della popolazione scolastica esclusa dagli studi classici, riservati alla formazione

della futura classe dirigente, e incanalare in un percorso breve e di modesto sapere la folla di

studenti che non poteva permettersi di proseguire gli studi a livello superiore.

Gentile tentò di dimostrare di aver realizzato le istanze che da tempo si facevano sempre più

pressanti di una scuola femminile di cultura disinteressata, «adatta ai bisogni intellettuali e morali

delle signorine» nel quadro di «un organismo, in cui potessero essere largamente soddisfatte tutte

le giuste esigenze della cultura nazionale»

In realtà questa scuola, dileggiata dai contemporanei e trascurata negli studi successivi, era stata

creata con il preciso scopo di stornare le iscrizioni dall’istituto magistrale, ormai sovraffollato in

quanto l’unico in grado di offrire alle donne una discreta cultura generale, oltre a prepararle a una

professione, quella dell’insegnamento, considerata più confacente alle donne; e per salvaguardare

al tempo stesso le scuole ritenute più adatte alla popolazione maschile, vale a dire il liceo classico

e l’istituto tecnico, da una «femminilizzazione della scuola». Tutto questo mentre si diffondeva, sia

in Italia sia all’estero, il principio della coeducazione dei sessi, e veniva affermandosi l’idea della

parità fisica e intellettuale fra la donna e l’uomo. Era dunque un’istituzione di stampo

conservatore e retrogrado, che tendeva a relegare la donna in un ruolo subalterno considerandola

incapace di intraprendere studi superiori e dedicarsi a professioni autonome e a impieghi come

avveniva per gli uomini; di più, era una scuola borghese, pensata per le signorine di buona

famiglia che non avevano interesse a proseguire gli studi né la necessità di prepararsi a un

mestiere - per queste ultime era sufficiente la scuola complementare - e per le quali l’educazione

poteva limitarsi a un’infarinatura di nozioni umanistiche completata con lavori femminili,

economia domestica, lezioni di musica e danza; tutto ciò, insomma, che poteva servire da

ornamento in un salotto.

La riforma Gentile fu anche una risposta reazionaria allo scompenso che esisteva tra scuola e

mercato del lavoro e che generava una sovrapproduzione di forze intellettuali; fra queste ultime

era sempre più rilevante la presenza delle donne nelle scuole secondarie e nelle Università. Il

sistema ad ostacoli rappresentato dai numerosi esami introdotti fra un anno e l’altro dei vari corsi,

la crescente difficoltà dei programmi e la drastica riduzione di scuole, nonché la limitazione degli

accessi agli studi universitari furono le misure adottate al fine di impedire le lunghe carriere

scolastiche alle masse per riservarle alla classe dirigente; per opporsi alla femminilizzazione nelle

scuole fu pensato un sistema di segregazione culturale che era espressione di un più vasto

disegno discriminante, e che in campo scolastico doveva raggiungere l’apice con l’esclusione delle

donne da alcuni insegnamenti nelle scuole secondarie.

Le origini di questa scuola definita «liceo», ma che del liceo aveva ben poco, possono essere

ricostruite a partire dai collegi ed educandati già esistenti negli stati preunitari, i cui programmi,

tranne che per le innovazioni gentiliane, quali l’introduzione del latino e della filosofia, erano

abbastanza simili; un’istituzione analoga era presente nell’Impero austroungarico, dove i Licei

femminili, che davano una preparazione culturale e professionale, erano molto frequentati, e

sarebbero stati ripresi e trasformati da Gentile che li aveva trovati nelle terre redente. Nelle

intenzioni di Gentile c’era, probabilmente, la volontà di creare una scuola che, con l’andar del

tempo, si sostituisse ai convitti e gli educandati religiosi che detenevano il monopolio

dell’istruzione per le giovinette; ma questa scuola che, nel suo anacronismo, strideva perfino con

l’idea che del ruolo femminile aveva il fascismo, non superò mai, se non di pochissimo, il centinaio

di iscritte.

I programmi del liceo femminile L’esame di ammissione al Liceo femminile prevedeva prove

scritte e orali di italiano e latino, conversazioni su alcuni argomenti di storia e di geografia, prove

di disegno, canto e uno strumento musicale, e nelle intenzioni del legislatore doveva costituire un

filtro che lasciasse accedere solo le più dotate di «grazia aristocratica»: «Si guarderà molto al

gusto con cui si leggono gli autori prescelti e alla signorilità dell’espressione», si

precisava nelle Avvertenze. Se le indicazioni di Gentile privilegiavano del latino l’aspetto estetico

della letteratura, dando grande spazio alla lettura dei poeti e assegnando un ruolo marginale a

Plinio, Livio, Cicerone e Tacito, il programma, dopo Fedele, diventa, nelle definizioni del Ministero

dell’Educazione Nazionale (MEN), «più armonico e più completo e meglio rispondente al fine

assegnato al liceo femminile: l’acquisto di una cultura generale di carattere disinteressato, la

educazione al gusto “delle cose belle, alte, gentili”»; le giovinette dovevano perciò dedicarsi allo

studio dei costumi religiosi e domestici degli antichi romani, e nei programmi non mancava

l’esaltazione della romanità e del cristianesimo.

Orario settimanale e materie d’insegnamento nelle tre classi del Liceo

Femminile

MATERIE D’INSEGNAMENTO I II III Tot.

Lingua e letteratura italiana e latina 6 6 6 18

Storia e geografia 3 3 3 9

Filosofia, diritto ed economia politica 3 3 3 9

Storia dell’arte (facoltativa) (2) (2) (2) (6)

Lingua francese (facoltativa) (4) (4) (4) (12)

Lingua tedesca o inglese 4 4 4 12

Disegno 3 3 3 9

Musica, canto e danza 2 2 2 6

Strumento musicale (facoltativo) (2) (2) (2) (6)

Lavoro femminile ed economia domestica 3 3 2 8

Educazione fisica 2 2 2 6

TOTALI 26 26 25 77

L’esame per la licenza L’esame di licenza comprendeva prove scritte e orali di italiano e latino,

francese, la lingua facoltativa (inglese o tedesco); una prova orale di filosofia della durata di venti

minuti, su argomenti di estetica, morale e sul problema conoscitivo più l’esposizione di un dialogo

platonico; conversazioni di diritto ed economia politica, storia e geografia; ma questa era la parte

minore dell’esame. Nelle materie artistiche veniva invece sottolineato il lato più «femminile» del

tipo di scuola. La prova pratica di disegno consisteva nell’esecuzione di un lavoro ornamentale su

un «oggetto casalingo» in cui la candidata doveva dare prova di buon gusto; il programma di

storia dell’arte era lo stesso del liceo classico, con l’avvertenza che «nel liceo femminile si

richiederà una più profonda conoscenza delle cosiddette arti decorative considerata la funzione

che la donna assume nell’ordinamento estetico della casa»; era ritenuto, invece, meno importante

che le fanciulle conoscessero la storia dell’architettura. Seguiva un programma di media difficoltà

di musica e canto corale e uno strumento musicale, a scelta fra pianoforte e violino; poi l’esame di

danza, in minima parte pratico, basato soprattutto su nozioni storiche e teoriche. Ma la parte

predominante era costituita dai lavori femminili e dall’economia domestica, che insieme

occupavano oltre la metà dell’intero programma. Venivano descritte nei minimi particolari le prove

pratiche, complessivamente quindici, che la candidata avrebbe estratto a sorte ed eseguito,

consistenti ognuna in una serie di lavori di taglio, ricamo, cucito a mano e a macchina, in cui

abbondavano vestine e cuffiette da neonato. Seguivano le prove orali, ossia una discussione del

lavoro svolto, disegni alla lavagna e su carta di modelli, preventivi di spesa dell’acquisto dei

materiali, ecc.; in tutto, l’esame pratico impegnava una giornata per sei ore, con un intervallo di

due, e l’esame orale doveva occupare una ventina di minuti. La prova si concludeva con una

conversazione di quindici minuti sulle nozioni di economia domestica, che comprendevano il

bilancio familiare, la casa e la mobilia, le cure da darsi agli abiti e alla biancheria, l’alimentazione

(inclusa l’utilizzazione degli avanzi) e gli animali domestici.

Il dibattito in Parlamento In Parlamento la riforma Gentile venne discussa per la prima volta nel

maggio 1923, in occasione del dibattito sull’approvazione del bilancio del MPI. La discussione

riguardava solo una parte della riforma, quella relativa al riordino della scuola media, e vide i

socialisti, rappresentati dai deputati Baratono, Zanzi e Lazzari in netto contrasto con Gentile. La

successiva discussione alla Camera si ebbe dal 17 al 19 dicembre 1924 sotto il successore di

Gentile, Casati, sempre nel corso del dibattito sul bilancio del MPI. Stavolta i gruppi di opposizione

riuniti nel cosiddetto Aventino avevano in gran parte disertato i lavori parlamentari per protestare

contro il rapimento e la scomparsa del deputato socialista Matteotti.

In Senato la discussione avvenne nel 1925, nelle tornate dal 2 al 7 febbraio. Oltre al riordinamento

della scuola secondaria l’attenzione si concentrava sulla riforma universitaria; la critica della

minoranza prendeva di mira in particolar modo i programmi della scuola media, l’esame di Stato e

le limitazioni all’autonomia universitaria, e fu qui che si concentrarono le critiche al Liceo

femminile. I più agguerriti erano Ettore Pais, Nino Tamassia, Francesco Torraca, Girolamo Vitelli e

Luigi Credaro, che non risparmiarono le critiche sulla nuova istituzione: «La scuola media appena

creata», diceva Tamassia, «ebbe i suoi infortuni, i nati morti della Riforma: la scuola

complementare, che con l’ossigeno del corsi integrativi non è più quella, e i licei femminili dai

canti e dalle dolci danze». L’onorevole Pais rincarò la dose, esponendo i programmi del nuovo

istituto al pubblico dileggio, in un discorso che non mancò di riscuotere l’approvazione della

platea; pur riconoscendo che l’idea di fondare una scuola per giovinette era buona, rispondendo

all’esigenza delle famiglie che non accettavano la coeducazione dei sessi, criticava ferocemente lo

spazio dedicato ai lavori femminili e all’economia domestica, che occupavano «nientemeno che

sei pagine del programma».

Decadenza e fine ingloriosa di una scuola inutile

Nell’anno scolastico 1925-26 le alunne del Liceo femminile erano 113: una cifra sparuta, se messa

a confronto con quella degli altri istituti. Il Liceo femminile era l’ultimo: solo la sezione di

agrimensura dell’istituto tecnico aveva racimolato un numero inferiore di alunne, appena 46. Ma

era un risultato fallimentare per una scuola che doveva rappresentare il luogo di formazione

culturale per la donna, e la dimostrazione che le fanciulle continuavano a rivolgersi all’istituto

magistrale, contrariamente a quanto Gentile aveva pronosticato. L’anno successivo la situazione

non era migliorata. Le allieve del Liceo femminile erano calate a 102. Tra la fine del 1926 e gli inizi

del 1927 il Ministero fu costretto a prendere atto dell’insuccesso di quella scuola che a malapena

raggiungeva il centinaio di alunne, e procedette alla soppressione retroattiva dei licei di Venezia,

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