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Durante il corso di quest’anno scolastico il lavoro è stato un tema ricorrente in diverse discipline, ma anche la sua continua presenza nell’attualità mi ha portato a sceglierlo come argomento per la mia tesina di maturità. La questione “lavoro”, inteso come attività pratica tesa ad assicurare al singolo e alla collettività maggior ricchezza, controllo sulla natura e migliori condizioni di vita, ha accompagnato l’uomo durante la storia e nel corso di questa ha assunto diversa importanza e reputazione. La tesina mi ha permesso di effettuare dei collegamenti con altri discipline di studio, trattando i seguenti argomenti: Verga e "I Malavoglia", la condizione psicosociale dei disoccupati, il mercato del lavoro e l'occupazione, il pensiero filosofico di Marx, Zola. Alla fine del mio lavoro vorrei ricordare le parole di Papa Giovanni Paolo II: "Il lavoro è la dimensione fondamentale dell’uomo sulla terra. Come tale esprime la sua stessa essenza".
Italiano: Giovanni Verga e “I Malavoglia”.
Scienze sociali: La condizione psicosociale dei disoccupati.
Diritto: Il mercato del lavoro e l’occupazione.
Filosofia: Karl Marx .
Lingua francese: Émile Zola.
- Liceo delle Scienze Umane Albertina Sanvitale –
Indirizzo delle scienze sociali
IL VALORE UMANO DEL LAVORO
e il fenomeno della disoccupazione
SVILUPPO SINTETICO E DISCIPLINE INTERESSATE:
1- INTRODUZIONE
2- LETTERATURA ITALIANA, Giovanni Verga “I Malavoglia”
3- SCIENZE SOCIALI, condizione psicosociale dei disoccupati
Teoria motivazionale e dei bisogni
3.1-
4- DIRITTO, il mercato del lavoro e l’occupazione
Le diverse forme di disoccupazione
4.1-
5- FILOSOFIA, Karl Marx
La condizione operaia e il fenomeno dell’alienazione
5.1-
6- LINGUA FRANCESE, Émile Zola
Le classi umili e sfruttate della società
6.1-
BIBLIOGRAFIA:
“Itinerari di filosofia”- Nicola Abbagnano,Giovanni Fornero
“Scienze sociali: il diritto e l’economia”- Tittarelli & Cardillo,Tramontana
“Kaleidoscope” - G.F Bonini-M.C. Jamet,Valmartina,vol.C
SITOGRAFIA:
http://www.psiche.roma.it/disoccupato.htm
http://occhioalblog.wordpress.com/2013/01/02/stato-sociale-e-malavoglia/
Durante il corso di quest’anno scolastico il lavoro è stato un tema ricorrente in diverse
discipline, ma anche la sua continua presenza nell’attualità mi ha portato a sceglierlo
come argomento per la mia tesina. La questione “lavoro”,inteso come attività pratica tesa
ad assicurare al singolo e alla collettività maggior ricchezza,controllo sulla natura e
migliori condizioni di vita, ha accompagnato l’uomo durante la storia e nel corso di questa
ha assunto diversa importanza e reputazione.
<<Il lavoro è la dimensione fondamentale dell’uomo sulla terra. Come tale
esprime la sua stessa essenza>>
Così Papa Giovanni Paolo II ha descritto il significato umano del lavoro. Quale frase più
significativa per inquadrare una realtà tanto vera quanto problematica? Il lavoro è sempre
stato e sempre sarà il fulcro della vita di ogni essere umano, l’anello congiungente per il
benessere dell’uomo,poiché la realizzazione professionale è importante per se stessi e per
la società in cui si vive.
Ha un valore spirituale profondo, oltre che materiale. Nel lavoro l’uomo esprime le sue
capacità, il suo ingegno, la sua creatività; è strumento di gratificazione umana, oltre che il
mezzo fondamentale per procurarsi da vivere. Attraverso il lavoro l’uomo conosce se
stesso.
La dura realtà degli ultimi anni concentra l’attenzione sui giovani che oggi sembrano
interpretare il ruolo del giovane ‘Ntoni, personaggio de “I Malavoglia” di Giovanni
Verga. Il romanzo narra la storia di una famiglia di pescatori che vive e lavora ad Aci
Trezza, un piccolo paese siciliano nei pressi di Catania. Il romanzo rappresenta personaggi
uniti dalla stessa cultura ma divisi dalle loro diverse scelte di vita, soverchiate comunque
da un destino ineluttabile. Li accomuna la volontà di staccarsi dal loro status sociale di
mediocri pescatori: come Bastianazzo che tenta la fortuna con la vendita del carico di
lupini; come Lia che, affascinata dalla modernità, si perde nei meandri della città;
soprattutto come ‘Ntoni che, tornato dal servizio militare ancora più povero di prima, si dà
al contrabbando, accoltella Don Michele e finisce in prigione. Quando ‘Ntoni torna nella
sua casa si sente come un esule, perché nulla è più al suo posto, perché lui non è più al
posto suo!
Forse si sentono così anche alcuni giovani di oggi che perdono il lavoro o non riescono a
trovarlo.
Con il rischio, anche per loro, di cadere nelle tentazioni dei nostri tempi: la droga, l’alcool,
lo spaccio, la violenza. Senza la mediazione dello Stato regna l’ingiustizia. I Malavoglia di
oggi non riescono da soli ad uscirne. La condizione di disoccupazione non è facile da
affrontare. È vero che bisogna provarci da soli, ma lo Stato attraverso una burocrazia
efficiente, deve essere garante della dignità delle persone. Non è più tempo di rimandare:
bisogna pensare ai giovani,al loro futuro, poiché rischiano di essere una generazione
schiacciata che, anche con un diploma o una laurea non ha nessuna prospettiva .
Per quanto riguarda la disciplina delle scienze sociali, l’argomento lavoro mi ha condotto
al modello esplicativo dei bisogni elaborato da Maslow che venne applicato anche in
ambito professionale. Egli teorizzò che gli individui agiscono secondo una gerarchia di
valori che parte da quelli fisiologici per giungere a
quelli psicologico-emotivi. Il lavoro può soddisfare
tutti i livelli di bisogni della scala di Maslow
attraverso il reddito che garantisce. Con questo
infatti si possono soddisfare i bisogni fisici,di
sicurezza,di status,sociali e di autorealizzazione.
Avere un lavoro quindi è indispensabile per la vita e
la sopravvivenza della persona.
I giovani che trascorrono gli anni senza trovare un
regolare lavoro subiscono un processo di
emarginazione, dagli esiti diversi: esiti che al limite,
sono molto gravi per la loro personalità e per la loro
partecipazione sociale. Il ruolo effettivamente svolto da questi giovani non corrisponde,
infatti, alle loro aspettative di persone che vivono nella comunità. In questa situazione
angosciosa spesso la persona non riesce a trovare sollievo nel proprio ambiente familiare
e sociale, si allontana sempre più in un’alienazione di sé e dei propri desideri.
Le persone che perdono il lavoro provano sentimenti simili a quelli del lutto per la perdita
di una persona cara e la depressione diventa l’espressione della constatazione della
perdita.
Le conseguenze della disoccupazione descritte dagli psicologi Eisenberg e Lazarsfeld,
prevedono tre fasi:
1) l’individuo rifiuta la nuova realtà,
2) subentra una fase di pessimismo rispetto alla prospettiva di trovare una
soluzione,
3) infine si arriva alla totale rassegnazione e il ripiegamento su se stessi.
È chiaro, quindi, che la disoccupazione incida notevolmente sullo stato di salute
psicofisica, favorendo o aggravando l’insorgere di disturbi di vario genere. Infatti le
conseguenze della disoccupazione sulla salute spaziano dal campo psico-sociale a quello
delle malattie croniche-degenerative, toccando sia il piano economico che quello sociale,
creando delle ripercussioni anche sui rapporti familiari, facendo crescere il disagio
psicologico percepito dall’individuo, insieme a varie condizioni di sofferenza quali ansia,
stress, nervosismo, oltre che rischiare di favorire vere e proprie depressioni, o
dipendenze.
Dalle statistiche, inoltre, si evince che in tutta Europa l’ultima ondata di licenziamenti ha
colpito in maniera soverchiante gli uomini rispetto alle donne. Questo, oltre alla perdita
del ruolo di lavoratore, mette in crisi anche l’identità di genere. Portare a casa lo stipendio
è un elemento fondamentale per l’identità maschile. Ma che sia vissuta da un uomo o da
una donna, la perdita del lavoro è comunque la perdita di una parte di sé. Le proporzioni
che sta assumendo il fenomeno rendono necessario un approccio che vada oltre un
inquadramento socio-economico, ma che riesca a toccare una sfera più profonda della
persona, mettendo in evidenza come l’assenza di lavoro modifichi senza alcun dubbio il
benessere generale dell’individuo.
Rimanere disoccupati è un’esperienza traumatizzante che se non affrontata ed elaborata
in modo corretto spinge l’individuo in un circolo vizioso di isolamento e perdita di
speranza.
Le conseguenze psicologiche della disoccupazione producono un senso di colpa e di
vergogna che minano la propria autostima e i rapporti con i familiari. Perdere il lavoro,
oltre alle evidenti problematiche legate al dato economico, costituisce prima di tutto una
minaccia per l'integrità dell'immagine di sé, perché è attraverso soprattutto la propria
condizione lavorativa che l'identità di un individuo si costruisce e si afferma. Le
conseguenze economiche invece spesso conducono alla delinquenza. Privato del reddito e
dell'identità di una professione, il disoccupato si sente in basso alla scala gerarchica
sociale.
Assumere il ruolo del "perdente" costretto a dipendere dagli altri domandando le
indennità allo Stato e talvolta a subire, con sentimenti di vergogna, i sospetti altrui di
oziosità, è umiliante e a volte intollerabile. È palese che il lavoro sia indispensabile per
una vita dignitosa ma accade anche che di lavoro si possa morire: la cronaca ci ricorda
sempre più spesso di suicidi sul posto di lavoro,come se il fallimento dell’azienda fosse il
fallimento della loro vita. Ci si identifica talmente con il proprio lavoro che il suo tracollo
crea una crisi esistenziale. Ma ci si toglie la vita anche per mancanza di lavoro: sono
entrambe due facce legate allo stesso tema. Ma perché emergono ora più che mai?
Perché la crisi ha messo a nudo la grande questione a riguardo.
Giuseppe Burgarella. Muratore e sindacalista Cgil, 61 anni, di Guarrato, paesino del
trapanese, ha deciso di togliersi la vita, impiccandosi. Non riusciva più a vivere senza
lavoro, prima ancora per un senso di dignità e di utilità sociale, che per un bisogno
Se non lavoro non ho dignità. Adesso mi tolgo dallo stato di
economico: << ,
disoccupazione le due frasi scritte nel foglio che ha lasciato nella Carta che detta i
>>
fondamenti della nostra Repubblica. E tra questi, il primo e più importante è l’articolo 1
L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro
che recita: . Questa
<< >>
frase, così bella, negli ultimi anni deve essere rimbombata come un incubo martellante
nella testa di Giuseppe. Soprattutto da quando era entrato in uno stato di profonda
depressione, perché non c’era proprio modo di trovare un lavoro.
Dal giornale “La Repubblica” del 9 febbraio 2013
Il diritto al lavoro e le disposizioni previste per la tutela dei diritti dei lavoratori sono
trattate nella nostra Costituzione,la quale vi attribuisce uno spiccato rilievo,dichiarandone
ora il valore primario assunto da fondamento della Repubblica,
ora la volontà di tutela mediante la previsione di numerosi ed
importanti ordinamenti.
A rendere testimonianza del fatto che la nostra Repubblica si
fonda sul lavoro c’è l’emblema dello Stato italiano, caratterizzato
da tre elementi: una ruota dentata d'acciaio, simbolo
del lavoro su cui si basa la Repubblica e del progresso. L'insieme
è racchiuso da un ramo di quercia, che simboleggia la forza e la
dignità del popolo italiano, e da uno di olivo, che rappresenta la
volontà di pace della nazione. La democrazia richiamata
dall’articolo 1 della Costituzione,si rafforzerebbe proprio grazie
a questa concezione di lavoro: l'impegno ed il merito individuale premiati in una cornice di
interesse generale.
La dimensione del lavoratore è mutato negli ultimi decenni: il lavoro appare quasi
esclusivamente come via per la sopravvivenza e non tanto come un diritto o dovere
civico.
Nonostante sia un fenomeno internazionale,l’Italia e soprattutto i giovani, risentono
particolarmente del problema della disoccupazione,la quale si manifesta sotto diverse
forme: quella strutturale quando non vi è corrispondenza fra il tipo di lavoro richiesto e i
requisiti professionali e preparazione; quella tecnologica deriva dall’introduzione di
macchinari che tendono ad economizzare la forza lavoro ed implica difficili interventi per
eliminarla o ridurla,essendo creata dallo stesso progresso tecnico e quindi conseguenza
dello sviluppo di una data economia; la disoccupazione frazionale è dovuta alle
imperfezioni del mercato che non consentono il totale assorbimento della forza lavoro
disponibile; quella stagionale invece riguarda attività che,per loro natura,non sono
continuative;
si parla infine di disoccupazione mascherata,caratteristica dei paesi sottosviluppati,in cui
i lavoratori producono un tasso di rendimento basso a causa di arretratezze nei sistemi
produttivi o scarsità di macchinari.
In questo contesto Karl Marx ci ricorda che il lavoro che ha come fine solo il profitto crea
alienazione e può distruggere l’uomo. Egli fu il primo filosofo a svelare le contraddizioni
del capitalismo e a realizzare una svolta nel pensiero, rivendicando il primato filosofico
della prassi sulla teoria, a differenza di tutta quanta era stata la filosofia a partire dalla