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Sintesi

Introduzione Utopia e distopia, tesina



Quanto è labile il confine tra realtà e finzione letteraria? È questa la domanda che mi ha portata a scegliere "distopia e "utopia" come tema per la mia tesina di maturità. Mi è capitato tante volte di scorgere, tra le righe di un romanzo, elementi che mi ricordavano qualcosa del mondo in cui vivevo e vivo tuttora. Non parlo di denuncia sociale, ma di vere e proprie analogie che, a volte, mi hanno anche spaventata.
In questi ultimi tempi questa sensazione mi è arrivata in modo particolare, specie quando ho avuto l’occasione di leggere i cosiddetti romanzi distopici.
Da pochi anni c'è stato un vero e proprio "boom" di questo genere letterario: è cominciato tutto a partire dal 2012 circa con l'uscita, nelle sale cinematografiche, di un film tratto da uno di questi romanzi, dal titolo The Hunger Games – primo capitolo di una fortunata saga. Da qui in poi, complice il successo di questa saga, in Italia abbiamo assistito ad una grande crescita delle vendite di opere di questo genere, cosa che ha portato anche alla riscoperta di alcune distopie più “antiche”, ad esempio 1984 di George Orwell, tanto per citare un pilastro della letteratura europea.
Il fattore comune di questi romanzi è il mondo che presentano: la società è distrutta, spesso divisa in fazioni in lotta; le nazioni sono governate da dispotici leader che impongono severe regole ai cittadini, di solito regrediti alla mera condizione di sudditi. Per non citare, poi, le nefaste condizioni del nostro meraviglioso pianeta Terra: inquinamento che ha rovinato qualunque cosa, foreste rase al suolo, città sull'orlo del decadimento più totale, mari che hanno inondato gran parte delle terre emerse.
Tutto il contrario, insomma, del mondo che spesso ci capita di sognare: una società senza più guerre, senza regole ferree, dove tutti convivono felici e in armonia. Un'utopia in tutto e per tutto; non a caso, distopia e utopia sono proprio due termini opposti, anche se coniati in epoche ben differenti.
In ogni caso, quello che mi ha colpita di più leggendo i romanzi distopici è il fatto che, laddove l'utopia è difficilissima da realizzare, la distopia è la perfetta rappresentazione di come potrebbe essere il nostro mondo di qui a qualche anno, e forse - anche se non del tutto e non catastroficamente - ci siamo già dentro e ci siamo già stati (basti pensare al periodo dei Totalitarismi).
Questa riflessione mi ha lasciata senza fiato: ho sempre amato leggere e considero la letteratura un po' come un mostro sacro, ma non mi sono mai resa conto di come potesse essere così vicina alla realtà, specie in un periodo come questo in cui essa è più uno svago che un modo di denunciare la società attuale o, in ogni caso, qualcosa di simile ad un mezzo di comunicazione. Difatti, gli stessi romanzi distopici non sono più uno strumento di satira come nell’immediato secondo dopoguerra, ma sono diventati una sorta di moda passeggera, come qualche anno fa lo erano stati i libri sui vampiri. C’è stata una sorta di “svalutazione” del potere che romanzi di questo genere possono avere; eppure, il loro valore non va preso sottogamba: la letteratura non è pura astrazione, ma è più concreta di quel che possa sembrare.
Ho riflettuto a lungo su tutto ciò, e ho voluto approfondire i miei pensieri in questa tesina. In particolare, vorrei parlare di distopia e di utopia attraverso la letteratura, mostrandone diversi esempi. Partirei con una prima definizione di entrambi i termini, passando poi ad un altro elemento che reputo interessante: l'utopia è praticamente impossibile ‒ questo è assodato ‒ ma se invece lo fosse, sotto forma di distopia? Una società perfetta, infatti, non rischia di diventare troppo difficile da sopportare, a lungo andare? Non impone anch'essa delle regole troppo rigide, pur mostrandosi come perfetta agli occhi dei suoi stessi cittadini?
Infine, ultimo punto che vorrei toccare è quello citato all'inizio: utopia e distopia nella finzione, ma anche nella realtà, mostrando come esse non siano poi tanto lontane dal mondo che tutti noi conosciamo.

Collegamenti


Utopia e distopia, tesina



Italiano: Pirandello e "Nuova Colonia".
Inglese: George Orwell con "1984" e "Animal Farm"; William Golding e "Lord of flies"; alcuni riferimenti a Thomas More e Jonathan Swift.
Tedesco: Hermann Hesse e "Das Glasperlenspiel"; Erich Kästner e la concezione dell'infanzia nelle sue opere.
Filosofia: Hegel e lo Stato; Marx e la società comunista.
Storia: i regimi totalitari del ventesimo secolo, Fascismo, Nazismo e Stalinismo.
Estratto del documento

LA DISTOPIA

2.1DEFINIZIONE E NASCITA DEL

TERMINE

(Distopia: una società caratterizzata dalla miseria umana, come squallore, oppressione,

malattia)

Se l’utopia affonda le sue radici più profonde nell’ambito religioso e filosofico, la distopia

risulta essere qualcosa di relativamente nuovo, almeno come concetto. Essa nasce, infatti,

come derivata dall’utopia, poiché ne è l’esatto contrario.

Laddove l’utopia è un’immaginaria società perfetta, con regole giuste, un sovrano corretto,

assenza di corruzione e rispetto reciproco, la distopia è la peggiore di tutte le società

possibili. È qualcosa da cui si vogliono prendere le distanze, qualcosa che incatena le nostre

libertà e ci soffoca, fino a farci diventare un semplice nulla in mezzo a tanti altri robot

guidati da un’ideologia a cui ci si è adeguati.

Secondo l’Oxford English Dictionary, il termine venne coniato nel 1868 dal filosofo inglese

John Stuart Mill, come contrario di utopia. Analogamente a quest’ultima, la distopia indica

una società fittizia; le origini, però, attingono sempre al mondo reale, come vedremo poi

analizzandone alcuni esempi rubati alla letteratura.

2.2 distopia e letteratura

Nel primo capitolo, l’utopia è stata vista sotto diverse luci, ma la distopia è diversa. Essendo

un concetto piuttosto moderno, essa è visibile soprattutto sotto un punto di vista letterario (e

numerosi sono gli esempi anche tra film e serie TV contemporanei).

La distopia può essere considerata come un genere letterario, anche se è legata soprattutto

alla fantascienza. In generale, si distinguono ben tre filoni della narrativa distopica:

 Il primo, classico, rappresenta una società futura in cui i cittadini vivono sotto

stretto controllo del governo, dove nulla può essere deciso secondo la loro

iniziativa e dove le libertà sono quindi estremamente limitate. Tale società è

caratterizzata da una propaganda serrata e influente, una polizia o

un’organizzazione molto simile che terrorizza i cittadini e li tiene sotto stretta

sorveglianza, una repressione totale del dissenso, spesso anche con mezzi

violenti quali la tortura e la morte;

 Il secondo è il cosiddetto filone post-apocalittico. In questo caso, la società

presentata nasce in seguito a catastrofi che hanno portato alla devastazione del

mondo, siano esse di causa naturale, oppure dovute a guerre. Il colpevole di

tutto, ciò, in ogni caso, è quasi sempre l’uomo. Il mondo presenta una

vegetazione ridotta ai minimi termini o anche città diventate come delle

foreste, malattie che vanno diventando sempre più contagiose e che

colpiscono in larga scala la popolazione mondiale, acqua che scompare o al

contrario che sommerge tutto, mutazioni genetiche e una tecnologia spesso

retrograda proprio per paura;

 Il terzo filone – spesso il più conosciuto – si pone ad un punto intermediario

tra i due: mostra società dove il governo controlla tutto, sorte in seguito a

catastrofi che hanno inevitabilmente portato il Pianeta alla rovina.

« He who controls the past controls the future. He who controls the present controls the

past. »

• George Orwell, “1984”

« Colui che controlla il passato controlla il futuro. Colui che controlla il presente controlla

il passato. »

• George Orwell; “1984”

Esempio per eccellenza del genere è il capolavoro di George Orwell, 1984. Ambientato in

una Londra dove ogni singolo aspetto della vita dei cittadini è rigidamente controllato dal

Grande Fratello, il romanzo è considerato come uno dei grandi pilastri del genere, insieme

ad un altro grande capolavoro come Il mondo nuovo di Huxley.

1984 non è un’opera che tutti ameremmo leggere: è cupo, il protagonista non è un eroe, e il

lieto fine è ben lungi da essere quello che tutti noi conosciamo, ma è innegabile la portata

realistica, che ci fa fermare a riflettere anche solo per un secondo.

Il romanzo è ambientato in un’epoca che, quando Orwell cominciò a scrivere, era per lui

futura: il 1984, data scelta semplicemente invertendo le ultime due cifre di 1948, anno in cui

l’autore inglese si mise all’opera.

La società dipinta da Orwell è composta da un ammasso di individui senza più un’identità:

quello che li lega è solo l’assoluta fedeltà al Partito,

l’unico che, tramite un ben congegnato sistema,

controlla ogni aspetto della vita degli abitanti di

Londra. Le giornate sono rigidamente scandite: dalla

sveglia, alla ginnastica mattutina, fino al lavoro, e la

cena. Non c’è scelta. Non c’è nemmeno amore: gli

abitanti vengono accoppiati “dall’alto” e l’unico fine è

la procreazione, la sicurezza di una continuità della

vita che possa far prosperare la società.

« Until they became conscious they will never rebel, and until after they have rebelled they

cannot become conscious. »

• George Orwell, “1984”

« Finché non fossero diventati coscienti, non si sarebbero mai ribellati, e finché non si

fossero ribellati, non sarebbero diventati coscienti. »

• George Orwell; “1984”

Inquietante e d’impatto è anche uno degli slogan del partito: «War is peace, freedom is

slavery and ignorance is strenght – la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è

forza». Queste tre frasi sono una sintesi di com’è il mondo di 1984: la guerra tra le tre

grandi nazioni – Eurasia, Oceania e Estasia – è il motore della vita, la libertà non è

auspicabile, perché persone libere non sarebbero controllabili dal Partito; l’ignoranza è

forza, perché avendo un popolo ignorante, il governo può controllarlo a suo piacimento,

tant’è vero che la società cambia idea a seconda di quello che i potenti dicono: se un giorno

sono in guerra con una nazione e alleati con un’altra, non è possibile parlare di una vecchia

guerra tra le potenze alleate; se il Partito sostiene che 2+2=5, allora il risultato non può

essere 4. « “You are a slow learner, Winston."

"How can I help it? How can I help but see what is in front of my eyes? Two and two are

four."

"Sometimes, Winston. Sometimes they are five. Sometimes they are three. Sometimes they

are all of them at once. You must try harder. It is not easy to become sane.” »

• George Orwell, “1984”

« “Sei uno che impara lentamente, Winston.”

"Ma come posso fare a meno..." borbottò Winston "come posso fare a meno di vedere quel

che ho dinanzi agli occhi? Due e due fanno quattro."

"Qualche volta, Winston. Qualche volta fanno cinque. Qualche volta fanno tre. Qualche

volta fanno quattro e cinque e tre nello stesso tempo. Devi sforzarti di più. Non è facile

recuperare il senno." »

• George Orwell; “1984”

In un mondo in cui non vi è possibilità di fuga, però, il protagonista – Winston Smith –

capisce di essere diverso: sarà proprio la sua impossibilità di uniformarsi alle scelte del

regime a costargli cara; e non solo a lui, ma anche alla sua amata Julia.

È inquietante il messaggio trasmesso dal romanzo: pur essendo fantascienza, esso ci

riguarda da vicino. Orwell dipinge un mondo che ha molto in comune con i regimi totalitari

del secolo scorso – non a caso, l’autore era famoso anche per un altro romanzo, La fattoria

degli animali, favola satirica per sottolineare le caratteristiche più sgradite dell’allora regime

stalinista. In ogni caso, Orwell è stato un vero e proprio

maestro anche per gli scrittori arrivati dopo di

lui: la distopia, infatti, conosce un grande

sviluppo soprattutto a partire dal secondo

dopoguerra.

Sembra quasi ironico: vengono dipinte

immaginarie e sgradite società dopo un

periodo in cui esse erano esistite per davvero

e molti avevano l’impressione che si fossero

estinte.

Il fattore comune della distopia è infatti

questo: così come l’utopia attinge alla realtà

per provare a migliorarla, la distopia la

distorce, la rende ancora più atroce, spesso

sottolineando tutto ciò con un marcato

umorismo che inquieta e spaventa.

Alla base di tutto c’è sicuramente la paura: paura che tutto ciò possa accadere ancora; essa si

accompagna però al suo esatto contrario, il coraggio, quello di mostrare tutte le “storture”

della società, denunciarle dinnanzi al grande pubblico.

La distopia ha un potere propagandistico immenso, se si sa leggere tra le righe.

D’altronde, la letteratura ha sempre avuto un ruolo importante in tal senso: numerosi sono

gli autori che hanno scritto a fini politici. Basti solo pensare a Bertolt Brecht e al suo

episches Theater, il cui scopo era proprio far riflettere lo spettatore riguardo a temi che lo

toccavano da vicino; oppure Charles Dickens e il suo esagerare con le descrizione per

attirare l’attenzione della borghesia leggente su problemi in cui loro erano coinvolti.

Insomma, sulla scia di una tipica attitudine letteraria, la distopia cerca di fare denuncia. E

quale miglior modo, se non spaventare i lettori per indurli a frenare un po’, dinnanzi a certi

comportamenti che sono tipicamente umani?

La distopia, però, non ha solo gli accesi toni politici di Orwell. Spesso, i romanzi del genere

vanno a mischiarsi alla fantascienza più pura – altro filone, non a caso, che sviluppa in

seguito alle numerose scoperte tecnologiche del secolo scorso.

Analogamente al campo politico, la distopia legata al mondo fantascientifico ha la tendenza

a esasperare dati reali. In questo caso, sono le tecnologie ad essere soprattutto le

protagoniste; le nuove scoperte, da un lato mostrate in tutte le loro migliori comodità,

dall’altro nel loro aspetto più alienante.

Tra i più grandi maestri del genere va sicuramente ricordato Isaac Asimov: i suoi libri sono

una sorta di culto della scienza, così come quelli di Philip K. Dick.

Ogni tanto, poi, la distopia si mischia al fantasy: ecco allora che nascono romanzi del

calibro di Io sono leggenda di Richard Matheson, dove gli antagonisti non sono più partiti

politici con l’ossessione del controllo, ma vampiri assetati di sangue, che ogni sera cercano

di uccidere l’ultimo uomo ancora tale sulla Terra.

È innegabile che negli ultimi tempi il genere abbia subito una grande

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