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Storia: Unità d'Italia;
Filosofia e scienza: Positivismo, Naturalismo, Scienze Umane (sociologia, antropologia con particolare riferimento a Cesare Lombroso).
A questo punto entriamo nel vivo della ricerca facendo la conoscenza dei personaggi
oggetto della nostra indagine. 5
2 EDMONDO DE AMICIS
CUORE, 1886
Il romanzo, scritto venticinque anni dopo la nascita del Regno d’Italia, è stato, almeno fino
agli anni Cinquanta, un testo immancabile nella formazione di intere generazioni. Questo
romanzo ha significato il tentativo di un’unificazione nazionale attraverso un’opera letteraria,
attraverso la proposta di un linguaggio accessibile a tutti e di un sistema di valori comune,
facilmente assimilabile ma nello stesso tempo in grado di farsi carico di quella carica ideale
necessaria al costituirsi di una nuova nazione. L’esito di questo lavoro fu straordinariamente
positivo, tanto che il suo ruolo potrebbe essere paragonato a quello che poi avrà in Italia la
televisione nel secondo dopoguerra.
Il libro è costruito come un diario, composto da Enrico, un alunno della terza elementare; alle
annotazioni del bambino si intercalano interventi sotto forma di lettera da parte dei genitori e
della sorella, oltre a nove racconti, dettati mensilmente dal maestro ad edificazione della
giovane scolaresca. Protagonisti di ciascuno di essi sono sempre i fanciulli, ogni volta
provenienti da un diversa regione del Regno d’Italia, chiamati a gesti di eccezionale
abnegazione o addirittura di eroismo, a difesa della patria, della famiglia o di qualche
particolare valore come l’onestà o l’altruismo. In questa cornice la storia si dipana seguendo i
ritmi e le scansioni dell’anno scolastico. Ma, al di là di questo sviluppo narrativo tutto in
superficie, i piccoli protagonisti rimangono statici e perennemente uguali a se stessi, al ruolo
particolare che a ciascuno di essi è stato affidato: Enrico, quieto eroe della medietas borghese;
Garrone, incarnazione della bontà semplice e sincera del popolo; Franti, il reietto, il
peccatore; e così via. Va sottolineato che questi piccoli modelli di vita incarnano l’ideologia e
i valori della borghesia in un’ottica laica: si esprimeva in questo modo il concetto di Stato che
era venuto formandosi dopo l’Unità, e le cui basi erano state poste da Cavour proprio in quel
Piemonte che fa da sfondo alle vicende.
2.1 FRANTI
Per una descrizione del personaggio è interessante prendere in considerazione alcuni
passi dell’analisi che ne fece Umberto Eco, scrivendone un “elogio”.
2.1.1 L'elogio di franti (Umberto Eco)
"E ha daccanto una faccia tosta e trista, uno che si chiama Franti, che fu già espulso
da un'altra sezione."
Così alla pagina di martedì 25 ottobre Enrico introduce ai lettori il personaggio di
Franti. Di tutti gli altri è detto qualcosa di più, cosa facesse il padre, in che
eccellessero a scuola, come portassero la giacca o si levassero i peluzzi dai panni: ma
di Franti niente altro, egli non ha estrazione sociale, caratteristiche fisionomiche o
passioni palesi. Tosto e tristo, tale il suo carattere, determinato al principio dell'azione,
così che non si debba supporre che gli eventi e le catastrofi lo mutino o lo pongano in
relazione dialettica con alcunché. Franti da Franti non esce; e Franti morirà: "ma
Franti dicono che non verrà più perché lo metteranno all'ergastolo", si scrive il
lunedì 6 marzo, e da quel punto, che è a metà del volume, non se ne farà più motto.
… 6
Questo il clima: ed Enrico ne era l'esponente medio, paro paro. Da un ragazzo di
quella fatta non possiamo aspettarci qualche lume su Franti: anzi doveva esistere tra i
due una sorta di incomprensione radicale
…
L'unica volta che Enrico si tradisce e ci mostra la madre di Franti che si precipita in
classe a implorare perdono per il figlio punito, affannata "coi capelli grigi arruffati,
tutta fradicia di neve", avvolta da uno scialle, curva e tossicchiante, ci lascia capire
che Franti ha dietro di sé una condizione sociale, e una stamberga malsana, e un padre
sottoccupato, che spiegano molte cose. Ma per Enrico tutto questo non esiste
…
Franti non ha sostrato, non si sa come nasca e come muoia, egli è l'incarnazione del
male? Ebbene sia, accettiamolo come tale e come tale vediamolo, elemento dialettico
nel gran corso della vita scolastica deamicisiana, momento negativo in tutta la sua
evidenza trionfante.
…
Franti sorride di fronte a vecchie inferme, a operai feriti, a madri piangenti, a maestri
canuti, Franti lancia sassi contro i vetri della scuola serale e cerca di picchiare Stardi
che, poverino, gli ha fatto solo la spia. Franti, se diamo ascolto ad Enrico, ride troppo:
il suo ghigno non è normale, il suo sorriso cinico è stereotipo, quasi deformante; chi
ride così certo non è contento
...
Franti nel cosmo del Cuore rappresenta la Negazione, ma - strano a dirsi - la
Negazione assume i modi del Riso. Franti ride perché è cattivo - pensa Enrico - ma di
fatto pare cattivo perché ride.
…
tutto ci che è riso e cattiveria in Franti altro non è che negazione di un mondo
dominato dal cuore.
…
Franti appare un inadattato al mondo in cui vive e lo coinvolge in un sogghigno
epocale (Franti mette tra parentesi qualsiasi fatto che invece coinvolga emotivamente
gli altri)
…
Enrico ci traccia il ritratto morale di Franti: "Io detesto costui. È malvagio. Quando
viene un padre nella scuola a fare una partaccia al figlio, egli ne gode; quando uno
piange, egli ride. Trema davanti a Garrone e picchia il muratorino perché è piccolo;
tormenta Crossi perché ha il braccio morto; schernisce Precossi che tutti rispettano;
burla persino Robetti, quello della seconda, che cammina con le stampelle per aver
salvato un bambino. Provoca tutti i più deboli di lui, e quando fa a pugni,
s'inferocisce e tira a far male. Ci ha qualcosa che mette ribrezzo su quella fronte
bassa, in quegli occhi torbidi, che tien quasi nascosti sotto la visiera del suo
berrettino con una faccia invetriata, è sempre in lite con qualcheduno, si porta a
scuola degli spilloni per punzecchiare i vicini, si strappa i bottoni della giacchetta e
ne strappa agli altri, e li gioca, e ha cartella, quaderni, libri, tutto sgualcito,
stracciato, sporco, ha la riga dentellata, la penna mangiata, le unghie rose, i vestiti
pieni di frittelle e di strappi che si fa nelle risse. Dicono che sua madre è malata dagli
affanni che egli le dà, e che suo padre lo cacci di casa tre volte: sua madre viene ogni
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tanto a chiedere informazioni e se ne va sempre piangendo. Egli odia la scuola, odia i
compagni, odia il maestro. II maestro finge ogni tanto di non vedere le sue birbonate,
ed egli fa peggio. Provò a pigliarlo con le buone, ed egli se ne fece beffa. Gli disse
delle parole terribili, ed egli si coprì il viso con le mani, come se piangesse, e rideva.
Fu sospeso dalla scuola per tre giorni ed egli tornò più tristo e insolente di prima.
Derossi gli disse un giorno: - Ma finiscila, vedi che il maestro ci soffre troppo, - ed
egli lo minacci di piantargli un chiodo nel ventre".
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3 GIOVANNI VERGA
I MALAVOGLIA, 1881
Il romanzo è ambientato in un piccolo paese siciliano nei pressi di Catania,
denominato Aci Trezza, verso la fine dell’ ‘800. Il romanzo rappresenta le vicende dei
suoi abitanti, accomunati dallo stesso destino ineluttabile di fatica e povertà. La
coralità del parlato permette allo scrittore di non comparire mai in primo piano con i
propri giudizi, lasciando campo libero alle interpretazioni proprie del lettore, posto di
fronte ad un fatto oggettivo. Verga adotta la tecnica dell'impersonalità, assumendo
nella lingua italiana modi tipici del parlato siciliano e adattandosi quanto più possibile
al punto di vista dei differenti personaggi, rinunciando così all'abituale mediazione del
narratore. Coerentemente con la sua visione essenzialmente pessimistica del mondo,
Verga reputa impossibile ogni sorta di cambiamento nelle vite dei poveri pescatori del
mezzogiorno che egli descrive e dunque, non essendo in grado di trovare una
soluzione alternativa alla rigida legge di natura che regola il mondo e che impone la
sopravvivenza del più forte e il soccombere dei deboli, preferisce non dare alcuna
sorta di giudizio su quel mondo. Tuttavia si può affermare che nel rappresentare, con
disperata amarezza e forte lucidità tutti gli aspetti negativi, si ponga comunque con
uno sguardo fortemente critico verso la materia trattata. Questo concetto di lotta per la
vita deriva a Verga anche dagli studi svolti da Charles Darwin, che lo portarono
all’elaborazione della teoria evoluzionistica. La pubblicazione de L’origine delle
specie nel 1859 infatti segnò profondamente la cultura dell’epoca.
La famiglia Toscano, nonostante sia decisamente laboriosa, viene soprannominata
Malavoglia per antifrasi. Il patriarca è Padron 'Ntoni, vedovo, che vive presso la casa
del nespolo insieme al figlio Bastiano, sposato con Maria. Bastiano ha cinque figli:
'Ntoni, Luca, Filomena (Mena), Alessio (Alessi) e Rosalia (Lia). Il principale mezzo
di sostentamento è la "Provvidenza", una piccola imbarcazione utilizzata per la pesca.
Nel 1863 'Ntoni, il maggiore dei figli, parte per la leva militare. Per far fronte alla
mancanza, Padron ‘Ntoni tenta un affare comprando una grossa partita di lupini. Il
carico viene affidato al figlio Bastianazzo perché vada a venderlo, ma egli perderà
tutta la merce ed anche la vita in un naufragio. La famiglia si ritrova con il debito dei
lupini, la Provvidenza da riparare e la perdita di Bastianazzo. Finito il servizio
militare, 'Ntoni torna molto malvolentieri alla vita laboriosa della sua famiglia, e non
rappresenta alcun sostegno per la già precaria situazione economica.
Il debito causerà alla famiglia la perdita dell'amata Casa del nespolo, e via via la
reputazione della famiglia andrà peggiorando fino a raggiungere livelli umilianti. Il
primogenito 'Ntoni decide di andare via dal paese per far ricchezze, ma, una volta
tornato ancora più impoverito, perde ogni desiderio di lavorare, dandosi all'alcolismo.
La partenza di 'Ntoni costringe la famiglia a vendere la Provvidenza per accumulare
denaro al fine di riacquistare la casa del nespolo. La padrona dell'osteria Santuzza, già
ambita dallo sbirro Don Michele, si invaghisce di 'Ntoni, mantenendolo gratuitamente
all'interno del suo locale. Ciò sarà origine di una rissa tra i due, che sfocerà in una
coltellata di 'Ntoni al petto di Don Michele. 'Ntoni finirà dunque in prigione. Padron
'Ntoni è ormai vecchio, il suo salmodiare si fa sconnesso e i suoi proverbi pronunciati
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senza cognizione di causa. Lia, la sorella minore, vittima delle malelingue, lascia il
paese e si abbandona all'umiliante mestiere della prostituta. Mena, a causa della
vergognosa situazione della sorella, sceglie di rinunciare a sposarsi, e rimarrà in casa
ad accudire i figli di Alessi, che continuando a fare il pescatore ricostruirà la famiglia
e potrà ricomprare la casa. Ciò che resta della famiglia fa visita all'ospedale al vecchio
Padron 'Ntoni, per informarlo della compravendita e annunciargli un suo imminente
ritorno a casa. Sarà l'ultima gioia per il vecchio, che morirà proprio nel giorno del suo
agognato ritorno. Neanche il desiderio di morire nella casa dov'era nato sarà dunque
esaudito. Quando 'Ntoni, uscito di prigione, ritornerà al paese, si renderà conto di non
poter restare a causa del suo passato, in cui si è auto-escluso dal nucleo familiare
rinnegando sistematicamente i suoi valori.
3.1 ‘NTONI
Si vede come il mondo ad Aci Trezza è un mondo immobile. Le sventure dei
Malavoglia non lo cambiano. Semmai, il progresso travolge le classi più umili, ancora
legate ai valori arcaici, le quali soccombono perdendo le antiche usanze senza riuscire
comunque ad adeguarsi alla società moderna. Un progresso quindi è impossibile ed
inattuabile. A prevalere è il cosiddetto “ideale dell'ostrica”: i personaggi sono preda di
un cieco fatalismo e quando cercano di uscire dal solco inesorabilmente segnato, la
loro condizione si aggrava; è il caso di Ntoni e Lia che, tentando di migliorare le
proprie condizioni, allontanandosi dal modello di vita consueto, finiscono male.