Anteprima
Vedrai una selezione di 7 pagine su 26
Occidente: il tramonto Pag. 1 Occidente: il tramonto Pag. 2
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Occidente: il tramonto Pag. 6
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Occidente: il tramonto Pag. 11
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Occidente: il tramonto Pag. 16
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Occidente: il tramonto Pag. 21
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Occidente: il tramonto Pag. 26
1 su 26
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Sintesi
Italiano: Giacomo Leopardi (la critica al secol superbo e sciocco); Giosuè Carducci; Giovanni Pascoli (il fanciullino); Cesare Pavese

Greco: l'età ellenistica

Latino: la figura di Catone Uticense; il discorso di Petilio Ceriale

Filosofia: Karl Marx; Martin Heidegger

Storia: Hiroshima

Fisica: la fusione e la fissione nucleare; creazione della bomba atomica

Scienze: la reazione nucleare nel sole
Estratto del documento

~ 6 ~

liberazione del dato razionale dall'involucro mitologico, che ancora in Esiodo

costituiva la trama metaforica della realtà.

“In principio fu il caos (…)” 3

E' bene chiarire che cosa si intenda per Caos; il verbo "Kao" significa

"spalancare la bocca" e quindi gli studiosi indicano in "Kaos" questo intervallo,

Teogonia

questa apertura che c'è nel mondo. La significa propriamente “nascita

degli dei”, “genealogia divina”, dunque altro non è che l’interpretazione del

mondo divino. Della visione esiodea etica e sociale i miti diventano riferimento

paradigmatico, espressione di un kosmos divino cui s’oppone l’akosmìa umana.

Come già detto la tecnica, comincia a dispiegare la sua potenza in età

ellenistica, col primato in clima democratico.

Anche Roma entra in contatto con la grecità della techne, si rovescia pertanto il

senso del limite tipicamente greco.

Parlare del tramonto dell’occidente significa, dunque, parlare della condizione

umana soggetta al giogo della ragione che nasce legittimata per il

miglioramento dell’essere in sé e per il mondo ma che ad un certo punto devia

il suo corso, potente nel suo essere e cosciente della sua importanza e finisce

per imporsi come al di sopra di ogni cosa grazie alla scienza e al progresso.

Essa si autoidentifica come unica possibilità per l’ente di arrivare all’aletheia

dell’esserci dell’essere e all’aletheia di cosa governa il mondo. Ma questa

ricerca di disvelamento di ciò che sia l’essere è ben presto traslata verso la

tecnologia e il progresso: l’ente cerca di trovare il senso dell’esistenza nel

superamento dei limiti e nella sua evoluzione, è più va oltre, più trova

appagamento, più sente la necessità di appagamento e ritorna alla condizione

iniziale e si rende conto che ciò non basta e, se non basta non può essere

strumento di ricerca dell’essere. L’uomo si troverà in un circolo vizioso e, da

questa delusione verso la scienza e il suo progresso, nascerà il suo malessere:il

nichilismo che lo nega nel suo essere, che lo pone nello stesso tempo come

tutto e niente in quanto incapace di scegliere.

Prometeo e la nascita dell’Uomo Faber

Esiodo, Teogonia I,1;

3 ~ 7 ~

“ Ora è tua cura ciò che il padre impone, Efesto: ora avvincerai il colpevole a

queste rocce ardue sull’abisso con catene più dure del diamante, la luce

artefice di tutto, il fuoco,il tuo fiore, egli lo ha rubato e ne ha fatto partecipi i

mortali. Deve agli dei pagare questa colpa. Forse così imparerà ad amarla la

signoria di Zeus. E avrà pace l’amicizia per gli uomini,il suo segno”.

Eschilo,Prom

eteo incatenato vv 3-11 Prometeo incatenato

Con questi versi si apre il di Eschilo, complessa tragedia

nella quale si può individuare l’esatto punto in cui l’uomo da animale

irrazionale, incapace di provvedere a se stesso e ai propri bisogni diviene

uomo faber, ossia colui che inventa, costruisce, progetta non solo per necessità

ma soprattutto per amore del sapere, cercando di essere simile agli dei grazie

ad un titano inventore di tutte le arti(technai) ,il cui nome esattamente significa

colui che riesce a vedere in anticipo (da pro e metis).

Nei versi si individua già la causa per cui egli è condannato ad essere

incatenato ad una rupe “la luce artefice di tutto egli l’ha rubata e né ha fatto

partecipi i mortali”: ha donato la possibilità all’uomo di emanciparsi dagli dei, la

tecnica. Per questo sconterà una colpa durissima inflittagli da Zeus il quale

non accetta che un’arte immortale, riservata a coloro che hanno in sé l’eternità

possa essere divisa con esseri effimeri e inferiori ed è una colpa che pagherà in

eterno, fino a quando cioè dalla rupe non sarà liberato.

“Ho spartito con i mortali un dono degli dei; per questo fu inchiodato al mio

destino.[….]Guardate il dio incatenato e doloroso il nemico di Zeus,il detestato

da tutti gli dei che varcano la soglia della reggia di Zeus perché amò i mortali

oltre misura”.

Eschilo,Prometeo Incatenato

Il suo è un dono filantropico che consente all’uomo il suo sviluppo tecnico e

sociale innalzandolo dalla sua condizione primitiva :

“Essi avevano occhi ma non vedevano,avevano le orecchie e non

udivano,somigliavano a immagini di sogno,perduravano un tempo lungo e

vago e confuso,ignoravano le case di mattoni,le opere del legno:vivevano sotto

terra come labili di formiche,in grotte fonde,senza il sole.[…..]Finché indicai

come sottilmente si riconoscano il sorgere e il calare degli astri,e infine per loro

scoprii il numero,la prima conoscenza,e i segni scritti come si compongono la

memoria di tutto,che è la madre operosa del coro delle Muse. E aggiogai le

fiere senza giogo,le asservì al giogo e alla soma perché esse succedessero ai

mortali nelle grandi fatiche”. Eschilo,P

rometeo incatenato

Ma sé da un lato la techne libera dal metafisico, dall’altro impone all’uomo di

essere schiavo della stessa poiché essa si presenta senza fine o, meglio,

arrivato a ciò a cui aspirava ricerca sempre l’oltre. Così le catene di Prometeo

~ 8 ~

che lo legano alla roccia saranno anche metafora dell’agire umano, condannati

techne

ad un sapere e ad una che con l’andare del tempo non riusciranno a

controllare.

L’Ellenismo e la nascita della Techne

L’età ellenistica viene posta tra il 323 e il 310a.C durante l’espansione greca ad

opera di Alessandro Magno che, in brevissimo tempo, conquistò gran parte delle

terre fino ad allora conosciute,ne allargò i confini grecizzando i popoli

conquistati. Alla morte di Alessandro il suo impotente regno fu suddiviso e

spartito tra i suoi ufficiali più potenti:

1)Regno di Macedonia sotto la dinastia degli Antigonidi;

2)Regno d’Egitto sotto la dinastia Tolemaica;

3)Regno di Siria sotto i Seleucidi e

4)Regno di Pergamo sotto gli Attalidi.

Le città si ingrandirono a dismisura, fino a diventare vere e proprie megalopoli e

divennero ben presto i centri di diverse culture(con musei e biblioteche).

Ad Alessandria, in questi anni, si effettuarono le prime scoperte scientifiche

senza le quali non sarebbe potuta nascere la scienza moderna. Si ricorda infatti

che l’acqua del Nilo, tramite una complessa rete di canali, veniva portata nei

campi ma anche nelle città, grazie ad un arcano depuratore pulita e smistata

nelle case. Avanzatissimi erano gli studi astronomici e di ottica: riuscirono a

creare lenti capaci di ingrandire oggetti che si trovavano a notevole distanza.

~ 9 ~

Roma e Grecia

Circa un secolo dopo la divisione della Grecia e dei territori conquistati da

Alessandro Magno, nei quattro regni ellenistici, Roma entrò in contatto con la

stessa civiltà, a causa del suo forte desiderio di dominio imperialistico. Per la

prima volta, anche se vincitore militare e politico il popolo romano dovette

ammettere la superiorità linguistica, culturale e intellettuale dei conquistati

che, nel corso della loro storia, avevano dato vita non solo ad una cospicua

produzione letteraria, ma ad una conoscenza d’avanguardia in più

campi(dalla retorica, alla filosofia ecc.), una conoscenza tipica di un uomo

politropico e per questo in grado di minare le basi della società romana,

saldamente vincolata al mos maiorum e al catoniano servare modus finesque

tenere. La figura di Catone Uticense

~ 10 ~

Ille nec horrificam sancto dimovit ab ore

caesariem duroque admisit gaudia voltu

(ut primum tolli feralia viderat arma,

intonsos rigidam in frontem descendere canos

passus erat maestamque genis increscere barbam:

uni quippe vacat studiis odiisque carenti

humanum lugere genus), nec foedera prisci

sunt temptata tori: iusto quoque robur amori

restitit. Hi mores, haec duri inmota Catonis

secta fuit, servare modum finemque tenere

naturamque sequi patriaeque inpendere vitam

nec sibi sed toti genitum se credere mundo.

Huic epulae vicisse famem, magnique penates

summovisse hiemem tecto, pretiosaque vestis

hirtam membra super Romani more Quiritis

induxisse togam, Venerisque hic maximus usus,

progenies; Urbi pater est Urbique maritus,

iustitiae cultor, rigidi servator honesti,

in commune bonus; nullosque Catonis in actus

subrepsit partemque tulit sibi nata voluptas .

4

Quello (Catone) non allontana l'irta chioma dal viso venerabile né il severo

volto si illumina di gioia (non appena aveva visto impugnare le armi funeste,

aveva lasciato crescere e scendere sulla fronte austera i bianchi capelli e sulle

guance la barba, in segno di lutto: egli soltanto, non preso da interesse o da

odio di parte, era disposto a piangere sul genere umano), né tenta di unirsi,

come un tempo, alla moglie: la sua intransigenza si oppone anche ad un amore

legittimo. Questi i costumi, questa la condotta indefettibile del rigoroso Catone:

osservare la misura, non travalicare il limite, seguire la natura, votare la vita

alla patria e convincersi di non esser nato per sé ma per tutti gli uomini. Per lui

era un banchetto vincere la fame, una sontuosa dimora ripararsi con un tetto

dalle intemperie, una veste preziosa mettersi addosso una ruvida toga,

secondo l'antica consuetudine quirite, e fine ultimo dell'amore la generazione

dei figli; padre dell'Urbe, suo marito, osservante della giustizia, cultore

dell'onestà più rigida, retto nell'interesse della comunità: nel suo

comportamento non penetrò mai un piacere che pensasse solo a se stesso.

Lucano, Bellum Civile II, 372-391;

4 ~ 11 ~

Pharsalia

Se un personaggio positivo si deve trovare nella di Lucano, lo si dovrà

identificare in Catone, il leggendario difensore della libertà repubblicana. In

questo passo il poeta ne dà una descrizione morale più che fisica: le stesse

caratteristiche fisiche elencate, infatti, mirano piuttosto a una definizione

dell’indole e dell’animo del personaggio; persino il dettaglio dei capelli bianchi

(intonos… canos; v. 375), lasciati crescere in segno di lutto, aggiunge un

elemento di solennità al ritratto. Il poeta sembra guardare con reverenza al

personaggio, perfetta esemplificazione del saggio stoico del quale si

evidenziano soprattutto la compostezza e il rigore. Dunque tutto il passo è

caratterizzato da un tono solenne e partecipe che rivela l’ammirazione di

Lucano per il simbolo dell’opposizione anti- imperiale.

Bellum civile”;

Questo brano è tratto dal “ il nome con cui Lucano stesso si

riferisce ad esso è, però, “Pharsalia” con evidente allusione alla città di Farsàlo,

luogo della battaglia tra Cesare e Pompeo divenuta il simbolo della fine della

repubblica. Come tutta la letteratura imperiale, anche l’epica trova il suo

Eneide

modello nell’età augustea. Il classico di riferimento è ovviamente l’ di cui

Pharsalia

la risulta un’emulazione per antifrasi: se questa appare come il

Bellum civile

poema del “consenso” all’impero, il si configura decisamente

come il poema del dissenso. Lucano fa oggetto del suo poema storico proprio la

guerra civile e la mostra direttamente in tutto il suo orrore e la sua negatività. Il

contrasto più evidente rispetto all’ottica virgiliana si può cogliere nel celebre

Bellum civile,

episodio della profezia descritto nel VI libro del corrispondente a

dell’Eneide.

quello contenuto nel VI libro Al posto del pius Enea vi è Sesto

Pompeo, il “degenere figlio” del difensore della res publica; al posto di Anchise

il cadavere di un soldato morto e richiamato in vita dalla maga Eritto; al posto

dello splendore dei Campi Elisi, un’atmosfera di morte e distruzione; ma

soprattutto, al posto del catalogo degli eroi che faranno grande Roma, c’è il

loro dolore per la sorte della città.

Una simile drammaticità pervade anche l’opera di Tacito e non è soltanto frutto

di abilità retorica, ma scaturisce dalla drammaticità stessa degli interrogativi

storici; nell’incapacità di riuscire a scoprire la ragione ultima degli eventi, Tacito

cerca le ragioni contingenti nell’animo dei protagonisti della storia, nelle

passioni degli individui o delle masse.

Approfittando del caos politico in cui Roma è piombata in seguito alla guerra

civile, il batavo Giulio Civile promuove una rivolta antiromana nella Germania

Dettagli
Publisher
26 pagine
86 download