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Sintesi
Estratto del documento

Matematica

Il concetto di limite, sebbene utilissimo per sostituire ad un punto un intervallo ha

comunque dei difetti: infatti applicando il concetto di limite ad un punto io posso avere

solamente una visione locale di una funzione: e' come se volessi studiare una strada di

notte approfittando della luce di qualche lampione: potrò vedere in quel punto e nelle

vicinanze di quel punto ma se voglio sapere cosa succede un po' più in là dovrò avere un

altro lampione.

A noi serve qualcosa che ci permetta di vedere la funzione nella sua interezza e quel

qualcosa sarà la derivata. y = f(x)

Q P ( x0 , f(x0))

Q (x0+h, f (xo+h))

Δy

β

P Δy

QH =

H

Δx PH = Δx

β

α x0 x0 + h

Δf = f(x0+h) – f(x0) = incremento della funzione

Δx = (x0+h) – x0 = h = incremento della variabile indipendente

Δy = Δx . tg β

Δy/Δx = tg β = rapporto incrementale

Se Q tende a P, x0+h tende a x0 e l’incremento scompare, inoltre la secante diventa

tangente perché i due punti si riducono ad un punto solo.

lim tg β = lim Δy/Δx = tg α = f’(x0)

Q→P h→0 4

f’(x0) = derivata prima della funzione calcolata nel punto x0.

E’ anche uguale al limite del rapporto incrementale.

lim Δy/Δx = f’(x0) lim (f(x+h) – f(x)) / h

h→0 h→0

f’(x) = coefficiente angolare della tangente alla curva nel punto P

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Filosofia

Premessa: il tribunale della ragione

Lo studio di Kant (Königsberg, Prussia 22 aprile 1724 – 12 febbraio

1804) attorno ai limiti della conoscenza vuole essere un vero e proprio

tribunale della ragione, dove la ragione processa se stessa, in modo da

vigilare sull'innata tendenza umana a travalicarne i limiti (il

razionalismo, ovvero la tendenza a costruire verità metafisiche per

mezzo del solo pensiero razionale, senza riscontro nella realtà concreta).

Se la ragione umana ha spesso travalicato i limiti dell'esperienza

generalizzando e forzando impropriamente alcuni casi specifici in modo

da affermare verità indimostrabili, per Kant è bene vigilare su queste

tendenze razionaliste in modo da negare ogni metafisica e dedicarsi

invece alla ricerca delle reali possibilità del conoscibile. La ragione

sottopone a giudizio se stessa in modo da definire le sue capacità di

giudizio attorno alle cose, i suoi limiti e i modi in cui può esprimere

giudizi attorno alla realtà

Critica della ragion pura: La ragione e i suoi limiti

Con il termine "critica della ragione pura" Kant intende porre una critica (un giudizio, un'analisi delle

capacità) della ragione "pura", ovvero la ragione scremata da qualsiasi elemento empirico

"accidentale", la ragione in sé stessa, per come si struttura e come permette di considerare la realtà

secondo modalità necessarie e universali (i modi aprioristici della conoscenza).

1. La cosa in sé : Il nucleo centrale della filosofia di Kant è l'affermazione che il contenuto della

conoscenza umana non può corrispondere alle cose come sono in se stesse. Il contenuto della

coscienza non permette di conoscere le cose in modo che corrispondano alla realtà, poiché la

coscienza opera sulla realtà un processo di mediazione e tale mediazione impedisce necessariamente

l'accesso alla fonte autentica della realtà. La mente, in sostanza, opera sulla realtà in sé una serie di

interpretazioni secondo le proprie caratteristiche, interpretazioni che si pongono nel momento stesso in

cui ci si accinge a pensare. Tali interpretazioni impediscono di fatto di attingere alla reale conoscenza

della realtà.

La mente umana è come un paio di occhiali colorati che l'uomo non può togliersi. La mente è

necessariamente un modo specifico di percepire la realtà, non ha la qualità di percepire le cose per

come sono realmente, poiché i processi mentali filtrano la realtà attraverso i loro meccanismi peculiari.

Se la mente fosse un paio di occhiali colorati, l'uomo non potrebbe che guardare la realtà attraverso il

colore dominante di quelle lenti. La mente umana è dunque una lente: essa deforma e legge la realtà

attraverso le sue specifiche caratteristiche.

La realtà inconoscibile è chiamata da Kant "cosa in sé", La quale risulta pensata dalla mente come

"noumeno", ovvero, "oggetto del pensiero", poiché la cosa in sé viene pensata ma non può essere

"vista" dalla mente per come si presenta (la cosa in sé è come un oggetto mai visto contenuto in una

scatola, il noumeno è il pensiero dell'oggetto che tuttavia non può essere visto). Da questo si evince

che la realtà che l'uomo percepisce attraverso la mente è un fenomeno ("ciò che appare") sotto il

quale esiste un'ulteriore realtà, chiusa in sé e alla conoscenza.

Quella di Kant è una critica radicale al concetto di metafisica. Se essa è il tentativo di conoscere la

realtà autentica delle cose attraverso la razionalità espressa dalla coscienza, per Kant, come si è visto,

non si può conoscere la realtà autentica delle cose (la cosa in sé) attraverso la razionalità, ma si

può solamente venire a contatto con il fenomeno sensibile costituito dal mondo.

Come può affermare Kant che esiste necessariamente una cosa in sé che tuttavia rimane inaccessibile,

nella forma, al pensiero? La prova dell'esistenza in sé delle cose viene necessariamente dal fatto che se

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il contenuto della coscienza è fenomeno e apparenza della realtà autentica, deve per forza esistere una

realtà alla quale questa interpretazione venga riferita, altrimenti si giungerebbe al paradosso di una

apparenza che non ha alle sue spalle alcuna realtà.

2. Conoscenza a priori e conoscenza a posteriori: L'affermazione che la coscienza umana non

può accedere alla realtà in sé, la quale rimane inconoscibile e inaccessibile alla conoscenza, comporta

la ridefinizione del concetto di conoscenza universale e necessaria, ovvero quel tipo di conoscenza che

è vera indipendentemente dalle diverse opinioni (la conoscenza che si usa definire con il termine greco

"episteme", ovvero conoscenza che sta "al di sopra" delle opinioni).

Per Kant la conoscenza universale e necessaria è la conoscenza a priori. Se la mente umana e il suo

contenuto non possono che venire a contatto con il fenomeno, è anche vero che la mente umana

interpreta la realtà in sé sempre allo stesso modo secondo le sue proprie caratteristiche. Queste

caratteristiche peculiari, che rappresentano i modi in cui la realtà in sé viene interpretata dalla

coscienza, sono un tipo di conoscenza a-priori, ovvero un tipo di conoscenza che è vera

indipendentemente dal contenuto dell'esperienza. La conoscenza a-priori è dunque il modo sempre

identico secondo il quale la mente interpreta la realtà (la nostra mente percepisce alcuni aspetti della

realtà sempre in un certo modo e mai in un altro).

La conoscenza a posteriori, per contro, è quel tipo di conoscenza che può mutare secondo il mutare

dell'esperienza empirica di fatto. Se la conoscenza di un oggetto implica a priori che tale oggetto

possegga una certa forma, la conoscenza a posteriori indica quale è la sua forma concreta. La

conoscenza a posteriori viene quindi dopo l'intuizione a priori dell'oggetto ed è quel tipo di

conoscenza che si fonda sul confronto con le esperienze empiriche passate, che non può esistere senza

questo confronto. La conoscenza a posteriori è la conoscenza empirica delle cose, la quale muta

con il mutare degli accadimenti.

Kant, unendo parte della teoria razionalista (Cartesio) e parte di quella empirica (Locke), formula i

giudizi sintetici a priori. Distingue quindi:

- I giudizi analitici a priori: tipici del razionalismo, sono infecondi (analitici), in quanto il predicato

non dice niente di nuovo rispetto al soggetto, e universali e necessari (a priori) in quanto non hanno

bisogno di convalide empiriche.

- I giudizi sintetici a posteriori: tipici dell’empirismo, sono fecondi (sintetici) in quanto il predicato

dice qualcosa di nuovo rispetto al soggetto, e particolari e non necessari (a posteriori) in quanto

derivano dall’esperienza.

- I giudizi sintetici a priori:sono quelli del criticismo Kantiano, fecondi (sintetici) e universali e

necessari (a priori). Tali giudizi sono limitati al campo applicativo della matematica e della fisica. I

giudizi della matematica sono a priori in quanto "portano con sé quella necessità che non può mai

essere tratta dall’esperienza" e poi sono al contempo sintetici in quanto esprimono le relazioni

permanenti tra i diversi oggetti dell'esperienza.

3. La rivoluzione copernicana del pensiero: Secondo quanto Kant stesso afferma, egli è

protagonista di una vera e propria rivoluzione copernicana del pensiero. L'uomo ha sempre pensato

di dover conformare e adattare la sua mente alla percezione degli oggetti (la mente era passiva,

l'oggetto attivo), mentre occorre ribaltare la questione e pensare che sono gli oggetti, ovvero la

percezione che abbiamo di essi e della materia, a doversi adattare agli schemi aprioristici della

mente umana (la mente è attiva, l'oggetto passivo). L'oggetto diventa il frutto di un'attività mentale,

l'uomo non è una "spugna" che assorbe passivamente il contenuto della realtà, non è una tabula rasa,

l'uomo e le sue strutture mentali intervengono attivamente a creare l'immagine degli oggetti.

Similmente a Copernico, che suggerì di ribaltare le teorie della centralità della Terra a favore

dell'eliocentrismo, Kant suggerisce di ripensare il rapporto che sussiste tra mente e realtà esterna alla

mente: non sono gli oggetti a produrre un certo effetto nella mente passiva, ma è la mente attiva a

produrre gli oggetti, i quali sono passivi in relazione a tale produzione mentale che li determina.

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4. Le categorie: La nostra coscienza si accosta alla realtà attraverso le intuizioni a priori. Le

categorie sono proprio la conoscenza a priori dei fenomeni, i modi di ordinare il mondo

dell’esperienza. Intuizioni a priori sono: lo Spazio (forma a priori dell’intuizione); il Tempo: forma

per la quale il soggetto si rende conto del divenire di sé e del mondo. Il tempo è condizione formale a

priori non solo dei fenomeni interni, ma di tutti i fenomeni, al tempo è subordinato anche lo spazio. In

particolar modo, l'intelletto ordina diverse rappresentazioni sotto una rappresentazione comune,

ovvero le categorie: esse sono dodici divise in quattro parti fondamentali: quantità, qualità, modalità,

relazioni.

Kant conclude la sua critica sostenendo che la matematica si fonda sulle forme a priori della sensibilità,

la fisica sulle forme a priori dell’intelletto, la metafisica sulle idee della ragione.

La partizione della “Critica della ragion pura”

La Critica della ragion pura

Dottrina degli elementi Dottrina del metodo

( si propone di chiarire l’uso degli

(si propone di mettere in luce le elementi, ovvero il metodo della

forme a priori) conoscenza)

Estetica trascendentale Logica trascendentale

(studia la sensibilità e le sue

forme a priori (studia il pensiero discorsivo)

–spazio e tempo- ) Analitica

(studia l’intelletto e le sue

forme a priori –le categorie-)

Dialettica

(studia la ragione e le sue

forme a priori –le idee-)

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Italiano

Il movimento decadentista ha origine verso il 1880 nei cenacoli dei

poeti bohemien in Francia; essi furono definiti decadenti in senso

dispregiativo in quanti interpreti della crisi dei valori e della

perplessità delle coscienze. Voglio però dirigermi verso il significato

che il termine decadentismo assume in seguito e cioè quello di

descrivere il movimento culturale e spirituale che segue alla crisi del

positivismo, investendo così con la sua influenza mezzo secolo. Ben

sappiamo che il positivismo altro non è che il movimento filosofico-

culturale caratterizzato da una esaltazione della scienza, che pone le

sue radici sempre in Francia ai primi dell’800. Esso appare

caratterizzato da una celebrazione della scienza che viene riconosciuta

come unico possibile strumento di conoscenza. Ha le sue basi nel

balzo in avanti del capitalismo industriale che si verifica nel corso del

secolo e nei profondi mutamenti delle strutture sociali, dei modi di

vita, delle mentalità che esso produce. Presupposto essenziale della

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