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Il relativismo conoscitivo e psicologico su cui si basa il pensiero di Pirandello si scontra con il
conseguente problema dell' incomunicabilità tra gli uomini: dato che ogni persona ha un
proprio modo di vedere la realtà e dunque una propria verità, non può esistere una
comunicazione che abbia basi oggettive e condivise. L'incomunicabilità produce quindi un
sentimento di solitudine ed esclusione dalla società e persino da se stessi, poiché proprio la
crisi e frammentazione dell'io crea diversi io discordanti ("Il nostro spirito consiste di
frammenti") che non risolvono la frammentazione se non facendo scoprire al personaggio di
non essere poi nessuno.
Il personaggio di conseguenza avverte un sentimento di estraneità dalla vita che lo fa sentire
forestiere della vita[14], nonostante la continua ricerca di un senso dell'esistenza e di
un'identificazione di un proprio ruolo, che vada oltre la maschera, o le diverse e innumerevoli
maschere, che compaiono al prospetto della società come delle persone più vicine.
Il tema dell'incomunicabilità è ben espresso dal personaggio di Vitangelo Moscarda del
romanzo Uno, nessuno e centomila e dalla commedia Sei personaggi in cerca di autore.
La reazione al relativismo
Reazione passiva
L'uomo accetta la maschera, che lui stesso ha messo o con cui gli altri tendono a
identificarlo. Ha provato sommessamente a mostrarsi per quello che lui crede di essere ma,
incapace di ribellarsi o deluso dopo l'esperienza di vedersi attribuita una nuova maschera, si
rassegna. Vive nell'infelicità, con la coscienza della frattura tra la vita che vorrebbe vivere e
quella che gli altri gli fanno vivere per come essi lo vedono. Accetta alla fine passivamente il
ruolo da recitare che gli si attribuisce sulla scena dell'esistenza. Questa è la reazione tipica
delle persone più deboli come si può vedere nel romanzo Il fu Mattia Pascal.
Reazione ironico – umoristica
Il soggetto non si rassegna alla sua maschera però accetta il suo ruolo con un atteggiamento
ironico, aggressivo o umoristico. Ne fanno esempio varie opere di Pirandello come: Pensaci
Giacomino, Il gioco delle parti e La patente. Il personaggio principale di quest'ultima opera,
Rosario Chiàrchiaro, è un uomo cupo, vestito sempre in nero che si è fatto involontariamente
la nomea di iettatore e per questo è sfuggito da tutti ed è rimasto senza lavoro. Il presunto
iettatore non accetta l'identità che gli altri gli hanno attribuito ma comunque se ne serve. Va
dal giudice e, poiché tutti sono convinti che sia un menagramo, pretende la patente di
iettatore autorizzato. In questo modo avrà un nuovo lavoro: chi vuole evitare le disgrazie che
promanano da lui dovrà pagare per allontanarlo. La maschera rimane ma almeno se ne
ricava un vantaggio.
Reazione drammatica
L'uomo vuole togliersi la maschera che gli è stata imposta e reagisce con disperazione. Non
riesce a strapparsela ed allora se è così che lo vuole il mondo, egli sarà quello che gli altri
credono di vedere in lui e non si fermerà nel mantenere questo suo atteggiamento sino alle
ultime e drammatiche conseguenze. Si chiuderà in una solitudine disperata che lo porta al
dramma, alla pazzia o al suicidio come accade ad esempio per i personaggi dei drammi
Enrico IV, dei Sei personaggi in cerca d'autore e Il gioco delle parti, o al protagonista di Uno,
nessuno e centomila.
Il fu Mattia Pascal
Il fu Mattia Pascal è un celebre romanzo di Luigi Pirandello che apparve dapprima a puntate
sulla rivista "Nuova Antologia" nel 1904 e pubblicato, nello stesso anno, in volume. Fu il
primo grande successo di Pirandello, scritto in un momento difficile della sua vita.
Trama
Mattia Pascal vive nell'immaginario paese ligure di Miragno dove il padre, che si era
arricchito con i traffici marittimi e il gioco d'azzardo ha lasciato in eredità alla moglie e ai due
figli una discreta fortuna. A gestire l'intero patrimonio è un avido e disonesto amministratore,
Batta Malagna. Egli, dopo la morte della moglie, sposa Oliva, ragazza che Mattia conosce
bene, per avere un figlio. Ma l'uomo non riesce ad avere eredi, e crede che sia colpa di Oliva,
non pensando che invece sia lui il problema. L'amico Pomino dice al protagonista che ha
parlato con una serva, e ha scoperto che Malagna sta tramando qualcosa con la cugina,
Marianna Dondi, vedova Pescatore: questa gli avrebbe detto che gli sta bene che non riesca
ad avere un figlio, dato che si è rifiutato di sposare Romilda, figlia della vedova e nipote di
Malagna, di cui Pomino è innamorato. Ora lo zio si sarebbe pentito di non aver accontentato
la nipote. Mattia e Pomino temono che l'uomo stia complottando con la cugina per avere un
figlio da Romilda. Pascal aiuta l'amico, e, giusto per stordirlo un po', gli dice che, per salvare
la giovane, Pomino potrebbe sposarla. Con la scusa di una cambiale, Mattia si reca a casa di
Marianna Dondi, dove trova anche Malagna. Conosce Romilda. Si trattiene poco a casa della
vedova Pescatore, per poter tornare ancora da Romilda e dalla madre, che, però, non sembra
contenta dell'annuncio di una sua prossima visita. Nonostante il giovane le parli di Pomino,
Romilda si innamora di Mattia, e lui ricambia l'amore. Un giorno, la ragazza, rimasta sola con
lui dopo che la madre si è allontanata, gli chiede di portarla via. Romilda, viene messa
incinta da Mattia, e lui, in seguito a quel loro incontro, pensa come preparare la madre alla
notizia del suo inevitabile matrimonio. Ma riceve una lettera da Romilda, in cui lei gli dice che
non devono più vedersi. Mattia non comprende il motivo che ha spinto la giovane a
chiedergli una cosa simile. Oliva si reca a casa sua per sfogarsi con la madre di lui per la
disperazione cagionatale dal marito. Batta Malagna ha annunciato il prossimo arrivo del suo
tanto atteso figlio. Mattia, compresa la ragione per cui Romilda gli ha detto che non
avrebbero dovuto più vedersi, si sente ingannato da lei. Si reca a casa di Oliva, e le mostra la
lettera. La ragazza capisce che Malagna non è il vero padre del bambino che aspetta
Romilda, ma Mattia le dice che lei deve far credere al marito che lui può veramente avere un
figlio. Pascal ingravida anche Oliva; Malagna scopre il tradimento della moglie, va da Mattia e
gli dice che ha disonorato la nipote e che deve rimediare a quello che ha fatto. Il
protagonista capisce che Romilda non ha fatto nulla di male per far credere a Malagna di
essere il padre del bambino che lei aspetta. La ragazza, infatti, sostiene che, quando ha
rivelato alla madre l'amore che ormai la legava indissolubilmente a Mattia, Marianna Dondi è
andata su tutte le furie, e le ha detto che non avrebbe mai acconsentito a farla sposare con
uno «scioperato». Giunto Batta Malagna, la vedova Pescatore ha lasciato sola Romilda con
lui. La giovane gli ha rivelato la sciagura che le è capitata, e gli ha chiesto di opporsi alla
madre e indurla a più giusti consigli, dato che lei voleva restare fedele a Mattia. L'uomo si è
intenerito, ma non troppo; le ha detto che, essendo Romilda minorenne, è ancora sotto la
potestà della madre, che potrebbe anche agire giudiziariamente contro Pascal. Batta
Malagna ha rimediato accettando come suo il figlio che sarebbe nato da Romilda. Ma ora che
anche la moglie è incinta, dovrà fare da padre al bambino che Oliva aspetta da Mattia.
Mattia è costretto a sposare Romilda e a convivere con la suocera, la vedova Pescatore, che
non manca di manifestare il suo disprezzo per il genero, considerato un inetto. Romilda,
invidiosa del figlio che sarebbe nato ad Oliva tra gli agi, al contrario del suo, che verrà al
mondo nell'incertezza del domani, "non può vedere Mattia". Per salvare il podere della Stia
col mulino, si devono vendere le case, e la madre del protagonista va a vivere con il figlio.
Ma questo non basta. Pascal cerca di trovare un'occupazione, ma non ci riesce. La vedova
Pescatore e Romilda non si dimostrano gentili con la madre di Mattia, e lui teme che, irritate
dalla guardia che il giovane fa alla madre, la trattino male. La zia Scolastica la porta via. Un
giorno, verso sera, Pascal incontra per caso Pomino. Lui ce l'ha con Mattia per il suo
tradimento, ma il protagonista cerca di convincerlo che è stato Pomino a tradirlo, dato il
sacrificio che deve compiere vivendo con Romilda e la vedova Pescatore. L'amico gli trova un
lavoro: suo padre, entrato nel municipio, dice che la biblioteca di Boccamazza è in misere
condizioni, e colui che se ne occupa è fisicamente debole. Grazie a Pomino, Mattia diventa
bibliotecario. Un giorno, gli vengono a dire che la moglie sta per dare alla luce il bambino. Lui
si precipita a casa, dove Marianna Dondi gli dice di andare a cercare un medico. Dopo aver
girato invano, Mattia, esausto, torna a casa, e vi trova il dottore. Pascal vede che sono due
bambine quelle che Romilda gli sta dando: una è già nata, l'altra sta per venire al mondo.
Una delle figlie muore a pochi giorni, l'altra quando ha quasi un anno. Con la piccola viene a
mancare anche la madre di Mattia, nello stesso giorno e quasi nella stessa ora. Una notte
intera Mattia vaga per il paese e le campagne, e alla fine si ritrova nel podere della Stia,
presso la gora del mulino. Viene aiutato da un vecchio mugnaio di nome Filippo, che lo fa
sedere sotto un albero e gli parla della madre e del padre del protagonista. L'uomo lo
consola, gli dice che non deve piangere e disperarsi così, perché la figlia è stata accolta nel
«mondo di là» dalla sua nonna, che le parlerà sempre di lui e non la abbandonerà mai. Dopo
una delle solite scene con Romilda e la vedova Pescatore, che dopo la morte della sua
bambina e della madre lo disgustavano, non riuscendo più a resistere alla sua miserabile
vita, Mattia fugge dal paese. Strada facendo, pensa di recarsi a Marsiglia, da cui partirebbe
per l'America. Ma giunto a Nizza si ferma davanti ad una bottega, dove sono esposti opuscoli
che rappresentano la roulette. All'inizio si allontana dalla bottega, ma poi vi entra e, per
curiosità, compra un opuscolo. Quindi parte per Montecarlo. Arrivato qui, si ferma a giocare
alla roulette, e, con sua sorpresa, vince. Mattia continua a vincere e diventa ricco. Dati i suoi
colpi fortunati, una donna gli propone di giocare con lei, ma il giovane Pascal la respinge.
Anche uno «spagnuolo» gli porge la stessa richiesta, e lui, dopo averci parlato, se ne
allontana. La mattina del dodicesimo giorno, Mattia viene a sapere che qualcuno si è ucciso:
è un giovinetto che il protagonista conosceva, avendo entrambi giocato una volta allo stesso
tavolino. Pascal ne copre il viso con un fazzoletto. Fugge e ritorna a Nizza per partirne il
giorno stesso. Deciso a ritornare a casa per riscattare la sua proprietà e vendicarsi dei
soprusi della suocera, un altro fatto muta il suo destino. Mentre è in treno legge per caso su
un giornale che a Miragno è stato ritrovato nella roggia di un mulino il cadavere di Mattia
Pascal, scomparso da molti giorni, uccisosi per dissesti finanziari.
Sebbene sconvolto, comprende presto che, credendolo tutti ormai morto, può crearsi un'altra
vita. Così, con il nome inventato di Adriano Meis inizia a viaggiare prima in Italia e poi
all'estero. Infine, decide di stabilirsi a Roma in una camera ammobiliata. Si innamora,
ricambiato, di Adriana, la dolce e mite figlia del padrone di casa, Anselmo Paleari, e sogna di
sposarla e di vivere un'altra vita, ma presto si rende conto che la sua esistenza è fittizia.
Infatti, non essendo registrato all'anagrafe, è come se non esistesse e pertanto non può
sposare Adriana, non può denunciare il furto subito da Terenzio Papiano, un losco individuo
penetrato nella sua stanza per rubare del denaro, e non può svolgere alcuna delle normali
attività quotidiane, poiché privo di identità. Finge così un suicidio e, lasciato il suo bastone e
il suo cappello vicino a un ponte del Tevere, ritorna a Miragno come Mattia Pascal.
Sono intanto trascorsi due anni e arrivato al paese, Mattia viene a sapere che la moglie si è