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La successiva raccolta Il dolore (1947) unisce il tormento personale (la morte
del fratello e del figlio di nove anni) alla sofferenza collettiva (la seconda
guerra mondiale).
Le ultime raccolte sono: La terra promessa, Un grido e paesaggi, Il taccuino
del vecchio. Infine Ungaretti cura l’edizione completa dei suoi versi,
pubblicata nel 1969 col titolo Vita d’un uomo. Tutte le poesie.
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
E' il mio cuore
il paese più straziato
L’immagine di un paese distrutto dalla guerra, San Martino del Carso, è per il
poeta l’equivalente delle distruzioni che sono celate nel suo cuore, causate
dalla dolorosa perdita di tanti cari. Ancora una volta il poeta trova nelle
immagini esterne una corrispondenza con quanto egli prova nei confronti
dell’uomo,annullato dalla guerra. La lirica,di un’estrema essenzialità è tutta
costruita su un gioco di rispondenze e di contrapposizioni sentimentali, ma
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anche verbali: di San Martino resta qualche brandello di muro,dei morti cari
allo scrittore non resta nulla; San Martino è un paese straziato, più straziato è
il cuore del poeta. Così, eliminando ogni descrizione e ogni effusione
sentimentale, l’Ungaretti riesce a rendere con il minimo di parole la sua pena
e quella di tutto un paese,e dà vita a una lirica tutta nuova.
La lirica è costituita da quattro strofe. Le prime due strofe sono legate da
un’anafora ("di queste case … di tanti") e dalle iterazioni ("non è rimasto …
non è rimasto; tanti … tanto").
La metafora "brandello di muro" riconduce all’immagine di corpi mutilati,
straziati, ridotti a brandelli. La terza strofa si apre con un ma che ribalta
l’affermazione precedente. Come le prime due,le ultime due strofe sono
legate da un parallelismo ("ma nel cuore … è il mio cuore") e dall’analogia
(cuore = paese). Anche se nulla è rimasto dei compagni morti,"nessuna croce
manca": non è svanito il ricorso di nessuno di quei morti.
Le croci suggeriscono l’immagine di un cimitero,ma richiamano,naturalmente,
anche al sacrificio e alla morte del Cristo.
L’immagine finale del cuore straziato richiama quella iniziale del brandello di
muro,racchiudendo il componimento in un cerchio di dolore.
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La prima guerra mondiale
Mentre la gente viveva ancora l’atmosfera dalla “Belle èpoque”, una tragica
bufera bellica si abbatteva sul mondo: la Prima Guerra Mondiale.
La causa scatenante della guerra fu l’assassinio del futuro erede al trono
austriaco, l’arciduca Francesco Ferdinando, ad opera di uno studente
bosniaco, Gravilo Princip, a Sarajevo, mentre attraversava la città in auto
scoperta. L’attentatore era militante di un’organizzazione irredentista che
risiedeva in Serbia e veniva tollerata da parte del governo serbo.
L’Austria inviò alla Serbia un ultimatum, lesivo della sua sovranità, con il
quale imponeva la partecipazione di funzionari austriaci alle indagini
dell’attentato. La Serbia non accettò e l’Austria, il 28 luglio 1914, dichiarò
guerra a essa.
Dichiarazioni di guerra e schieramenti:
Il conflitto in poco più di un mese, grazie alle alleanze, assunse vaste
proporzioni. Infatti, dopo continue dichiarazioni di guerra, si formarono due
schieramenti:
- da una parte Austria e Germania (Imperi Centrali), poi Bulgaria e Impero
turco;
- dall’altra prima Francia Inghilterra e Russia (Triplice Intesa) al fianco della
Serbia, poi il Giappone e Stati Uniti, che trascinarono in guerra altri Paesi,
con i quali formarono gli “Alleati”.
L’Italia si dichiarò neutrale fino al 24 maggio 1915 e dopo, con il Patto di
Londra (26 aprile 1915) chiuse i rapporti con la Triplice Alleanza passò dalla
parte dell’Intesa. Prima fase
Sul fronte occidentale, la Germania attaccò con una manovra lampo la
Francia, attraverso il territorio neutrale del Belgio, ma fu fermata sul Marna, a
40 km da Parigi. La guerra si trasformò da una guerra-lampo ad una guerra di
trincea, o di posizione, dove i soldati arano costretti a vivere in spazi stretti,
come le trincee. Tutti (governi, stati maggiori, opinione pubblica) pensavano a
una guerra di breve durata ma la previsione si rivelò drammaticamente
errata: non prevedevano che i nuovi armamenti, via perfezionati e impiegati
durante il conflitto, lo avrebbero reso non solo più distruttivo ma anche più
equilibrato. 6
Sul fronte orientale si registrò una prima penetrazione dei Russi in Prussia,
ma fu arrestata dai tedeschi con la battaglia di Tannemberg e dei laghi
Musuri, mentre l’Austria non riusciva ad avere ragione della Serbia.
L’iniziale neutralità dell’Italia venne motivata dal fatto che la Triplice Alleanza,
di cui essa faceva parte, era un patto difensivo e quindi non la impegnava a
intervenire al fianco degli Imperi centrali. Il motivo più consistente era però
che gli interessi italiani nel Trentino, nella Venezia Giulia e nell’Adriatico
erano in conflitto proprio con quelli austriaci. Subito nel territorio si scatenò un
acceso dibattito politico tra neutralisti e interventisti. Ma mentre i neutralisti
(liberali, giolittiani e cattolici) si mostrarono intolleranti alla guerra, gli
interventisti invece, delusi ormai dall’esperienza giolittiana, erano convinti che
l’ingresso in guerra dell’Italia avrebbe potuto rappresentare un occasione per
rilanciare l’economia e riassorbire la disoccupazione. Premevano in tal senso
soprattutto i gruppi dell’industria pesante, interessati alle commesse di
guerra.
Favorevoli al conflitto erano il re Vittorio Emanuele III, il governo guidato da
Antonio Calandra (succeduto a Giolitti nel 1914) e il ministro degli esteri
Sonnino. Essi ritenevano che la guerra potesse dare prestigio alla corona ma
anche ordine ai conflitti sociali sempre più estesi e virulenti.
Il 26 Aprile 1915 Sonnino, strinse con l’Intesa un accordo segreto (patto di
Londra) che impegnava l’Italia ad entrare in guerra nel giro di un mese in
cambio di concessioni territoriali ( Trentino, Tirolo meridionale, Trieste,
Gorizia, Fiume ecc...). Il parlamento approvò infine l’intervento e il 24 maggio
1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria - Ungheria.
Seconda fase
Sul fronte italiano la guerra fu combattuta soprattutto sulle montagne del
Carso, in Friuli Venezia Giulia, in trincee scavate nella pietra, dove si svolsero
una serie di combattimenti micidiali; ben quattro attacchi furono sferrati dalle
truppe italiane sotto il comando di Luigi Cadorna, senza però ottenere alcun
successo; i nostri soldati furono sempre sotto il tiro degli Austriaci, appostati
sulle Alpi e, quindi, più in alto e in posizione di vantaggio. Nel 1916 gli
Austriaci lanciarono contro l’Italia una spedizione per punirci di aver sciolto la
Triplice Alleanza e di essere passati dalla parte dell’Intesa, costringendo i
nostri soldati a ripiegare. Ma i nostri, radunate le forze, sferrarono una
controffensiva che ci fece conquistare Gorizia.
Sul fronte occidentale continuò la guerra di trincea: si ricordano le battaglie di
Ypres (in cui i tedeschi impegnarono per la prima volta il gas asfissiante), di
Verdun e la controffensiva anglosassone sul fiume Somme. Ma dopo queste
battaglie, i due blocchi restavano sostanzialmente in posizione di parità.
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Sul fronte orientale si registrò una prima controffensiva austro-tedesca, poi
una controffensiva russa, con gravi perdite che portarono ad una prima
demoralizzazione dell’esercito russo. Infine una nuova controffensiva austro-
tedesca ottenne successi in Bucovina e Galizia.
Intanto sui mari, la Germania, per forzare il blocco navale attuato dalla marina
britannica, lanciava la guerra sottomarina (battaglia dello Jutland, 31 maggio
1916) attaccando con siluri le navi di qualsiasi nazionalità, militari e non, in
rotta per la Gran Bretagna. Durante la guerra fu affondato il transatlantico
Lusitania, che sarà in seguito, la causa dichiarata dell’entrata in guerra degli
Stati Uniti.
In questo clima di guerra si ricostruirono i movimenti pacifisti. Per esempio si
propose, nel Congresso di Zimmerwald (1915), una pace senza annessioni e
senza indennità, cioè un ritorno alla situazione pre-bellica. Successivamente,
il presidente americano Wilson fece appello ai belligeranti di giungere ad una
pace senza vincitori né vinti, ma il suo appello non fu ascoltato; in seguito, il
Papa Benedetto XV, inviò una nota ai governanti, affinché ponessero fine alla
guerra. Terza fase
Sul fronte orientale si registravano prima l’occupazione della Persia da parte
dei Russi, poi l’avanzata inglese in Mesopotamia, dove occupavano Bagdad
e sconfiggevano i turchi a Gaza; gli Arabi, sotto il comando del colonnello
Lawrence d’Arabia, effettuavano azioni di sorpresa contro le guarnigioni
turche e a luglio prendevano Aqaba; in luglio un’offensiva tedesca in Galizia
costrinse i Russi ad evacuare la regione e i Tedeschi conquistarono la città di
Riga, la Lettonia e le isole del Baltico; in agosto truppe tedesche invasero la
Moldavia, sconfissero i rumeni e li costrinsero a chiedere un armistizio.
Sul fronte occidentale, invece, un’offensiva alleata si concludeva con pesanti
perdite per l’esercito francese che era sempre più demoralizzato; sul fronte
italiano prima del ritiro della Russia dal conflitto, continuava la guerra di
logoramento; la guerra sottomarina raggiungeva il suo culmine con perdite
gravi da parte degli Alleati e degli Stati Uniti.
Ma il 1917 fu caratterizzato da due principali avvenimenti: l’entrata in guerra
degli Stati Uniti e la Rivoluzione russa.
L’entrata in guerra degli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti avevano dichiarato, nel 1914, la loro neutralità. Neutralità, però,
solo apparente, perché in realtà essi rifornivano le potenze dell’Intesa di armi
e viveri, tanto è vero che i Tedeschi avevano dichiarato la guerra sottomarina
indiscriminata, per impedire che questa merce arrivasse a destinazione. Fu
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così che dopo l’affondamento del mercantile americano “Vigilantia”, gli Stati
Uniti dichiararono guerra agli Imperi Centrali.
Alcuni storici, però, affermano che la vera causa dell’entrata in guerra degli
Stati Uniti fu di natura economica: la conquista dei mercati europei da parte
dell’economia americana.
Dal punto di vista bellico, infatti, l’entrata in guerra degli Stati Uniti fu relativa,
perché i primi contingenti americani sbarcarono in Francia quando gli Imperi
Centrali erano già in crisi. Ma dal punto di vista economico, l’aiuto americano
fu fondamentale, perché permise all’Intesa di resistere agli attacchi degli
Imperi Centrali. La rivoluzione russa
L’altro avvenimento decisivo per la soluzione della guerra fu la Rivoluzione
russa, che iniziata nel 1917, quando lo zar Nicola II fu costretto a cedere i
suoi poteri ad un governo provvisorio, capeggiato prima da L’vov e poi da
Kerenskij e formato da uomini di diversi partiti. La Rivoluzione ebbe una
nuova impennata nell’ottobre dello stesso anno, quando i bolscevichi,
capeggiati da Lenin, favorirono una nuova ondata rivoluzionaria, abbattendo il
governo provvisorio e formarono un nuovo governo, denominato Consiglio
dei Commissari del Popolo: era la vittoria dei comunisti e la trasformazione
della Russia in U.R.S.S. (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche). Si
ricorda che come primo atto, i bolscevichi negoziarono una pace, la pace di
Brest-Litovsk, con la quale si ritiravano dal conflitto.
Mentre l’entrata in guerra degli Stati Uniti fu militarmente relativa, la
Rivoluzione russa influenzò molto gli avvenimenti bellici. Infatti, in un primo
momento, favorì gli Imperi Centrali, perché la Germania poteva utilizzare le
truppe tolte al confine russo, per attaccare con più forza sul fronte occidentale
e italiano.
Nonostante i Tedeschi sferrassero molti attacchi, gli Alleati costrinsero le
truppe nemiche a ripiegare sulla linea di resistenza detta Sigfrido.
Sul fronte italiano, invece, le truppe austro-tedesche sfondarono la resistenza
italiana sul fiume Isonzo, a Caporetto e dilagarono nel Veneto, fino al fiume