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che perde la propria capacità di riferimento a determinati valori non

riesce a porre obiezioni razionali a qualsiasi sopruso, autodeterminando

la propria condizione di schiavitù; per Marcuse invece il nucleo per una

migliore società futura è imprescindibile dalla possibilità e dal dovere

che ciascuno ha di liberarsi dalla repressione che la sovrastruttura

sociale impone agli uomini. Così per i tre filosofi è fondamentale il

raggiungimento dell'autonomia critica dell'individuo, per superare

l'eclissi di una ragione che si è dimostrata incapace di interpretare la

complessità di un’epoca, in una prospettiva di superamento della crisi

del soggetto proprio della filosofia e della società novecentesca.

Bibliografia:

%Michel Foucault - La Volontà di Sapere (Feltrinelli, 1976)

%Max Horkheimer - L’Eclissi della Ragione: nello specifico “Mezzi e Fini”, “La

rivolta della natura” e “Trionfo e decadenza dell’individuo” (Einaudi, 1947)

%Herbert Marcuse - Eros e Civiltà: nello specifico “L’origine dell’individuo

represso: ontogenesi” e “La trasformazione della sessualità in Eros” (Einaudi,

1955) Foucault e la scuola di Francoforte.

1. L’obiettivo che Foucault si pone nel libro “La Volontà di Sapere - Storia della

Sessualità” non è quello di trovare l’evoluzione dell’erotismo nello sviluppo di un

processo storico, bensì trovare l’origine della curiosità che il sesso ha sempre

esercitato sull’uomo, in particolare dal diciottesimo secolo in poi, e riuscire a

contestualizzare questa volontà di conoscenza.

Il sesso, storicamente, dalla pastorale cristiana del Concilio di Trento, è infatti

presentato come “l’enigma inquietante: non ciò che si mostra ostinatamente, ma quel

che si nasconde dappertutto”, e di cui l’uomo ha sempre subito l’omertoso fascino.

Questo è anche dovuto al particolare metodo che noi occidentali abbiamo di

rapportarci con la conoscenza della sessualità: la confessione. Nella civiltà classica il

particolare rapporto di apprendista-maestro creava i presupposti per una ars erotica

che puntava all’aspirazione alla conoscenza, l’importanza dell’interloquire verticale tra

il sapere del maestro e la voglia dell’uditore di conoscere e celare i segreti delle

tecniche appena conosciute; nella civiltà cristiana successiva arriviamo al ribaltamento

di ciò: l’interlocutore, colui a cui è rivolta la confessione, che sia reale o solamente

virtuale, diventa il nodo fondamentale della formulazione del discorso: è lui che non

sa, ma è lui che dirige il nostro sapere. Ci fa, in una sorta di maieutica invertita,

scoprire il nostro errore, o più in generale, la nostra verità da ciò che noi sappiamo e

lui no, e questo non può che creare una sorta di curiosità per la verità in noi nascosta

e una sensazione d’ignoranza paradossale, in quanto la verità viene da ciò che

solamente noi conosciamo.

Ma è giusto che prendiamo in considerazione un’ipotesi repressiva, in cui, sempre dal

Concilio di Trento, il sesso è stato ingiustamente soffocato, fino a trovare l’exploit con

l’ascesa del conservatorismo morale della classe borghese del diciottesimo secolo?

Secondo Foucault no: il potere, concetto su cui il filosofo si soffermerà per darne una

definizione “aggiornata”, non sarebbe una forza alquanto limitante, impotente e “anti-

energia” per essere considerato potere? Il potere deve anche avere un valore

propositivo, non solo la facoltà di poter negare un processo istintuale come il sesso.

Incontriamo qui i primi due errori, nel concetto di potere e in quello di sessualità.

Infatti il potere è da noi considerato ancora secondo una logico giuridico-discorsiva

che si riferisce al concetto di diritto e sopruso del medesimo, con il ricordo di

quell’istituzionalità caratteristica delle monarchie passate; mentre “con il termine

potere mi sembra che si debba intendere innanzitutto la molteplicità dei rapporti di

forza immanenti al campo in cui si esercitano e costitutivi della loro organizzazione”, il

potere “è il nome che si dà ad una situazione strategica complessa in una società

data”; caratteristica del potere è la molteplicità di punti da cui è esercitato, la sua

onnipresenza. Questo è forse l’aspetto più interessante del concetto di potere di

Foucault, ovvero la non riconducibilità immediata ad un organismo istituzionale, ma ad

un incastro di piccoli poteri locali, che insieme tessono l’organizzazione generale del

potere.

E’ per quanto riguarda invece la sessualità che incontriamo il nostro errore storico più

grande, indotto dalla falsa credenza di una sessualità intesa come impulso represso:

viene distrutta la naturalità della sessualità, per considerarla come un dispositivo

storico creato dall’uomo stesso. Nel diciottesimo secolo, la necessità di conoscere di

più sull’aspetto sessuale dell’uomo, probabilmente grazie anche all’influenza della

vicina età dei lumi, incontra la necessità di immettere la sessualità in un contesto

discorsivo al fine di organizzare l’argomento secondo un filo razionale; in più questo

periodo vede la nascita, o lo sviluppo fondamentale, di nuove discipline quali la

psicologia, la pedagogia e la sociologia, che provano a trovare una dimensione

sessuale nelle “anomalie” del tempo: per esempio assistiamo all’isterizzazione della

donna, alla sessualizzazione del bambino, la socializzazione delle condotte procreatrici

e l’istituzionalizzazione delle perversioni. E’ possibile che queste siano strategie di

controllo repressivo del potere nei confronti delle sessualità particolari? “In realtà -

dice Foucault - si tratta piuttosto della produzione stessa della sessualità. Questa non

deve essere considerata come una specie di dato naturale che il potere cercherebbe di

domare, o come un campo oscuro che il sapere tenterebbe, a poco a poco, di svelare.

E’ il nome che si può dare ad un dispositivo storico: non una realtà sottostante sulla

quale sarebbe difficile esercitare una presa difficile, ma una grande trama di superficie

dove la stimolazione dei corpi, l’intensificazione dei piacer, l’incitazione al discorso, la

formazione delle conoscenza, il rafforzamento dei controlli e delle resistenze si legano

gli uni agli altri sulla base di alcune grandi strategie di sapere e di potere”.

Da qui emerge la considerazione della sessualità come un prodotto stesso della novità

introdotta dalla sessualizzazione dei corpi, come la presa in considerazione, da parte

della neonascente classe borghese, della propria capacità sessuale. Questo porta poi

due conseguenze: la microconseguenza è che da una parte viene ri-smentita la

presunta repressione adoperata dal conservatorismo della classe borghese, che anzi si

rende autonomamente protagonista di questa nuova dimensione; in “secundis” la

macroconseguenza è l’affiancamento di un nuovo dispositivo di sessualità

(smaccatamente borghese) al preesistente dispositivo d’alleanza (la genealogia e

l’ascendenza nobiliare). “Il dispositivo di sessualità ha la sua ragion d’essere non nel

fatto di riprodursi, ma di proliferare, d’innovare, di annettere, d’inventare, di penetrare

i corpi in modo sempre più minuzioso e di controllare le popolazioni in modo più

globale”; è come se alla nobiltà del sangue aristocratico, la nuova classe borghese

avesse bisogno di sostituire una propria “purezza”, una propria salute, la propria

garanzia di forza e di leggitimazione del potere acquisito: e questa è la capacità di

costituire una forte progenie. All’importanza delle radici viene sostituita l’importanza

della capacità di radicamento nel proprio territorio genetico; ed è concepibile che una

nuova casta sociale amministrativa cerchi il futuro del proprio profitto e non la

garanzia della propria rendita.

Ma non siamo ancora giunti alla nascita della falsa idea di repressione. Foucault trova

l’origine di questo nel momento in cui il dispositivo di sessualità ha investito anche le

classi popolari , diventando un fenomeno comune, processo che, cronologicamente,

ricalca il crescere della psicanalisi.

A tratti spaventata da questa sessualità che inconsciamente era la propria garanzia di

predominio, a tratti ricercando un nuovo punto di distacco dalle classi popolari, si fa

oggetto della psicanalisi, che le offre l’opportunità di relegare la sessualità ad una

forma di animalesco istinto che determina le inquietudini personali e di classe. E’ così

che la borghesia ricorre alle nuove scienze per “psichiatrizzare e psicanalizzare” la

propria sessualità all’interno del vecchio e preesistente dispositivo d’alleanza. La

borghesia con la psicanalisi “cercherà di ridefinire la specificità della sua [sessualità] di

fronte a quella degli altri, riprenderà in modo differenziale la propria sessualità,

traccerà una linea di divisione che singolarizza e protegge il proprio corpo. Questa

linea non sarà più quella che instaura la sessualità, ma al contrario una linea che la

blocca; è il divieto che farà la differenza, o almeno il modo in cui si esercita ed il rigore

con cui è imposto”.

Una delle conseguenze che deriva da ciò è, per la prima volta nella storia, il cambio

del target d’interesse: il passaggio dalla singolarità all’intero corpo della popolazione,

l’entrata della vita nella storia: i problemi non sono più per un’istituzione monarchica

le carestie e le epidemie, bensì per un nuovo sistema di strategie di potere la vita di

un corpo di abitanti, un organismo di viventi; si crea quindi l’amministrazione delle

vite, nelle loro nascite, sviluppi e morti, e non più i metodi per permetterne la

sopravvivenza; piuttosto lo studio del loro immediato processo dinamico, con la

crescita dell’interesse per il controllo della natalità, e della salute di questa natalità,

che permette di mantenere la salute per questa nuova classe emergente di mantenere

la propria garanzia di prevaricazione sociale.

Da qui si forma, per l’alimentazione geneticamente corretta della progenie, il concetto

di razzismo dinamico, che punta alla conoscenza di quelle tecniche e di quei

procedimenti che possono permettere di ottenere la salute della propria discendenza:

si pensi che le malformazioni, i problemi psicosomatici e gli handicap venivano

forzatamente ricondotti all’isteria di una parente donna, o all’instabilità psichica di un

parente maschio, o che la sterilità maschile veniva considerata come lo sviluppo

negativo ma inevitabile di una sessualizzazione precoce di un bambino. Ma questo

viene classificato da Foucault come un razzismo per l’appunto dinamico, “innocente”

in quanto semplicemente interessato alla salute dei propri figli: “il problema fu innanzi

tutto quello del corpo, del vigore, della longevità, della progenitura e della

discendenza della classi che ‘dominavano’. E’ qui che fu stabilito in prima istanza il

dispositivo di sessualità, come distribuzione nuova dei piaceri, dei discorsi, delle verità

e dei poteri” in quanto “bisogna probabilmente ammettere che una delle forme

primordiali della coscienza di classe è l’affermazione del corpo; almeno fu così per la

borghesia nel corso del XVIII secolo; essa ha convertito il sangue blu dei nobili in un

organismo in buona saluta ed in una sessualità sana”.

Ma è negli sviluppi che questo razzismo dinamico ed embrionale ha nel XX secolo che

troviamo gli sviluppi a noi tutti noti: la questione politica è diventata non più una

sterile amministrazione della natalità con l’interesse economico, ma, in un sistema in

cui il potere è tanto facilmente convertibile in guerra (potere è “il nome che si dà ad

una situazione strategica complessa”), una questione di sopravvivenza di una

popolazione contro la prevaricazione di un’altra: da quando la vita, tramite il

dispositivo di sessualità è entrata nella storia, “l’esistenza in questione non è più

quella giuridica, della sovranità, ma quella biologica, di una popolazione”. Da quando il

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