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Sintesi
Psicologia- Konrad Lorenz- etologo. storia dell'addomesticamento
Inglese- Lord Byron- epitaph to a dog
Italiano- D'Annunzio-epitaffio per il cimitero dei miei cani
Carlo Cassola - L'uomo e il cane
Storia-Riferimenti al nazismo
Filosofia-Erich Fromm
Estratto del documento

L'uomo e il cane,

una fuga dalla libertà

Konrad Lorenz Evoluzione del cane,

“E L'UOMO Cane e padrone

suo addomesticamento

INCONTRÒ CAP. IV

CAP. I-II

IL CANE” La fedeltà e la morte

CAP. XI

Lord Byron

Epitaph to a Dog

Il cane nella letteratura. Gabriele D'Annunzio

Epitaffio per il cimitero

dei suoi cani

Carlo Cassola Cane metafora dell'uomo. Collare come status

“L'UOMO E IL La ricerca costante Symbol.

CANE” di un padrone. CAP. VI

Erich Fromm

Meccanismi di fuga “FUGA DALLA

CAP. V LIBERTÀ”

AUTORITARISMO

Introduzione

Sono cresciuta insieme al mio cane, Simba.

Simba mi è rimasta accanto 14 anni, come avrebbe fatto la migliori delle badanti.

Il 25 aprile 2012, si è spenta lasciando me e la mia famiglia nello sconforto totale.

Un cane è un membro importante della famiglia e la sua improvvisa scomparsa stravolge le

abitudini, la routine e l'equilibrio delle persone che lo amano.

Konrad Lorenz scrisse :

«Se alla morte del proprio cane si acquista subito un cucciolo della stessa razza,

per la maggior parte dei casi lo si vedrà prendere pian piano,

nel nostro cuore e nella nostra vita,

esattamente quel posto che la scomparsa del vecchio amico

aveva lasciato tristemente vuoto.» *

Nel Maggio 2012 è entrata a far parte della mia famiglia, Grease.

A causa del terremoto di Maggio, Grease ha passato i suoi primi mesi condividendo con me

gli stessi spazi, osservando i miei stessi orari e rispettando le mie stesse abitudini.

Crescendo a stretto contatto con me, mi ha presto scelta come sua padrona e da subito mi è

rimasta fedele.

Essere il padrone di un cane, è un piacere immenso, ma è anche un grosso impegno.

Ho educato Grease, mi sono occupata delle sue cure sanitarie e del suo benessere, e lei mi

ha ripagata donandomi tutto il suo amore.

Ho scelto di dedicare alla figura del cane e dell'uomo la mia tesina perché crescendo ho

sviluppato una forte passione per questi animali.

Chi può godere della compagnia di un amico a quattro zampe, sa che questo è in grado di

conoscere e comprendere l'animo di una persona meglio di chiunque altro.

Il cane dal momento stesso in cui nasce, si affida al proprio padrone, crede in lui e inizia ad

amarlo profondamente. Chi ama davvero il suo animale, dal canto suo, sente allora il dovere

di rispondere al suo amore e alla sua incondizionata fedeltà, fornendogli la possibilità di

vivere una vita felice, colma di affetti e cure.

Attraverso il mio percorso di studi, mi sono poi convinta che la necessità avvertita

dall'uomo di seguire un leader che sappia stimolarlo, dargli valori e obiettivi comuni, non è

molto differente dalla necessità che spinge un cane a ricercare un padrone.

Con questa tesina intendo quindi trasmettere il mio amore per i cani, ma soprattutto

dimostrare che come il cane, l'uomo sente la necessità di affidarsi a qualcuno che sappia

prendersi cura di lui, che lo indirizzi e che lo liberi dal peso della libertà.

La libertà infatti è qualcosa dal quale sia il cane, che l'uomo cercano costantemente di

fuggire.

*Konrad Lorenz, L'Uomo e Il Cane. Ed Adelphi 1974, p.119 1

“E L'UOMO INCONTRÒ IL CANE”

Konrad Lorenz

Konrad Zacharias Lorenz

(Vienna, 7 novembre 1903 – Altenberg, 27 febbraio 1989)

è stato uno zoologo ed etologo austriaco.

Viene considerato il fondatore della moderna etologia

scientifica.

Nel 1973 la sua attività trova coronamento con l'assegnazione

del Premio Nobel per la medicina e la fisiologia, per i suoi

studi sulle componenti innate del comportamento e in

particolare sul fenomeno dell'imprinting nelle oche selvatiche.

“E l'uomo incontrò il cane”, è un saggio di Konrad Lorenz,

pubblicato nel 1950.

Il libro tratta del comportamento dei cani.

Analizzerò quattro degli undici capitoli del libro.

 Potrebbe essere andata così (I)

 Le radici della fedeltà al padrone (II)

 Cane e padrone (IV)

 La fedeltà e la morte (XI)

“Potrebbe essere andata così”

Nel primo capitolo del libro, Lorenz propone un'ipotesi sul processo di addomesticamento

del cane, e sulle sue origini. L'etologo colloca nel paleolitico l'incontro tra l'uomo e gli

antenati del cane, che secondo i suoi studi potrebbero essere il lupo (Canis lupus),

lo sciacallo (Canis aureus), o entrambi; questi in seguito avrebbero dato origine e "razze

primitive" diverse, dalle quali sarebbero derivate le molteplici forme attuali.

canis aureus (sciacallo dorato)

canis lupus (lupo grigio)

I più recenti studi basati sulla genetica, supportati dagli approfondimenti paleontologici,

hanno portato a ritenere valido il riconoscimento del lupo grigio (Canis lupus) come

progenitore del cane domestico, riconosciuto come sottospecie (Canis lupus familiaris). 2

Lorenz ha ideato poi una possibile situazione che avrebbe portato l'uomo e lo sciacallo a

collaborare. Scrive “nessuno di noi c'era, questo è vero, però, da tutto ciò che sappiamo,

potrebbe proprio essere andata così.”.*

PALEOLITICO

L'uomo del paleolitico, vista la mancanza di abitazioni e armi utili alla difesa personale era

continuamente esposto all'attacco dei predatori. Gli sciacalli, avevano interesse a seguire

l'uomo, visti i resti di cibo che lasciava sul suo passaggio.

L'animale quando avvistava una belva in avvicinamento, ululava; avvertendo così anche

l'uomo. Questi elementi hanno fatto sì che sia l'uomo che lo sciacallo avessero interesse a

rimanere vicini. L'uomo per far sì che gli sciacalli non si allontanassero ha iniziato a lasciare

spontaneamente pezzi di cibo sul proprio cammino, nutrendo così di mano sua, un animale a

lui utile, per la prima volta. Gli sciacalli con il passare del tempo si fanno più docili e meno

impauriti e seguono spontaneamente l'uomo. Quando questo caccia, lo sciacallo ha un

interesse personale. Se l'uomo prende la preda, lui sarà alimentato. Ecco che allora lo

sciacallo inizia ad intervenire nelle battute di caccia, seguendo le prede che l'uomo perde.

Si stabilisce per la prima volta l'ordine in cui l'uomo e il cane seguono la selvaggina: prima

il cane, poi il cacciatore. Una volta catturata la preda, l'uomo premia l'animale gettandogli

del cibo. Lo sciacallo lo prende e la sua coda comincia a muoversi in piccoli e rapidi colpi

da destra a sinistra. Per la prima volta uno sciacallo scodinzola davanti all'uomo, si svolge

un passo verso la nascita del cane domestico.

NEOLITICO

Nel neolitico l'uomo aveva già dimore stabili e ci sono prove che a quel tempo il cane era

già un animale domestico. Vi sono reperti archeologici del “cane delle torbiere” che rivelano

una discendenza dallo sciacallo dorato. Si può supporre che l'uomo nel periodo in cui passò

alle abitazioni su palafitte, abbia preso con sé esemplari mansueti di sciacallo e ne abbia

fatto “animali domestici”, nel vero senso della parola. Lo spazio ridotto delle palafitte ha

fatto sì che l'uomo selezionasse gli esemplari a lui più utili (mansueti e capaci nella caccia).

Si sono così instaurate quelle modificazioni ereditarie che hanno dato origine al cane

domestico vero e proprio. Grazie al buon nutrimento che l'uomo forniva all'animale, questo

si è fatto via via più robusto e di grandezza superiore alla media.

L'uomo inizia ad allevare cuccioli con lo scopo di addestrarli alla caccia.

“Le radici della fedeltà al padrone”

Ci sono due fonti istintuali che portano all'attaccamento del cane.

La prima è il vincolo che lega il cucciolo selvatico ai genitori, mentre la seconda è la fedeltà

che lega il cane selvatico alla figura del capo branco. Ogni razza, conserva prevalentemente

l'uno o l'altro istinto. Nei cani in cui vi è ancora un'alta percentuale di sangue lupino, prevale

la fedeltà al capo branco. In questi cani si può riscontrare l'intento di auto promuoversi come

capo branco ed un conseguente insorgere di aggressività. Se però il cane accetta il padrone

come capo branco, avrà nei suoi confronti lo stesso rispetto e la stessa fedeltà che avrebbe in

natura, nei suoi confronti. Nella maggior parte dei cani domestici però, l'istinto che porta

all'attaccamento, è quello del legame infantile. In questi cani, il padrone è visto come un

genitore, ma non avvenendo un distacco nel corso della via, l'attaccamento infantile perdura,

manifestandosi nell'animale con un generale infantilismo. Il cane si affeziona per sempre ad

un determinato padrone nel corso del quinto mese di vita. 3

“Cane e padrone”

Nel corso della vita, cane e padrone tendono ad adattarsi armonicamente l'uno all'altro.

Nell'animale possono insorgere due tipologie differenti di adattamento.

Il primo caso è quello del “cane affine”.

Questo tipo di cane sviluppa una gestualità molto simile a quella del padrone.

È il caso dei cani che seguono perfettamente la routine e le abitudini del proprio padrone.

Vi è poi il caso del “cane complementare”.

Il cane complementare sviluppa con il padrone un rapporto molto intenso.

I due si compensano e si completano a vicenda, proprio come due amici umani.

È per esempio il caso del cane da guida. Questo tipo di cane per esempio completa il

padrone nelle sue mancanze fisiche, in questo caso, la cecità.

“La fedeltà e la morte”

Lorenz conclude il saggio dedicando un capitolo all'esperienza della morte del proprio cane.

“Quando Dio creò il mondo, deve aver avuto ragioni ben imperscrutabili per dare al cane

una vita cinque volte più breve di quella del suo padrone. […] ci sarebbe davvero da

domandarsi se sia saggio dare una parte del proprio cuore a una creatura che la vecchiaia

e la morte coglieranno prima ancora che un essere umano, nato nel suo stesso giorno,

possa dirsi davvero uscito dall'infanzia” *

L'etologo riflette sull'angoscia che colpisce il padrone quando questo vede il proprio cane

invecchiare e indaga l'eventualità dell'eutanasia in caso di malattia senile.

La morte del proprio cane è un dolore grande quasi come la perdita di una persona amata, i

cani però, differentemente dall'uomo, pur avendo un'identità propria si assomigliano fra loro

molto più degli uomini. L'uomo per questo motivo può riempire lo spazio lasciato dal

proprio animale adottandone un altro con caratteristiche simili, o addirittura allevando un

figlio dell'animale, rendendo così meno forte il distacco.

“Per ragioni di ordine naturale, l'uomo non può restare fedele a un solo cane, ma certo può

esserlo alla sua stirpe”* .

Il capitolo si conclude con un'amara costatazione: “Il cane è più fedele dell'uomo. Se fosse

morto il suo padrone, per almeno sei mesi l'animale non sarebbe stato certo capace di

trovare un surrogato che lo consolasse!”*

La morte del proprio cane è qualcosa che segna l'esistenza di un uomo.

Come Lorenz, quelli che vivono questa esperienza si interrogano su quale sia il modo

migliore per ricordare il proprio cane scomparso.

Ci sono persone che come Lorenz, decidono di rivolgere il proprio amore verso un altro

cane, altre che invece non intendono sostituire il proprio amico.

Intendo rivolgere la mia attenzione verso coloro che hanno deciso di ricordare il proprio

cane con la poesia, proponendo due esempi di questa forma di memoria :

Lord Byron e Gabriele D'Annunzio.

*K. Lorenz, E l'uomo incontrò il cane. Ed. Adelphi 1974, pag.117 4

One who possessed all the virtues of Man

without his Vices.

George Gordon Byron (22 January 1788 – 19 April 1824), well known as Lord Byron, was a

British poet and a leading figure in the Romantic movement.

Byron left England in 1816, never to return. He settled in Geneva with Percy Shelley and

Mary Wollstonecraft Shelley, at the end of the summer Byron continued his travels,

spending two years in Italy. After a long creative period, Byron had come to feel that action

was more important than poetry, so he travelled to fight against the Ottoman Empire in the

Greek War of Independence, for which Greeks revere him as a national hero.

He died at the age of 36 from a fever contracted in Greece.

There is a Byronic aspect that is unknown for a large number of people: his love for

animals. Percy Shelley (1792 – 1822), testified this love with a letter to a friend.

“Lord Byron's establishment consists, besides servants, of ten horses, eight enormous dogs,

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