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INDICE

Positivismo ed equazioni di Maxwell

• L'esperimento di Michelson e Molrey

• I principi della Relatività Galileiana

• Etere ed imbarazzo.

• La soluzione di Einstein e le nuove trasformazioni.

• Spazio e tempo nella Relatività Speciale

• Il paradosso dei gemelli

• La Relatività Generale

• Astrofisica Relativistica

• Le influenze nella letteratura e nel pensiero

• Come la Relatività ha cambiato la storia

• L'eredità della rivoluzione einsteniana

Prefazione

La scienza è uno specchio che riflette l'evoluzione dell'uomo. Anche la più

insignificante delle ipotesi, se corretta, rappresenta un passo in avanti nella

spiegazione dei fenomeni. La ricerca delle leggi che dominano il mondo va

oltre la possibile causa prima che queste possono avere, sia essa l'esistenza

di ente supremo o il puro caos. E' necessario per l'uomo smascherare il

meccanismo della natura, e la curiosità è la sua arma. Questo Einstein lo

capì. La sua fu una rivoluzione talmente innovativa che ad oggi, a quasi

cento anni dalla pubblicazione delle sue teorie, si fatica ancora ad adattarsi

alle verità dell'universo. Il Nostro disse che solo una piccola parte di coloro

Relatività

che conoscono la l'abbiano effettivamente capita, ed è veramente

così. Pochi grandi uomini hanno permesso all'umanità di evolversi nel campo

della scienza, ed Einstein è uno di questi. La banale semplicità dei suoi

ragionamenti, contrapposti alle certezze che gli scienziati del passato

avevano faticosamente acquisito, fanno di lui un genio. Più che un idolo per

la sua intelligenza, però, il fisico avrebbe voluto divenire un simbolo di

curiosità, di ingegno. L'uomo deve porsi domande, tutto qui.

Positivismo ed equazioni di Maxwell

Obiettivo ultimo della scienza è quello di spiegare la totalità dei fenomeni

osservabili attraverso una serie limitata di concetti. Al fisico dell'800 ciò

sembrava possibile e più vicino di quanto non fosse realmente. In pieno stile

filosofico, si puntava sul fatto che tutte le varie diramazioni della fisica

potessero essere ricondotte ed unificate, senza troppe difficoltà, sotto

un'unica, grande serie di leggi. Il pensiero della Naturalphilosophie iniziò a

prendere piede quando le scoperte di Oersted nel primo ventennio del XIX

1

secolo provarono che i fenomeni elettrici e quelli magnetici, da sempre

considerati distinti gli uni dagli altri, erano, in verità, strettamente collegati

positivismo

e basati su principi comuni. Il sentimento di nelle teorie

derivanti dagli studi di quegli anni crebbe fino a raggiungere il suo picco

mediante l'opera di James C. Maxwell, un fisico che riuscì a riunire tutti i

fenomeni elettromagnetici sotto un unica serie di quattro equazioni :

2

1 – Il flusso del vettore campo elettrico E attraverso una superficie chiusa S,

eventualmente contenente cariche, è dato dalla relazione: (E)=Σ q /

ϕ ε

s i i 0

2 – Il flusso del vettore di induzione magnetica B che attraversa una qualunque

superficie chiusa S è sempre nullo.

3 – Una variazione del flusso del vettore di induzione magnetica B concatena a sé una

forza elettromotrice in base al tempo Δt di variazione.

4 – Una variazione del flusso del vettore campo elettrico E genera intorno a se un

campo di induzione magnetica B.

Ad alimentare il fervore dovuto alle straordinarie conquiste della fisica di

quegli anni vi fu, poi, una diretta conseguenza del geniale lavoro di Maxwell

1 L'esperimento consisteva semplicemente nel constatare che un ago magnetizzato, posto nelle

vicinanze di un filo conduttore attraversato da corrente, ruotava su se stesso.

2 Si può dire che le equazioni di Maxwell abbiano raggruppato le basi dell'elettromagnetismo e che tutti

i fenomeni non siano altro che casi particolari derivati da quattro punti fondamentali. Più tardi ne fu

aggiunta un altra grazie al lavoro di Hendrik Lorentz che scopri la forza che oggi porta il suo nome e

che è alla base dell'interazione tra cariche elettriche in movimento e campi magnetici.

che lasciò ipotizzare l'esistenza di una propagazione concatenata di campi

elettrici e magnetici secondo un certo tipo di variazione: nacquero così le

onde elettromagnetiche. La teoria riguardante l'esistenza di questo tipo di

radiazione prevedeva che essa fosse trasportatrice di energia e di quantità di

moto, viaggiando alla velocità straordinaria di circa 3∙10 m/s. Quello

8

ottenuto non si trattava di un valore qualsiasi: esso coincide con il valore

velocità di propagazione della luce nel vuoto.

della Il passo successivo a tali

considerazioni lo si può ben immaginare: venne scoperto che la luce altro

particolare onda elettromagnetica

non è che una con la caratteristica di poter

essere percepita dall'occhio umano. L'ottica era diventata dunque una

branca dell'elettromagnetismo e tale scoperta si incaricò di alimentare ancor

di più il sentimento di sicurezza degli scienziati dell'epoca, convinti come

non mai di riuscire a unificare tutta la fisica sotto un unico gruppo di leggi.

Si procedette quindi con una serie di studi sulla natura della luce atti a

determinarne le caratteristiche e il comportamento. Vi furono anche tante

supposizioni teoriche a riguardo che vedevano l'onda elettromagnetica come

perturbatrice dell'etere , un strano quanto necessario mezzo di trasmissione

1

che avrebbe permesso al “nuovo tipo” di onda di potersi propagare nello

vuoto

spazio e, quindi, di percorrere il che vi è tra i corpi celesti. Tutto

sembrava filare alla perfezione e gli ottimi risultati sperimentali che si

stavano ottenendo accrescevano ancor di più la fiducia nelle potenzialità

della scienza, così vicina al suo principale obiettivo quale è lo studio della

totalità dei fenomeni. E fu proprio in questo momento così fiorente per la

fisica che qualcosa andò storto, come un fulmine a ciel sereno: l'esperimento

che avrebbe dovuto confermare tutte le supposizioni inerenti la natura delle

onde elettromagnetiche fallì miseramente dando dei risultati che erano allo

stesso tempo straordinari e preoccupanti. L'edificio costruito sulle basi della

metodo ottocentesco

meccanica classica con il sembrava traballare dinanzi

2

1 Si pensò subito a catalogare l'onda elettromagnetica come una normale onda di tipo meccanico, ovvero

come una perturbazione di un mezzo materiale (quale ad esempio è il suono che, quindi, non può

propagarsi nello spazio vuoto).

2 La fisica dell'800 era basata su un insieme di leggi che si adattavano continuamente ai fenomeni

osservati. Ad ogni esperimento che imponeva una revisione delle conoscenze su di esso si procedeva con

l'aggiunta di ipotesi ad hoc, integrando opportunamente le leggi esistenti, in modo da garantire l'assoluta

alle nuove scoperte come una giusta punizione per la spavalderia dimostrata

sentimento positivista

dal di quegli anni così gravidi di scoperte.

L'esperimento di Michelson e Molrey

La teoria del campo di Maxwell si era supposto fosse applicabile a sistemi di

riferimento in quiete o in moto rettilineo. Rispetto a cosa? Il concetto di etere

si prestava bene come soluzione: tutto lo spazio era pervaso di questa

straordinaria sostanza che faceva da sistema di coordinate universale a cui

fare riferimento. Per quanto necessaria (e di semplice intuizione ), questa

3

ipotesi andava confermata. L'esperimento che ne derivò fu ad opera di due

fisici, Michelson e Molrey, che a pochi anni dall'inizio del '900 eseguirono

interferometro,

numerose prove tramite l'uso di uno strumento chiamato

capace di determinare il moto

della Terra nell'etere mediante

l'osservazione di alcuni

fenomeni ottici. Il

procedimento consisteva nel

far partire da una sorgente S

dei raggi così da farli incidere

su una lamina

semitrasparente L con angolo

4

di 45° e quindi di farli

ripartire in due fasci, OA e OB. Questi fasci, giunti nei punti A e B, vengono

riflessi totalmente da due specchi P1 e P2 orientati in modo tale che i raggi

ripercorrano esattamente il proprio cammino di andata. Tornando nel punto

compatibilità della spiegazione al gruppo di teorie preesistenti.

3 L'idea di un sistema di riferimento in quiete assoluta (una sorta di “punto di partenza”) era retta dal suo

carattere di necessarietà. Basti immaginare le conseguenze che ci sarebbero se non ci fosse: si potrebbe

addirittura affermare che è il Sole a girare attorno alla Terra e non il contrario!

4 Si tratta di una lamina costruita in modo da essere capace di riflettere il 50% della luce incidente e di

lasciar passare la parte rimanente di radiazione

O il raggio proveniente da A verrà riflesso dalla lamina L verso lo schermo C

mentre quello proveniente da B passerà indisturbato arrivando anch'esso a

C. Si ha dunque che i percorsi dei due fasci provenienti da S sono: OBOC per

i raggi inizialmente riflessi dal vetro semitrasparente L; OAOC per la

rimanente parte di luce. Supponendo, infine, che le lunghezze OA e OB

siano uguali, è facile dedurre che il tempo T impiegato dalla luce a

T = 2d / c ,

percorrere i cammini OAO e OBO sia lo stesso e pari a

indicando con d la distanza tra la lamina L e uno dei due specchi P1 o P2 e

c

con la velocità della luce nell'etere. Nello schermo C si potrà osservare,

figura di interferenza

quindi, una certa causata dai due fasci di radiazione

(la luce, essendo un'onda, è soggetta a fenomeni di sovrapposizione).

Partendo da queste premesse è possibile determinare come si modificherà

l'immagine su C quando si tiene conto che l'interferometro si muove,

solidalmente alla Terra, rispetto all'etere assoluto. Supponendo che uno dei

due assi OAO o OBO sia allineato con la direzione del moto del nostro

pianeta attorno al Sole, si dedurrà che nella fase di “andata”, lo specchio Px

di riflessione tenderà a sfuggire al fronte d'onda mentre durante il “ritorno”

del raggio di luce, la lamina L gli andrà incontro. Per quanto riguarda l'altro

asse, perpendicolare al moto, il ragionamento è un po' più complesso poiché

bisogna riflettere sul fatto che, rispetto all'etere assoluto, la traiettoria del

fronte d'onda non sarà rettilinea . Applicando a tali ragionamenti un

1

procedimento matematico è possibile ricavare i tempi di percorrenza della

radiazione luminosa nell'interferometro tenendo conto dell'esistenza di moto

rispetto all'etere. Indicando con t il tempo relativo al percorso allineato con il

movimento orbitale della nostro pianeta e con t' quello della traiettoria

dell'altro fronte d'onda, si ha: 2 2 2 2

t = 2L / [ c (1 – v /c ) ] t' = 2L / [ c – v /c ) ]

√(1

che, con ottima approssimazione per velocità molto minori di quella della

1 Quest'affermazione può essere facilmente dedotta se si immagina il sistema dell'interferometro come un

tavolo da biliardo all'interno del quale vi è una pallina che rimbalza tra le due sponde di un lato corto.

Supponendo che il tavolo si muova di moto uniforme parallelo al suo lato lungo (perpendicolare, quindi,

al moto della pallina), un osservatore esterno registrerà una traiettoria a “triangolo”, poiché nel suo

sistema di coordinate il punto in cui la palla rimbalza si sposta con velocità costante.

luce, esprimono una differenza ∆t pari a: 2 2

∆t = t – t' = L / c ∙ v / c

di entità poco apprezzabile ma ben visibile nei suoi effetti sull'immagine che

si forma nello schermo dell'interferometro. Nel suo primo esperimento con

questa strumentazione, Michelson non registrò alcuna differenza di tempo

nel cammino dei due fasci di luce e imputò la colpa a degli errori

sperimentali. Qualche anno dopo, con la collaborazione di Morley, il

procedimento venne ripetuto applicando varie migliorie all'interferometro in

modo da evitare qualsiasi tipo di confusione tra spostamento delle frange di

interferenza e anomalie esterne. Nonostante ciò, il risultato rimase negativo

e non attribuibile ad errori sperimentali, come se si dovesse ammettere un

“trascinamento” dell'etere nel sistema di riferimento Terra. Per quale motivo

l'esperimento che avrebbe dovuto sancire la veridicità dei ragionamenti sul

campo elettromagnetico a partire dalle equazioni di Maxwell non andò a

principio galileiano di

buon fine? Esso si basava sulla validità del

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