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Tesina sul relativismo
Immaginiamo un regolo di lunghezza L = x - x visto da un osservatore in
0 2 1
movimento con velocità v (fig.E) v
O 1 x x
1 2
(Figura E)
t
Se O impiega un tempo per passare da un'estremità all'altra del regolo allora la
1 t.
lunghezza del regolo sarà L = x - x = v ∙
0 2 1
Consideriamo ora il caso in cui l'osservatore sia fermo e il regolo si muova di moto
relativo (fig.F) O
1
v x x
1 2
(Figura F) t t
1
Il regolo impiegherà, per passare davanti all'osservatore, un tempo minore di
(1
2 2
secondo un fattore = 1 / - v /c ).
Se il tempo è minore anche la lunghezza del regolo sarà tale:
(1
t t
1 1 2 2
L = v ∙ = v ∙ / = L / = L - v /c )
0 0
Una prova della dilatazione dei tempi: il decadimento dei muoni.
, )
I muoni, o mesoni sono particelle create dal decadimento dei pioni (mesoni e si
creano nell'alta atmosfera a migliaia di Km sul livello del mare. I muoni decadono
seguendo la legge statistica della radioattività: -t/
N(t) = N ∙ e
0
Dove N è il numero dei muoni all'istante t = 0, N(t) è il numero dei muoni all'istante
0
s).Supponiamo
t e (tau) è la vita media di un muone (per i muoni fermi vale circa 2
8
di rivelare 10 muoni ad un'altezza di 9000 Km. Sapendo che un muone tipico si
muove alla velocità di 0.998 c, il tempo impiegato dalle particelle per arrivare al
6
s
livello del mare è (5000 m)/0.998 c 30 cioè 15 volte il valore della vita media.
8 8 -15
Ponendo N = 10 e t = 15 si ottiene: N = 10 ∙ e = 30.6.
0
Dovremmo quindi aspettarci di rivelare circa 31 muoni al livello del mare. Invece, da
esperimenti pratici, è risultato che il numero dei muoni rilevati è notevolmente
maggiore. Questo perché la vita di un muone, misurata nel sistema di riferimento
=
2 2
della terra aumenta del fattore 1/(1 - v /c ) che (per v = 0.998 c) vale, 15. Perciò
s
per = 30 si ha: 8 -1 7
N = 10 ∙ e = 3.68 ∙ 10
Questo dimostra che gli esperimenti pratici concordano con la teoria relativistica.
Sincronizzazione degli orologi e simultaneità.
Da una prima analisi dei postulati della relatività risulta evidente come la teoria
Einstaniana contraddica spesso il "senso comune". Accettando la relatività, i concetti
di spazio e di tempo dettati dalla fisica classica cambiano enormemente e bisogna
quindi abbandonare la convinzione che certe relazioni siano assolute. In particolare
ora voglio dimostrare che il concetto di simultaneità non ha più valore assoluto e
che:
due orologi sincronizzati in un sistema di riferimento non sono sincronizzati in
qualsiasi altro sistema che si muova rispetto al primo
e che quindi:
due eventi che sono simultanei in un sistema di riferimento non lo sono in un altro
che si muova rispetto al primo.
Supponiamo di avere nel sistema S due orologi nei punti A e B distanti tra loro di una
lunghezza L. Se un osservatore in A guarda l'orologio in B e regola il proprio
orologio in modo che segnino entrambi lo stesso tempo, gli orologi non saranno
sincronizzati a causa del tempo che la luce impiega per andare da A a B. Per una
corretta sincronizzazione è necessario che l'osservatore in A calcoli il tempo di
ritardo. Se in A e in B si verificano eventi simultanei tutti gli osservatori in S
vedranno arrivare i segnali luminosi (emessi dagli eventi) prima da A o da B a
seconda della loro posizione. Solo gli osservatori posti a metà strada tra A e B
vedranno i segnali luminosi contemporaneamente. Si possono definire quindi
simultanei due eventi in un sistema di riferimento se i segnali luminosi emessi dagli
eventi stessi raggiungono nello stesso istante l'osservatore a metà strada tra gli eventi.
7
Per dimostrare che due eventi che sono simultanei in un sistema S non lo sono in un
I
sistema S usiamo un esempio introdotto da Einstein: consideriamo un treno che si
muova con velocità v rispetto ad un marciapiede fermo nel sistema S; il treno è fermo
I I I
nel sistema S (ovviamente il sistema S è in moto relativo rispetto ad S). Sia C un
punto a metà strada tra le estremità del treno come mostrato nella figura G:
1
S S 1 1 1
B C A V
B C A
(Figura G)
Immaginiamo che le estremità del treno vengano colpite da due fulmini e che gli
eventi si verifichino contemporaneamente (cioè C vede arrivare insieme i segnali
luminosi emessi dai fulmini) nel sistema S. Gli eventi non potranno mai essere
I I
simultanei in S in quanto un osservatore in C si muove incontro ad A provocando
così un ritardo del segnale proveniente da B.
Da questo risultato si può dedurre che se due orologi sono sincronizzati nel sistema di
riferimento in cui sono fermi, essi non saranno sincronizzati in un altro sistema.
Massa relativistica e quantità di moto relativistica.
Le scoperte di Einstein misero in crisi non solo le concezioni della cinematica
classica ma anche quelle della dinamica: in particolare venne dimostrato il fatto che
l'equazione per la quantità di moto di un corpo (p=mv dove p è la quantità di moto, m
la massa e v la velocità) è solo un'approssimazione che vale per corpi che si muovono
a velocità insignificanti rispetto a quella della luce. Mi limiterò a spiegare
intuitivamente i risultati di questa dimostrazione senza entrare nel dettaglio usando
calcoli complicati.
Secondo la seconda legge della dinamica di Newton, se su un corpo agisce una forza
F, questa subirà un'accelerazione direttamente proporzionale alla forza; in termini
matematici la seconda legge è espressa così F=ma dove m è la massa del corpo,
costante di proporzionalità diretta tra F e a.
Ora, se si considera un corpo che si muova con velocità v, esso sarà sottoposto al
fenomeno della dilatazione dei tempi (cioè un osservatore fermo misurerà tempi più
8
lunghi rispetto a quelli misurati dal corpo in movimento) e l'accelerazione, cioè la
velocità in rapporto al tempo (a = v / t), diminuirà di conseguenza.
Quindi dobbiamo supporre che se un corpo si muove ad una certa velocità, mentre la
sua accelerazione diminuisce, la sua massa aumenta: se non fosse così la seconda
legge di Newton (F=ma) perderebbe di significato.
Possiamo quindi affermare che anche la massa non è più una proprietà assoluta di un
corpo ma varia a seconda delle circostanze: dobbiamo quindi parlare di massa
relativistica, che, secondo le leggi della relatività, è legata alla massa d'inerzia (la
massa di un corpo in quiete) tramite la seguente relazione m = ∙ m dove m è la
0 0
(1-
2 2
massa relativistica e m la massa d'inerzia e = 1 / v / c ). Di conseguenza anche
l'equazione per la quantità di moto cambierà:
p = m v = mv
0
Energia relativistica.
Nella meccanica classica il lavoro compiuto dalla forza risultante che agisce su una
particella è uguale alla variazione dell'energia cinetica della particella. Invece nella
meccanica relativistica la forza risultante che agisce su una particella viene definita
come la rapidità di variazione della quantità di moto relativistica. Einstein calcolò
l'energia cinetica di una particella che si muove con velocità v uguagliando il lavoro
compiuto dalla forza risultante alla variazione dell'energia cinetica; di questo calcolo
(assai complicato) fornisco il risultato omettendo la dimostrazione:
mc 2 2
E = - mc
c ,
Dove E è l'energia cinetica della particella che si muove con velocità v e come al
c (1
2 2
solito è dato da = 1 / - v /c ).
Nell'espressione per l'energia cinetica è presente un termine indipendente dalla
2
velocità della particella: si tratta di mc . Questa grandezza è chiamata energia di
riposo della particella.
L'energia totale E, allora, è definita come la somma dell'energia di quiete e
dell'energia cinetica mc
2 2
E = E + mc =
c
Se v è molto minore di c possiamo approssimare il fattore utilizzando la serie
n
binomiale (1 + x) 1 + nx (con x << 1):
2 2 -1/2 2 2
= (1 - v /c ) 1 + (1/2) ∙ (v /c )
Con questo risultato per l'energia cinetica relativistica si ottiene:
9
2 2 2 2 2
E = mc ( - 1) mc [1 + (1/2) ∙ (v /c ) - 1] = (1/2) ∙ mv
c
Si è così dimostrato che per velocità irrilevanti rispetto a c, l'energia cinetica
relativistica ha praticamente lo stesso valore dell'energia cinetica secondo le teorie
classiche della fisica. Spesso, nelle applicazioni pratiche, si conosce la quantità di
moto di una particella o l'energia, piuttosto che la sua velocità. Combinando le
2
equazioni dell'energia relativistica totale (E = mc ) e della quantità di moto
relativistica (p = mv), possiamo ricavare l'equazione dell'energia in funzione della
quantità di moto:
2 2 2 2 2 2 2 2 2
E = mc E = (mc ) E = (mc) / (1 - v /c )
2 2
Ricaviamo ora il termine v /c dall'equazione per la quantità di moto relativistica
2 2 2 2 2 2 2 2 2
p = mv = p/mv = p / m v 1 - v /c = m v / p
2 2 4 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2
1/c = v /c + (v /c )(m /p ) 1/c = (v /c )(1/c + m /p )
2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2
1/c = (v /c )[(p + m c )/(p c )] v /c = (1/c )[(p c )/(p + m c )
2 2 2 2 2 2
v /c = p /(p + m c )
Si ha dunque : 2 2 2 2 2 -1 2 2
E = [1 - p /(p + m c )] ∙ (mc )
2 2 2 2 2 2 2 2 -1 2 4 2 2 2 2 2 2 2 4
E = [(p + m c - p )/(p + m c )] ∙ (m c ) E = [(m c + p )/m c ](m c )
2 2 4 2 2 2 2 2 2
E = m c + p c = p c + (mc )
Se l'energia di riposo (o di quiete) di una particella è trascurabile rispetto all'energia
totale possiamo operare la seguente approssimazione: 2
Epc per E >> mc
Quest'ultima è una relazione esatta tra energia e quantità di moto per le particelle che
non hanno massa di riposo, come i fotoni.
Cenni sulla relatività generale.
Da un punto di vista matematico, la relatività generale è molto più complicata di
quella ristretta: per questo ne fornirò solo una breve trattazione qualitativa.
La base della teoria generale della relatività è il principio di equivalenza:
un campo gravitazionale omogeneo è del tutto equivalente a un sistema di
riferimento uniformemente accelerato. 10
Ecco un esempio che chiarisce il principio di equivalenza:
a 1 2
ma mg
PIANETA
Se un'astronave, in assenza di campo gravitazionale, si muove con accelerazione a,
un corpo al suo interno sarà sottoposto ad una forza F = m ∙ a nel verso opposto a
quello del moto (figura 1).
Su un corpo all'interno dell'astronave ferma su un pianeta, agirà una forza pari a
F=m∙g. Se poniamo g = -a le due forze (F=ma e F=mg) saranno uguali. Dunque si
può concludere che non esiste alcun esperimento che possa distinguere un moto
uniformemente accelerato dalla presenza di un campo gravitazionale.
Uno degli aspetti più interessanti della relatività generale è la nuova concezione di
"spazio curvo". Secondo la teoria Einsteniana la materia, mediante il campo
gravitazionale, agisce sullo spazio circostante alterandolo.
La relatività non si serve quindi della geometria euclidea, applicabile solamente ad
uno spazio piatto. Ma che differenza c'è tra spazio curvo e spazio piatto ?
La seguente immagine dovrebbe fornire qualche chiarimento in più :
11
A sinistra, un cilindro è una superficie con curvatura nulla. Su di esso le linee
geodetiche (si definisce geodetica l'ente più breve che unisce due punti) sono
parallele, la somma degli angoli interni di un triangolo è di 180° e una sua porzione
può essere distesa su un piano senza rotture. Al centro, una sfera è una superficie con
curvatura positiva. Le linee geodetiche convergono fino ad avere un punto in comune,
la somma degli angoli interni di un triangolo è maggiore di 180° e una sua porzione
non può essere distesa su un piano, a meno di non dividerla in spicchi molto sottili. A
destra, una sella è un esempio di spazio con curvatura negativa. Qui le linee
geodetiche divergono, la somma degli angoli interni di un triangolo è minore di 180°
e una sua porzione non può essere distesa su un piano a meno di non sovrapporre
alcune sue parti. La luce ha la proprietà fisica di percorrere geodetiche dello spazio:
per esempio un raggio di luce che ad un osservatore sulla Terra appare come una
traiettoria rettilinea, in realtà percorre archi di circonferenza. La luce fa dunque capire
che tipo di geometria segue lo spazio.
Nel 1915 le ipotesi di Einstein sul campo gravitazionale ebbero una clamorosa