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TITOLO: IL TEMPO NELLA LETTERATURA EUROPEA DEL PRIMO NOVECENTO

TESINA DI: ELISA LUCIANI INDICE

1. Premessa pag. 2

2. Introduzione pagg. 2-3

3. Italo Svevo - La coscienza di Zeno pagg. 3-5

4. James Joyce – Eveline pagg. 6-7

5. Marcel Proust - À la recherche du temps perdu pagg. 8-9 1

PREMESSA

In un’ epoca come la nostra di così rapide trasformazioni

tecnologiche, culturali,storiche, interrogarsi sulle tematiche

dell’irreversibile scorrere del tempo è un’esigenza profondamente

sentita da tutti e in particolare da noi giovani, protesi verso il futuro

ed impegnati ad acquisire capacità di orientamento e di

interpretazioni della realtà.

Quindi senza avere alcuna pretesa di esaustività, il presente lavoro

vuole essere una riflessione sulla tematica del tempo affrontata da

tre delle principali figure della letteratura europea del primo ‘900:

Italo Svevo, James Joyce e Marcel Proust.

INTRODUZIONE

La novità del romanzo del Novecento è nel descrivere la crisi

dell’età del Decadentismo basata sul crollo dei valori borghesi,

sull’esaurirsi della fede nella ragione e nella capacità dell’uomo di

comprendere la realtà. Gli scrittori non descrivono più la società ma

l’interiorità dell’individuo, la vita della coscienza, esprimono

l’angoscia esistenziale, la crisi dell’io divenuto estraneo a se stesso:

l’alienazione, la solitudine e l’assenza di comunicazione. Ciò è

dovuto alla diffusione delle teorie di Freud basate sui metodi della

cinema,

psicanalisi nello studio dell’inconscio e all'avvento del nel

quale l'uomo moderno trova un nuovo mezzo per esprimere se

stesso in maniera spontanea e per descrivere i suoi sogni e le sue

esperienze personali. Il cinematografo è anche il modo per

sottolineare la nuova concezione del tempo, formulata da Henri

Bergson, per cui gli istanti non si susseguono tutti uno uguale

all'altro, ma si dilatano o si restringono a seconda della volontà del

soggetto. Il punto di vista del narratore è interno all’azione e i fatti

narrati vengono analizzati. Inoltre non siamo più di fronte all’eroe

romantico, bensì ad un antieroe, un inetto, un malato della malattia

inguaribile del vivere che si definisce soprattutto per le sensazioni, i

pensieri e non è mai uguale a se stesso, ma muta secondo il tempo,

alle situazioni in cui si trova e soprattutto in relazione alla

molteplicità dei punti di vista attraverso i quali viene presentato. Il

tempo non scorre più in un’unica direzione, in quanto i fatti non

vengono narrati secondo il loro ordine cronologico. Nasce un

rapporto ambiguo tra passato e presente in cui i due piani

temporali non si succedono l'uno all'altro ma coesistono in una

specie di "tempo interiore". Si viene inoltre a creare una sfasatura 2

fra tempo della storia e tempo personale, infatti sensazioni, ricordi,

pensieri, in pochi attimi si accavallano nella mente del personaggio,

vengono analizzati e descritti a rallentatore, con una forza analitica

spazio

che arresta il flusso del tempo. Anche lo : il mondo esterno, il

paesaggio e l'ambiente sociale non ha più una sua autonomia, ma

esiste in funzione del personaggio che lo guarda, perciò assume una

luce diversa a seconda delle angolazioni psicologiche da cui l'io

focalizzazione

narrante lo contempla. La è prevalentemente interna.

I fatti sono introdotti attraverso le percezioni e i pensieri del

protagonista, grazie all'adozione della "restrizione di campo": il

lettore è informato soltanto di ciò che ricade nell'ottica del tecnica

personaggio o che accade nella sua mente. Sul piano della

narrativa il romanzo d'analisi è caratterizzato da profonde

innovazioni che riguardano sia la struttura sia le scelte espressive,

con diverse sperimentazioni a seconda degli autori, ma che

"flusso dei pensieri "

generalmente cercano di esprimere il dei

personaggi. Alla formazione e alla disorganicità del mondo quale

appare agli occhi dello scrittore corrisponde una struttura

compositiva volutamente disarticolata, che si frantuma in una

miriade di direzioni che rendono effettivamente difficile seguire la

vicenda ed intendere ciò di cui si parla.

Lo scrittore che rappresenta maggiormente questa crisi è Svevo in

Italia, sul piano europeo vi sono: Mann, Joyce, Proust e Kafka che

testimoniano la coscienza del tramonto della civiltà occidentale.

Svevo rappresenta nella nostra letteratura l’esperienza di un

solitario le cui opere passarono inosservate tanto che furono gli

stranieri a scoprirlo. Il suo vero nome era Ettore Schimtz, figlio di

una famiglia ebraico -cristiana. Nacque nel 1861 a Trieste, città di

confine che a causa dei traffici commerciali e della sua posizione

geografica era profondamente immersa nella mentalità

mitteleuropea, dove egli apprese una cultura poco italiana e molto

europea. Trieste fu la città in cui si sentì più la crisi economica 3

europea e si acuì il disagio dell’uomo di fronte ai nuovi problemi.

Perciò l’uomo portato ad esaminare la propria funzione sociale, è

distrutto dalla sua analisi, dalla propria inquietudine problematica

che non è più individuale, bensì universale. Il suo pseudonimo

riflette la sua consapevolezza di appartenere a due tradizioni

culturali diverse: italiana e tedesca. Rimase 18 anni impiegato alla

Banca Union, sposò nel 1896 la ricca Livia Veneziani e lavorò nel

colorificio del suocero. Nel 1907 conobbe James Joyce esule a

Trieste che gli diede lezioni di inglese e con il quale strinse una

feconda amicizia letteraria. Negli anni seguenti scoprì la psicanalisi

e venne influenzato dal filosofo tedesco Schopenhauer. Nel 1925-26

esplose il caso Svevo in Francia e in Italia, ma nel 1928 morì in un

incidente d’auto. Egli rappresentò la società del suo tempo

attraverso opere di rottura per svelarne le ombre, le finzioni, le

angosce, i problemi, usando uno stile non elegante e antiletterario.

Considerò la letteratura come un vizio e la praticò perciò senza

illusioni.

I protagonisti dei tre romanzi sono dei letterati falliti. Nel primo che

si intitola ”Una vita” del 1892 il protagonista Alfonso scrive un

romanzo a quattro mani con Annetta e alla fine si suicida. Nel

secondo: Senilità del 1898 il protagonista Emilio è un letterato

annoiato e deluso, mentre nella Coscienza di Zeno del 1923 il

protagonista viene descritto dal suo diario che il suo dottore

definisce un cumulo di tante verità e bugie. L’intellettuale

identificato ormai con l’inetto, il nevrotico che ricorre alla

letteratura come funzione conoscitiva e critica circa la sua esistenza

e i suoi rapporti sociali. Quindi una conoscenza frammentaria e

disorganica ma posta sul piano dell’ironia.

LA COSCIENZA DI ZENO

Lo scrittore con il suo terzo romanzo abbandona i moduli narrativi e

introduce delle novità come la narrazione in prima persona, mentre

finge di costruirsi, si smonta con le sue stesse parole attraverso

l’umorismo. Non vi è una successione cronologica dei fatti, bensì

l’autore usa un tempo misto e adotta la tecnica del monologo

interiore. La vicenda si svolge in otto capitoli e cinque episodi per

cui non c’è un nesso temporale ma tematico. Dopo la prefazione,

firmata dal dottor S., comincia il racconto autobiografico del

protagonista, Zeno Cosini, diviso in sei capitoli successivi. Al

Preambolo, una sorta di introduzione in cui il personaggio spiega le

ragioni della propria scrittura, imposta dal medico che vuole

sottoporlo a una terapia psicoanalitica, fa seguito il Fumo. Qui Zeno 4

descrive il proprio vizio e racconta i molteplici e fallimentari

tentativi per smettere di fumare, documentati da una costellazione

di date, ciascuna delle quali rinvia al proposito dell’<<ultima

sigaretta>>. Nel capitolo successivo, La morte di mio padre, il

paziente ricorda la <<vera, grande catastrofe >> della sua vita:

l’agonia e la morte del padre, con tutti i sensi di colpa che questa

Storia del mio matrimonio

perdita ha lasciato affiorare. Nella

vengono narrate le disavventure del corteggiamento che Zeno ha

rivolto, l’una dopo l’altra, alle tre figlie maggiori del suo principale,

Giovanni Malfenti: Ada, Alberta e Augusta.

Respinto dalle prime due, innamorato soprattutto di Ada, destinata

invece al brillante e disinvolto Guido Speier, finirà con lo sposare

Augusta, dalla quale non è per nulla attratto. Nel capitolo

La moglie e l’amante,

successivo, Zeno racconta la relazione

extraconiugale con Carla, cercando di accreditare la tesi della

necessità di un’amante per dare nuova vitalità al rapporto con

Augusta. Il racconto della vita passata si chiude con il capitolo

Storia di un’associazione commerciale , nel quale le vicende

dell’attività intrapresa con Guido paiono il pretesto per narrare il

rapporto di profonda antipatia che lega Zeno al cognato e che

raggiunge il suo culmine nell’episodio, freudiano, del funerale

sbagliato: il giorno delle esequie di Guido morto per gli effetti di un

suicidio che avrebbe voluto solo tentare, Zeno prende

inopinatamente a seguire il funerale di uno sconosciuto. L’ottavo e

ultimo capitolo del romanzo, intitolato Psico-analisi, è separato dagli

altri da una frattura temporale: si colloca, infatti, dopo che Zeno ha

praticato e volontariamente interrotto la cura psicoanalitica, in

preparazione della quale aveva dovuto stendere le memorie

contenute nei capitoli precedenti. Da paziente indocile quale si è

rivelato fin dall’inizio, il protagonista registra con soddisfazione il

fallimento della cura, mentre, paradossalmente annuncia trionfante

la propria guarigione di fronte a un mondo devastato dalla furia

della prima guerra mondiale. Si legge nella Coscienza: <<La vita

somiglia un poco alla malattia…A differenza delle altre malattie la

vita è sempre mortale. Non sopporta cure. Sarebbe come tappare i

buchi che abbiamo nel corpo credendoli delle ferite. Morremmo

strangolati non appena curati>>. << La vita attuale è inquinata

alle radici. Soltanto noi malati sappiamo qualche cosa di noi

stessi>>. Sembra quasi che la malattia sia una condizione

necessaria per conoscersi meglio, sia lo stato normale dell’uomo.

Svevo come Pirandello esprime un uguale giudizio negativo sulla

società del loro tempo e sulla crisi dell’uomo, ma mentre Pirandello

ha una posizione filosofica relativistica che culmina in una 5

conclusione tragica e desolata, Svevo si concentra sul

problematicismo analizzando la psicologia dell’uomo concludendo

con un sorriso ironico. Se in Pirandello le uniche vie d’uscita sono il

delitto, il suicidio e la pazzia, in Svevo il personaggio “inetto” è più

aperto alla tolleranza verso gli altri e verso se stesso attraverso il

processo di autocoscienza e l’ironia.

James Joyce was born in Dublin in 1882, one of a large family. He

was attended Jesuit Schools and University College, in Dublin, then

he graduated in modern languages. He grew up a rebel among

rebels because the political or literary movements wanted the

freeing of Ireland from English dominance. His interest was for a

broader European culture. So he established himself on the

continent and spent some time in Paris, but his mother’s fatal

illness in 1903 brought him back to Dublin. In June 1904 he met and

fell in love with Nora Barnacle and with her in October settling in

Trieste where Joyce taught English and made friends with Italo

Svevo. The years in Trieste were difficult, filled with disappointment

and financial problems. In fact he was soon in trouble with

publishers and printers on account of supposedly obscene elements

in his prose in the novel Dubliners, a collection of short stories all

about Dublin and Dublin’s life was completed in 1905 but only

published on the eve of the First World War. The poet Ezra Pound

reviewed this work enthusiastically and helped Joyce print A portrait

of the artist as a young man (1916), his semi-autobiographical

novel. In 1914 he wrote most of his naturalistic drama Exiles, then

the following year he moved to Zurich together with his family.

Although Dubliners and A Portrait had established him as a writer,

they had done little to alleviate his financial difficulties. In 1917 he

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