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Sintesi


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Tempo

“DIMENSIONE TEMPO”

BACHMANN “Die gestundete Zeit” (Il tempo dilazionato) 1953

tempo concesso ad ore → tempo precario “La persistenza della memoria” 1931

DALÍ “Scioglimento della persistenza della

memoria” 1952-54

Orologi che si stanno sciogliendo; ore diverse perché per lui non

ha significato il tempo lineare ed il passato è racchiuso

nella MEMORIA “Gli <orologi molli> non sono altro

che il camambert paranoico- critico,

PROUST molle, stravagante ed unico dello

Madeleine riporta alla mente un intero periodo spazio e del tempo”

della sua vita

flusso del tempo come vissuto psicologico senza GALILEO

normale successione cronologica

“Alla ricerca del tempo perduto”, I 1913

LIBERA SUCCESSIONE orologi e clessidre usati per misurare

gli intervalli

SVEVO NEWTON

“La coscienza di Zeno” 1923

passato e presente si fondono; procede per argomenti “universo ad orologeria” ed il

così come ritornano in mente al protagonista tempo ne è l’ordinatore

DUE PIANI TEMPORALI attualità “L’adesso che scrivo” meccanismo retto

redazione memorie e dall’intervento di Dio

cura psicoanalitica (=orologiaio) che ne

esperienze e fatti evocati, regola il MOVIMENTO

riportati al momento attuale

alla narrazione da parte di Zeno OROLOGI

BERGSON “Saggio sui dati immediati della coscienza” 1899 sviluppati tecnologicamente

tra ‘600 e ‘700, ma diffusi

TEMPO INTERIORE TEMPO ESTERIORE nell’800

TEMPO MECCANICO

prodotto di ciò che ogni momento della scienza, ~ anno 1000: segna- tempo

ci dà, non è misurabile cronologico, religiosi

matematicamente oggettivo poi: scandiscono tempo città

→ tempo della MEMORIA XV sec: nelle case→ tempo

famiglie

<fiume> del tempo 1800: da tasca→ vita di tutti

soggettivo i giorni ↓

“La durata interiore” da movimenti sempre più precisi

“L’evoluzione creatrice” 1907 “L’orologio non è solo una <Macchina> che indica il

passare delle ore, ma un mezzo per sincronizzare le azioni

LUCREZIO degli uomini” Lewis Manford, “Tecnica e Civiltà”

“FRECCIA DEL MODERNITÁ

accidente delle cose che essendo TEMPO”

eventi nel loro succedersi ci danno

l’idea della durata evoluzione delle cose da EINSTEIN

“De Rerum Natura”, I, 459 passato a presente

TEMPO LINEARE

ETERNO RITORNO Teoria della relatività 1905

ciclicità tempo = deriva dalla religione ebraica, dipende dallo stato di moto

ereditato dal Cristianesimo e dall’Islam dell’osservatore→ tempo <relativo>

influenza la filosofia ognuno ha un suo tempo che non si

classica→Stoici ↓ accettata da Platone misura con gli orologi

Seneca “De brevitate vitae” (ciclicità cosmica)

“DIMENSIONE TEMPO”

Nel nostro secolo il rapporto dell’uomo col tempo assume una particolare e nuova

importanza: cambia radicalmente infatti il modo di concepire la “dimensione del tempo”,

che si identifica col tempo che trapassa di momento in momento, con quello che è già

trascorso in un passato più o meno vicino o più o meno remoto, e con quello che sarà. In

un’epoca di cambiamento come il nostro secolo tutto è rimesso in discussione per tutti i fatti

e le scoperte che rendono superato ciò che è accaduto il giorno prima.

Il tempo rimane sicuramente uno dei punti di riferimento fondamentale: fuori di noi tutto

cambia perché quello che era prima non è più adesso e non sarà più domani. Il punto di

riferimento dato dal tempo continua però a modificarsi insieme agli sforzi per misurarlo,

controllarlo ed adeguarlo alle varie esigenze: questi sforzi però non sarebbero mai stati

compresi dai nostri antenati, che lavoravano nei campi e vivevano secondo i cicli della

natura; il loro riferimento sicuro infatti era la ciclicità del sorgere e tramontare del sole e

delle stagioni dell’anno ed il tempo della loro esistenza era legato al succedersi dei

fenomeni della natura. Oggi queste certezze, per rapportarsi col tempo della nostra vita,

sono venute a mancare: il tempo ha ritmi e modalità diversi che difficilmente possono essere

riferiti soltanto al tempo astronomico.

Il tempo è diventato un sistema relazionale al quale ci dobbiamo adeguare: siamo talmente

precisi a tal punto da misurare con orologi atomici il milionesimo di miliardesimo di

secondo e la nostra giornata è condizionata dalla logica del tempo della nostra civiltà (ora

legale, sistemi di telecomunicazioni e computer che hanno trasformato in pochi anni il

nostro modo di vivere il rapporto col tempo) tanto che è difficile rendersi conto nei ritmi

della nostra vita quotidiana che, illudendoci di imprigionare il tempo alle esigenze della

nostra civiltà, siamo finiti in catene noi.

Nella nostra società del cambiamento però il problema di rapportarci col tempo è soprattutto

vivere la libertà del tempo interiore, cioè la durata qualitativa del tempo vissuto nella nostra

coscienza con le sensazioni, le passioni, le emozioni attraverso le quali certi secondi

sembrano durare alcune ore e certi giorni volano via come secondi.

Questo problema del tempo è stato sempre uno dei motivi principali affrontato dalla

filosofia ed ogni corrente di pensiero ne ha proposto svariate interpretazioni e soluzioni. A

partire dalla seconda metà dell’Ottocento la coscienza, cioè l’esperienza interiore, ritorna

come valore primario e dato essenziale per una conoscenza autentica e profonda della realtà,

in alternativa alla dottrina positivista che riponeva sui dati della scienza l’unica conoscenza

possibile della realtà. E’ proprio con Bergson che si apre la strada ad un’interpretazione

radicalmente antiscientifica della “dimensione tempo”, introdotta nell’opera “Saggio sui dati

immediati della coscienza” (1899). La nuova concezione del tempo, elaborata dal filosofo

francese, propone una distinzione tra tempo esteriore, cioè della scienza, che è puramente

cronologico ed è il tempo della durata quantitativa, e tempo interiore, cioè della coscienza,

che è il tempo della durata qualitativa. Il tempo interiore annulla tutte le strutture ed al prima

ed al dopo si sostituisce la durata. La nostra coscienza è vista come presente e passata ed il

tempo non è più sentito come principio di logoramento e dissoluzione, perché non siamo

sola la somma dei singoli momenti della nostra vita, ma il prodotto di ciò che ogni momento

ci dà. Nelle formule fisiche il tempo appare come una quantità vettoriale matematicamente

misurabile.

Al tempo oggettivo, che secondo gli intellettuali del Novecento è un’astrazione vuota,

perché non è formato da istanti quantitativamente uguali, si oppone il tempo della memoria,

come appunto dice Bergson: una durata qualitativa, non misurabile matematicamente.

L’essere umano vive dalla nascita immerso nel “fiume” del tempo soggettivo. La stessa

percezione di noi stessi è legata a ciò: noi siamo in quanto possiamo pensare, ma il nostro

pensiero non potrebbe esistere se non fosse collegato alla continuità dell’esperienza. La

memoria quindi, sia soggettiva che affidata a scritti od altro, è la base che garantisce questa

continuità. “La Ricerca del Tempo Perduto” di Proust è la ricostruzione proprio di una vita

(quella del narratore) intesa come scoperta graduale del significato della realtà attraverso la

memoria a partire da un evento minimo e casuale: il romanzo si apre con l’episodio di un

dolce chiamato madeleine, che il protagonista riassapora per la prima volta dopo gli anni

dell’infanzia e che gli riporta alla mente un intero periodo della sua vita. Solo nella

memoria, secondo Proust, l’uomo può cogliere con un unico sguardo le incessanti

trasformazioni alle quali il tempo sottopone fatti, persone e sentimenti. Questa concezione

che matura via via si può accostare nell’ultima parte intitolata “Il tempo ritrovato” alla

teoria del “tempo creativo” di Bergson. Anche i suoi periodi sono quasi sempre lunghi, lenti,

ricchi di incisi e di subordinate, tanto che anche il ritmo corrisponde al flusso continuo e

dilagante del ricordo. La “dimensione del tempo” acquista quindi una indeterminatezza che

lo scrittore o l’artista coglie in chiave soggettiva mostrando il flusso del tempo come vissuto

psicologico dei propri personaggi senza legami con la normale successione cronologica.

Come testimonianza di ciò possiamo prendere in considerazione un ulteriore testo: “La

coscienza di Zeno” di Svevo. La costruzione del racconto non è un’autobiografia compiuta,

ma un’analisi retrospettiva di episodi della vita del protagonista. La trama narrativa infatti

procede su due distinti piani temporali: uno è quello dell’attualità (“L’adesso che scrivo”

come dice Zeno) nel quale si svolgono la redazione delle memorie e la cura psicoanalitica e

l’altro riguarda esperienze e fatti evocati, risalenti a 25 anni prima, e riportati al momento

attuale della narrazione da parte di Zeno. La trama si articola quindi in capitoli, ciascuno dei

quali ha al centro un tema che ripercorre un evento del vissuto del protagonista. Sono

capitoli in cui scompaiono la struttura e le sequenze temporali del romanzo tradizionale (non

c’è storia da narrare e non c’è una successione logica-temporale da seguire), ma che

procedono per argomento nel susseguirsi di eventi che il protagonista rivive in libera

successione con il fluire dei ricordi, che riescono a dominare la “dimensione del tempo”

fondendo passato e presente in libera successione cronologica.

Definire cosa sia il tempo è quindi piuttosto difficile: Lucrezio lo vede come un accidente

delle cose, che essendo eventi nel loro succedersi ci danno l’idea della durata (“De Rerum

Natura”, I, 459): Pochi secoli dopo Agostino all’eterna domanda “Cos’è il tempo” dà una

risposta più umile: “Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me lo chiede,

non lo so”.

Le culture tradizionali hanno ipotizzato una ciclicità del tempo, che si riassume nell’Eterno

Ritorno. Questo concetto, accettato anche da Platone, che ipotizzava una ciclicità cosmica,

ha molto influenzato la filosofia classica, in particolare gli Stoici, che credevano in una

periodica rigenerazione dell’universo. Ciclo dopo ciclo si sarebbero ripetuti gli stessi eventi,

sarebbero rivissute le stesse persone. Ma il concetto attuale del tempo, almeno per la cultura

occidentale, non è quello dell’Eterno Ritorno, ma quello del tempo lineare, derivato dalla

religione ebraica e poi ereditato dal Cristianesimo e dall’Islam. Il piano che Dio ha stabilito

per l’universo è un preciso processo storico, si svolge con una sequenza temporale ben

definita.

Se guardiamo l’ingresso del tempo nella fisica, vediamo che per Aristotele il tempo era

movimento e molti secoli dopo Galileo vide che non si poteva fondare nulla della nuova

meccanica se non trovando la misura dello scorrere del tempo. Fino ad allora l’unità del

tempo più piccola che veniva misurata con precisione era il giorno. Ma per descrivere il

moto di un grave su un piano inclinato occorreva misurare intervalli di tempo ben più

piccoli e con buona precisione. Fin dall’antichità esistevano clessidre ed orologi ad acqua,

ma Galileo le usò per uno scopo ben diverso da quello a cui erano servite in genere fino ad

allora: non per segnare l’ora del giorno, ma per misurare intervalli. Il tempo entrava

prepotentemente quindi nella nuova fisica.

La precisione raggiungibile con tali strumenti era purtroppo molto scarsa; oggi invece questi

strumenti sono diventati molto precisi, tanto da estendere le conoscenze geografiche e da

assicurare una possibile e sicura navigazione anche in pieno oceano. Infatti per determinare

la posizione di un qualsiasi punto sulla superficie della terra occorre conoscere con

precisione l’ora riferita ad esempio al meridiano di Greenwich. In questo modo, misurando

l’altezza delle stelle o del sole sull’orizzonte, diventa possibile determinare la latitudine e la

longitudine.

Le leggi della meccanica formulate avendo come variabile indipendente il tempo,

descrivevano bene i fenomeni sia terrestri che celesti tanto da suggerire una loro

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