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- La pena di esistere.

Pirandello Romanziere

4.

A differenza delle novelle, il romanzo appare più analitico. A monte rimane

sempre l’umorismo dello scrittore e la disgregazione del personaggio.

Il primo romanzo, “Marta Jola”, fu pubblicato con il nome “L’esclusa”. La

vicenda siciliana tratta la storia di una donna accusata ingiustamente di

adulterio dal marito, e poi riammessa in casa quando l’adulterio era stato

realmente consumato.

Pirandello è interessato all’ottusità provinciale. “Il Turno” è basato sulla

comicità paesana e con “Il fu Mattia Pascal” si supera il naturalismo e si

libera l’umorismo.

“I vecchi e i giovani” è di tema storico sui giovani che colpirono la Sicilia.

Mettendo a fuoco le vicende della nobile famiglia di Girgenti, i Laurentano,

Pirandello mette a confronto la generazione dei vecchi e dei giovani. Don

Cosmo Laurentano guarda i fatti della vita con “un cannocchiale rivoltato”.

“Si gira” ha un impianto diaristico, in cui la voce narrante coincide con il

protagonista.

Con “Uno, nessuno e centomila” Pirandello affronta l’incomunicabilità,

l’astrazione delle parole, la nullificazione dell’io, il relativismo e la mancanza

della verità oggettiva.

La stagione teatrale e il successo internazionale

5.

Il teatro pirandelliano, a differenza di quello dannunziano, ebbe un gran

successo sia in Italia sia all’estero e le sue opere furono rappresentate anche

durante la vita dell’autore.

Soltanto intorno al 1910 Pirandello si decise ad affrontare anche le scene, pur

avendo scritto fin dall'adolescenza testi teatrali, ma l'anno decisivo per la

notorietà fu il 1921, quando, per la sua audacia sperimentale, ottenne a

Milano un clamoroso successo, che proseguì subito dopo in America.

I principi fondamentali del teatro pirandelliano sono:

· Autonomia del personaggio rispetto all’autore.

· Dissacrare il momento artistico mediante l’arte stessa.

Pirandello mette, infatti, al centro della scena i personaggi, mentre l’intreccio

diventa secondario; non si limita a rappresentare una scena, ma contesta il

teatro attraverso il teatro ponendo l’accento sull’elemento artificioso

(mostrando, ad esempio, la scena), sulla maschera e l’invito agli spettatori di

diffidare di ciò che vedono (v. “Sei personaggi in cerca d’autore”). Questa

tecnica in letteratura è definita costruzione an en abîme (in abisso).

“Sei personaggi in cerca d’autore” fa parte della trilogia definita “Teatro nel

Pirandello vuole dare agli spettatori l’idea che siano essi stessi gli

teatro” (

attori, così il teatro è realtà e la finzione è ciò che c’è attorno oltre a

.),

“Ciascuno a modo suo” e “Questa sera si recita a soggetto”. Con questa trilogia

5

Pirandello raggiunge gli obiettivi teorici che si era preposto: l’autonomia dei

personaggi è spinta al massimo, l’autore non c’è e di conseguenza non c’è

nemmeno un significato della scena, ma tanti significati quanti sono i

personaggi. La novità di “Sei personaggi in cerca d’autore” sta nel modo in cui

Pirandello immagina il dramma, organizzato in tre piani in conflitto tra loro:

· I fatti accaduti in passato.

· I personaggi presenti che interpretano in modi diversi i fatti passati.

· La storia interpretata dagli attori.

Le prime opere teatrali di Pirandello (La morsa, Lumie in Sicilia) rientrano

ancora nell’ambito del teatro veristico-naturalistico, ruotante sull’adulterio,

sulle oppressioni della famiglia e sui problemi economici. Ad esse si affianca

una produzione dialettale, poi riproposta in lingua (Liolà, Pensaci, Giacomino!, Il

berretto a sonagli).

Fra il 1917 e il 1918 vanno in scena tre commedie finalizzate a mettere in crisi

il mondo borghese: “Così è(se vi pare)”, “Il piacere dell’onestà”, “Il giuoco delle

parti”.

Queste opere sono esempio di funzione dell’umorismo, con il grottesco della

rappresentazione.

“Maschere nude” è l’esplosione di tutte le contraddizioni che lacerano il

personaggio. Di un anno dopo è “Enrico IV”, momento di passaggio dal

personaggio umoristico al personaggio tragico.

Le sue opere furono e sono poste tuttora in scena a Parigi, Atene, Londra e New

York. Il linguaggio pirandelliano

6.

Il linguaggio pirandelliano è antiestetizzante e antieroico e portato al

particolare concreto. Per Pirandello il linguaggio è espressione diretta dei

sentimenti del personaggio. Diverse le tecniche narrative: vi troviamo la

presenza diffusa del personaggio che si narra e del monologo interiore (Il fu

Mattia Pascal, Uno nessuno e centomila, La carriola).

Le scelte stilistiche sono molteplici: il vivace, il sentimentalistico, l’elegiaco, il

pensoso-sospensivo, il surrealistico, il caricaturale.

Concetto di umorismo

7.

“Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non

si sa di quale orribile manteca, e poi tutta goffamente

imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere.

Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che

una vecchia signora rispettabile signora dovrebbe essere.

Posso così arrestarmi a questa impressione comica. Ma se 6

ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che

quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a

pararsi così, come un pappagallo. […] Ecco che io non

posso più ridere come prima, perché appunto la riflessione

mi ha fatto andare oltre a quel primo avvertimento: da

quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a

questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza

tra comico e umoristico.”

Da L’Umorismo

Pirandello pone una differenza fondamentale tra l’opera d’arte e quella

umoristica.

Nell’opera d’arte artistica cerca di armonizzare tutte quante le parti, e

mentre lo fa, sotto la spinta dell’ispirazione, la coscienza dell’artista tace.

L’umorista, invece, nel momento in cui si accinge a fare la sua opera, ha

vicino a sé una coscienza vigile, che giudica la sua opera momento per

momento.

Il comico si pone ad un livello di conoscenza epidermica e superficiale del

reale, scatena un riso immediato e incontrollato; il sentimento del contrario,

invece, si pone ad un livello di conoscenza ben più profondo ed incisivo e

porta alla somposizione di ciò che appare compatto ed omogeneo.

Il sentimento del contrario ha il compito di agire in profondità sull’ “io”,

mettendone in evidenza tutte le spaccature, le contraddizioni e, agendo

come una sorta di forza centrifuga, lo sdoppia e lo scompone radicalmente.

L’umorismo pirandelliano, quindi, si presenta come l’amara miscela del

comico e del tragico, ovvero come tragicomico.

Uno, nessuno e centomila (1926)

I . Mia moglie e il mio naso.

"Che fai?" mia moglie mi domandò, vedendomi

insolitamente indugiare davanti allo specchio.

"Niente," le risposi, "mi guardo qua, dentro il naso, in

questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino."

Mia moglie sorrise e disse:

"Credevo ti guardassi da che parte ti pende." 7

Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la

coda:

"Mi pende? A me? Il naso?"

E mia moglie, placidamente:

"Ma sí, caro. Guàrdatelo bene: ti pende verso destra."

La scoperta improvvisa e inattesa di quel difetto mi stizzí

come un immeritato castigo.

Sintesi dell’opera

Il brano è ambientato a Richieri, un piccolo paese della Sicilia, regione natale di

Luigi Pirandello. Il protagonista è Vitangelo Moscarda, chiamato dalla moglie

Gengè (anche nel soprannome è presente il simbolo della maschera); egli ha

sempre pensato di essere un uomo senza difetti fino a quando Dida, la moglie,

vedendolo indugiare davanti allo specchio gli domanda se sta controllando da

che parte gli pende il naso, e da quel difetto gli fa notare che le sopracciglia

sembrano due accenti circonflessi e che la gamba destra è più arcuata della

sinistra.

Vitangelo comincia così a pensare che sua moglie, i suoi amici, e tutte le

persone che gli stanno attorno vedono in lui tutti i difetti e si rende conto di

non essere più lui, ma un altro, anzi, uno per ogni persona che incontra: non è

per gli altri quello che fino ad allora si era immaginato di essere.

Egli vuole essere solo, senza la moglie, ma soprattutto senza se stesso, per

poter conoscere quel Vitangelo che solo gli altri possono vedere e che per lui è

come un estraneo.

Nella sua stanza, davanti allo specchio, egli vuole scoprire l’estraneo, non

forzando le espressioni, ma rimanendo naturale, ma vede un corpo senza nome

che attende che qualcuno se lo prenda “per farne il suo Moscarda”. Quel corpo

è nessuno, ma è anche centomila, perché ognuno concepisce la realtà a suo

modo, così come interpreta le parole, che di per sé sono vuote, diversamente

dagli altri.

Secondo Vitangelo, possiamo conoscere solo ciò a cui riusciamo a dare forma

ed egli non accetta le forme che gli altri gli attribuiscono.

Decide allora di iniziare a distruggere proprio il Moscarda usuraio: Vitangelo,

che aveva affidato la direzione della banca a Firbo e Quartonzio (due suoi

amici), ordina ai due di sfrattare Marco Didio e la sua famiglia perché non

hanno mai pagato l’affitto.

Durante lo sfratto un funzionario del notaio annuncia la donazione: il nuovo

padrone di casa, preso dalla gioia, salta addosso a Vitangelo dicendogli che è

un pazzo incurabile.

In questo modo il protagonista ha dimostrato che non è poi come gli altri lo

credevano, a costo però di essere preso per pazzo.

Tornato a casa, vede la moglie a confabulare con Quartonzio: durante la

conversazione tra i tre anche Dida lascia intendere di credere che il marito sia

impazzito. Il suo Gengè, però, stufo di quella maschera, la maltratta,

inducendola a decidere di andarsene di casa. 8

Il suocero di Moscarda tenta allora di farlo ragionare, chiedendogli cosa farà in

futuro se distrugge la sua famiglia e tutte le certezze che gli ha lasciato il

padre, ma alle risposte confuse ed insensate del genero, si convince anch’egli

della sua pazzia.

Annarosa, un’amica di Dida, decide di chiedere al Vescovo di parlare al povero

sciagurato per redimerlo.

Quando incontra Moscarda al convento, però, le cade la borsetta nella quale

aveva una rivoltella: sfortunatamente parte uno sparo che la ferisce al piede.

Non avendo più nulla di cui occuparsi, Vitangelo accontenta Annarosa, che gli

chiede di accudirla durante la convalescenza. La donna è attratta dai discorsi

dell’uomo perché anch’ella è immersa nella solitudine, ma prova anche un

senso di ribrezzo che la porta alla tragica decisione di uccidere Moscarda.

Durante il processo, la donna confessa di aver sparato volontariamente per

mettere fine alle considerazioni di Vitangelo sulla vita, ma il giudice è convinto

che la donna si sia solamente difesa dall’aggressione dell’uomo e la convince a

sottoscrivere tale versione.

Infine Vitangelo fonda un ospizio per mendicanti, dove egli stesso viene

ricoverato.

Nella sua nuova dimora non vuole più guardarsi allo specchio perché crede di

essere guarito dalle sue ossessioni.

Moscarda finirà i suoi giorni in quell’ospizio paradossalmente più felice di

prima, nel tentativo di liberarsi di quell’Uno e di quei Centomila, allo scopo di

diventare, per tutti e per se stesso, Nessuno.

I personaggi presenti nell’opera sono:

Vitangelo Moscarda : detto Gengè, è il protagonista. E’ un

personaggio dinamico ed è interessato all’assurdità delle cose, ma

quando si accorge che nessuno può essere se stesso per tutti trae la

soluzione per diventare nessuno;

Dida : moglie di Vitangelo, è colei che da inizio alla storia facendo notare

al marito i suoi difetti;

Annarosa : amica di Dida;

Marco Didio : è colui che viene sfrattato da Vitangelo;

Firbo e Quartonzio : amici di Moscarda, gestiscono la banca che il

protagonista ha ereditato dal padre;

Nell’opera Pirandelliana sono spesso presenti soliloqui (focalizzazione interna),

nei quali Pirandello lascia trapelare i suoi pensieri riguardo l’argomento,

creando così una sorta di scrittore-protagonista.

La Gestazione del romanzo è di 15 anni ed il titolo è un’ottima chiave di lettura

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