vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Prefazione
Per suicidio – dal latino suicidium, sui caedere, uccidere sé stessi - si intende l'atto col quale
un individuo si procura volontariamente e consapevolmente la morte.
Il suicidio è il gesto autolesivo più estremo, tipico in condizioni di grave disagio psichico,
particolarmente in persone affette da grave depressione o disturbi della personalità di tipo psicotico.
Lo status giuridico del suicidio nel diritto italiano è oggetto di dibattito, secondo la dottrina
dominante, questo è un atto legittimo e comunque non può essere punito - infatti non è prevista
alcuna sanzione civile o penale nei confronti di chi tenta il suicidio -. Al contrario, vengono puniti
gli atti che influiscono su una terza persona determinandola al suicidio.
L'articolo 580 del codice penale punisce severamente – da 5 a 12 anni di reclusione -
l'istigazione al suicidio, il rafforzamento del proposito suicida, nonché l'agevolazione in qualsiasi
modo del altrui suicidio.
L'art. 14 della Legge n. 58 dell’8 febbraio 1948 sulla “Stampa” sanziona con le pene di cui
all'art. 528 codice penale, originariamente previste per le pubblicazioni e gli spettacoli osceni, le
pubblicazioni destinate ai fanciulli ed agli adolescenti allorché, per la sensibilità ed
impressionabilità di essi proprie, siano idonee ad incitare al suicidio.
In molti Paesi esteri, il “suicidio” è reato; nello Stato della California - dove in molti si
recano per cercare la morte sul Golden Gate Bridge in San Francisco, il tentato suicidio continua a
costituire .
reato
Dal punto di vista medico-psichiatrico, numerosi dati di letteratura indicano che è
sicuramente possibile prevenire il suicidio nella popolazione, riducendo drasticamente il numero di
morti, e ciò semplicemente mediante apposite campagne di informazione, nonché attraverso
programmi e centri di aiuto e assistenza.
il suicidio è stato approfonditamente trattato da , che lo
Sociologicamente Emile Durkheim
categorizza in quattro diverse modalità:
egoistico
altruistico 2
anomico
fatalista
Egoistico in quanto i comportamenti troppo individualisti possono a volte degenerare in
forme , determinando condizioni di sociale che possono sfociare in ciò che è il
patologiche solitudine
.
suicidio Altruistico in quanto alla base morale dell’ uomo vi sono dei comportamenti che sì possono
essere altruistici, ma possono essere, altresì, considerati come gesto iniziale del “do ut des do ut
facere” - ti do perché mi dai, ti do perché tu faccia -. Codesta condizione di falsa solidarietà può
spingere l’uomo a compiere questo gesto estremo, quando non vede ricambiato il proprio fare, che
nella realtà dovrebbe prescindere dalla ricompensa.
Il concetto di anomia è centrale nelle analisi di Durkheim, soprattutto per quanto riguarda i suoi
studi sul .
suicidio
Sempre secondo il sociologo francese, l'anomia è uno stato di dissonanza cognitiva tra le
aspettative normative e la realtà vissuta; essa può essere di due tipi:
acuta: segue di solito ad un improvviso cambiamento, come la morte di un parente.
cronica: dovuta ad un continuo , proprio di una moderna .
mutamento sociale società industriale
Durkheim, nel “ Il Suicidio ” del 1897, tende a definire uno stato oggettivo di carenza
normativa, piuttosto che uno stato soggettivo. Ne deriva un concetto di anomia come mancanza di
norme sociali, di regole atte a mantenere, entro certi limiti appropriati, il comportamento
dell'individuo. Inoltre poiché per Durkheim le regole morali vengono sempre codificate in leggi,
l'anomia non si configura solo come mancanza di norme sociali, ma soprattutto come mancanza di
regola morale.
Per il sociologo Durkheim, lo stato di anomia definirebbe, in sostanza, una caratteristica del
sistema culturale di riferimento - norme, e , in cui l'individuo si trova inserito e non
valori tradizioni-
la reazione a questo, quasi che l'anomia rappresentasse in Durkheim l'antitesi della solidarietà
sociale. Da una parte la rappresentazione di un gruppo, dall'altra, con lo stato di anomia, il suo
disintegrarsi.
Fatalista, poiché la vita dell’ uomo può essere considerata come un alternarsi di vicende che ha
come fato prestabilito la morte. L’uomo, fatalista per natura, può decidere di non continuare a
3
vivere la propria vita per raggiungere la morte, e dunque può, attraverso la libertà intellettuale e
morale, scegliere di far terminare la propria vita ricorrendo al suicidio.
IL SUICIDIO IN PSICOLOGIA
Dal punto di vista psicologico, esso può essere interpretato, oltre che come estrema forma di
richiesta di aiuto - in questo caso, spesso, il suicidio è la conclusione involontaria di un tentativo
che si vorrebbe inconsciamente o consciamente volto al fallimento -, o come espressione di un
bisogno, altrimenti inappagabile, di mettere a tacere una sofferenza, un disagio, a cui il soggetto non
riesce a dare risposta.
Nella soppressione della vita, in realtà, il desiderio reale in questa interpretazione sarebbe
quello di affermare l'ideale di una vita liberata, finalmente, da una sofferenza rivelatasi ingestibile e
insostenibile per colui che la patisce. A volte, il suicida può decidere di compiere l'estremo gesto in
un luogo distante da quello in cui risiede, può trattarsi di un luogo scelto a caso, così come di un
luogo che ha rappresentato qualcosa di unico nella sua vita, senza capire, invero, che l’unica cosa, la
più importante è la vita stessa.
IL SUICIDIO IN FILOSOFIA
Il suicidio è stato giudicato in modi diversi nel lungo cammino della storia della filosofia.
Nell'Etica Nicomachea Aristotele definisce il suicidio un atto di viltà; del resto, già il suo
maestro Platone non ammetteva il suicidio, se non per qualche necessità assolutamente ineluttabile,
per il filosofo Seneca il saggio, piuttosto che compromettere la propria integrità morale, deve essere
pronto all'extremaratio del suicidio.
Nel III sec. d.C. Plotino scrisse un trattato riguardante il suicidio. Per via della propria
impostazione naturalistica, e in parte panteista, egli critica aspramente le posizioni dello stoicismo;
ritiene infatti necessario seguire il corso naturale della vita. La vita stessa, in quanto espressione
dell'anima che illumina una natura inferiore, è concepita in senso divino, quale prodotto ultimo
della processione da Dio. "Non ti toglierai la vita, affinché l'anima non se ne vada", il suicidio
4
provoca, secondo questa impostazione, un danno all'anima che viene cacciata di forza e in maniera
innaturale.
Non esiste il suicidio razionale, la violenza al proprio corpo è sempre accompagnata da
"angoscia, dolore o ira".
La vita è un percorso evolutivo per il filosofo, che permette di elevarsi attraverso la legge
che regola il ciclo delle reincarnazioni: " E se il rango che ciascuno avrà lassù corrisponde alla sua
condizione al momento della morte, non bisogna suicidarsi finché c'è, sempre, la possibilità di
progredire ".
Se il suicidio è affrontato per una “ causa giusta ”- ndr. nessuna causa può essere giusta -,
come la libertà, è giustificato da alcuni filosofi antichi; la totale condanna di questo gesto, pur
nell'umana pietà, è solitamente presente nelle filosofie cristiane o che hanno subito l'influsso del
Cristianesimo.
Il suicidio è condannato come atto immorale o vile di fronte alla vita: " contraddice la
naturale inclinazione dell'essere umano a conservare e perpetrare la propria vita ", recita infatti il
Catechismo della Chiesa Cattolica; " al tempo stesso è un'offesa all'amore del prossimo perché
spezza ingiustamente i legami di solidarietà con la società familiare, nazionale ed umana, nei
confronti dei quali abbiamo degli obblighi ".
Secondo Schopenhauer l'obiettivo per liberarsi dal dolore dell'esistenza è superare la volontà
di vivere, ma non attraverso il suicidio, che non è la soluzione, ma attraverso una delle massime
manifestazioni della volontà, vivere.
Schopenhauer sostiene che proprio perché si ama troppo la vita e non la si vuole vivere in
una condizione sgradevole ci si libera con il suicidio.
Per Heidegger il suicidio è una forma di anticipazione non autentica della morte; togliendosi
la vita, infatti, l'essere umano sfugge alla progettazione di un essere-per-la-morte autentico, ovvero
alla comprensione che la sua esistenza è tale nella sua autenticità solo in quanto concepita a partire
da un riferimento costante alla propria morte, come momento estremo che definisce il tempo della
propria vita come una totalità temporale. 5
La mia breve dissertazione sul tema del suicidio, vuol essere un tentativo di
rappresentazione di ciò che questo ha rappresentato ieri come oggi nel pensiero evolutivo dell’uomo
e della società, tutto ciò filtrato dagli occhi di un giovane uomo. Le considerazioni etiche e religiose
presenti in questo testo riprendono a pieno titolo il mio pensiero su questo tema; pensiero atto alla
critica e al biasimo di questo gesto considerato personalmente, e da gran parte della comunità,
folle, sbagliato, totalmente privo di ogni moralità. 6
I T A L I A N O
G I U S E P P E U N G A R E T T I
IN MEMORIA.
Locvizza il 30 settembre 1916.
Si chiamava
Moammed Sceab
Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome
Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè
E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono
L’ho accompagnato
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa.
Riposa
nel camposanto d’Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata 7
di una
decomposta fiera
E forse io solo
so ancora
che visse.
Giuseppe Ungaretti (1888-1970), italiano, ma nato ad Alessandria di Egitto, dove è vissuto
fino al 1912, soggiornò anche a Parigi. Con lui lasciò l'Egitto un amico arabo, Moammed Sceab,
innamorato della Francia, il quale però si tolse la vita. Poco dopo Ungaretti tornò in Italia e
partecipò, arruolatosi volontario, alla prima Guerra Mondiale: mentre era in trincea ( a Locvizza, il
30 settembre 1916 ) rievocò in una poesia - In memoria - la breve e triste vicenda del giovane
amico. Moamed Sceab si toglie la vita perché si sente senza radici. Esule in Francia e nel proprio
paese, subisce una crisi di identità. Rimane come sospeso tra la tradizione, che ha lasciato alle
spalle, e il nuovo orizzonte culturale, non sufficientemente interiorizzato. La condizione di esularità
di Moammed rispecchia molto da vicino quella del poeta che, pur di origine italiana, era nato in
Egitto, da dove era successivamente emigrato in Francia. E’ importante ricordare e in particolar
modo paragonare la condizione esistenziale di Ungaretti a quella dell’ amico morto suicida, in
quanto anche l’ autore stesso sente la mancanza di una Patria alla quale sperare, una Patria in cui
credere, una Patria per la quale vivere e forse anche morire. 8
FILOSOFIA
Il suicida è uno che, anziché cessar di vivere, sopprime solo la manifestazione di questa volontà: egli non
ha rinunciato alla volontà di vita, ma solo alla vita. Arthur Schopenhauer
Schopenhauer rifiuta e condanna il suicidio perché esso non è la negazione della volontà di
vivere, anzi, è una sua affermazione in quanto il suicida vuole la vita ma è malcontento delle sue
condizioni, e inoltre non è efficace perché sopprime solo l’individuo lasciando intatta la cosa in sé.
Schopenhauer propone,così, tre tappe fondamentali per la liberazione della stessa volontà di vivere.
Esse sono:
L’ARTE.
L’ arte, essendo conoscenza libera e disinteressata che si rivolge alle idee, fa contemplare al
soggetto gli aspetti universali della realtà. Attraverso essa l’uomo si purifica, contemplando la vita
al di sopra della volontà, del dolore e del tempo.
Ogni arte, quindi, è liberatrice perché provoca la cessazione di un bisogno; ma è pur sempre
una liberazione temporanea e parziale, quasi come fosse un breve incantesimo.
LA MORALE
La morale implica un impegno a favore del prossimo. Morale che si concretizza nel