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I pitagorici ritenevano che l'universo intero fosse scritto in termini matematici e dunque armonici

(cosmo = ordine razionale e bello) poiché tutte le cose sono caratterizzate dalla misurabilità. Di

conseguenza la matematica è principio ed essenza ultima della realtà.

“Per primi si applicarono alle matematiche e le fecero

progredire, e, nutriti delle medesime, credettero che i

principi di queste fossero principi di tutti gli esseri. E,

poiché nelle matematiche i numeri sono per loro natura i

principi primi, appunto nei numeri essi ritenevano di

vedere, più che nel fuoco nella terra e nell'acqua, molte

somiglianze con le cose che sono e che si generano [...]; e

inoltre poiché vedevano che le note e gli accordi musicali

consistevano nei numeri, e, infine, poiché tutte le altre

cose, in tutta la realtà, parevano a loro che fossero ciò che

è primo in tutta quanta la realtà, pensarono che gli

elementi del numero fossero elementi di tutte le cose, e

che tutto quanto l'universo fosse armonia e numero"

Metafisica, A 5, 985-6

[ Aristotele, ]

Anni dopo Galileo riprenderà questa tesi ed aggiungerà che conoscenza umana e divina coincidono

quando si occupano di matematica. Dunque i numeri costituiscono l'essenza di tutte le cose. Ma tra

,

essi esistono ossia rapporti e tra i rapporti è possibile rintracciare una proporzione (in

),

greco ossia uguaglianze di rapporti. Allora è la conoscenza di questo complesso

universo di relazioni tra numeri e cose che costituisce per i Pitagorici il vertice dell'apprendimento.

Il contributo principale della scuola dei Pitagorici fu la sezione aurea rappresentata

geometricamente dal rettangolo aureo: la proporzione fra base e altezza è assolutamente perfetta.

Per costruire il rettangolo aureo si disegni un quadrato AEFD. Quindi si divida il segmento DF in

due chiamando il punto medio A’. Utilizzando il compasso, puntando in A’, si disegni un arco

che da E intersechi il prolungamento del segmento DF in C. Riunendo i vertici, il rettangolo

ABCD che ne risulterà sarà un rettangolo aureo nel quale cioè il lato AB è diviso dal punto E

esattamente nella sezione aurea: AE:EB=AB:AE. Se attraversi questi quadrati si disegnano una

serie di archi circolari aventi come raggio i lati dei quadrati, la curva che ne consegue è la

spirale aurea. Questa ricorre moltissimo in natura, per esempio nella conchiglia del Nautilus.

Fu il matematico Mark Barr a introdurre l'uso, oggi consolidato, della φ (phi) per indicare la

sezione aurea. Egli avrebbe scelto l'iniziale dello scultore greco Fidia, il quale avrebbe usato il

rapporto aureo per creare le sculture del Partenone.

Il numero Φ (phi) è irrazionale, cioè un numero reale che non può essere scritto sotto forma di

frazione a/b (con a e b interi e con b diverso da zero) con infinite cifre decimali non periodiche, ed è

trascendente ossia è un numero irrazionale non algebrico, quindi non costituisce la soluzione di

nessuna equazione polinomiale della forma:

dove n≥1 e i coefficienti a sono numeri interi o razionali, non nulli.

i

Per quanto concerne l’esatto valore del numero φ, bisogna riferirsi al segmento AB, prima

indicato come lato del rettangolo. Niente ci vieta di scegliere per unità di misura della lunghezza

il segmento più breve, EB. La lunghezza del segmento maggiore, AE, sarà quindi x, cioè un

fattore sconosciuto, maggiore di 1, visto che AE > EB).

A x E 1 B

AB = AE = EB = , >

x+ 1 x x 1 x x> 1 1

Dire che la nostra linea è divisa in sezione aurea equivale, per la definizione data da Euclide nel

XIII libro dei suoi Elementi, ad affermare che:

x :1 = (x + 1) : x.

Tale concezione è basata sul semplice concetto di medio proporzionale.

Nei più familiari termini algebrici, esso si presenta come:

x x+1

=

1 x

Moltiplicando entrambi i membri per x, si ottiene l’ equazione di secondo grado :

2 −x−1=0

x

Le due soluzioni dell'equazione del rapporto aureo sono:

1+ 5

=

x 1 2 √

1− 5

=

x 2 2

√ √

La soluzione positiva, x = (1 + ) / 2, fornisce il valore del rapporto aureo:

5 5

1

Il phi è l'unico numero non naturale il cui reciproco e il cui quadrato mantengono inalterata la

propria parte decimale.

Varia soltanto l'unità, che per il secondo va aggiunta, mentre per il terzo va sottratta.

Un rinnovato interesse per il numero aureo in epoca rinascimentale fu ispirazione per la stesura di

un libro, il “De divina proportione” di Luca Pacioli (pubblicato a Venezia nel 1509 e corredato di

disegni di solidi platonici di Leonardo da Vinci), nel quale si divulgava a una vasta platea di

intellettuali l'esistenza del numero e delle sue innumerevoli proprietà, fino ad allora appannaggio

soltanto di una più ristretta cerchia di specialisti. Il medesimo libro scalzava inoltre la definizione

euclidea, unica dicitura col quale il numero veniva chiamato, reinventandone una completamente

nuova di proporzione divina, dove l'aggettivo "divina" è dovuto ad un accostamento tra la

proprietà di irrazionalità del numero (che lo rende compiutamente inesprimibile per mezzo di

una ratio o frazione) e l'inconoscibilità del divino per mezzo della ragione umana.

Ad insaputa dello scopritore, anche la successione di Fibonacci era indissolubilmente legata alla

sezione aurea; La relazione tra il numero aureo e la serie di Fibonacci, rimasta ignota anche a Luca

Pacioli, fu scoperta nel 1611 da Keplero.

« ... questa proporzione [...] che gli odierni [...]

chiamano divina [...] è congegnata in modo tale che i

due termini minori di una serie nascente presi insieme

formino il terzo, e gli ultimi due addizionati, il termine

[a loro] successivo, e così via indefinitamente, dato

che la stessa proporzione si conserva inalterata [...]

più si va avanti a partire dal numero 1, più l'esempio

diventa perfetto. Siano 1 e 1 i termini più piccoli [...]

sommandoli, il risultato è 2; aggiungiamo a questo il

precedente 1, e otteniamo 3; aggiungiamogli 2, e

otteniamo 5; aggiungiamogli 3, e abbiamo 8; 5 e 8

danno 13; 8 e 13 danno 21. Come 5 sta a 8, così,

approssimativamente, 8 sta a 13, e come 8 sta a 13

così, approssimativamente, 13 sta a 21. »

[9]

Keplero aveva scoperto che il rapporto fra due numeri consecutivi della serie di Fibonacci

approssimava sempre più precisamente il numero aureo:

Ma Keplero, quale astronomo, non era forse tanto interessato a dimostrare la fondatezza della sua

scoperta, quanto piuttosto a ricercarla nell'architettura dell'universo, che lui invece osserva, nelle

sue proprietà "divine” (di questo ed altro se ne parlerà più approfonditamente in seguito).

La dimostrazione d tale relazione fu fornita un secolo più tardi dal matematico Robert Simpson e

ulteriormente sancita dalla scoperta della formula generatrice della serie di Fibonacci ad opera

di Jacques Binet (detta appunto formula di Binet).

Il rapporto di due numeri consecutivi della successione di Fibonacci F /F al tendere

n n-1

di n all'infinito tende numero di Fidia:

dove Il rapporto aureo nella storia

Nell’universo

La convinzione che l'Universo doveva essere stato creato prendendo a modello la perfetta armonia

dei numeri e delle figure geometriche portò in

un primo tempo Keplero a cercare di spiegare il

numero dei pianeti (sei con la Terra) e le

dimensioni delle loro orbite intorno al Sole

mediante la successione delle sfere inscritte e

circoscritte ai cinque solidi perfetti della

geometria. Questa caparbia ricerca della

precisione pene usque ad insania (fin quasi

ad impazzirne), la fervida immaginazione e il

coraggio di abbandonare qualsiasi teoria

davanti all'evidenza dei fatti, lo portò ad

assumere dapprima che la velocità dei pianeti

sull'orbita non fosse costante e

successivamente che l'orbita non fosse

circolare ma ellittica, con il Sole in uno dei

suoi fuochi, distruggendo così

definitivamente l'assioma platonico che

imponeva ai pianeti solo moti circolari ed uniformi. Ottenne così quelle che sono oggi note come le

prime due omonime leggi (Astronomia nova, 1609). Infine, nel tentativo di giustificare i rapporti tra

i semiassi delle orbite planetarie sulla base di semplici rapporti musicali (richiamandosi quindi

all'idea pitagorica dei suoni celesti emessi dagli astri nel loro moto, suoni che l'uomo non avverte in

quanto abituato fin da bambino ad ascoltare) trovò la relazione tra i tempi di rivoluzione e la

lunghezza dei semiassi maggiori per le orbite di tutti i pianeti, relazione che costituisce la sua terza

legge e che fu proprio annunciata alla fine del trattato Harmonices mundi del 1619.

… nella natura

La sezione aurea emerge in natura come "spirale aurea", attraverso la quale lo sviluppo armonico

della forma è legato alla necessità degli esseri viventi di accrescere in maniera ottimale e meno

dispendiosa possibile. Dunque l'accrescimento biologico di alcune specie animali, la spaziatura tra

le foglie lungo uno stelo e la disposizione dei petali e dei semi di girasole, tutti questi elementi della

natura presentano

schemi riconducibili a

quello della sezione

aurea e dei numeri di

Fibonacci. Il rapporto

aureo è riscontrabile

anche in molte

dimensioni del corpo

umano. Ed infatti

l'uomo ha acquisito nel corso del tempo un concetto di bellezza che si credeva fosse dovuto ad un

puro istinto, ma che in realtà è strettamente legato alla proporzione aurea. Ad esempio, se

misurassimo la distanza tra l’ombelico e il piede la moltiplicassimo per 1.618 - cioè il numero

d’oro, otterremo ne caso di una buona proporzione fisica la misura della nostra altezza. Questo

“esperimento” si può ripetere anche con la distanza dal gomito alla mano (con le dita tese) e la

lunghezza totale del braccio, nella mano considerando i rapporti tra le falangi delle dita medio e

anulare, o ancora fra la distanza che va dal ginocchio all'anca e la lunghezza della gamba, dall'anca

al malleolo. Infine l’intero volto umano può

ritenersi scomponibile in una griglia i cui

rettangoli hanno i lati in rapporto aureo. Già

Leonardo da Vinci aveva notato la ricorrenza del

rapporto aureo nel corpo umano. Ne è

testimonianza lo studio dell’Uomo Vitruviano in

cui una persona è inscritta in un quadrato e in un

cerchio. Nel quadrato, l'altezza dell'uomo (AB) è

pari alla distanza (BC) tra le estremità delle mani

con le braccia distese . La retta x-y passante per

l'ombelico divide i lati AB e CD esattamente in

rapporto aureo tra loro. Lo stesso ombelico è

anche il centro del cerchio che inscrive la persona

umana con le braccia e gambe aperte. La

posizione corrispondente all'ombelico è infatti

ritenuta il baricentro del corpo umano.

…nell’arte

Nell'antichità, gli egizi e i greci conoscevano già questo numero. Lo avevano scoperto in natura

dove si presentava sotto forma di spirale aurea, e lo utilizzarono nell'arte, in architettura e

nella filosofia. I greci pensavano che il rapporto aureo rappresentasse la proporzione "ideale" tra

parti del. La sezione aurea fu perciò usata come guida per riprodurre accuratamente il corpo umano

nella pittura e nella scultura. Il numero d’oro venne usato anche nella geometria sacra, utile per la

costruzione d’imponenti cattedrali (ad esempio, Notre Dame di Parigi). Dopo un breve periodo nel

quale la sua notorietà era stata offuscata, la sezione aurea si ridiffonde nell'800 nel campo dell'arte,

comparendo nelle opere di molti artisti (in cui contrariamente al passato, se ne può affermare la

presenza per ammissione dello stesso artista). Particolare contributo alla sua diffusione fu dato dalla

convinzione che la proporzione aurea, in particolare il rettangolo aureo, costituisse un canone

estetico "naturale”, e che quindi le sue proporzioni conferissero uno straordinario senso di armonia

in tutto ciò che la possedeva. E’ dimostrato infatti che la percezione umana mostra una naturale

preferenza e predisposizione verso le proporzioni in accordo con la sezione aurea. Gli artisti

tenderebbero dunque, quasi inconsciamente, a disporre gli elementi di una composizione in base a

tali rapporti. L’anima e la poesia della filosofia naturale nonché il concetto di bellezza artistica

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