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IL DIALOGO DELLA MODA E DELLA MORTE
• “Il Dialogo della moda e della morte” è contenuto all’interno
• Operette morali
delle ;capolavoro indiscusso della produzione in prosa
del Leopardi , nelle quali egli esprime la summa e la quintessenza della
sua visione della vita e del suo pessimismo. Nel 1823 quando il poeta
inizia a scrivere quest’ opera , sono cadute per lui le speranze
patriottiche dopo il fallimento dei moti del 20-21 : è incominciata una
fase di disimpegno politico e di rinuncia alla missione di poeta civile.
Ne consegue un aspro rifiuto della propria epoca , ma con una volontà,
mai attuata interamente , di pacata saggezza pessimistica . Leopardi
guarda così con sfiducia e irritazione ai tempi moderni, e perciò alla
nascente società dei consumi e della produzione industriale.
In quest’ottica, il dialogo in questione è illuminante, seppur concentrato in pochissime
• pagine. La Moda, una delle risultanti della rivoluzione dei costumi della società di
massa, viene detto, è sorella della Morte, in quanto entrambe figlie della caducità, ed
entrambe immortali.
e l’altra
La Moda è, infatti , paradossalmente immortale come la Morte stessa: “l’una
tiriamo parimente a disfare e a rimutare di continuo le cose da quaggiù, benché tu vadi a
questo effetto per una strada e io per un’altra“. La Moda suggella un doppio patto con la
Morte: innanzitutto, per sua stessa natura, la Moda per affermarsi ha sempre dato
luogo alla pratica del morire (le mode si susseguono e muoiono continuamente,
prendendo una il posto dell’altra), ma, soprattutto, la Moda si fa beffe degli uomini, in
quanto dà loro l’illusione di immortalità, facendo in modo che essi la preferiscano alla
vita, ma in realtà scegliendo essa contemporaneamente scelgono sua sorella Morte . E’ il
vita stessa, così per rispetto del corpo come
trionfo delle apparenze e della vanità: “La
IL TESTO:
Moda. Madama Morte, madama Morte.
Morte. Aspetta che sia l'ora, e verrò senza che tu mi chiami.
Moda. Madama Morte.
Morte. Vattene col diavolo. Verrò quando tu non vorrai.
Moda. Come se io non fossi immortale.
Morte. Immortale? Passato è già più che 'lmillesim'anno che sono finiti i tempi
degl'immortali.
Moda. Anche Madama petrarcheggia come fosse un lirico italiano del cinque o
dell'ottocento?
Morte. Ho care le rime del Petrarca, perché vi trovo il mio Trionfo, e perché parlano
di me quasi da per tutto. Ma in somma levamiti d'attorno.
Moda. Via, per l'amore che tu porti ai sette vizi capitali, fermati tanto o quanto, e
guardami.
Morte. Ti guardo.
Moda. Non mi conosci?
Morte. Dovresti sapere che ho mala vista, e che non posso usare occhiali, perché
gl'Inglesi non ne fanno che mi valgano, e quando ne facessero, io non avrei dove me
gl'incavalcassi.
Moda. Io sono la Moda, tua sorella.
Morte. Mia sorella?
Moda. Sì: non ti ricordi che tutte e due siamo nate dalla Caducità?
Morte. Che m'ho a ricordare io che sono nemica capitale della memoria.
Moda. Ma io me ne ricordo bene; e so che l'una e l'altra tiriamo parimente a disfare
e a rimutare di continuo le cose di quaggiù, benché tu vadi a questo effetto per una
Moda. Benché sia contrario alla costumatezza, e in Francia non si usi di parlare per essere uditi, pure perché
siamo sorelle, e tra noi possiamo fare senza troppi rispetti, parlerò come tu vuoi. Dico che la nostra natura e
usanza comune è di rinnovare continuamente il mondo, ma tu fino da principio ti gittasti alle persone e al
sangue; io mi contento per lo più delle barbe, dei capelli, degli abiti, delle masserizie, dei palazzi e di cose tali.
Ben è vero che io non sono però mancata e non manco di fare parecchi giuochi da paragonare ai tuoi, come
verbigrazia sforacchiare quando orecchi, quando labbra e nasi, e stracciarli colle bazzecole che io v'appicco per
li fori; abbruciacchiare le carni degli uomini con istampe roventi che io fo che essi v'improntino per bellezza;
sformare le teste dei bambini con fasciature e altri ingegni, mettendo per costume che tutti gli uomini del
paese abbiano a portare il capo di una figura, come ho fatto in America e in Asia; storpiare la gente colle
calzature snelle; chiuderle il fiato e fare che gli occhi le scoppino dalla strettura dei bustini; e cento altre cose
di questo andare. Anzi generalmente parlando, io persuado e costringo tutti gli uomini gentili a sopportare ogni
giorno mille fatiche e mille disagi, e spesso dolori e strazi, e qualcuno a morire gloriosamente, per l'amore che
mi portano. Io non vo' dire nulla dei mali di capo, delle infreddature, delle flussioni di ogni sorta, delle febbri
quotidiane, terzane, quartane, che gli uomini si guadagnano per ubbidirmi, consentendo di tremare dal freddo
o affogare dal caldo secondo che io voglio, difendersi le spalle coi panni lani e il petto con quei di tela, e fare di
ogni cosa a mio modo ancorché sia con loro danno.
Morte. In conclusione io ti credo che mi sii sorella e, se tu vuoi, l'ho per più certo della morte, senza che tu me
ne cavi la fede del parrocchiano.' Ma stando così ferma, io svengo; e però, se ti dà l'animo di corrermi allato, fa
di non vi crepare, perch'io fuggo assai, e correndo mi potrai dire il tuo bisogno; se no, a contemplazione della
parentela, ti prometto, quando io muoia, di lasciarti tutta la mia roba, e rimanti col buon anno.
Moda. Se noi avessimo a correre insieme il palio, non so chi delle due si vincesse la prova, perché se tu corri,
io vo meglio che di galoppo; e a stare in un luogo, se tu ne svieni, io me ne struggo. Sicché ripigliamo a correre,
e correndo, come tu dici, parleremo dei casi nostri.
Morte. Sia con buon'ora. Dunque poiché tu sei nata dal corpo di mia madre, saria conveniente che tu mi
giovassi in qualche modo a fare le mie faccende.
Moda. Io l'ho fatto già per l'addietro più che non pensi. Primieramente io che annullo o stravolgo per lo
continuo tutte le altre usanze, non ho mai lasciato smettere in nessun luogo la pratica di morire, e per questo
vedi che ella dura universalmente insino a oggi dal principio del mondo.
Morte. Gran miracolo, che tu non abbi fatto quello che non hai potuto!
Moda. Come non ho potuto? Tu mostri di non conoscere la potenza della moda.
Morte. Ben bene: di cotesto saremo a tempo a discorrere quando sarà venuta l'usanza che non si muoia. Ma in
questo mezzo io vorrei che tu da buona sorella, m'aiutassi a ottenere il contrario più facilmente e più presto
che non ho fatto finora.
Moda. Già ti ho raccontate alcune delle opere mie che ti fanno molto profitto. Ma elle
sono baie per comparazione a queste che io ti vo' dire. A poco per volta, ma il più in
questi ultimi tempi, io per favorirti ho mandato in disuso e in dimenticanza le fatiche
e gli esercizi che giovano al ben essere corporale, e introdottone o recato in pregio
innumerabili che abbattono il corpo in mille modi e scorciano la vita. Oltre di questo
ho messo nel mondo tali ordini e tali costumi, che la vita stessa, così per rispetto del
corpo come dell'animo, e più morta che viva; tanto che questo secolo si può dire
con verità che sia proprio il secolo della morte. E quando che anticamente tu non
avevi altri poderi che fosse e caverne, dove tu seminavi ossami e polverumi al buio,
che sono semenze che non fruttano; adesso hai terreni al sole; e genti che si
muovono e che vanno attorno co' loro piedi, sono roba, si può dire, di tua ragione
libera, ancorché tu non le abbi mietute, anzi subito che elle nascono. Di più, dove
per l'addietro solevi essere odiata e vituperata, oggi per opera mia le cose sono
ridotte in termine che chiunque ha intelletto ti pregia e loda, anteponendoti alla
vita, e ti vuol tanto bene che sempre ti chiama e ti volge gli occhi come alla sua
maggiore speranza. Finalmente perch'io vedeva che molti si erano vantati di volersi
fare immortali, cioè non morire interi, perché una buona parte di sé non ti sarebbe
capitata sotto le mani, io quantunque sapessi che queste erano ciance, e che
quando costoro o altri vivessero nella memoria degli uomini, vivevano, come dire,
da burla, e non godevano della loro fama più che si patissero dell'umidità della
sepoltura; a ogni modo intendendo che questo negozio degl'immortali ti scottava,
perché parea che ti scemasse l'onore e la riputazione, ho levata via quest'usanza di
cercare l'immortalità, ed anche di concederla in caso che pure alcuno la meritasse.
Di modo che al presente, chiunque si muoia, sta sicura che non ne resta un briciolo
che non sia morto, e che gli conviene andare subito sotterra tutto quanto, come un
pesciolino che sia trangugiato in un boccone con tutta la testa e le lische. Queste
cose, che non sono poche né piccole, io mi trovo aver fatte finora per amor tuo,
I "ROARING TWENTIES", RUGGENTI ANNI '20
Nel 23 la crisi derivante dal primo conflitto mondiale si attenua e si avvia un
ciclo breve di espansione, noto con il nome di “Roaring twenties”, i ruggenti
anni '20.
Il mondo industrializzato è diviso in tre grandi macroaree economiche:
gli Stati Uniti, l'Europa occidentale e l'URSS.
URSS ED EUROPA ORIENTALE
La guerra civile in Russia, iniziata nel 1917, giunge a conclusione nei primi anni '20 e vede la vittoria dei bolscevichi.
Il paese, dove vige un regime comunista, viene isolato dalla comunità internazionale, che lo considera una minaccia.
Nella seconda metà degli anni '20 il potere in Russia, dopo la morte di Lenin, si concentra progressivamente nelle
mani di Stalin.
Lo stato sovietico punta a un'ottimizzazione del sistema economico, prima con la NEP ( Novaya Ekonomicheskaya
Politika, nuova politica economica), successivamente, a partire dal '29, attraverso i “piani quinquennali”. Lo stato
controlla l'economia, a partire dall'agricoltura, eliminando la proprietà privata della terra ed espropriando i kulaki.
Non esisteva imprenditoria privata ma solamente grandi aziende statali o cooperative.
Nel quadro politico di sistema totalitario, si cerca di accelerare il processo di produzione, sacrificando molto in questo
sforzo il tenore di vita dei contadini russi.
L'apparato industriale russo diventa imponente e permetterà all'URSS di reggere il confronto bellico con la Germania
nazista. La pianificazione degli investimenti, essendo gestita dallo stato, vede una predilezione dei settori considerati
politicamente strategici e non di quelli che meglio avrebbero concorso al soddisfacimento dei bisogni dei cittadini: i
settori privilegiati sono quelli dell'industria pesante e degli armamenti. Decisamente debole si rivelerà invece, alla
luce della storia, tutto l'apparato industriale rivolto alla produzione di beni di consumo, un sistema eccessivo, pesante,
burocratico e inefficiente, non stimolato dalla concorrenza internazionale in quanto il mercato russo era chiusa
all'importazione dei prodotti esteri.
GLI USA E LA GRANDE DEPRESSIONE
Nella prima parte degli anni '20 gli Stati Uniti godettero di un periodo di grande prosperità. In tutto il mondo
industrializzato, l’economia americana rimaneva l’unica capace di crescere a passi da gigante; gli USA continuano a
vivere un dinamismo non più rintracciabile nell'economia dell'Europa occidentale.
Gli Stati Uniti entrano nella fase dei consumi di massa: grande modernizzazione dell'apparato produttivo (si
diffondono il fordismo e il taylorismo) e domanda sempre crescente.
• Il settore agricolo statunitense è composto in larga parte da imprese familiari ed è molto
moderna. La società è dinamica, vede aumentare la produzione, la produttività, gli utili e il
• valore delle azioni.L'aumento del valore delle azioni non è però solamente dovuto alle
• straordinarie prestazioni delle imprese, ma anche all'effetto di operazioni puramente borsistiche,
• essendosi diffusa in quegli anni la convinzione che il loro valore sarebbe continuato a crescere
• sempre spesso le azioni erano acquistate con denaro preso a prestito. Questo trend ascendente
• →
di Wall Street durerà sino all'autunno del 29 .L'economia reale statunitense degli anni '20 è
• dinamica ma evidenzia un problema nel settore agricolo, che registra una tendenziale