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Questa tesina di maturità descrive le varie forme di reddito, con analisi del reddito di cittadinanza e del reddito minimo. La conquista della libertà è stata frutto di dure lotte contro gli antichi regimi assolutisti e i totalitarismi del Novecento. Non bisogna mai dimenticare il passato, chi ha combattuto e sacrificato la propria vita per costruire un futuro migliore e permettere a noi di essere oggi “cittadini liberi” in stati democratici. Nostro compito, oggi, è quello di difendere la nostra libertà, libertà che è strettamente legata a tre diritti fondamentali, “che sono come l’aria che si respira” citando Gorrieri, e che devono essere garantiti a tutti. Essi sono:
- Diritti civili, che garantiscono la libertà di pensiero, di espressione, di associazione, di culto e di stampa;
- Diritti politici, intesi come garanzia ad ogni cittadino di parità di peso nelle decisioni della comunità;
- Diritti sociali, che garantiscono ai cittadini la partecipazione ai beni materiali e immateriali della società.
Oggi, nell’era della globalizzazione, la società è orientata a crescita, sviluppo economico e modernizzazione. Lo Stato, nella realtà odierna, non deve però perdere di vista il compito di orientare lo sviluppo in funzione del benessere collettivo, impedendo attività incompatibili con la difesa della natura e della qualità della vita, organizzando la società in modo efficiente ma in particolare tutelare i diritti civili, politici e sociali a tutti i cittadini. Oggi, per rendere la società più giusta e più equa, occorre contrastare con decisione le disuguaglianze che stanno crescendo vistosamente in Italia come in tanti altri stati europei, per effetto della crisi ma non solo. Esse sono legate al reddito, all’accesso all’istruzione, ai contesti abitativi, all’accesso alla salute. L’obiettivo da perseguire oggi deve essere quello non tanto di restringere completamente l’intero ventaglio delle disuguaglianze, piuttosto quello realistico e ragionevole di perseguire l’equità sociale sia aiutando i cittadini ad autopromuoversi sia garantendo a tutti il raggiungimento non di un minimo vitale ma di una soglia minimale di benessere,che significa poi permettere a tutti un’adeguata partecipazione al patrimonio dei beni della società. Questo obiettivo può essere raggiunto solo promuovendo processi di redistribuzione delle risorse visto che, citando Gorrieri, “l’effettivo esercizio dei diritti di libertà dipende dalla distribuzione dei beni della società, dall’istruzione all’occupazione, dal tipo di lavoro svolto alle risorse di cui si dispone”.
Lo Stato ha il dovere di combattere le disuguaglianze ingiuste, perché il livello di disuguaglianze raggiunto oggi rischia di compromettere il funzionamento del sistema democratico e la sua legittimità. Questa profonda connessione tra disuguaglianza e democrazia è sottolineata da Nadia Urbinati in un articolo di Repubblica (vedi allegato 1), la quale afferma: “una democrazia non può sopportare l’impoverimento dei suoi cittadini senza rischiare di veder minata la sua legittimità”2.
Non si può allora non richiamare anche l’articolo 3 della nostra Costituzione.
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. La tesina quindi analizza le varie forme di reddito, effettuando vari collegamenti interdisciplinari.
Sociologia- Povertà e disuguaglianze.
Economia - Reddito di cittadinanza e reddito minimo.
Diritto - Welfare/Workfare.
Non si può allora non richiamare anche l’articolo 3 della nostra Costituzione.
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale,
che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
1 Ermanno Gorrieri, Parti uguali tra disuguali, Il Mulino, 2002
2 Nadia Urbinati, Il lavoro unica emergenza, La Repubblica, 20 Maggio 2013
1. DISUGUAGLIANZE E POVERTA’
I dati più recenti sulla povertà e sull’esclusione sociale sono stati pubblicati
dall’Eurostat nel febbraio 2013 (vedi allegato 2) e si riferiscono alle condizioni di
vita nel 2011. Il Rapporto dimostra che, nonostante tutte le dichiarazioni in materia
di riduzione della povertà come obiettivo da raggiungere entro il 2020 (vedi
allegato 3), le disuguaglianze sociali si sono aggravate e circa 121 milioni di
persone nell’Unione europea si trovano in condizione di rischio di povertà (si è
passati dal 17% del 2008 al 24,2% alla fine del 2011); nel 2005 tale percentuale
era pari al 16% e nel 2000 il dato registrato nell’UE-15 era del 15%. Il rapporto
mostra chiaramente come i ragazzi fino a 17 anni siano la fascia più a rischio
povertà ed esclusione sociale. Nel 2011, a fronte di un rischio totale di povertà di
24,2%, la percentuale dei bambini è del 27%, degli adulti (18-64 anni) del 24,3%,
degli anziani (oltre i 65 anni) poco sopra il 20%. Ho allegato inoltre il rapporto
Caritas 2012 sulla povertà (vedi allegato 4).
1.1 Rischio povertà ragazzi fino a 17 anni
L’indicatore del rischio di povertà per i bambini e i giovani fino ai 17 anni rispetto
alla popolazione totale, che ha raggiunto il 27% nell’UE-27 è un dato veramente
allarmante inoltre, in soli due anni, è cresciuto del 7%. I tassi di rischio povertà
infantile più elevati si sono registrati in Bulgaria ( 52%, che nel 2008 aveva indice
26%), Romania (49%, che nel 2008 aveva indice 33%), Lettonia (passata dal 25%
al 44%), Ungheria (40%). Anche per quanto riguarda l’Italia è preoccupante
l’aumento: in due anni dal 25% al 32,3%.
1.1.1 Relativamente al livello di istruzione dei genitori
Il rapporto mostra anche che circa la metà di tutti i bambini e giovani fino a 17
anni, con genitori con un basso livello di istruzione (al massimo lower secondary
school, corrispondente alla scuola media italiana), sono a rischio povertà. Il rischio
povertà è quindi chiaramente legato al livello di istruzione dei genitori, tanto più se
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si considera che solo il 7% dei ragazzi con genitori con un alto livello di istruzione
(laurea universitaria) sono a rischio povertà.
1.1.2 Relativamente all’origine dei genitori
Nella maggior parte dei paesi membri, circa un bambino su tre con almeno un
genitore straniero è a rischio povertà o esclusione sociale; cioè il 32%, da mettere
a confronto con il 18% dei ragazzi con genitori nati entrambi nel paese di
residenza. In Spagna raggiunge il 46%, in Grecia il 43%, e in Francia il 39%. In
Estonia, Ungheria e Malta invece sono più a rischio i ragazzi con entrambi i
genitori nati nel paese di residenza. Infine in Repubblica Ceca non c’è differenza
tra i due gruppi.
1.2 Tasso di privazione materiale
Per avere un quadro più completo dell’esclusione sociale nell’Unione europea, è
possibile integrare l'indicatore del rischio di povertà, che è un valore relativo, con il
tasso di privazione materiale, che misura l'esclusione sociale in termini assoluti. Il
tasso di privazione materiale definisce la mancanza, non volontaria, di almeno tre
elementi materiali su nove. I nove elementi che compongono tale indicatore sono:
la possibilità di far fronte a una spesa imprevista
- la possibilità di trascorrere ogni anno una settimana di ferie al di fuori del
- proprio domicilio
la presenza di pagamenti arretrati (rate del finanziamento per l’acquisto
- dell’abitazione, dell’automobile o altri pagamenti arretrati)
la possibilità di consumare un pasto composto da carne, pesce o
- equivalente vegetariano tutti i giorni
la possibilità di riscaldare adeguatamente la propria abitazione
- possesso di una lavatrice
- possesso di un televisore a colori
- possesso di un telefono
- possesso di un’autovettura
-
Risulta dunque essenziale integrare la prevenzione e la lotta alla povertà e
all’esclusione in altre politiche, garantendo l’accesso universale ai servizi pubblici,
all’occupazione di qualità e con tutela dei diritti e a un reddito che permetta di
vivere dignitosamente. 4
2. REDDITO DI CITTADINANZA (RDC)
2.1. il reddito di cittadinanza: soluzione a disuguaglianze e povertà ?
Il reddito di cittadinanza (o Basic Income) pone la questione centrale su cosa
siano oggi – a fronte delle trasformazioni sociali e globali – i diritti sociali, cosa
significa garanzia di un livello socialmente decoroso di esistenza e della possibilità
di scelta e di autodeterminazione dei soggetti sociali. È chiamato anche “reddito
sociale garantito”, “reddito universale”, “reddito minimo di esistenza”, “reddito
minimo garantito”, “Basic Income”, “Renta Basica”. Per darne una definizione
utilizzo le seguenti tre fonti:
- Dal libro “Un milione a tutti: subito!” di Domenico de Simone, edizioni
Malatempora, 1999
Il RdC consiste in una somma che lo Stato eroga ai
cittadini per consentire il soddisfacimento dei bisogni primari, ovvero di
quei bisogni materiali che consentono in una data società ai cittadini di vivere una
vita dignitosa.
Il RdC viene erogato dallo Stato a tutela del diritto alla vita: esso rappresenta la
tutela concreta di questo diritto,che è il diritto fondamentale di ogni persona
umana ed è inalienabile ed irrinunciabile. Così concepito, il RdC deve essere
erogato a tutti i cittadini, indipendentemente dal loro stato sociale e dalle
ricchezze di cui dispongono. Infatti esso attiene alla persona in quanto tale, è
connaturato alla natura umana. Per il solo fatto di essere umano e, in un
determinato periodo storico, per il fatto di essere cittadino, l' uomo ha diritto a che
la comunità in cui vive gli garantisca il diritto di vivere una vita libera e dignitosa.
Che poi i ricchi possano rinunciarvi e devolverlo per opere di assistenza o che
altro, questo sembrerebbe un obbligo morale. Obbligo che, però, non potrà mai
tradursi in obbligo giuridico per non violare il principio di libertà che è posto alla
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base del RdC.
- Dal libro “Il reddito di cittadinanza” di Giuseppe Bronzini, Gruppo Abele, 2011 5
Il reddito di cittadinanza […] è lo strumento che, solo, si ritiene in grado
di tutelare la dignità umana in modo perfettamente soddisfacente perché,
elargito in misura sufficiente a soddisfare tutte le esigenze materiali comuni,
è in grado di debellare definitivamente il bisogno, fino al perdurare del quale,
nessun diritto di libertà assicura il pieno svolgimento della personalità di
ciascuno. Inoltre, poiché rivolto a tutti indifferentemente, il reddito di
cittadinanza emenda uno strabismo tradizionale dei modelli di
welfare occidentali: l’essere perlopiù costruito attorno al lavoratore dipendente,
con conseguente discriminazione di categorie distanti dal lavoro tradizionale
(precari, casalinghe, portatori di handicap).
Di più, il basic income deve essere distribuito anche agli abbienti: solo così la
sua percezione da parte dei non abbienti può perdere lo stigma connesso con il
riconoscimento dello stato di bisogno. Infine, il basic income non deve essere
revocato se chi lo percepisce rifiuta un impiego: questo infatti è ritenuto
ricattatorio, a meno che l’impiego offerto non sia rispondente alle inclinazioni ed
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alle aspirazioni del soggetto che riceve l’offerta.
- Dal documento “Dieci tesi sul reddito di cittadinanza”, Andrea Fumagalli, 1998
Per reddito di cittadinanza si intende un’erogazione monetaria, a intervallo di
tempo regolare (ad esempio un mese), distribuita a tutti coloro dotati di
cittadinanza e di residenza da almeno un certo periodo di tempo (ad esempio, un
anno), in grado di consentire una vita minima dignitosa, cumulabile con altri
redditi (da lavoro, da impresa, da rendita), indipendentemente dall’attività
lavorativa effettuata, dalla nazionalità, dal sesso, dal credo religioso e dalla
posizione sociale, in età lavorativa, per il periodo che va dalla fine delle scuole
dell’obbligo all’età pensionabile o alla morte. […] Trattandosi di un intervento
omogeneo, il reddito di cittadinanza dovrebbe essere distribuito da un’entità
statuale riconosciuta costituzionalmente con eventuale delega alle autorità locali
per le pratiche materiali di redistribuzione. Trattandosi di un reddito indipendente
dal salario, esso sostituisce tutte le forme di indennizzo derivanti dalla perdita del
posto di lavoro (cassa integrazione, sussidi di disoccupazione, prepensionamenti,
ecc.) ma non le altre forme di reddito già esistenti (pensioni, crediti alle famiglie,
ecc.).
Lo scopo del reddito di cittadinanza è quello di fornire una liquidità monetaria
spendibile sul mercato finale delle merci così da consentire il pieno godimento
dei diritti di cittadinanza e di socialità senza necessariamente essere inserite in
un contesto gerarchizzato di produzione materiale e immateriale: da questo punto
di vista il reddito di cittadinanza concorre a garantire la cittadinanza economica e
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sociale.
Il Reddito di Cittadinanza è quindi una soluzione universalistica (non progressiva)
in quanto viene erogato a tutti i cittadini, anche agli abbienti. L’obbiettivo è quello
di consentire a tutti di vivere una vita dignitosa, come si legge nell’articolo 3 della
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo “Ogni individuo ha diritto alla vita,
alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”; esso, infatti, cumulabile con
altri redditi, soddisfa da solo i bisogni materiali primari.
Esso permette inoltre di autopromuovere il cittadino, in quanto potrà scegliere il
lavoro, e la propria vita, non in base alla necessità ma alle sue aspirazioni. Ecco
perchè Fumagalli afferma che il reddito di cittadinanza concorre a garantire la
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cittadinanza economica e sociale. Tuttavia rimangono aperti due forti interrogativi
ai quali nessuno dei tre studiosi dà nelle rispettive trattazioni una risposta
esauriente: come possano essere trovate le risorse per sostenere l’erogazione del
reddito e cosa garantisca che i cittadini continuino a lavorare. Oggi forme di
reddito di cittadinanza sono davvero molto rare; in Ontario (Canada) sono attive
numerosi tipi di retribuzioni mensili, che sono però a carattere progressivo.
Qualcosa di simile a un Basic Income esiste in Norvegia e nei Paesi Bassi.
2.2 Il Reddito di Cittadinanza nella Storia 6
L'idea del RdC non è nuova. Il primo a proporla fu Juan Luis Vives , un pensatore
amico di Tommaso Moro, che nel 1526 indirizzò una lettera al Sindaco di Bruges,
proponendogli di istituire, per un più efficace esercizio della carità pubblica, un
reddito minimo garantito per tutti i cittadini e non soltanto per i più poveri. 7
Il primo filosofo a teorizzare i fondamenti del RdC fu Thomas Paine , che lo
concepiva come una sorta di risarcimento per la perdita della possibilità data
ad ogni uomo di fruire dei beni che la natura dà gratuitamente. La creazione della
società e della proprietà privata impedisce ai singoli di usufruire liberamente di
questi frutti e quindi la somma erogata dalla società come RdC
si giustifica come "parziale risarcimento della perdita di quella eredità naturale
causata dall'introduzione del sistema della proprietà privata della terra".
Paine aveva le idee molto chiare in proposito: " Non la carità, ma un diritto, non la
generosità ma la giustizia è ciò che rivendico", era il fondamento della sua
filosofia. 8