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La psicanalisi e le arti
La prefazione tuttavia raggiunge il risultato di porre anche il medico sotto una cattiva luce:
appare irascibile, vendicativo (pubblica le memorie di Zeno perché questi ha interrotto la cura),
interessato al guadagno. Da questo ritratto emerge un atteggiamento ambivalente da parte
dell’autore verso la psicoanalisi, verso la quale esprime contemporaneamente interesse e
critiche.
Novità strutturale e ordine tematico
Il romanzo procede attraverso il monologo interiore di Zeno che
ricostruisce gli episodi salienti della sua vita. Il romanzo segue un
ordine tematico, non cronologico e va avanti e indietro nel tempo. A
volte ripropone gli stessi episodi secondo i punti di vista espressi in
momenti diversi da Zeno.
La crisi di identità del personaggio si riflette nella novità della
struttura del romanzo: dissoluzione dell’identità del personaggio,
disarticolazione dell’ordine cronologico, contaminazione del tempo (il
presente è filtrato attraverso il passato e viceversa).
«Zeno si sforza di razionalizzare il suo comportamento, di darne una
rappresentazione normale nella quale possa rispecchiarsi la sua
rispettabilità borghese e una scala convenzionale di valori; ma di tale
mistificazione egli è in genere consapevole, donde il fenomeno di
Copertina della prima
edizione de La coscienza autoironia e la costante riserva del racconto» (G. Guglielmi, Glosse a
di Zeno Svevo).
Quando Ada gli dice, dopo il tentativo di suicidio del marito Guido, rivale in amore di Zeno,
«Sei il migliore uomo della nostra famiglia, la nostra fiducia, la nostra speranza» egli si sente
corrispondere a questo giudizio positivo, anche se aveva tradito la moglie Augusta con una
giovane cantante e non aveva mai nutrito simpatia per Guido, che gli aveva sottratto Ada.
Salute e malattia La diversità di Zeno si manifesta in una malattia
psicosomatica nervosa e fisica (il sintomo è lo
zoppicare). Ma il suo male è fondamentalmente
l’incapacità di vivere, l’inettitudine; Zeno si propone di
realizzare le sue aspirazioni (il fumo, il violino, l’amore
per Ada), ma non ci riesce mai, manifestando la sua
incapacità di aderire fino in fondo ai propri propositi e
progetti.
Viene apprezzato nel ruolo di uomo d’affari, di buon
marito ecc., per come appare, non per come sente di
essere veramente.
Massimo Dapporto nei panni di Zeno in Cerca di curarsi, salvo poi preferire la condizione di
una riduzione teatrale di Tullio Kezich del malato (consapevole della propria inettitudine) a quella
romanzo sveviano per la regia di Piero conformista di sano alla maniera di Augusta. La salute
Maccarinelli di Augusta si basa sulla sua fiducia acritica nelle regole
del mondo borghese, nell’autorità politica o religiosa. Zeno sembra apprezzare e invidiare la
sua salute, ma analizzandola ne mette in evidenza la fragilità e inconsistenza. La salute di
Augusta rappresenta il suo conformismo e perbenismo borghese, mentre la malattia di Zeno è
il segno della sua coscienza della crisi, della consapevolezza dell’intellettuale che non può più
aderire semplicisticamente alla realtà. 3
Da malato nevrotico ad arrivista integrato
Durante la prima guerra mondiale Zeno si dà agli affari e si arricchisce; dichiarerà lui stesso al
dottor S. di essere guarito dalla nevrosi, cioè di essersi integrato nell’arrivista società
borghese. Ma si tratta di una guarigione illusoria, in quanto, nella conclusione, la vicenda di
Zeno si proietta sullo sfondo del futuro catastrofico che minaccia l’umanità, produttrice di
ordigni in grado di distruggere tutta la terra: «ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà
e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie».
«La malattia è di tutti, dunque: di Zeno e degli altri; la differenza tra i “normali” e il “nevrotico”
consiste solo nel grado e nell’efficienza della rassegnazione; e la “normalità” è uno stato
precario, come il libro si è preoccupato di dimostrare. È tempo di leggere l’ultima pagina,
descrizione insieme mitica e scientifica della condizione dell’uomo, in particolare dell’uomo
“attuale”; diagnosi del “disagio della civiltà”, che il testo totale del libro deve sopportare,
profezia coerente e tuttavia ambigua del futuro» (E. Saccone, Commento a Zeno. Saggio sul
testo di Svevo).
Psicoanalisi e letteratura
La psicoanalisi ha fornito a Svevo una serie importante di elementi:
- la giustificazione teorica di un diverso tipo di logica, quella dell’inconscio, opposta e “altra”
rispetto alla razionalità;
- materiale narrativo nuovo e stimolante, come la cura psicoanalitica, il sogno, gli scambi di
persona, i lapsus ecc.;
- lo stimolo a infrangere la struttura tradizionale del romanzo, inscrivendola in una
giustificazione realistica (il procedere della ricostruzione attraverso le associazioni e le
interpretazioni dell’inconscio).
La letteratura fornisce lo strumento per fissare un’immagine di sé: solo sulla pagina scritta si
può fermare la vita, sempre sfuggente all’analisi e alla conoscenza.
2. Pirandello, un autore freudiano che non ha mai letto Freud
L’interpretazione di Cesare Musatti, padre della psicoanalisi italiana
Cesare Musatti, il padre della psicoanalisi italiana, ha
scritto pagine acute sui caratteri comuni tra la concezione
dell’uomo espressa nelle opere di Pirandello e la
psicoanalisi. Ne proponiamo alcuni stralci particolarmente
significativi.
«Io sono dunque uno psicologo, divenuto poi anche
psicoanalista, formatosi nel periodo fra le due guerre. In
quell’epoca, sul piano culturale, ed in ispecie in campo
teatrale, l’opera artistica di Luigi Pirandello si presentava
con un forte spicco sullo sfondo della piuttosto piatta
cultura italiana. E anch’io, come molti altri, ne rimasi
affascinato. Ma non affascinato soltanto, come può
accadere di fronte a qualsiasi opera d’arte; anche turbato
per le connessioni che non potevano sfuggirmi con quella
Cesare Musatti (1897-1989) che era la mia attività professionale e scientifica. Non
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potevo infatti non avvertire una certa parentela fra il modo come Pirandello presentava i suoi
personaggi, e quegli argomenti specifici che io nel mio lavoro, sopra tutto come psicoanalista,
andavo trovando o cercando.
«Volendo semplificare, posso dire che mentre leggevo o assistevo ai drammi di Pirandello mi
pareva di respirare aria di psicoanalisi...
«[Nei] Sei personaggi, il Padre, poco prima dell’Intervallo [dice]: “Il dramma per me è tutto
qui, signore: nella coscienza che ho, che ciascuno di noi – veda – si crede ‘uno’, ma non è
vero: è ‘tanti’, signore, ‘tanti’, secondo tutte le possibilità d’essere che sono in noi: ‘uno’ con
questo, ‘uno’ con quello – diversissimi! E con l’illusione, intanto, d’essere ‘uno per tutti’, e
sempre ‘questo uno’ che ci crediamo, in ogni nostro atto”. [...]
«Il problema della identità personale ha occupato la mente e la fantasia di Pirandello sotto
forme molteplici. Proprio la continua trasformazione della persona rende il quesito del
riconoscimento della identità sempre problematico.
«Su questo motivo si fonda Come tu mi vuoi, composto cinquant’anni fa e in qualche modo
indirettamente ispirato da una vicenda che aveva appassionato e diviso in quel tempo l’Italia
intera in opposte fazioni: la vicenda Bruneri-Canella, che ormai soltanto le persone molto
anziane ricordano. [...]
«Con mano leggera, Pirandello riprodusse, in Come tu mi vuoi, il dramma del dubbio sulla
identità di una persona, rimasta anche essa sperduta durante la guerra del ’15-18. Ma ne fece
un personaggio femminile, interpretato da Marta Abba: che invece di lottare per una identità
posticcia, rifiuta la personalità che le si vuol affibbiare e rientra nell’anonimo ambiente caotico
da cui l’avevano tratta fuori, per affibbiarle una personalità d’accatto.
«Se la concezione dell’identità psicologica personale risale in definitiva ad Aristotele e ad ogni
successiva idea di un’anima, sostanza semplice, stabile, supporto e sostegno di tutta intera la
nostra vita, dove le contraddizioni sono dovute a fattori esteriori, i quali in realtà non intaccano
la essenza della persona, dobbiamo dire che in Pirandello c’è l’intuizione che le basi stesse
della psicologia tradizionale debbano essere abbandonate. [...]
«Ma questo ci porta ad un’altra tematica fondamentale
per Pirandello, e che ancora lo avvicina a determinati
punti di vista della moderna psicologia del profondo: il
problema della verità storica. Già nel 1917 in Così è (se
vi pare) sono presentate due verità contrapposte che si
escludono l’una dall’altra. Il tono è umoristico, anche se
la materia è tragica. Certo la gente di fronte alla quale le
due verità soggettive sono prospettate, l’ambiente di
provincia pettegolo e curioso che fa da sfondo al
dramma, vuole una verità, che sia una sola ed unica
verità. Ma Pirandello non accontenta la curiosità di quella
gente, e neppure quella del pubblico, lasciando invece
che permangano due verità opposte e distinte: le quali
possono coesistere, soltanto perché sono verità
soggettive, o modi personali di vedere le cose.
«Questa contrapposizione alla verità storica di un’altra verità soggettiva, psicologica, per cui
nella Favola del figlio cambiato (che riecheggia La vida es sueño di Calderón de la Barca) il
principe dice: “Niente è vero – e vero può esser tutto – Basta crederlo per un momento – e poi
non più, e poi di nuovo – e poi sempre; o per sempre mai più”: questa contrapposizione
dunque è quella con cui hanno a che fare ogni giorno gli psicoanalisti con i loro pazienti.
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«Direi che l’analista continuamente entra ed esce dalla verità soggettiva del paziente: è con lui
solidale e partecipe nelle sue fantasie, nei suoi sogni, nei suoi deliri; ma se ne sa insieme ad
ogni momento ritrarre. [...]
«In Come tu mi vuoi, la Ignota esclama: “Consolati, nessuno veramente mentisce del tutto.
Perché ogni menzogna costruita è costruita in base ad un granello di verità, che dà l’avvio alla
menzogna”.
«Ma qui sembra proprio di sentir parlare uno psicoanalista: il quale non si preoccupa del fatto
che le comunicazioni del proprio paziente siano menzognere, perché anche in tal modo sono
rivelazioni, per chi abbia fiuto, di una sottostante verità, generatrice della stessa menzogna.
Allo stesso modo, ancora nel Come tu mi vuoi, è assegnata alla ragione il compito di rinserrare
la realtà, che è viva, cangiante e variabile, entro i suoi schemi rigidi, quando l’Ignota esclama:
“Guai se non ci fosse la ragione a far da camicia di forza!” Tutto il problema delle
razionalizzazioni, che alterano il contenuto della vita interiore, di per sé evanescente e
contraddittoria, e con cui gli psicoterapeuti hanno costantemente a che fare, sembra essere
decisamente espresso da queste poche parole, che della ragione fanno la ferrea gabbia che
trattiene e rinserra il mobile contenuto del pensiero libero. [...]
«Anche nella follia, la realtà reale non è tutta abrogata dalla pura invenzione: ma insieme
coabitano finzione e realtà. [...]
«La psicologia di Pirandello non è ovviamente la psicologia dell’una o dell’altra scuola analitica.
Ma qualche cosa che – su basi artistiche, genialmente intuitive, talora anche per il gusto del
paradosso – Pirandello si è guardato bene dallo sviluppare in forma sistematica facendone una
dottrina, ma ha semplicemente usato per il nostro (e il suo) piacere, e per la fantasia di
ognuno».
(Cesare Musatti, La struttura della persona in Pirandello e la psicoanalisi).
La perdita dell’identità: Il fu Mattia Pascal (1904)
Il titolo mette in luce la particolare e assurda situazione
esistenziale del protagonista, che ha subito un doppio
scacco esistenziale e si è ridotto a definire la propria
identità in modo paradossale rispetto alla propria morte
inventata.
La diversità di Mattia Pascal si materializza fin dall’inizio
del romanzo in un difetto fisico, lo strabismo, che
rappresenta l’anticonvenzionalità del suo modo di