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Inglese: Oscar Wilde, saggio House Docoration
Italiano: D'Annunzio, il Piacere
Storia: Belle epoque
Art Nouveau
Occorre che l'arte penetri dappertutto, che porti il più umile oggetto il suo marchio e il suo
fascino, orni tutte le forme materiali dell'esistenza...
Occorre che dalle cornici di un quadro a un braccialetto, dalla sedia al tappeto,
ogni cosa porti un'impronta e un sorriso d'arte
Queste poche righe sono tratte dalla rivista Arte decorativa e moderna del 1902 e
sintetizzano lo spirito dell'Art Nouveau.
Sviluppatosi tra 1880 e 1910 nell'ambito più generalizzato di Simbolismo ed Estetismo
letterario e pittorico, l'Art Nouveau non si configura come un semplice programma di
rinnovamento estetico, ma giunge a considerare l'arte esperienza totale di carattere etico e
culturale, trascendente la vita e nel contempo tesa a sublimarla.
Il gusto estetizzante del Modernismo decorativo si diffonde capillarmente tra le élite socio-
culturali di fin de siècle, pur assumendo peculiarità e denominazioni locali:
Modern Style in Gran Bretagna, Seccezessionstil in Austria, Jugendstil in Germania, Arte
modernista in Spagna, Stile floreale o Liberty in Italia, Art Noveau in Francia.
Le caratteristiche principali del movimento, comuni a tutte le varianti geografiche sono:
ispirazione naturalistica: elementi decorativi fitomorfi (quali petali dalle fogge
fantasiose, foglie di colori evanescenti, rami intrecciati, radici avviluppate in una
moltiplicazione di curve e controcurve) e zoomorfi (numerosi cigni e serpenti
riproposti in chiave simbolista),
rappresentazione della figura umana, soprattutto femminile, spesso riletta in chiave
simbolica, mitologica (frequenti le ninfe, le ondine, le dee, le danzatrici come
emblema del tempo che sfugge e ritorna, con andamento circolare)
impiego di motivi stilistici derivanti dall'arte giapponese
privilegio di linea curva e sinuosa
Il termine Modernismo è il più utilizzato dalla critica, oggi, per indicare la portata
internazionale di un movimento i cui principali canali di diffusione furono le esposizioni
universali, la pubblicazione di nuove riviste dai titoli emblematici (per esempio L'art pour
tous) e l'istituzione di scuole e laboratori artigianali.
Il termine Art Nouveau è attribuito per estensione al fenomeno in generale e deriva dal
negozio aperto nel 1895 a Parigi da Sigfried Bing; come indica il cartello pubblicitario, esso
forniva “istallazioni moderne, mobili, tinture, tappeti, oggetti d'arte”.
La metropoli di Parigi diviene così simbolo della Belle Époque: a
Ville Lumière, città della luce, vera capitale del regno del piacere
quale la definì la scrittrice Camille Debans, nel testo
I piaceri e le curiosità di Parigi (1889) .
Alla diffusione capillare del gusto Art Nouveau, in Francia, contribuiscono infatti
soprattutto l'architettura e le arti applicate, dominate dal motivo fitomorfico, organicistico,
floreale, che domina facciate di palazzi, balconi, arredo di interni; figura di spicco in tale
ambito, l'architetto e designer Hector Guimard, autore delle entrate del Mètro parigino,
nonché di oggetti d'uso e d'arredo urbano (famosi i numeri civici in ferro battuto).
Nel 1889 sono inaugurati a Parigi la Tour Eiffel, spettacolare esempio di Modernismo
architettonico e le Moulin Rouge, tempio del godimento notturno: il vortice brioso del can-
can attrae i parigini verso locali notturni e teatri d'intrattenimento (altrettanto noti Le Chat
Noir o Les Folies-Bergére).
Henri de Toulouse Lautrec, pittore e cartellonista, riveste la città di manifesti colorati,
(anche grafica pubblicitaria ed industriale conobbero nell'Art Nouveau sviluppi di pregio e
rilevanza) in cui annuncia balli, circhi, spettacoli teatrali.
L'incisività sintetica dell'artista sa cogliere, insieme alle gioie,
anche simboli, desideri, squallori (miseria, noia, solitudine di
ballerine e prostitute relegate in caffè-concerto e balere di
periferia) di un'epoca talvolta bella solo per pochi: tale attitudine
costituirà la principale eredità dell'odierna pubblicità.
Sarah Bernhardt
Attrice di fama internazionale, pittrice, scultrice e scrittrice, Sarah Bernhardt rappresenta
senza dubbio una figura femminile di spicco nello scenario artistico di fine '800/inizio '900.
Detta “la voce d'oro”, Sarah Bernhardt fu:
particolarmente influente nel contesto dei salotti intellettuali parigini, dove trattenne
conversazioni di alto livello culturale con i maggiori scrittori e filosofi del tempo:
pare addirittura aver suggerito a Zola il famoso J'accuse.
Modella d'innumerevoli manifesti (a lei il cecoslovacco Mucha deve gran parte della
propria fama)
a buon diritto, una delle Muse ispiratrici di D'Annunzio
Sarah Bernhardt venne coinvolta nel ben noto Affare Dreyfus, che
divise l'opinione pubblica francese tra Innocentisti e Colpevolisti
rispettivamente contrari e favorevoli all'esito del processo che aveva
portato alla condanna l'ufficiale Alfred Dreyfus (dato non irrilevante, di
origine ebraica), impiegato presso il ministero della guerra,
ingiustamente accusato d'aver rivelato all'addetto tedesco a Parigi
segreti relativi alla difesa.
Tale caso ebbe come effetto quello di scatenare un'ondata di diffuso
antisemitismo.
Dalle cronache emerge, appunto, che Sarah Bernhardt abbia insistito perché Zola
pubblicasse sull'Aurore, in data 1898, la coraggiosa opposizione ad autorità civile e militare,
in favore a Dreyfus: la lettera diretta al presidente Félix Faure provocò la riapertura del
caso, ma solo dopo che lo scrittore ebbe scontato l'anno e mezzo di carcere cui fu
condannato; molti amici e parenti, in conseguenza alle sue scelte, si allontaneranno dalla
Bernhartd.
Quest'ultima, tuttavia, mantenne ed anzi così alimentò
una già strabiliante notorietà (in grado di muovere le
folle scatenando fermento ovunque si rechi, tanto da
richiedere l'intervento della polizia), modella
privilegiata di manifesti Art Nouveau, quasi simbolo
vivente di questo stile: il cecoslovacco Mucha,
aderendo al gusto Belle Époque caratteristico di
Parigi, disegna per lei famosi manifesti (come quello
in occasione dello spettacolo Gismonda, 1894),
nonché gioielli, tra cui il “bracciale serpente” in oro
cesellato e smalto, che, avviluppatosi in una doppia
spirale sul polso, invade il dorso della mano con
catenelle ad avvolgere le dita in modo simbolicamente
espressivo.
Sarah Bernhardt indosserà tale prezioso gioiello,
indice della predilezione Art
Nouveau per la linea serpentina,
in occasione della Medea
(1898).
Nel testo Figures décoratives vengono espressi da Mucha stesso il procedimento operativo e
l'ideologia artistica da lui seguiti: il suo linguaggio pittorico ed espressivo, come quello di
molti altri artisti Art Nouveau, arricchisce tutte le componenti dell'estetica Belle Époque
agli influssi orientali (nel suo caso specifico, il disegno decorativo islamico e il trattamento
delle stoffe, tipico delle xilografie giapponesi).
Particolarmente raro per l'epoca è invece l'uso della fotografia in posa (costante nella
poetica impressionista), delle cui linee essenziali si serve come base di sviluppo del disegno.
Tema e soggetto fondamentale dell'arte di Mucha è, appunto, l'immagine femminile, di
donna trasfigurata in simbolo di erotismo magico, il più delle volte incastonata in una
cornice circolare, intricata di volute lineari e floreali.
Le cronache dell'epoca si concentrarono poi molto sulla favoleggiata competizione tra Sarah
Bernhardt ed Eleonora Duse: nel 1896 D'Annunzio, abile stratega teatrale, offre alla prima,
trascurando di averlo già proposto all'altra, un dramma teatrale, La città morta, in vista di un
lancio parigino che gli avrebbe procurato maggior visibilità
In accordo con lo spirito dell'epoca, in cui l'arte non può prescindere dall'industria, egli
seppe infatti applicare le forme più utilitarie dell'industrialismo moderno alla diffusione
della propria produzione, letteraria o teatrale che fosse.
E' così che nel 1897 D'Annunzio organizza per la Duse, a Parigi,
una rappresentazione in italiano della Signora delle Camelie,
opera interpretata nello stesso momento e nello stesso teatro (Le
Renaissence) dalla Bernhardt: è questa un'ulteriore trovata di
D'Annunzio al fine di attirare l'attenzione di un pubblico disposto
a pagare sino 250 franchi pur di confrontare l'opera di queste due
donne “divine”.
D'Annunzio è certo celebre per tale tipo di sodalizi, artistici e
sentimentali, con donne che si distinsero nell'ambito di teatro,
musica, balletto, artistico in generale; aggiorna continuamente il
proprio diario di seduttore, dal quale emergono varie figure di
donna, ma un unico, nuovo modo di concepirla.
La donna della Belle Époque, infatti, è
una donna emancipata, che può addirittura lavorare e mantenersi, adottando il motto,
quand meme (“ad ogni costo”), della Bernhardt, la quale, bisessuale ed indipendente,
affrontò la vita, irta invero di dolori e sacrifici, con atteggiamento del tutto
anticonformista, sacrificando la famiglia alla carriera;
una donna sensuale, descritta in tutto il suo fascino da seduttrice e donna fatale, come
Elena Muti, protagonista femminile del Piacere dannunziano: frivola, poco colta, ben
più attratta dal lusso e dalla moda.
La moda è appunto un altro ambito di grande interesse per D'Annunzio, o, quanto meno,
miserabile fatica quotidiana, come egli stesso definisce il proprio giornalismo di maniera: a
Roma è cronista mondano della Tribuna, impiego che valse lui l'appellativo di elegantiae
arbiter.
Scrivendo per il quotidiano, D'Annunzio si cerca come prosatore e narratore, riportando
resoconti della vita di una favoleggiata nobiltà romana tra concerti, mostre, aste, balli, gare
ippiche, arredi di palazzi, abiti, vetrine di strade eleganti di una Roma a sua volta nobilitata
da opere d'arte, ville, Chiese e Palazzi.
Sono proprio tali articoli, che di volta in volta firma sotto diverso pseudonimo, a fare da
ponte tra novelliere abruzzese (lirico e frammentario per natura, D'Annunzio aveva
precedentemente trovato maggiormente congeniali alle sue possibilità tecnico espressive,
sul piano della prosa, il bozzetto e la novella di breve respiro: di qui il “ritardo” da lui
scontato nell'adozione del genere romanzo) e romanziere romano e moderno: sono molte le
pagine della Tribuna a passare nel primo romanzo, il Piacere.
Il Piacere
Edito da Treves nel 1889, continuamente revisionato dall'autore (alcuni necessari
rimaneggiamenti furono ad esempio richiesti dal traduttore Hèrelle in occasione della
pubblicazione francese, dal titolo L'Enfante de Voluptè), il romanzo si stabilizzò nella
struttura definitiva solo a partire dall'edizione del 1928, in occasione dell'Edizione
Nazionale di tutte le opere dannunziane.
I sedici capitoli risultano così organizzati in quattro libri:
I. (cap 1/5) incentrato sulla relazione tra il protagonista Andrea Sperelli e Elena Muti,
ne riporta le vicende dal primo incontro, avvenuto il 31 dicembre 1886; si conclude
con la mortal ferita inflitta in duello ad Andrea dal rivale geloso Giannetto Rutolo.
II. (cap 6/9) incentrato sulla relazione tra Andrea (convalescente presso una cugina a
Schifanoja, nelle vicinanze di Ferrara) e Maria Ferres, aristocratica senese, le pagine
del cui Giornale intimo, diario cui la donna confida il proprio travaglio interiore,
interrompendo la narrazione, chiudono la sezione.
III. (cap 10/13) mostra Andrea, tornato a Roma, fortemente dibattuto tra Elena e Maria,
in un continuo sovrapporre ed idealizzare le donne.
IV. (cap 14/16) fallito il tentativo perverso di fondere insieme Elena e Maria, sulla
solitudine di Andrea piomba inevitabilmente la catastrofe.
D'Annunzio è abilissimo, sin dall'inizio della sua attività letteraria, a cogliere le più valide
novità elaborate da altri autori ed appropriarsene, dopo averle adattate alle sue esigenze.
Come in poesia si era dichiaratamente rifatto a Carducci, così, al momento di esordire in
prosa appena diciottenne, con Terra Vergine (1881), scelse un modello più attuale ed alla
moda, cioè il Verga di Vita dei Campi, raccolta uscita solo un anno prima.
moderno
Un romanzo e ambiguo