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LATINO:
Storia dell’arte:
ITALIANO: Il progresso secondo
Seneca
Il Verismo IL FUTURISMO
Verga
Storia:
La seconda rivoluzione industriale:
Tra il 1870 e il 1914 l’Europa conobbe un lungo periodo di pace durante il quale affrontò le
trasformazioni più grandi di tutta la sua storia.
L’intenso sviluppo economico e tecnologico, in particolare l’applicazione su vasta scala
dell’elettricità, fu alla base della crescita delle grandi industrie, che per competere sul mercato
spesso attuarono fusioni di portata tale da determinare concentrazioni monopolistiche (i trust o
cartelli).
Tutti i settori subirono grossi mutamenti dovuti al rapido rinnovamento tecnico e aumentarono
notevolmente la produzione di beni. La crescita straordinaria e l’espandersi del processo di
industrializzazione in quasi tutta l’Europa ebbero nella rivoluzione dei trasporti un fattore
determinante;
Date la complessità e l’onerosità di tale sistema, gli Stati intervennero sempre più spesso per
indirizzare lo sviluppo – il numero delle persone impiegate al servizio dello stato crebbe fino a
influire in modo determinante sulla formazione di un nuovo settore economico, il terziario – e i
mutamenti sociali da esso determinati.
Gli effetti dello sviluppo si avvertirono anche nella vita quotidiana: una popolazione in continuo
aumento in quanto le città si estesero a dismisura e l’agricoltura migliorò nella quantità e nella
differenziazione delle colture grazie agli apporti della scienza e della tecnica. Non ci fu più crisi
alimentari, le attività agricole si collegarono con quelle industriali e commerciali, il reddito nazionale
aumentò, si sviluppò rapidamente un commercio internazionale di dimensioni mai raggiunte prima.
La rivoluzione industriale e i progressi tecnici del XIX secolo inoltre rafforzarono e approfondirono il
predominio mondiale che l’Europa deteneva dal Cinquecento, fornendole nuovi strumenti – la nave
a vapore, la ferrovia, nuove armi da fuoco – e nuove motivazioni.
La necessità di materie prime, dovuta allo sviluppo delle capacità produttive dell’industria, e quella
dei mercati di sbocco per merci prodotte indusse molti in Europa a ritenere che il benessere
nazionale richiedesse la creazione di imperi coloniali destinati a divenire mercati riservati. Inoltre i
sempre più presenti sentimenti nazionalistici spingevano nella medesima direzione.
Per quanto riguarda la politica interna degli stati europei, il liberismo fu affiancato da due sue
alternative: la democrazia e l’autoritarismo. La democrazia si manifestò nel coinvolgimento delle
grandi masse popolari nella cittadinanza politica, con l’allargamento impetuoso del suffragio, nel
raggiungimento dei primi obbiettivi di sicurezza sociale, nel riconoscimento dei sindacati e nella
creazione dei primi grandi partiti di massa.
Parallelamente si formò per la prima volta una vasta classe, che sarà definita da Karl Marx “classe
operaia” che solo a distanza di decenni, lentamente e faticosamente, riuscirà a conquistare un suo
peso sociale e politico nella vita dei paesi industrializzati.
Filosofia:
Karl Marx:
Nel contesto della seconda rivoluzione industriale, il progresso evocò immagini immediate di
fiducia e di benessere collettivo. In questo periodo si colloca Karl Marx che afferma che se il
progresso dell'umanità è assicurato da leggi scientifiche, esso è inevitabile e non necessita di una
particolare attenzione da parte dei governi: il superficiale ottimismo sulle sorti del mondo ha
dunque un ruolo politico e sociale sostanzialmente conservatore. La critica sociale, economica e
politica di Marx è ben più incisiva, e individua nelle condizioni materiali della società i fattori che
determinano il nostro modo di pensare. Il filosofo tedesco si fa interprete dei proletariato
industriale, e dà una nuova dimensione alla filosofia: essa non può limitarsi a criticare il mondo, ma
deve modificarlo.
Vita e opere :
Marx è considerato uno dei filosofi moderni più importante perché riuscì a unire le sue
teorie filosofiche alle teorie economiche e politiche. Egli nacque nel 1818 a Treviri e
ricevette un'educazione di stampo razionalistico e liberale. Studiò all'università di
Bonn e di Berlino, e si occupò di filosofia. Infatti seguì attentamente le teorie di Hegel
e nel 1843 stese l'opera "Critica della filosofia del diritto di Hegel". Nel 1844 a Parigi
pubblicò gli "annali franco-tedeschi" e strinse amicizia con Engels con il quale scrisse
"Sana famiglia". Le sue opere più importanti furono il "Manifesto del partito
comunista", pubblicato a Londra, e il "Capitale" nel 1866 in occasione della fondazione
dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori. Egli morirà nel 1883.
Il Capitale
ECONOMIA E DIALETTICA
All'interno del Capitale, Marx mette in luce i meccanismi strutturali della società
borghese al fine di svelare la legge economica che sorregge la società moderna. Non
esistono leggi universali dell'economia, ma ogni formazione sociale ha caratteri e leggi
storiche specifiche. L'economia deve far uso dello schema dialettico della totalità
organica, studiando il capitalismo come struttura i cui elementi risultano connessi.
Marx vuole studiare il capitalismo distinguendone gli elementi di fondo ed estraniando
da quelli secondari ciò che mette in luce le caratteristiche strutturali e le tendenze di
sviluppo.
Merce, lavoro e plusvalore
La caratteristica principale del modo di produzione capitalistico è di essere produzione
generalizzata di merci. Una merce ha un valore d'uso, perché deve essere utile a
qualcosa, e un valore di scambio, necessario per essere cambiata con qualcos'altro. Il
valore di scambio deriva dalla quantità di lavoro socialmente necessario per produrla.
Più lavoro è necessario per produrre una determinata merce e più essa vale. Ma il
valore di una merce non è il prezzo, poiché il prezzo può superare il valore reale o
stare al di sotto di esso. Il prezzo non è il valore, ma ha il valore alla propria base. Nel
capitalismo, la produzione di merce è finalizzata all'accumulazione di denaro. E infatti,
il cielo capitalistico non è quello M.D.M., cioè merce-denaro-merce, ma è quello
D.M.D'., cioè denaro-merce-più denaro. Infatti, il capitalista investe denaro in una
merce per ottenere più denaro. Il plus-valore D' deriva dal livello della produzione
capitalistica delle merci. Nella società borghese il capitalista ha la possibilità di
comprare e usare una merce particolare che produce valore. Questa merce è l'operaio,
cioè la forza-lavoro, che viene pagata secondo il valore corrispondente alla quantità di
lavoro socialmente necessario a produrla, che corrisponde al salario. Ma l'operaio
produce un valore maggiore di quello che gli è corrisposto col salario. Quindi il plus-
valore discende dal plus-lavoro dell'operaio e si identifica con l'insieme del valore da
lui gratuitamente offerto al capitalista. Il capitalista dispone di merci di produzioni,
mentre il lavoratore dispone solo della propria energia che deve vendere in vista del
salario. Dal plus-valore deriva il profitto. Marx fa una distinzione fra capitale variabile,
cioè il capitale mobile investito in salari, e il capitale costante, cioè il capitale investito
nelle macchine e in tutto ciò di cui ha bisogno la fabbrica per funzionare
efficientemente. Poiché il plus-valore nasce in relazione al capitale variabile, il saggio
del plus-valore risiede nel rapporto tra il plus-valore stesso e il capitale variabile. Il
capitalista investe non solo il capitale variabile, ma anche il capitale costante. Il saggio
del profitto non coincide con il saggio del plus-valore, ma scaturisce dal rapporto tra il
plus-valore e la somma del capitale variabile o del capitale costante. Il saggio del
profitto è sempre minore rispetto al saggio del plus-valore ed esprime il guadagno del
capitalista.
Tendenze e contraddizioni del capitalismo
Il fine strutturale del capitalismo è la maggiore quantità possibile di plus-valore. Per
raggiungere tale scopo si deve creare una società retta dalla logica del profitto privato.
Per accrescere il plus-valore, il capitalista aumenta la giornata lavorativa, ma ciò ha
dei limiti, perché oltre un certo numero di ore la forza-lavoro dell'operaio cessa di
essere produttiva. Quindi, più che il plus-valore assoluto, il capitalismo punta sul plus-
valore relativo, derivante da una riduzione della giornata lavorativa e da una maggior
produttività del lavoro. Il processo di produzione del plus-valore relativo passa
attraverso tre fasi successive:
1) la cooperazione semplice;
2) la manifattura;
3) la grande industria.
La grande svolta del capitalismo è l'industria meccanizzata, che ha introdotto la
macchina, capace di erogare maggiore plus-valore relativo. Ma l'aumento di
produttività conseguito con l'uso delle macchine genera cicli di crisi di
sovrapproduzione, cioè di sovrabbondanza di merci rispetto alle esigenze del mercato.
La crisi genera sia la distruzione capitalistica dei beni, sia la disoccupazione. Ma la
necessità al continuo rinnovamento tecnologico genera anche la caduta
trascendentale del saggio di profitto. Infatti, se il capitale variabile resta stabile, anche
il plus-valore resta stabile. Ma se il capitale costante accresce, il saggio del profitto è
diminuito. E quindi il profitto risulta progressivamente sempre più scarso rispetto al
capitale impiegato, in virtù della crescita del capitale costante. La crisi mette in
difficoltà la borghesia e si arriva alla scissione della società in due sole classi
antagoniste: da un lato una minoranza industriale, dalla gigantesca ricchezza e
dall'immenso potere, dall'altro una minoranza proletaria sfruttata.
Inglese:
Dickens e Marx
Because of Dickens's moral outrage and his attacks on society's institutions and
values, later critics, who were often Marxists, hailed him variously as subversive,
rebellious, and even revolutionary. They did not necessarily claim that Dickens was
aware of the subversion or revolutionary thrust of his novels. Some critics have
compared Dickens to Marx saying: "The difference between Marx and Dickens was that
Marx knew he was a revolutionist whilst Dickens had not the faintest suspicion of that
part of his calling." There was good reason for contrasting the two men; Marx fled to
London in 1849, died there in 1883, and was also a writer. Thus, the two men were
observing the same society and class structure; both were subject to similar social
conditions and pressures.
CHARLES DICKENS:
Life:
He was born in 1812 in Portsmouth. His father was imprisoned for debts and he was
sent to a work-house. This was a traumatic experience for him than he went back to
school and became a parliamentary reporter and then a journalist. He published
novels on newspapers. The first part of his productions are novels with social
denouncements (Oliver Twist), that are not balanced. The second part: Great
expectations, that is a self-developing novel. It is balanced. On 9 June 1870, he died at
his home in Gad's Hill Place. He was mourned by all his readers. Contrary to his wish to
be buried in Rochester Cathedral, he was laid to rest in the Poets’ Corner of
Westminster Abbey.
Works
:
Pickwick paper, Oliver Twist, Christmas books, David Copperfield, Bleak house, Hard
time, Great expectations
Themes:
1. Social criticism: He was not a revolutionary but he was a full-Victorian. He doesn’t
try to change reality, the problems remain unresolved. At the end there is a paternal
revolution. The solution is not political, but moral: the good persons are
rewarded and bad ones are punished.
2. His novels are full of melodrama and sentimentalism and some situations are
exaggerated in order to move the reader to tears.
3. Humour and comic episodes. The social problems are presented with irony.
4. Characters are not at all round. Defects are exaggerated. Most of Dickens’
characters belong to the lower-middle class. The characters of other social classes are
less secure and more stereotyped.
Hard Times :