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In questa tesina ho cercato di approfondire i vari aspetti che hanno caratterizzato la cosiddetta “società di massa”, dalla nascita del capitalismo alla Prima Guerra mondiale e di cui ancora oggi troviamo tracce nella nostra società. Questo argomento mi ha particolarmente coinvolto, perché mi ha fatto capire come siamo arrivati alla concezione attuale di società e come il progresso sia una conseguenza di ciò che è la nostra storia.
A cavallo tra 1800 e 1900, in coincidenza con il culmine dell'età Vittoriana in Inghilterra e con lo scaturire della seconda rivoluzione industriale, venne a delinearsi un nuovo tipo di società: la cosiddetta “società di massa”. L'espressione “società di massa” viene utilizzata a partire dai primi decenni del XX secolo per definire il particolare tipo di organizzazione sociale nata in seguito allo sviluppo del capitalismo, caratterizzato dall'esteso coinvolgimento della popolazione nella produzione (che passa da quella artigianale a quella industriale di serie),
nella distribuzione e nel consumo (a sua volta di massa) dei beni, nonché nelle attività politiche e culturali.
Importanti aspet della società di massa sono inoltre la forte esposizione della popolazione ai mezzi di comunicazione di massa e l'urbanizzazione. Letteratura e scienza andavano di pari passo. Questo progresso tecnologico è accompagnato
dalla cultura positivista la quale ne esaltava i risultati. Lo sviluppo industriale portò però ad un conseguente aumento dell'inquinamento di cui gli efet sull'uomo e sul pianeta sono riscontrabili ancora oggi. La mia tesina di maturità permette inoltre il collegamento con le altre materie scolastiche.
Storia - Nascita della società di massa (ambito sociale e politico).
Italiano - Positivismo e correnti positiviste (verismo, Naturalismo).
Scienze - Inquinamento e danni all'ambiente.
Biologia - Inquinamento e danni all'uomo.
Inglese - Victorian Age, Dickens.
Fisica, Chimica e Sistemi - Innovazioni tecnologiche (p.e. elettricità , ammoniaca ).
Progresso e società di massa tra '800 e '900
2. CONTESTO STORICO
2.1 LA SOCIETA' DI MASSA
Nel ventennio precedente la prima guerra mondiale, l’economia dei paesi industrializzati
ebbe una nuova fase di espansione intensa e prolungata: dal 1896 al 1913 ci fu uno sviluppo
generalizzato della produzione che interessò tut i settori e toccò anche paesi neo arrivati
come la Russia e l’Italia. I prezzi crebbero costantemente, anche se lentamente, e crebbe il
livello medio dei salari e il reddito pro-capite, che portò ad un aumento della popolazione. La
crescita dei redditi determinò l’allargamento del mercato. L’industria si trovò a dover far
fronte una domanda che sempre più assumeva dimensioni di massa. Beni fino a quel
momento artigianali cominciarono a essere
prodot in serie grazie a negozi, grandi
magazzini, canali di vendita a domicilio che si
moltiplicarono anche nei piccoli centri. Anche
gli annunci e cartelloni pubblicitari aumenta-
rono. In seguito alla crescente industria-
lizzazione e ai conseguenti fenomeni di
urbanizzazione, si iniziarono a delineare i
contorni della cosiddetta "società di massa",
in cui la maggior parte dei cittadini vive in grandi agglomerati urbani, ora meglio collegati tra
loro grazie anche alla disponibilità di nuovi mezzi di trasporto, di informazione e di
comunicazione, il tutto a scapito di rapporti più anonimi e impersonali. In genere le
organizzazioni di massa esercitavano un peso crescente sulle decisioni pubbliche e sulle
scelte individuali, poiché erano le organizzazioni stesse a gestire le relazioni sociali. Il grosso
della popolazione, nella società di massa, entrò poi a far parte dell’economia di mercato.
Agli inizi della società di massa le organizzazioni tendevano da un lato a creare uniformità nei
comportamenti e nei modelli culturali di una parte crescente della popolazione, dall’altra
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Progresso e società di massa tra '800 e '900
rendevano più mobile e complessa la stratificazione sociale. In quegli anni ci fu
l’afermazione di nuovi ceti medi (composti da lavoratori autonomi, dipendenti pubblici,
addet al settore privato che, poiché non svolgevano mansioni manuali, venivano chiamati
"collet bianchi" per distinguerli dagli operai), distanti dall’alta borghesia (per quanto
riguarda il reddito) ma anche dagli operai (per quanto riguarda cultura, mentalità e
comportamenti sociali). I ceti medi, pur non avendo una propria rappresentanza politica,
erano destinati a svolgere un ruolo di primo piano poiché la loro opinione infuenzava
l’economia e la politica essendo essi consumatori ed elettori atvi.
Gli anni dell’afermazione della società di massa furono inoltre caratterizzati dall’impegno
statale nel campo dell’istruzione, con una conseguente diminuzione dell’analfabetismo in
tutto il continente europeo. Si contribuiva così a formare, anche in conseguenza al
difondersi della stampa periodica, l'opinione pubblica.
Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, crebbe la partecipazione alla vita politica, determinata
dall’estensione del diritto di voto: il sufragio universale maschile venne gradualmente
introdotto in tutta Europa e nacquero i primi movimenti di emancipazione femminile che si
concentrarono sulla lotta per il sufragio alle donne.
2.2 LA POLITICA DI MASSA
La nascita della società di massa coincise con una maggiore afermazione dei partiti socialisti.
Fino agli anni ’70 e ’80 i movimenti socialisti costituivano dappertutto delle piccole
minoranze emarginate, e spesso perseguitate, che speravano in un radicale sconvolgimento
rivoluzionario. La situazione cambiò completamente alla fine dell’800, quando in tut i più
importanti paesi europei ed extraeuropei, sorsero partiti socialisti che partecipavano alle
elezioni inviando i loro rappresentanti nei parlamenti. All’inizio del ‘900 pensavano alla
possibilità di una loro partecipazione ai governi "borghesi", e proponevano per primi il
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Progresso e società di massa tra '800 e '900
modello di "partito di massa" che si sarebbe
successivamente afermato come la forma
di organizzazione politica più difusa nelle
democrazie europee (il partito di massa era
basato sull’inquadramento di larghi strati
della popolazione attraverso una struttura
permanente, articolata in organizzazioni
locali e facente capo a un unico centro
dirigente). I partiti operai, agli inizi del ‘900, avevano una visione in gran parte comune: si
proponevano il superamento del sistema capitalistico e la gestione sociale dell’economia, si
ispiravano a ideali internazionali e pacifisti, volevano creare una base di massa tra i
lavoratori e partecipare atva-mente alla lotta politica nel proprio paese.
2.3 INTERNAZIONALE SOCIALISTA
Nel 1889 i rappresentanti di numerosi partiti europei si riunirono a Parigi e approvarono
alcuni importanti provvedimenti, fra cui quello che fissava come obietvo primario del
movimento operaio la giornata lavorativa di otto ore e proclamava una giornata mondiale di
lotta per il primo maggio di ogni anno. Si decise poi, in un secondo congresso tenutosi a
Bruxelles di ricostituire l’organizzazione socialista internazionale che si era dissolta all’inizio
degli anni ’70 dell'800. Nacque così la Seconda Internazionale (o Internazionale socialista)
che vedeva un’afermazione della tendenza marxista (attualizzata però da Engels dove si
accentuava la partecipazione alle elezioni e le lotte per la democrazia e per le riforme) e
l’esclusione degli anarchici e di quanti rifiutavano pregiudizialmente la partecipazione
all’atvità politico-parlamentare. La Seconda Internazionale voleva costruire una federazione
di partiti nazionali autonomi e sovrani, un luogo di discussione sui grandi problemi di
interesse comune a tut i partiti con importanti funzioni di coordinamento. 6
Progresso e società di massa tra '800 e '900
2.4 SINDACALISMO
Il cosiddetto sindacalismo rivoluzionario si muoveva su una linea anarchico-rivoluzionaria del
tutto estranea alle impostazioni prevalenti nella Seconda Internazionale e aveva come
obietvo addestrare i lavoratori alla lotta contro la società borghese. Lo sciopero era visto
dai sindacalisti, che avevano il loro interprete più autorevole in George Sorel, come
"ginnastica rivoluzionaria" utile a rendere i lavoratori consapevoli della loro forza e a
prepararli al grande sciopero generale rivoluzionario che avrebbe segnato la fine dell’ordine
borghese. Il sindacalismo non riuscì a piantare solide radici nei principali partiti socialisti ma
esercitò comunque una forte suggestione su molti intellettuali e anche su una buona parte
della classe operaia.
Con l’afermazione del partito di massa crebbero i grandi organismi sindacali nazionali: i più
importanti furono quelli di ispirazione socialista (come ad esempio la Confederazione
generale del lavoro, CGL, costituita in Italia nel 1906).
2.5 NAZIONALISMO
La crescita dei movimenti socialisti, che si ispiravano a ideali internazionali pacifisti, assieme
alla politica imperialista di quel periodo, portò al ritorno di spiriti patriotci e guerrieri da
parte della borghesia conservatrice. Il nazionalismo fra il 1815 e il 1870 era stato soprattutto
il principio ispiratore dei movimenti di liberazione che combattevano contro l’ordine
costituito ed era dunque collegato all’idea di sovranità popolare, al liberalismo e alla
democrazia. Successivamente si spostò verso destra ricollegandosi spesso alle teorie razziste
allora in voga, che pretendevano di stabilire una gerarchia fra "razze superiori" e "razze
inferiori" e di afermare su questa base la superiorità di un popolo, o di un gruppo di popoli,
su tut gli altri. Queste teorie si fondavano su argomentazioni pseudoscientifiche di stampo
positivista, ma in realtà si collegavano ad antichi pregiudizi (la difdenza per l’estraneo e per
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il "diverso") e proprio per questo avevano una forte capacità di suggestione anche fra le
classi meno colte. Il nazionalismo faceva ricorso a strumenti tipici della società di massa
(stampa popolare, comizi e manifestazioni di piazza). Spesso il nazionalismo non era rivolto
all’esterno o alla politica estera, ma ai "nemici interni": protestanti, immigrati e soprattutto
ebrei, considerati come un corpo estraneo alla nazione e identificati con gli ambienti
dell’afarismo e della speculazione bancaria. I fenomeni appena descrit causarono in
Europa, negli anni precedenti alla prima
guerra mondiale, una radicalizzazione
dello scontro sociale, caratterizzato dalle
dure lotte delle organizzazioni dei lavora-
tori, che smentivano il facile otmismo dei
positivisti i quali si erano sempre illusi che
il progresso scientifico bastasse da solo a
garantire un difuso benessere e la
crescita culturale. Ora il modello interpretativo oferto dal positivismo appariva sempre più
inadeguato a spiegare i fenomeni politici, economici e sociali del periodo. Il positivismo restò
per molti un metodo di ricerca e di conoscenza della realtà, ma si smise di accettarlo come
una visione del mondo, perché legato all’idea di un progresso necessario e costante che
contrastava con la realtà attuale. 8
Progresso e società di massa tra '800 e '900
3. CONTESTO CULTURALE
3.1 LETTERATURA E SCIENZA
La cultura europea appare quindi dominata dal Positivismo, un indirizzo di pensiero nato in
Francia. Il termine fu coniato dal filosofo utopistico Saint-Simon per indicare il metodo
seguito dalle scienze positive (come la matematica, fisica e scienze naturali), un
procedimento di conoscenza della realtà fondato sull'osservazione dei fenomeni, sulla
sperimentazione e sul principio della verifica della teoria con la prova dei fat. Così si
muovevano gli intellettuali positivisti, i quali avevano una cieca fiducia nella scienza, nella
tecnica e nel progresso, e nei loro testi trattavano anche problematiche sociali e politiche.
La letteratura fu in grado di cogliere la portata che le innovazioni tecnologiche producevano
sulle atvità e sui rapporti umani.
La fondazione di nuovi istituti d’istruzione superiore iniziò a delineare un modello del tutto
nuovo per lo sviluppo della ricerca scientifica, associando la ricerca ad un insegnamento
altamente specialistico e seletvo. Queste nuove scuole favorirono l’intensificarsi dei
contat fra gli scienziati e lo sfruttamento delle loro atvità didatche per la ricerca.
Questa stretta connessione tra evoluzione scientifica e pensiero umanistico portò al
modellarsi di fisica e biologia sulle discipline puramente letterarie. Fra il 1820 e il 1830
nascono nuovi periodici scientifici con l’intento di incrementare le comunicazioni tra i vari
ricercatori. La loro nascita confermò l’accresciuta esigenza di una sempre più ampia
circolazione delle idee scientifiche.
3.2 IL POSITIVISMO
Nel 1830 viene pubblicato il primo volume del “Corso di filosofia positiva” di August Comte
(1798-1859) a cui fecero seguito altri cinque volumi in cui si trova esposta la classificazione
delle scienze (matematica, fisica, chimica, astronomia, biologia e sociologia, rispetvamente
disposte in ordine logico, cronologico e pedagogico). Tra gli scrit vi è anche la “sociologia”,
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da lui intesa come scienza suprema, considerata base “positiva” per
una riorganizzazione razionale della società. Il positivismo di Comte
è erede diretto dell’illuminismo negli aspet che riguardano la
fiducia nella scienza o la concezione totalmente laica dell’uomo e
del mondo, mentre è innovatore per quanto riguarda lo sviluppo
storico dell’umanità e i problemi sociali scaturiti dalla rivoluzione
industriale. Per Comte l'unica conoscenza possibile è quella che si
realizza secondo il metodo scientifico, il quale non considera il
problema delle cause ultime ma si propone esclusivamente di analizzare il rapporto di cause-
efetto nei fenomeni obbietvamente e sperimentalmente osservabili. L'umanità e la scienza
stessa sono passate dagli stadi più arretrati - lo stadio teologico, in cui dominava