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Storia - Lord Voldemort e Adolf Hitler, due personaggi a confronto.
Storia dell'Arte - I simboli esoterici nelle opere più famose, Da Vinci e Magritte.
Inglese - Il Ministero della Magia e la satira politica in George Orwell.
Progettazione - Tra famiglia ed insegnamento, Hogwarts e la Bauhaus.
Filosofia - Hiddeger ed i Doni della Morte.
R isulta difficoltoso credere di poter accostare elementi fantastici, nati dal
genio di una scrittrice, a quelli che invece sono fatti concreti che hanno
segnato indelebilmente la storia del mondo. Joanne Rowling scrisse per la
prima volta un abbozzo di quello che diventerà un capolavoro mondiale su
di un fazzolettino di carta durante un viaggio in treno; la domanda sorge spontanea:
come fa una saga di sette libri incentrata su elementi magici e personaggi fantastici a
diventare un capolavoro a livello mondiale? E come fa a catturare l’interesse di
grandi e piccini? Serve veramente solo una buona mano ed azzeccare il tema giusto o
c’è qualcosa di più sotto?
« Ho voluto che Harry lasciasse il nostro mondo
e trovasse gli stessi problemi di questo nel mondo
magico. Quindi voi trovate l'intenzione di
imporre una gerarchia, trovate il fanatismo,
e questo concetto di purezza razziale, che
è un grande errore ma è presente in ogni
parte del mondo. Alle persone piace pensare
di essere superiori, e il loro orgoglio al
riguardo non può fare altro che aumentare
la percezione di purezza. Si segue una
strada parallela [al nazismo]. Ma non
solo a questo. Si può notare che all'interno
del Ministero della Magia, anche prima
che fosse ripreso, ci siano dei paralleli a »
regimi che tutti noi conosciamo e amiamo. Joanne Kathleen Rowling
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Credo che questo libro oltre ad essere un romanzo che aiuta ad evadere dalla realtà,
ci faccia capire come in realtà, tutto ciò che accade nel mondo riesca ad influenzare
ciò che viene scritto. Il lettore riesce ad immedesimarsi nella storia, la fa sua, legge
di fatti già accaduti e di come questi, in un mondo irreale, abbiano le stesse
ripercussioni. Harry Potter è un capolavoro letterario che può essere letto da tutte le
generazioni, un libro che appassiona, ma che insegna molto, soprattutto a capire
cos’è il bene ed il male, il valore della famiglia, dell’amicizia. Tutti valori, che
purtroppo, al giorno d’oggi sono sottovalutati.
«Se vuoi sapere com’è un uomo, guarda bene come tratta i suoi inferiori, non i
suoi pari. » Joanne Kathleen Rowling.
P er entrare subito nel vivo della discussione e farvi comprendere al meglio a
quale conclusione intendo arrivare inizio subito col sottolineare le evidenti
Harry Potter,
similitudini ideologiche e di particolari presenti nei libri di con
quello che è forse uno dei più atroci totalitarismi che la storia del mondo
abbia mai conosciuto. La figura di Lord Voldemort, ossia l’antagonista presente nei
sette libri scritti da J.K. Rowling incarna in modo anche abbastanza dettagliato la
figura di Adolf Hitler, in molte sfumature che riguardano introspezione psicologica
così come le sue gesta nell’arco degli eventi che si susseguono lungo la storia. La
scrittrice stessa afferma di essersi ispirata alla figura del Führer per creare la figura
di Lord Voldemort. Il precetto base, fondamento dell’ideologia nazista, ossia la
razza pura, razza ariana,
concezione di o, è alle fondamenta degli obiettivi che il
nostro antagonista persegue nel corso dei sette libri. Nel dettaglio: secondo il
pensiero, oserei dire deviato di Lord Voldemort, solo i purosangue potevano avere
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diritto di cittadinanza nel mondo magico, così come per il Führer, solo i discendenti
della razza pura potevano avere la cittadinanza. Nel mondo magico di J.K. Rowling,
un purosangue era colui che nasceva da genitori maghi, e nelle generazioni
babbane
precedenti non vi era traccia di discendenze (persone prive di poteri
magici), dunque un mezzosangue era colui che aveva poteri magici, ma aveva solo un
genitore con poteri magici, quindi di fatto per Lord Voldemort, non adatto a far parte
del mondo magico e degno di morte. E sebbene negli anni che vedono protagonista il
Nazismo la magia non sia il requisito fondamentale, il concetto non è poi tanto
lontano. Hitler, anch’egli visionario, non solo pretendeva che a far parte del suo
regno razza ariana,
fossero solo persone di dunque senza la benché minima traccia di
discendenza ebrea nell’arco delle generazioni, ma che addirittura avessero delle
caratteristiche fisiche standardizzate, quali: la carnagione chiara, occhi azzurri,
capelli biondi e fisico atletico, motivo che ritorna nella saga con la presenza della
famiglia Malfoy, stereotipo della famiglia purosangue, con connotazioni chiaramente
malefiche. Similare è sicuramente anche la vicenda che vede il nostro Lord
sporco mezzosangue,
Voldemort, essere in realtà uno con quella di Hitler, che dopo
recenti studi sul DNA dei parenti, abbia scoperto avere discendenza ebrea. Entrambi,
dunque, risoluti nel voler eliminare ogni traccia di sporcizia lungo l’iter che avrebbe
portato poi alla conquista del potere, così come nel voler consapevolmente
nascondere la loro discendenza, tra l’altro proprio questa motivo del loro astio. Le
somiglianze non sono certo terminate: entrambi dispongono di un esercito di
fedelissimo pronti a seguirli in ogni occasione ed a commettere le gesta più atroci. Le
SS, per il Führer, ed i Mangiamorte per Lord Voldemort. Entrambi fanno leva sulla
frustrazione del popolo per spingerlo alla violenza: Hitler per primo che sfrutta
incondizionatamente la crisi d’identità, la rabbia, l’interventismo e la xenofobia del
popolo tedesco e Lord Voldemort, che alimentava la paura e la frustrazione che i
maghi provavano nei confronti dei babbani che per numero risultavano essere molti
di più, spingendo le famiglie di maghi purosangue ad arruolarsi tra i Mangiamorte.
Posso fornire ancora una comparazione tra la radio trasmessa da un ex studente della
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, durante il regime del Signore Oscuro,
alias Lord Voldemort, per cercare di tenere informata la resistenza durante la
Seconda Guerra Magica e quella della resistenza francese, utilizzata da De Gaulle
contro l’occupazione nazista. Un ultima piccola particolarità sento la necessità di
sottolinearla: il Primo Ministro del mondo magico, Cornelius Caramell è paragonabile
al Primo Ministro inglese Neville Chamberlain poiché entrambi lasciarono carta
bianca rispettivamente a Lord Voldemort ed Hitler sperando che si placasse con il
tempo la loro sete di potere. Ma così non fu, infatti la situazione degenerò. In
entrambi i casi sarà l’entrata in scena di Albus Silente per quello che riguarda la
nostra storia di magia, nonché preside della Scuola di Magia e Stregoneria di
Hogwarts, e capo del Wizengamont, il tribunale supremo dei maghi. E Wiston
Churcill per quello che riguarda il mondo reale, a sistemare la situazione, entrambi
infatti si muoveranno per sconfiggere i due tiranni e ristabilire l’ordine. Ci sono
costanti parallelismi tra l’evento fantastico e quello reale, tanto che ormai il tema
della purezza del sangue dei maghi più celebri al mondo simboleggia il tema
dell’intolleranza razziale, passata e presente.
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Ho voluto che Harry lasciasse il nostro mondo e trovasse esattamente gli stessi
problemi nel mondo della magia. Alla gente piace pensare di essere superiore e se
non possono essere orgogliosi per altre cose, si vantano della loro purezza percepita.
Suppongo che i libri di Harry Potter, in generale siano una prolungata
argomentazione per la tolleranza, una prolungata preghiera per porre fine al
fanatismo. Joanne Kathleen Rowling
«Mi apro alla chiusura.» Albus Silente
S e Eugenio Montale avesse fatto parte del libro della Rowling, sicuramente
sarebbe stato un ottimo amico o quantomeno un ottimo conforto per Harry
Potter, ossia il protagonista dei romanzi da me analizzati.
Con la morte della moglie ed il profondo dolore che lo attraversa rimbombando nel
vuoto che dentro gli si è creato, Montale avrebbe sicuramente compreso il forte senso
d’angoscia provato da Harry per la consapevolezza che ha di essere solo al mondo,
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avendo, molti anni prima, perso entrambi i genitori ed assistendo successivamente
all’uccisione del padrino.
Il dolore che pervade Montale lo spinge a dedicare un’intera raccolta al ricordo della
moglie ed in qualche modo al superamento del dolore stesso; la poesia che qui riporto
Ho sceso dandoti il braccio Satura, Xenia,
è: presa dalla raccolta sezione termine
questo che Montale sceglie con cura e che ci fa comprendere ancora di più l’intensità
della sofferenza da lui provata nel rievocare il ricordo della moglie defunta, la sua
dono fatto dall’ospite,
traduzione dal latino letteralmente è dunque quelli della
raccolta risulteranno brevi componimenti fatti per tener vivo il ricordo della moglie e
le varie esperienze vissute con lui.
Ho sceso dandoti il braccio
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
ed ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché
con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
«L’ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte.» Albus Silente
C’erano una volta tre fratelli che viaggiavano lungo una
strada tortuosa e solitaria al calar del sole. Dopo qualche
tempo, i fratelli giunsero ad un fiume troppo profondo
per guardarlo e troppo pericoloso per attraversarlo a
nuoto. Tuttavia erano versati nelle arti magiche, e così
bastò loro agitare le bacchette per far comparire un
ponte sopra le acque infide. Ne avevano percorso metà
quando si trovarono il passo sbarrato da una figura
incappucciata.
E la Morte parlò a loro. Era arrabbiata perché tre nuove
vittime l’avevano appena imbrogliata: di solito i
viaggiatori annegavano nel fiume. Ma la morte era
astuta, finse di congratularsi con i tre fratelli per la loro
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magia e disse che ciascuno di loro meritava un premio per essere stato abile da
sfuggirle.
Così il fratello maggiore, che era un uomo bellicoso, chiese una bacchetta più potente
di qualunque altra al mondo: una bacchetta che facesse vincere al suo possessore
ogni duello, una bacchetta degna di un mago che avrebbe battuto la Morte! Così la
Morte si avvicinò ad un albero di sambuco sulla riva del fiume, preme un ramo e ne
fece una bacchetta, che diede al fratello maggiore.
Il secondo fratello, che era un uomo arrogante, decise che voleva umiliare ancora di
più la Morte e chiese il potere di richiamare altri dalla Morte. Così la morte raccolse
un sasso dalla riva del fiume e lo diede al secondo fratello, dicendogli che quel sasso
aveva il potere di riportare in vita i morti.
Infine la Morte chiese al terzo fratello, il minore, che cosa desiderava. Il fratello più
giovane era il più umile e anche il più saggio dei tre, e non si fidava della Morte.
Perciò chiese qualcosa che gli permettesse di andarsene senza essere seguito da lei.
E la Morte, con estrema riluttanza, gli consegnò il proprio Mantello dell’invisibilità.
Poi la Morte si scansò e consentì ai tre fratelli di continuare il loro cammino, e così
essi fecero, discutendo con meraviglia dell’avventura che avevano vissuto e
ammirando i premi che la morte aveva elargito. A tempo debito i fratelli si
separarono ed ognuno andò per la sua strada.
Il primo fratello viaggiò per un’altra settimana o più, e quando ebbe raggiunto un
lontano villaggio andò a cercare un altro mago con cui aveva da tempo una disputa.
Armato della Bacchetta di Sambuco, non poté mancare di vincere il duello che seguì.
Lasciò il nemico a terra, morto, ed entrò in una locanda, dove si vantò a gran voce
della potente bacchetta che aveva sottratto alla Morte in persona e di come essa
l’aveva reso invincibile. Quella stessa notte, un altro mago si avvicinò furtivo al
giaciglio dove dormiva il primo fratello, ubriaco fradicio. Il ladro rubò la bacchetta e
per buona misura tagliò la gola al fratello più anziano. E così la Morte chiamò a sé il
primo fratello.
Nel frattempo, il secondo fratello era tornato a casa propria, dove viveva solo.