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sotterramento, sparo di cannone, VERGINE DI FERRO, e molti altri.
FERRO 7
La Francia è ancora oggi la nazione più famosa per l’atrocità dei supplizi e l’introduzione, durante
la Rivoluzione Francese, della ghigliottina su proposta di Joseph-Ignace Guillotin.
Questa macabra invenzione era considerata più umana e meno dolorosa.
L’esecuzione di Maria Antonietta, Regina di
Francia in una stampa dell’epoca
Con il passare dei secoli, la progressiva laicizzazione dello Stato supera l’antica concezione del
diritto divino e ripropone, sotto una diversa luce, il problema della pena.
Nel Rinascimento è attribuita alla pena di morte una connotazione utilitaristica, ovvero è utile
al fine di proteggere e tutelare la convivenza civile.
Solamente con l’avvento dell’era dei “lumi”, l’Illuminismo, si fanno strada le prime voci dissonanti
ed inizia il dibattito intorno all'argomento. La vera svolta si ha nel 1764 con la pubblicazione del
libro di Cesare Beccaria “Dei delitti e delle pene”. Beccaria afferma che il fine della pena è quello
di "impedire il reo dal far nuovi danni e rimuovere gli altri dal farne uguali"; è quindi preferibile
imputare pene meno crudeli, ma intense e prolungate nel tempo (per esempio l'ergastolo ed i lavori
forzati). Le tesi del Beccaria danno vita ad un ampio dibattito filosofico che coinvolgerà numerosi
pensatori abolizionisti e non.
Sfortunatamente Beccaria era un illustre ignoto e fu solo grazie a Voltaire se queste tesi, del tutto
innovative per l’epoca, trovarono uno strepitoso successo in tutta Europa, sia dal punto di vista
ideologico che sociale. Molto importanti furono le prime leggi penali che abolirono la pena di
morte, dimostrando che l’opera di Beccaria ebbe almeno l’effetto di ridurre il numero delle
esecuzioni.
Queste leggi penali furono:
- la legge del Granducato di Toscana del 1786 (Riforma criminale toscana o Leopoldina) con la
quale, Leopoldo I° abolì definitivamente l’uso di questa barbara usanza;
- l ‘Istituzione del 1765 con la quale, in Russia, la zarina Caterina II abolì la pena capitale perché
disumana e incapace di migliorare le condizioni di alcuna nazione;
A partire dal XIX secolo, in numerosi Stati occidentali, poi di seguito in molti altri, la pena di morte
venne abolita e sostituita con altre punizioni come il carcere a vita.
Nel REGNO D'ITALIA fu abolita con l'approvazione, quasi all'unanimità da parte di entrambe
le Camere, del nuovo CODICE PENALE nel 1889, durante il ministero di GIUSEPPE
ZANARDELLI. Tuttavia la pena capitale restava in vigore nel CODICE PENALE MILITARE e in
ZANARDELLI
quelli coloniali.
Con l’instaurazione dei regimi totalitari (quali il fascismo di Mussolini, il nazismo di Hitler,
l’unione sovietica di Stalin e la dittatura spagnola del generale Francisco Franco) l’esecuzione
capitale venne reintrodotta in alcuni stati e usata in modo sconsiderato da altri. Difatti essa era
ritenuta fondamentale per l’attuazione di un’ideologia, con cui questi imperialismi cominciarono
a regolare la vita dei cittadini sotto ogni aspetto (riduzione degli individui a meri elementi
dell’organismo sociale). L’ideologia poteva essere di tipo storico (si pensi a quella comunista) o di
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tipo biologico (come nel caso di quella nazista, secondo la quale tutte le altre razze erano
considerate inferiori rispetto a quella “pura”, quella ariana). Nel 1926 la pena di morte fu
reintrodotta in Italia da MUSSOLINI per punire coloro che avessero attentato alla vita o alla libertà
della famiglia reale o del CAPO DEL GOVERNO e per vari reati contro lo stato. In modo
particolare con il “CODICE
CODICE ROCCO”, entrato in vigore il 1º LUGLIO 1931, aumentarono il
ROCCO 1931
numero dei reati contro lo stato punibili con la morte e fu reintrodotta per alcuni gravi reati
comuni.
In Germania, Hitler mise in pratica la folle idea di sterminare le razze impure, con l’istituzione dei
cosiddetti campi di concentramento o meglio definiti campi di sterminio, poiché di questo si
trattava. I prigionieri (ebrei, omosessuali, zingari, criminali politici) e tutti quelli che erano
considerati pericolosi per l’equilibrio sociale, venivano deportati in queste strutture carcerarie
all’aperto, e qui costretti ai lavori forzati, spesso senza neanche uno scopo ben preciso
(soprattutto nei “gulag” sovietici). Si potrebbe dire, in un certo qual modo, che i campi di sterminio
abbiano voluto riprendere, in modo ironico, l’ideale della condanna ai lavori forzati dei philosophe
francesi con la macabra scritta che campeggiava all’ingresso dei lager nazisti: “Arbeit macht frei”,
che letteralmente significa “il lavoro rende liberi” (dalle proprie colpe e dalla prigionia). Non
sempre, ovviamente, era così. Molte volte, infatti, con “la scusa” di sopprimere chi non era più in
grado di lavorare, di fare posto a nuovi deportati o più semplicemente per l’odio che i tedeschi
nutrivano contro queste minorità, migliaia di prigionieri vennero orribilmente condannati a
morte, “in massa”, nelle camere a gas, oppure lasciate morire di fame e di stenti dallo Stato, dal
Potere, da Hitler. Dopo la caduta del regime fascista (25
25 LUGLIO 1943), il 10 AGOSTO 1944 il
1943
decreto legge n. 224 abolì la pena di morte per tutti i reati previsti dal codice penale del 1931; essa
fu, però, mantenuta in vigore in base al decreto n. 159 del 27 LUGLIO 1944 per i reati fascisti e di
collaborazione con i NAZI-fascisti.
NAZI
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, gli Alleati ancora indignati e scioccati per le atrocità
naziste, costituirono l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). Nel 1948. venne redatta e
siglata a New York la “Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo”; essa è un codice etico
d’importanza storica fondamentale: è stato, infatti, il primo documento a sancire l'universalità di
questi diritti, non più limitati unicamente ai paesi occidentali, ma rivolti ai popoli del mondo intero,
e basati su un concetto di dignità umana intrinseca, inalienabile, ed universale. La dichiarazione fu
il primo sforzo legale internazionale al fine di limitare il comportamento oppressivo di taluni
Stati e limitare l’uso della pena di morte. In seguito, nacquero numerose altre associazioni
abolizionistiche che svolgono tutt’oggi un importante contributo a livello mondiale.
Infine, il 18 dicembre 2007 l'ONU, con 104 voti favorevoli, 54 contrari e 29 astenuti, ha approvato
la Moratoria universale della pena di morte, promossa dall'Italia a partire dal 1994. Questa
moratoria, forse, riuscirà a sancire una volta per tutte l’esecuzione capitale.
INGRESSO DEL 9
CAMPO DI
CONCENTRAMENT
O DI BIRKENAU
La pena di morte nel mondo attuale
Blu: Abolita per tutti i crimini
Verde: Abolita eccetto per crimini commessi in circostanze eccezionali
Arancione: Abolita in pratica
Rosso: Pena legale
Negli ultimi decenni molti Stati hanno abolito la pena di morte.
Amnesty International distingue quattro categorie di Stati:
68 Stati prevedono la pena di morte nel codice penale e la utilizzano (colore rosso);
89 Stati hanno abolito completamente la pena capitale(colore blu);
10 Stati dove la pena di morte è in vigore, ma solo limitatamente a reati commessi in situazioni
eccezionali, ad esempio in tempo di guerra (colore verde);
30 Stati mantengono la pena di morte anche per reati comuni, ma di fatto non ne fanno uso da
almeno 10 anni (colore arancione);
Grazie all’azione di organizzazioni internazionali e associazioni abolizionistiche la pena di morte è
stata abolita per legge e in pratica in 138 Stati; 59 paesi, però, continuano a praticarla.
La Cina, in particolare, si aggiudica il macabro primato di “Paese boia”, avendo da sola messo a
morte più persone che il resto del mondo nel suo complesso. Anche l’Europa non è da meno, visto
che la Bielorussia ricorre ancora all’esecuzione capitale, seppur in grande segretezza.
Nonostante gli appelli, le dichiarazioni internazionali, l’attività svolta da numerose associazioni e
così via, le stime (anche se approssimative) delle esecuzioni capitali non sembrano essere a favore
dell’abolizione. Da quanto risulta nel documento pubblicato il 24 marzo 2009 da Amnesty
International riguardante le esecuzioni del 2008, tra gennaio e dicembre dello scorso anno sono
state giustiziate circa 2.390 persone in 25 paesi e sono state emesse 8.864 condanne in 52 paesi.
In sostanza, sono state giustiziate una media di sette persone al giorno.
Il maggior numero di esecuzioni nel 2008 è stato riscontrato in Asia, dove undici paesi
continuano a ricorrere alla pena capitale (Afghanistan, Bangladesh, Cina, Corea del Nord,
Giappone, Indonesia, Malaysia, Mongolia, Pakistan, Singapore e Vietnam). Solo in Cina sono
avvenute quasi tre quarti delle esecuzioni su scala mondiale, più esplicitamente il 72%.
Il secondo maggior numero di esecuzioni, 508, è stato registrato nella regione Africa del Nord -
Medio Oriente. Solo in Iran sono state messe a morte 346 persone con metodi che comprendono
l’impiccagione e la lapidazione. Tra questi otto erano minorenni al momento del reato, violando 10
così le normative internazionali che vietano tassativamente di condannare a morte i minori. In
Arabia Saudita, le esecuzioni sono state almeno 102, solitamente tramite decapitazione pubblica.
Questi dati potrebbero essere ancora più elevati; purtroppo le informazioni sulle condanne a morte e
le esecuzioni non sempre possono essere del tutto attendibili, poiché il più delle volte non vengono
nemmeno registrate dai paesi che emettono la sentenza, quasi a voler nascondere gli omicidi
commessi. (Da notare che in URSS le statistiche sulla pena di morte sono un segreto ufficiale dal
1934).
In conclusione, anche se non si conosce il numero certo delle vittime, si sa per certo che questa
macabra usanza viene ancora praticata, segretamente, da molti paesi e forse non si arriverà mai ad
un’abolizione totale e definitiva.
Amnesty International si oppone alla pena di morte in tutti i casi, senza eccezioni riguardanti la
natura del reato, le caratteristiche del criminale o il metodo utilizzato dallo Stato per uccidere il
detenuto. Inoltre, ritiene che la pena di morte violi il diritto alla vita e che rappresenti l’ultima
punizione crudele, inumana e degradante inflitta dal “boia” (figura rappresentante lo Stato).
La pena capitale non ha alcun potere deterrente sul crimine.
Per avvalorare quest’affermazione, ho riportato, nel grafico sottostante, i dati raccolti da Amnesty
International dal 2005 al 2008; i colori confermano come in questi anni la pena di morte non sia
affatto diminuita nei paesi che ne fanno uso; la Cina addirittura continua a mettere a morte più di
1000 persone ogni anno. Ciò dimostra che il tasso di criminalità in questi paesi non è diminuito, la
pena di morte, di conseguenza, non ha alcun effetto deterrente sugli individui.
Ricapitolando secondo il documento pubblicato da Amnesty International nel 2008:
- cinque paesi hanno eseguito il 93% delle esecuzioni totali
(Cina, Iran, Arabia Saudita, Pakistan e Usa);
- la Bielorussia è l’unico paese in Europa che pratica la pena di morte (lo scorso anno sono state
giustiziate quattro persone);
- almeno 2390 persone sono state messe a morte in 25 paesi;
- almeno 8864 persone sono state condannate a morte in 52 paesi; 11
- decapitazione, lapidazione, impiccagione, iniezione letale, fucilazione ed elettrocuzione sono i
metodi più utilizzati; 12
La crudeltà della pena di morte
Di seguito riporto alcune informazioni che ho trovato su internet e che, a mio avviso, esplicitano in
modo decisamente chiaro e conciso il vero significato della pena di morte; un omicidio spietato e
crudele.
+ L'esecuzione sulla sedia elettrica causa sofferenze inverosimili (vi sono stati casi in cui la scarica
è durata 10 minuti oppure è stata ripetuta più volte prima che il medico costatasse la morte).
+ L'iniezione del veleno non è un metodo più "umano", poiché a volte vi sono problemi con le vene