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Il mio percorso inizia con la descrizione della notte dal punto di vista

astronomico, i suoi effetti sulla vita, in relazione ai quali ho considerato

l’importanza dell’energia elettrica. Sono poi passata al Romanticismo e ho

analizzato il tema della notte nella letteratura italiana, riscontrando analogie nei

classici latini. Ho quindi trattato del diverso aspetto della notte nella letteratura

romantica inglese e in quella spagnola. Collegando il tema della notte al sogno,

ho considerato il pensiero filosofico di Nietzsche, con riferimento alla “Nascita

della Tragedia”. Ho poi preso in esame il periodo del Nazismo, con particolare

riferimento ai crimini avvenuti durante la notte. Tali eventi mi hanno condotta a

considerare il quadro di Francisco Goya “Il sonno della ragione”, sia per

l’ambientazione notturna, che per la metafora che vuole rappresentare. Dalle

riflessioni su quest’opera nasce il mio collegamento della notte, come regno

dell’amore, alla più recente letteratura francese.

Questa tesina è stata per me un’esperienza molto soddisfacente e costruttiva e

spero che vi risulti di piacevole lettura.

CENNI ASTRONOMICI

La notte è l’intervallo di tempo compreso tra il tramonto e l’alba, in cui il Sole

rimane al di sotto dell’orizzonte. Il fenomeno della notte è dovuto al movimento

di rotazione della Terra intorno al proprio asse, che crea l’illusione del sorgere e

tramontare del Sole. Tale movimento ha la durata di circa 24 h e determina

l’alternarsi di ore di luce e ore di buio durante il giorno. Poiché la Terra ha

forma sferica, i raggi del Sole, che giungono paralleli fra loro, ne illuminano

solo un emisfero (quello rivolto verso il Sole), lasciando l’altro al buio. I due

emisferi, quello illuminato e quello al buio, risultano divisi da una circonferenza

chiamata circolo di illuminazione, che non è proprio di una linea netta, ma

piuttosto di una fascia in cui la luminosità compare o si attenua

progressivamente e consente, quindi, il passaggio graduale dal dì alla notte.

Infatti il cielo si illumina gradualmente ancor prima della comparsa del Sole

all’orizzonte e si scurisce gradualmente dopo che il sole è scomparso sotto

l’orizzonte. Questo fenomeno prende il nome di crepuscolo ed è dovuto alla

rifrazione e alla diffusione che subiscono i raggi solari nell’attraversare

l’atmosfera, i quali, pertanto, riescono ad illuminare anche una parte di

superficie terrestre che dovrebbe essere al buio.

La durata del crepuscolo aumenta con la latitudine, perché i raggi solari devono

attraversare uno spessore maggiore di atmosfera.

La durata della notte varia in base al susseguirsi delle stagioni, alla latitudine,

alla longitudine e al fuso orario. Nei giorni di equinozio la notte e il dì hanno, in

linea teorica, la medesima durata.

Esistono due punti geografici, i poli, dove per sei mesi è notte. Ai due poli,

infatti, si alternano solo due stagioni, l’estate e l’inverno, che corrispondono a

sei mesi di dì e sei mesi di notte. Quando al polo nord è estate, al polo sud è

inverno e, a causa dell’inclinazione dell’asse terrestre, la luce del sole non

arriva. Per questo motivo, quando è estate in uno dei due poli, si parla di “sole

di mezzanotte”, perché i raggi del sole arrivano per tutta la durata del giorno.

Il fenomeno dura invece per un minor lasso di tempo man mano che ci si sposta

verso i due circoli polari.

All’equatore la notte e il dì hanno la stessa durata durante tutto l’anno.

Poichè il fenomeno della notte è dovuto alla rotazione assiale dei corpi celesti e

avendo ogni corpo ha una propria velocità di rotazione, la durata della notte

varia da pianeta a pianeta. Diversa è anche l’atmosfera di ogni corpo celeste.

Esistono pianeti e satelliti praticamente privi di atmosfera, dove è netta e

visibile la linea di demarcazione tra notte e dì.

In alcune lingue, fra cui quella francese e quella italiana, si è soliti definire la

prima parte della notte, quella antecedente la mezzanotte, con un termine

specifico, e cioè “sera”.

EFFETTI SULLA VITA

La notte influisce sugli esseri viventi. Le piante per esempio di notte non sono

in grado di compiere la fotosintesi clorofilliana, mentre la maggior parte degli

animali utilizza la notte per riposare. Gli animali notturni, come ad esempio i

pipistrelli, hanno invece il loro periodo di veglia durante la notte e sono attivi

dopo il tramonto e prima dell’alba.

Fino all’invenzione e allo sviluppo della corrente elettrica e dell’illuminazione

artificiale la notte era per l’uomo considerata esclusivamente un periodo di

riposo. Successivamente invece l’attività notturna è cresciuta, con un impatto

significativo sull’economia.

Oggi le metropoli di notte sono illuminate come se fosse giorno e le molte

attività esistenti, come nightclub, pub, discoteche hanno trasformato la notte da

momento di esclusivo riposo a possibile momento di svago.

FISICA

LA CORRENTE ELETTRICA

*

PRIMA E SECONDA LEGGE DI OHM

Più di 2000 anni fa i Greci rilevarono una particolare proprietà dell’ambra che,

se strofinata con un panno di lana, era in grado di attirare pezzetti di carta, fili di

stoffa e pagliuzze leggere. Dal nome greco dell’ambra, elektron, questo

fenomeno fu definito elettrizzazione e dall’ambra deriva la parola elettricità.

L’elettricità è una proprietà fondamentale di tutti i corpi, in quanto è una forza

naturale presente negli atomi della materia. Gli atomi, infatti, elettricamente

neutri, sono comunque costituiti di particelle dotate di carica elettrica: i protoni,

positivi, localizzati nel nucleo insieme ai neutroni, neutri, e gli elettroni,

negativi, in orbita intorno al nucleo. Normalmente ogni atomo contiene un

numero uguale di protoni e di elettroni; ogni qualvolta viene meno questo

equilibrio, cioè quando gli atomi perdono o acquistano elettroni, la forza da essi

esercitata di attrazione verso cariche di segno opposto o di repulsione verso

cariche dello stesso segno, genera fenomeni elettrici.

Lo spazio entro cui una carica elettrica esercita la sua azione è detto campo

elettrico e le direzioni lungo le quali viene esercitata questa forza sono dette

linee di forza.

In alcuni materiali, in particolare i metalli, gli elettroni sono detti liberi o

vaganti per la loro capacità di staccarsi facilmente dal loro atomo e spostarsi in

un altro atomo. Tali materiali sono detti conduttori a differenza di altri, definiti

isolanti, la cui struttura impedisce questo movimento.

Il flusso delle cariche elettriche in un conduttore, cioè lo spostamento di un

elettrone da un atomo all’altro , è appunto la corrente elettrica.

Questo movimento non è spontaneo, ma è l’effetto di una forza applicata

dall’esterno. La forza esterna che determina lo spostamento degli elettroni è

detta forza elettromotrice, o anche tensione o differenza di potenziale.

Esistono macchine capaci di provocare questo movimento, i cosiddetti

generatori di tensione.

L’unità di misura della forza elettromotrice è il volt, dal nome del fisico italiano

Alessandro Volta che, nel 1800, costruì il primo generatore di tensione: la pila.

La pila realizzata da Volta consisteva in una sovrapposizione di dischetti di

zinco e rame immersi in un elettrolita (una soluzione di acido solforico diluito).

L’elettrolita, infatti, ha la proprietà di sottrarre cariche allo zinco per cederle al

rame, così che al polo collegato al primo disco di rame si trovano concentrate le

cariche positive (polo +), mentre al lato opposto, in corrispondenza con l’ultimo

disco di zinco, si concentrano le cariche negative (polo -). Collegando quindi la

pila ad un conduttore ottenne il flusso di corrente.

Ogni generatore, quindi, presenta un polo positivo con una mancanza di

elettroni e un polo negativo con un eccesso di elettroni. La differenza di

potenziale che esiste fra i due poli del generatore è appunto la forza

elettromotrice. Infatti se si collegano i poli del generatore con un filo metallico,

gli elettroni in eccesso al polo negativo scorreranno verso il polo positivo per

equilibrare la differenza di potenziale fra i due poli.

Per meglio spiegare il concetto di forza elettromotrice, si può ricorrere per

analogia all’esempio del circuito idraulico.

Consideriamo una cisterna d’acqua situata ad una certa altezza dal suolo,

collegata per mezzo di un tubo ad una bacino di raccoglimento posto più in

basso . L’acqua scorrerà nel tubo ad una certa velocità e in una certa quantità

in un’unità di tempo. Se aumentiamo l’altezza della cisterna, maggiori saranno

la velocità dell’acqua e la quantità. L’acqua in caduta produce energia, quindi

aumentando l’altezza, aumenta anche l’energia sviluppata dalla caduta.

Come nel paragone idraulico, anche nel circuito elettrico maggiore è la

differenza di potenziale fra i due poli, cioè la forza elettromotrice, tanto

maggiore sarà la corrente che scorre lungo il conduttore e quindi anche

l’energia che è in grado di produrre. I generatori, attraverso processi interni di

natura chimica o meccanica, sono in grado di mantenere la differenza di

potenziale agli estremi di un conduttore così che il flusso della corrente non si

arresta.

Se tagliamo il filo conduttore e colleghiamo alle due estremità, ad esempio, una

lampadina, la corrente scorrerà anche dentro di essa provocando l’effetto

luminoso; questo componente del circuito in cui la corrente spende la sua

energia si chiama resistore o carico. Se al circuito viene applicato anche un

interruttore, si potrà ottenere di interrompere o riattivare il flusso di corrente e

quindi di accendere o spegnere la lampadina.

La quantità di cariche elettriche che attraversano un conduttore in un certo

tempo è detta intensità della corrente e si indica con “ I “. L’unità di misura

dell’intensità della corrente è l’ampere, dal nome del matematico francese

Andrè Marie Ampère, e si indica con “A”.

Ha intensità di 1 ampere quella corrente in cui la carica elettrica di 1 coulomb

attraversa la sezione di un conduttore in 1 secondo:

1A = 1C / 1s

Lo strumento per misurare l’intensità della corrente è l’amperometro.

Il movimento degli elettroni dentro un conduttore non è così facile come

potrebbe sembrare, perché essi circolando vanno ad urtare contro le altre

particelle ci cui è costituito, che ne rallentano il cammino, ostacolando quindi

anche il passaggio della corrente. Questa proprietà che manifestano i corpi di

ostacolare il passaggio della corrente è detta resistenza. Da ciò ne consegue che

in presenza di una certa differenza di potenziale, la corrente non scorre con la

stessa intensità in tutti i conduttori, ma varia a seconda della resistenza che

presenta il mezzo in cui scorre.

La resistenza si indica con “R” e per essa è stata stabilita come unità di misura

l’ohm (Ω), dal nome del fisico tedesco Georg Simon Ohm, che studiò i principi

che regolano l’intensità della corrente e la resistenza dei corpi.

Si dice che un conduttore ha resistenza di 1 ohm, se sottoposto alla tensione di

1 volt è percorso da una corrente di 1 ampere:

1Ω = 1V / 1A

Per i conduttori metallici e le soluzioni acquose di elettroliti, Ohm ricavò

sperimentalmente due leggi.

La prima Legge di Ohm esprime che in un circuito elettrico, a temperatura

costante, l’intensità I della corrente è direttamente proporzionale alla tensione V

applicata, mentre si dimostra inversamente proporzionale alla resistenza

incontrata: I = V / R

da cui la formula derivata

R = V / I

oppure ancora

V = I ∙ R

Questo significa che in presenza di una data differenza di potenziale, quanto più

R è grande, tanto minore è la corrente che attraversa il conduttore e quindi per

ottenere una data corrente in conduttori con resistenze maggiori dovremo

applicare differenze di potenziale maggiori.

La seconda Legge di Ohm stabilisce che, a parità di materiale, se si fanno

variare la lunghezza “L” e la sezione “S” del conduttore, la resistenza “R” del

conduttore è direttamente proporzionale alla sua lunghezza e inversamente

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