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Parlando di Natura particolarmente rilevante è la concezione del poeta italiano

Giacomo Leopardi (1798 – 1937). Nella prima fase del suo pensiero, che va

pessimismo storico,

sotto il nome di il Leopardi concepisce la Natura come

madre benigna e provvidenziale poiché è attenta al bene delle sue creature, è

conscia dell’infelicità dell’uomo e pertanto offre un rimedio: l’immaginazione e

l’illusione. Per tale ragione, gli uomini primitivi, più vicini alla Natura, erano

felici; il progresso della civiltà ha allontanato l’uomo da quella condizione

privilegiata. La colpa dell’infelicità presente è dunque attribuita alla storia,

poiché essa si è rivelata un progressivo sottrarsi degli uomini alle leggi della

Natura, pietosa e amorevole madre. Con l'evoluzione del suo pensiero

filosofico, però, Leopardi, in seguito, dal pessimismo storico approda al

pessimismo cosmico.

cosiddetto Infatti, superato il momento dell’esaltazione

della Natura quale madre benevola, ispiratrice di grandi ideali, di generose

illusioni che nascondevano i limiti dell’esistenza, giunge alla concezione

opposta della Natura matrigna, che nega all’uomo ogni possibile felicità,

coinvolgendolo nel suo moto inesorabile e incomprensibile di trasformazione

della materia. La Ragione, rifiutando poco per volta le “consolazioni” dei miti e 4

della religione e rivelando la nullità di ogni cosa, conduce il poeta verso una

lucida e disincantata disperazione. La persuasione dell’infelicità radicale di tutti

gli esseri viventi fa apparire inutile e vano ogni sforzo volto a migliorare la sorte

degli uomini. Canto notturno di un pastore errante dell’Asia,

Leopardi, nel riprende il tema

della nascita dolorosa e faticosa e del bambino che deve essere consolato per il

fatto stesso di essere nato. Una delle lontane radici del pessimismo leopardiano

può essere ritrovata nel pensiero e nell'opera del poeta latino Lucrezio;

Leopardi, del resto, conosceva bene la letteratura classica. Tra i due si possono

evidenziare delle somiglianze: entrambi denunciano la mortalità del tutto,

irridono il progresso dell’umanità, rilevano la sostanziale infelicità del genere

umano, contrapposta all’apparente serenità degli animali, esaltano la ragione

come unico strumento dato all’uomo per elevarsi in dignità. Per Leopardi la

ragione, oltre ad essere motivo di grandezza è anche causa d’infelicità dal

momento che spinge l’uomo a porsi domande a cui non sa dare risposta. Se

Ginestra,

quindi Leopardi conclude, nella con l’incoraggiare la solidarietà tra gli

uomini per vincere l’ostilità della natura, Lucrezio invece vuole insegnare

all’uomo a non averne paura e a non ribellarsi ad essa.

“Natura. Tu mostri non aver posto mente che la vita di quest'universo è un

perpetuo circuito di produzione e distruzione, collegate ambedue tra sé di

maniera, che ciascheduna serve continuamente all'altra, ed alla conservazione

del mondo; il quale sempre che cessasse o l'una o l'altra di loro, verrebbe

parimente in dissoluzione. Per tanto risulterebbe in suo danno se fosse in lui

cosa alcuna libera da patimento”.

“ Natura. Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? Ora

sappi che nelle fatture, negli ordini e nelle operazioni mie, trattone pochissime,

sempre ebbi ed ho l'intenzione a tutt'altro che alla felicità degli uomini o

all'infelicità. Quando io vi offendo in qualunque modo e con qual si sia mezzo,

io non me n'avveggo, se non rarissime volte: come, ordinariamente, se io vi

diletto o vi benefico, io non lo so; e non ho fatto, come credete voi, quelle tali

cose, o non fo quelle tali azioni, per dilettarvi o giovarvi. E finalmente, se anche

mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei”.

(Operette morali, Islandese”)

“Dialogo della Natura e di un

L’idea pessimistica di Leopardi della natura non fu condivisa dal poeta inglese

William Wordsworth (1770 – 1850). Leopardi ci insegna come siamo deboli

di fronte alla natura tiranna, Wordsworth invece come siamo uguali rispetto alla

natura benefica.

La capacità di Wordsworth di trarre ispirazione dagli oggetti e dalla vita di ogni

giorno lo conduce ad una sorta di mistica credenza,secondo cui l’uomo e la

Natura sono differenti ma parte inseparabili dell’intero universo,un totale

progetto creato da Dio. Egli affermava che la Natura, lontana dall’essere un

decorativo sfondo o semplicemente lo specchio di un particolare modo, aveva

una vita propria ed era presente non solo nelle piante e negli animali, ma in

oggetti inanimati, come pietre e montagne. 5

Quindi ,diventava una viva presenza che parlava a tutti quelli che erano capaci

di entrare nella profonda relazione con lei e che erano in grado di capire il suo

linguaggio.

Wordsworth attraverso una fusione con la natura ed una contemplazione della

sua bellezza,fa riscoprire all’uomo l’immagine di Dio e lo rende cosciente della

propria vita interiore. L’uomo e la natura si univano insieme perfettamente

come parti di un grande animo. La natura, infatti, era un’amica e consolatrice

dell’uomo, la sola grande insegnante dalla quale l’uomo poteva imparare virtù

e saggezza attraverso la sua essenza divina. La missione del poeta quindi era

aprire le anime degli uomini alla realtà interiore della natura e alla quiete, e alla

gioia meditativa che può offrirci.

Wordsworth's poetry is usually associated with "nature". He lived near the Lake

District and the natural landscape of this region appealed strongly to his

personality, and he always enjoyed close contact with nature and countryside.

Nature aroused him strong emotions and his poetic composition took place

from the recollection in tranquillity of these emotions. Wordsworth gave great

importance to childhood, too. In his opinion children are closer to their divine

origins as they live in an uncorrupted state.

This idea the poet expressed in an efficacious way in the poem:

Daffodils

Wandered lonely as a cloud

That floats on high o'er vales and

hills,

When all at once I saw a crowd,

A host, of golden daffodils; 6

Beside the lake, beneath the trees,

Fluttering and dancing in the breeze.

Continuous as the stars that shine

And twinkle on the milky way,

They stretched in never-ending line

Along the margin of a bay:

Ten thousand saw I at a glance,

Tossing their heads in sprightly dance.

The waves beside them danced; but they

Out-did the sparkling waves in glee:

A poet could not but be gay,

In such a jocund company:

I gazed--and gazed--but little thought

What wealth the show to me had brought:

For oft, when on my couch I lie

In vacant or in pensive mood,

They flash upon that inward eye

Which is the bliss of solitude;

And then my heart with pleasure fills,

And dances with the daffodils.

The poem was composed in 1804 and was inspired by the sight of a field full of

golden daffodils waving in the wind. The key of the poem is joy, as we can see

from the many words which express pleasure and delight: in fact the daffodils

are golden, waving in a sprightly dance and outdoing the waves in glee: they

provide a jocund company and the sight of them fills the poet’s heart with

pleasure. All nature appears wonderfully alive and happy in fact the cloud floats

on high. The stars shine and twinkle, the waves dance and sparkle in glee. The

daffodils, too, are not static like in a painting, but alive with motion. They are in

fact fluttering and dancing in the breeze, and tossing their heads in sprightly

dance. The sight of the daffodils amazes the poet at first because of their great

number. In fact they are a crowd. Yet Wordsworth is not interested in the

flowers as such, but in the way they affect him. The sight of the flowers brings

the poet delight but he doesn’t realize that at the moment, but only later when

memory brings back the scene. It is clear that the daffodils have a

metaphorical meaning. They may represent the voice of nature, which is a bit

audible except in solitude, the magic moment when our spirit develops a

visionary power and we “return to the metaphoric unity with nature we knew in

childhood. They may represent a living microcosm within the larger macrocosm

of nature.

To sum up, we can consider a Wordsworth’s sentence that is emblematic of his

conception of Nature. In fact, he wrote that Nature is

“The anchor of my purest thoughts, the nurse, the guide, the guardian of my

heart, and soul of all my moral being” 7

(“Tintern Abbey”, lines 108-111)

Also Giovanni Pascoli is linked with Wordsworth by the common light motive

of the childhood.

Childhood becomes a metaphor of the human faculty to see into reality: the

image of the child who is “father of the man” can be found in Wordsworth’s

poetry. The child can grasp the meaning of the universe thanks to intuitive

capacities and the reminiscence of the existence before birth, not yet corrupted

by reason. Se Leopardi e Wordsworth diedero un’interpretazione filosofica

a quelle che erano le manifestazioni naturali, Charles Darwin

(1809-1882) cercò di dare un nuovo volto alla Natura

attraverso una vera e propria rivoluzione scientifica.

Darwin sin da giovane si dedicò alla natura cercando di

scoprire le cause profonde che muovevano il mondo animale.

L’origine della specie (1859)

Nella sua opera fondamentale

pubblicò le sue teorie sull’evoluzione basate sui concetti di

evoluzione biologica, in base alla quale Darwin affermava che

tutte le piante e gli animali viventi discendono da forme precedenti, dotate di

caratteristiche più primitive, e di selezione naturale secondo la quale tale

evoluzione è dovuta al meccanismo della lotta per la sopravvivenza, grazie alla

quale chi è meglio adatto all’ambiente continuerà a vivere e riprodursi. Prima

dell’800 l’evoluzionismo seguiva una concezione fissista basata sulla

invariabilità delle specie vivente, poi subentrò la teoria di Lamarck seconda la

quale l’evoluzione delle specie avviene a causa degli stimoli dell’ambiente. Ma

tutto ciò era ritenuto insoddisfacente dall’inglese, perché non si spiegava in

modo scientifico come tale evoluzione si verificasse. Darwin perciò delineò il

processo della selezione naturale. Soltanto chi si dimostra il migliore riesce a

sopravvivere e a trasmettere la vita alla propria discendenza portando avanti

quella che è la sua specie. In questo modo riuscì a spiegare come le migrazioni

da un habitat all’altro, come i mutamenti dell’ambiente fisico dovuti a fenomeni

geologici, potevano essere all’origine del processo di modificazione delle specie

animali, le quali erano costrette a trasformarsi per adattarsi al nuovo ambiente.

8

Chi invece ebbe un rapporto

diverso con la Natura furono gli

Stati coloniali. Sia che fossero

giapponesi o inglesi, francesi,

italiani o olandesi, spagnoli o

portoghesi l’atteggiamento era

pressoché lo stesso, dato che

tutti avevano i medesimi

obiettivi: ricavare dalle colonie

materie prime a basso costo –

prodotti dell’agricoltura ma soprattutto ricchezze minerarie – e rifornirle di

propri manufatti venduti ai prezzi da loro imposti. Il loro intento era ottenere il

massimo del risultato con il minimo sforzo. Infatti, per i colonizzatori il

vantaggio economico del sistema si reggeva sul fatto che il lavoro dei contadini

e dei minatori veniva malamente o per niente retribuito. I bianchi che si

trasferivano in una colonia non lo facevano affatto per portare i vantaggi della

civiltà alle popolazioni primitive, ma per arricchirsi a spese di queste ultime e

per godere degli enormi privilegi garantiti dall’inuguaglianza: essere una

minoranza protetta dalla legge, in un ambiente in cui qualunque sopruso era

autorizzato.

Fino alla Prima guerra mondiale la maggior parte degli europei aveva creduto,

più o meno in buona fede, nella propria “missione” moderatrice e civilizzatrice

e aveva nutrito un pregiudizio razzista privo di sensi di colpa. La Grande Guerra

aveva inferto un colpo decisivo a questa supremazia intellettuale e morale del

mondo occidentale, poiché aveva incrinato la compattezza del fronte dei

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