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Scienze:
- o Bioetica Quotidiana.
analisi del libro di G. Berlinguer,
Fisica:
- o le Menzogne di Ulisse
Cenni del libro: di P. Odifreddi
PARTE PRIMA:
L’ETIMOLOGIA DELLA PAROLA
"O mito è o nada que è o tudo"
Pessoa
L’ mythos
origine etimologica della parola greca è molto incerta e numerosi
studiosi sono ancora oggi discordanti su quella che potrebbe essere una sua
probabile derivazione. Tuttavia, l'orientamento prevalente, è quello di far
mythos myo,
derivare il termine dal verbo che vuol dire essere racchiuso, stare
chiuso in se stesso.
Questa possibile etimologia fornisce indicazioni importanti anche per
mythos,
quanto riguarda il valore della parola in quanto il significato di questo
vocabolo, fino al V secolo, coinciderà, con quello del termine che,
lògos.
successivamente, verrà usato come opposto ad esso: il mythos
Da Omero fino, all'incirca, a Platone e a Tucidide, è l'equivalente
parola discorso; consiglio,
di o viene anche usato come sinonimo di
ammonimento ordine,
e in qualche caso anche di indipendentemente dal
contenuto di verità o falsità di questo
discorso. Esiste, in un certo senso una
qualche coincidenza di significato o, più
semplicemente, un’indistinguibilità di
mythos lògos,
significati fra e nel senso che
entrambi alludono a discorsi in senso
generico, senza alcuna precisazione circa il
loro contenuto di verità o falsità.
Solamente nel IV secolo, con la nascita
di nuovi generi letterari, quali la storiografia
e la filosofia, si avrà una netta distinzione
mythos
tra il concetto relativo al e quello
logos.
relativo al
9
PARTE SECONDA:
IL MITHOS NEL MONDO GRECO
“Il mito è il nulla che è il tutto. Lo stesso sole che apre i cieli
è un mito brillante e muto il corpo morto di Dio vivente e nudo.
Questi, che qui approdò fu per non essere esistendo senza esistere ci
bastò.
Per non esser venuto fu venendo e ci creò.
Così la leggenda scorre penetrando nella realtà e fecondandola
trascorre.
In basso, la vita, metà di nulla, muore.”
Pessoa
L’ indagine teorica sulla natura del mito ha prodotto numerose ipotesi: esso
veniva interpretato come metafora dei fenomeni naturali, come
trasposizione fantastica di eventi storici o socio–culturali, come risposta
dell’immaginazione alla problematicità del reale, o come struttura del
linguaggio religioso, come manifestazione di un accadere psichico che
coinvolge l’esperienza collettiva o come riflesso di immagini e simboli radicati
nelle profondità dell’inconscio. Il mito diviene forma simbolica del pensiero, che
mediante il racconto di un evento e la rappresentazione dei suoi protagonisti
organizza per analogia la riflessione sull’esistenza e sull’esperienza dell’uomo.
Questa è la concezione di mito che si era
delineata nella società greca. Infatti, già in Omero
parola,
esso prende il significato di e si oppone al
atto,
termine , in una polarità che determina le
due funzioni essenziali dell’operare umano. Sempre
mythos
nei poemi omerici assume anche il valore di
discorso, narrazione,
o senza comportare, però,
distinzione tra vero e falso.
9
Ma in origine il mito è la parola “detta”, che nel profondo pozzo del
passato tramanda una storia da una generazione all’altra; e poiché per la
mente greca l’antichità è la garanzia più forte di una tradizione, il mito esprime
l’autenticità dei fatti così come sono volta per volta narrati. Dalla sua originaria
natura orale dipende una proprietà forte del racconto mitico: “nasce” ogni volta
che viene narrato o rappresentato sulla scena, o raffigurato per mezzo di
immagini, perché nell’immediatezza dell’esposizione risiede la sua prerogativa
fondamentale.
Materia del mito sono eventi accaduti in un’epoca remotissima, allorché
l’uomo muoveva i primi passi verso la consapevolezza del suo esistere, quando
era normale che gli dei parlassero con i mortali.
Il racconto epico soprattutto in Omero, permette di comprendere la
caratteristica fondamentale su cui deve basarsi l’elaborazione artistica del
mito: esso deve essere un’esposizione che si radica nella memoria collettiva
nonché deve essere provvista di un significato che impegna la partecipazione
intellettuale ed emozionale del pubblico; deve essere sostenuta da limpidezza
pathos
e armonia, precisione e intensità, energia di e di pensiero. Il mito offre il
territorio privilegiato per un complementare equilibrio fra il contenuto narrativo
e la sua forma; e grazie a questo rapporto è possibile recuperare il medesimo
soggetto in una serie di versioni, che sviluppano le potenziali articolazioni della
vicenda, lo aprono a nuove interpretazioni, e gli
conferiscono i valori d’arte a cui i singoli autori danno
l’impronta della propria personalità.
L’elaborazione artistica del mito nasce come
conseguenza della sua originaria natura di “parola”, e
dunque si sviluppa all’interno del sistema della
letteratura, con un’applicazione eclettica che ne
coinvolge tutti i generi (epica, lirica monodica e corale,
tragedia e commedia), evitando ogni riduttiva
specializzazione.
In Omero, inoltre, si può notare un processo di
singolare assimilazione fra poesia e arte figurata. All’inizio
del canto III si racconta come la messaggera divina Iris, incaricata di condurre
Elena sulle mura di Troia, la trovi intenta a tessere una grande tela di porpora
sulla quale sono raffigurate le gesta degli Achei e dei Troiani che combattono
per causa sua (vv. 125-128).
I commentatori antichi rilevano la portata autoreferenziale del passo, e il
significato che vi è sottinteso: “Il poeta ha inventato un modello perfetto della
propria poesia”. Il lavoro di Elena rappresenta il medesimo soggetto dell’Iliade
e di conseguenza Omero identifica nella tela l’immagine simbolica della propria
poesia.
Al pari della tela anche Elena è materiale mitico, di cui la parola poetica
ha definitivamente sancito l’annessione al dominio della letteratura.
Anche la tragedia greca sviluppa il tema del mito, ma lo fa dal punto di
mythos
vista della comunicazione, sviluppando mezzi del tutto nuovi: il si fonde
quindi con l'azione, cioè con la rappresentazione diretta (δρᾶμα, dramma,
deriva da δρὰω, agire), in cui il pubblico vede con i propri occhi i personaggi
che compaiono come entità distinte che agiscono autonomamente sulla scena,
provvisti ciascuno di una propria dimensione psicologica.
9
PARTE TERZA:
ELENA: TRA MITO E TRAGEDIA
“Tuo padre Elena è Zeus,
dall’alto è sceso nel grembo di Leda,
sei sua figlia. Ma il tuo nome
suona vergogna, tradimento, in Grecia
infedeltà, sacrilegio. Tra gli uomini
l’evidenza, per me, si offusca: ma il verbo
divino – da tempo lo so – è verità.”
Euripide
L
a figura di Elena è una figura poliedrica, che nel corso del tempo ha
cambiato più volte la sua natura, come d’altronde sono cambiate le
interpretazioni che numerosi autori hanno dato di lei.
Più nota è indubbiamente l’Elena donna, mitica di derivazione indoeuropea,
adultera e sensuale, responsabile della guerra di Troia. Così ce la tramanda
Odissea,
l’ s: una figura moralmente negativa che però nel IV libro dell’ viene
riscattata dal poeta, che lascia vago sullo sfondo il ricordo degli errori passati,
presentandola invece inopinatamente, non solo bella, ma saggia, signora,
regale nel suo palazzo, ma soprattutto umana.
Il suo rapimento non è presentato da Omero come qualcosa di forzato, la
donna, infatti, appare quasi consenziente; tuttavia
la palese ammissione della sua partecipazione
non implica forzatamente lucida volontà, ma
potrebbe essere la conseguenza di un
accecamento sia di tipo amoroso, sia derivato
dalla volontà degli dei.
Il mito di Elena è però presente anche
l’Iliade.
nell’altro poema omerico, Nel III libro, si
9
vede Elena come rappresentante della bellezza e della morte, donna capace di
suscitare contemporaneamente ammirazione ed odio, che avanza regalmente
sulle mura di Ilio tra gli sguardi affascinati e sgomenti degli anziani, che
mostrano nei suoi confronti pietà e rispetto: sentimenti dovuti al fatto che,
sovente, è sottolineata dall’autore l’assoluta passività () della donna
nei confronti della volontà degli dei. Encomio
Tale presupposto è il fondamento della difesa di Gorgia nel suo
di Elena, nel quale il filosofo evidenzia come l’adesione della donna al
rapimento da parte di Paride è da attribuirsi esclusivamente a una forza
superiore. La cosa più bella
Nella lirica “ ” di Saffo vi è una nuova lettura del mito.
Infatti, la sua scelta di valori è illustrata attraverso il paradigma mitico di Elena,
che travolta nell’amore di Cipride abbandona il marito per seguirlo. In nome del
riconoscimento della passione amorosa, sentita arcaicamente come forza resa
attiva e irresistibile da una divinità, Saffo, rovesciando tutta una tradizione
ostile alla figlia di Tindaro, sceglie proprio Elena come modello di vita: Elena
<<
fu prediletta di Afrodite, che ispirandole l’amore per Paride, la scelse per
Lirici Greci,
dimostrare la propria potenza (cfr. a cura di Degani –
>>.
Burzacchini, Firenze 1977 pag. 133).
Nella letteratura latina la figura di Elena appare ridimensionata, anche
Bellum Pedicum”
perché viene vista dalla prospettiva dei vinti: nel “ di Nevio e
nell”Eneide” di Virgilio.
L’interpretazione della figura di Elena in questo periodo risente della
restauratio Augustea, poiché viene contrapposta la donna adulta, senza
scrupoli, alla matrona romana fedele, Penelope.
Anche Euripide ci presenta il mito di Elena: egli, però, opera un processo
di demistificazione dell’epopea eroica e tragica che prelude alle poetiche del
dramma moderno che fanno capo ad autori come Pirandello e alla sua lucida
teorizzazione del saggio sull’umorismo.
Il prologo della tragedia euripidea è un monologo recitato da Elena fino al
verso 67: ella informa il pubblico di sé e del luogo, l’Egitto, in cui vive da
quando Paride la rapì e poi la smarrì senza rendersene conto poiché Ermes, per
Però c’è una diceria, che Zeus volò da mia
ordine di Eva, gliel’aveva sottratta per poi portarla in terra egizia, mentre la
madre Leda avendo preso l’aspetto di un
dea eveva illuso Paride con un simulacro d’aria identico ad Elena; ora la vera
cigno, che realizzò perfettamente
Elena soffre, innocente per i lutti che un inganno ha arrecato e per le ingiuste
l’ingannevole complesso sfuggendo
dicerie sul suo conto. Ma lei ama sempre ed aspetta Menelao, al quale dovrà
all’inseguimento dell’aquila, se questo mito
è veritiero.
essere restituita secondo il volere del giusto re Proteo. Ella si rammarica,
Elena fui chiamata: “Vorrei narrare i mali
inoltre, dei danni che proprio la sua bellezza ha provocato a sé e agli altri.
che abbiamo patito. Giunsero tre dee per la
bellezza nella stalla di Paride, l’Ideo, Era,
Cipride e la Vergine nata da Zeus, volendo
che si definisse il giudizio. Cipride,
promettendo ad Alessandro che avrebbe
sposato la mia bellezza, se bella è la
sventura, vinse. Dopo aver lasciato le stalle
Paride l’Ideo, giunse a Sparta, sperando nel
mio letto. Era, adirata per il fatto di non aver
vinto le altre dee, trasformò in vento le mie
nozze con Alessandro, non diede me, ma
dopo averlo reso simile a me un’immagine
fatta di aria, dotata di respiro al figlio del re
Priamo, che crede di avermi, vana illusione,
non avendomi. Inoltre le decisioni di Giove
concorsero con questi male, la guerra infatti
9 recò alla terra dei greci e dei Frigi, infelice.
Per alleggerire la madre terra dalla
numerosa massa di mortali, e rendere noto
il più possente fra i Greci.
Elena, Prologo vv. 17 -
PARTE QUARTA: 41
IL MITHOS NEL MONDO LATINO
“Sono diversi i fattori che ci permettono
di assaporare l’intreccio tra mito e storia.
La poesia è altra cosa,
si nutre sì dei suoi miti, ma tende a distruggerli”.
Pavese
R oma, come la Grecia, diventa con il passare del tempo, il luogo dove il mito
si radica più in profondità e diventa parte integrante della sua cultura.
Questo processo si può notare già dal fatto che ogni divinità greche trova