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Sintesi

Introduzione Tempo nel tempo - tra pensiero e realtà tesina



Il lavoro svolto per la presente tesina di maturità parte dalle sensazioni. Sensazioni intese tuttavia non prettamente dal punto di vista fisiologico, ovvero come modificazioni del sistema neurologico causate dal contatto con l'ambiente tramite organi di senso, ma in un’accezione più impressionistica e romantica, legata alle emozioni, modificazioni psicofisiologiche causate da stimoli interni o esterni, naturali o appresi. Il porre particolare attenzione a questo tipo di “emozioni sensibili” è proprio della mia personalità, ed è per questo che ho scelto di basare il lavoro della mia tesina partendo da un elemento capace di scaturire in me, e in chiunque voglia visionare l’elaborato, una tale intensità di sensazioni; non importa poi se esse siano concordi o meno, ciò dipende dall’indole soggettiva, ma mi gratificherebbe sapere che attraverso semplici mezzi sono riuscito a suscitare qualcosa.
Perché dico che sono io a smuovere l’indole di chi prende visione del lavoro? Semplicemente perché, poiché ritengo che la tesina debba essere qualcosa di personale, ho deciso di far partire l’intero progetto da un elemento realizzato da me stesso in un’occasione completamente scollegata dall’esame di maturità e dal mio percorso scolastico. Proprio per lo stampo personale che ho sempre ritenuto dovesse essere proprio della tesina, all’inizio della sua progettazione, ho da subito pensato ad alcuni temi che potessero identificare direttamente me stesso in essa, l’autore nel lavoro. Avrei potuto affrontare tematiche ovvie, come l’acqua, ma così facendo sarebbe venuta a mancare la componente originale del lavoro (chi non si aspetterebbe una tesina sull’acqua da parte di un nuotatore?), oppure il romanticismo europeo, ma ciò non avrebbe avuto il carattere personale su cui credo debba essere basato questa tesina. L’occasione veramente determinante nella mia scelta finale è stata una visita alla mostra della National Geographic intitolata “Women of Vision”. Da quel momento ho iniziato a riflettere su come la potenza espressiva della fotografia potesse far scaturire un discorso complesso ed articolato. Ma quale delle foto della mostra avrei scelto? Tutte avevano ottimi potenziali (considerato anche il fatto che la National Geographic si occupa di divulgazione di temi caldi sia dal punto di vista scientifico e geografico che da quello socio-culturale), ma quale tra le “spose bambine” di Stephanie Sinclair, i “tetti verdi” di Diane Cook o le altre innumerevoli immagini che avevano un’immensa forza espressiva? Nessuna. La scelta finale non è ricaduta su nessuna di quelle fotografie, perfette tecnicamente, impressionanti visivamente. La scelta è stata una mia fotografia, uno scatto realizzato nell’estate del 2013, durante un viaggio turistico con la famiglia. Un fotografo alle prime armi, per quanto appassionato, non può competere con i fotografi professionisti della National Geographic, ma il rendermi conto che uno scatto amatoriale, in larga parte azzardato e sperimentale, sia -4- riuscito tale da destare una serie di emozioni mi ha confortato, e mi ha convinto a proporre questo scatto ad altri occhi.
Ed ecco dunque Piccadilly Circus in una notte estiva, intravista tra i passanti abituali ed i turisti occasionali. Una foto realizzata con tempi di esposizione lunghi, che hanno reso possibile renderla tale. Ciò che mi colpisce ogni volta che riguardo l’immagine sono i due turisti in piedi sul lato sinistro; essi non sono usciti mossi, sfuocati, non sono “scie” come tutti gli altri, perché durante i molti secondi necessari per lo scatto hanno deciso di rimanere fermi, fermi a guardare una cartina, fermi a leggere le informazioni storiche della famosa piazza londinese; hanno deciso di fermarsi un momento piuttosto che seguire la tormentata frenesia che caratterizza la società umana del terzo millennio, hanno deciso di far trascorrere il loro tempo senza essere loro a dover correre dietro ad un orologio. Il “tempo” pertanto. Ecco su cosa verterà la mia tesina di maturità. Un qualcosa di astratto e soggettivo, qualcosa di cui si è soliti dire che “ne abbiamo poco, e ne sprechiamo troppo”, qualcosa che passa e non ritorna. A detta dei fisici, la scansione del tempo in passato, presente e futuro, è imprecisa: il tempo non trascorre, semplicemente il tempo è. Eppure sono sicuro che tutti vivono il tempo come un flusso, non come una stasi. Non ho la pretesa di porre fine ad una discussione iniziata con i paradossi di Zenone nell’antica Grecia, e forse anche prima, e non ancora conclusa definitivamente; ma ho l’intenzione di analizzare questo tema avvincente.

Collegamenti


Tempo nel tempo - tra pensiero e realtà tesina



Filosofia -

Il tempo della vita di Bergson e la disputa con Einstein


Fisica -

La relatività ristretta einsteiniana


Storia dell'arte -

"La persistenza della memoria" di Dalì


Inglese -

Il flusso di coscienza in Joyce


Latino -

L'uso della vita in Seneca

Estratto del documento

INTRODUZIONE

Il lavoro svolto per la presente tesina di maturità parte dalle sensazioni.

Sensazioni intese tuttavia non prettamente dal punto di vista fisiologico, ovvero

come modificazioni del sistema neurologico causate dal contatto con l'ambiente

tramite organi di senso, ma in un’accezione più impressionistica e romantica,

legata alle emozioni, modificazioni psicofisiologiche causate da stimoli interni o

esterni, naturali o appresi. Il porre particolare attenzione a questo tipo di

“emozioni sensibili” è proprio della mia personalità, ed è per questo che ho scelto

di basare il lavoro della mia tesina partendo da un elemento capace di scaturire

in me, e in chiunque voglia visionare l’elaborato, una tale intensità di sensazioni;

non importa poi se esse siano concordi o meno, ciò dipende dall’indole soggettiva,

ma mi gratificherebbe sapere che attraverso semplici mezzi sono riuscito a

suscitare qualcosa.

Perché dico che sono io a smuovere l’indole di chi prende visione del lavoro?

Semplicemente perché, poiché ritengo che la tesina debba essere qualcosa di

personale, ho deciso di far partire l’intero progetto da un elemento realizzato da

me stesso in un’occasione completamente scollegata dall’esame di maturità e dal

mio percorso scolastico.

Proprio per lo stampo personale che ho sempre ritenuto dovesse essere proprio

della tesina, all’inizio della sua progettazione, ho da subito pensato ad alcuni temi

che potessero identificare direttamente me stesso in essa, l’autore nel lavoro.

Avrei potuto affrontare tematiche ovvie, come l’acqua, ma così facendo sarebbe

venuta a mancare la componente originale del lavoro (chi non si aspetterebbe una

tesina sull’acqua da parte di un nuotatore?), oppure il romanticismo europeo, ma

ciò non avrebbe avuto il carattere personale su cui credo debba essere basato

questo lavoro. L’occasione veramente determinante nella mia scelta finale è stata

una visita alla mostra della National Geographic intitolata “Women of Vision”. Da

quel momento ho iniziato a riflettere su come la potenza espressiva della

fotografia potesse far scaturire un discorso complesso ed articolato. Ma quale

delle foto della mostra avrei scelto? Tutte avevano ottimi potenziali (considerato

anche il fatto che la National Geographic si occupa di divulgazione di temi caldi

sia dal punto di vista scientifico e geografico che da quello socio-culturale), ma

quale tra le “spose bambine” di Stephanie Sinclair, i “tetti verdi” di Diane Cook o

le altre innumerevoli immagini che avevano un’immensa forza espressiva?

Nessuna. La scelta finale non è ricaduta su nessuna di quelle fotografie, perfette

tecnicamente, impressionanti visivamente. La scelta è stata una mia fotografia,

uno scatto realizzato nell’estate del 2013, durante un viaggio turistico con la

famiglia. Un fotografo alle prime armi, per quanto appassionato, non può

competere con i fotografi professionisti della National Geographic, ma il rendermi

conto che uno scatto amatoriale, in larga parte azzardato e sperimentale, sia

-3-

riuscito tale da destare una serie di emozioni mi ha confortato, e mi ha convinto a

proporre questo scatto ad altri occhi.

Ed ecco dunque Piccadilly Circus in una notte estiva, intravista tra i passanti

abituali ed i turisti occasionali. Una foto realizzata con tempi di esposizione

lunghi, che hanno reso possibile renderla tale. Ciò che mi colpisce ogni volta che

riguardo l’immagine sono i due turisti in piedi sul lato sinistro; essi non sono

usciti mossi, sfuocati, non sono “scie” come tutti gli altri, perché durante i molti

secondi necessari per lo scatto hanno deciso di rimanere fermi, fermi a guardare

una cartina, fermi a leggere le informazioni storiche della famosa piazza

londinese; hanno deciso di fermarsi un momento piuttosto che seguire la

tormentata frenesia che caratterizza la società umana del terzo millennio, hanno

deciso di far trascorrere il loro tempo senza essere loro a dover correre dietro ad

un orologio.

Il “tempo” pertanto. Ecco su cosa verterà la mia tesina di maturità. Un qualcosa

di astratto e soggettivo, qualcosa di cui si è soliti dire che “ne abbiamo poco, e ne

sprechiamo troppo”, qualcosa che passa e non ritorna. A detta dei fisici, la

scansione del tempo in passato, presente e futuro, è imprecisa: il tempo non

trascorre, semplicemente il tempo è. Eppure sono sicuro che tutti vivono il tempo

come un flusso, non come una stasi.

Non ho la pretesa di porre fine ad una discussione iniziata con i paradossi di

Zenone nell’antica Grecia, e forse anche prima, e non ancora conclusa

definitivamente; ma ho l’intenzione di analizzare questo tema avvincente.

Buona lettura -4-

“Il tempo è... una finestra aperta verso l’infinito.”

Le immagini hanno un forte impatto emotivo e la duttilità mentale caratteristica

della psiche umana è in grado di associare ad ogni immagine dei concetti astratti

e dei significati.

Se agli albori della fotografia il soggetto ritratto era esclusivamente un’immagine

reale e del tutto simile a ciò che l’occhio umano percepiva, volta soltanto ad

intenti documentaristici, nel corso della sua evoluzione la fotografia ha assunto

caratteri artistici ed oggi è anche usata, al pari della pittura e della scultura, per

trasmettere messaggi ed ideologie.

I messaggi “nascosti” di una foto percepiti da due osservatori distinti possono

essere diversi, ed è per questo che in genere, nelle mostre, le fotografie sono

spesso affiancate da targhe descrittive o corredate di guida.

La mia fotografia non presenta un messaggio limpido ed immediato, ed è per

questo che mi sento di esplicitarlo: il tempo.

-5-

“Qual è la natura del tempo? Giungerà mai ad una fine?

Possiamo tornare indietro nel tempo? Un giorno forse queste

risposte ci sembreranno ovvie come la Terra che orbita intorno al

Sole, o magari ridicole come una torre di tartarughe. Solo il

tempo, qualunque cosa sia, ce lo dirà.” 1

E seppur si siano susseguiti millenni di studi e ricerche in merito alla domanda

“cos’è il tempo?”, non esiste ancora una definizione univoca e plausibile, e ciò

perché, se anche misurabile matematicamente, esso è estremamente soggettivo e

diverso da individuo ad individuo.

Nel Novecento il tempo è stato oggetto di riflessioni che hanno investito tutta la

cultura ed il pensiero europeo e sono universalmente note ancora oggi.

“L'esperienza ci mette in presenza del divenire, ecco la

realtà essenziale.”

Il filosofo premio Nobel per la letteratura Henri Bergson espose nei suoi scritti la

sua concezione rivoluzionaria del concetto di tempo.

In un contesto storico quale il primo Novecento,

improntato ancora per larga parte da

un’impostazione positivista, egli rifiutò la

concezione tradizionale di tempo per scinderla

in due diverse accezioni, ognuna esplicata da

un proprio campo di interesse e con proprie

caratteristiche. Il concetto utilizzato fino ad

allora per designare il tempo, secondo Bergson,

rimaneva eccessivamente ancorato alla volontà

di classificazione oggettiva della realtà,

imponendo per convenzione una suddivisione

del tempo in intervalli quantificabili uguali e

distinti tra di loro. Ecco dunque la distinzione tra il tempo della scienza e il

tempo della vita operata da Bergson, tesa a riconoscere l’utilità del tempo

operato dalla fisica meccanica ma al contempo sottolineare come tale concezione

non possa rispecchiare la realtà come vissuta dall’uomo.

 Il tempo della scienza è omogeneo e reversibile, quantitativo e calcolabile, e

si limita a riprodurre il ripetersi nel tempo di un termine identico fissato

Dal film “La teoria del tutto” di James Marsh. 2014. Gran Bretagna. Universal Pictures.

1 -6-

convenzionalmente. Tale concezione, secondo Bergson, finisce per

spazializzare il tempo e “proiettando la durata nell’estensione, la successione

di momenti prende forma di una linea continua”.

 Il tempo della vita riguarda una molteplicità qualitativa (in quanto i diversi

istanti che caratterizzano la nostra vita si diversificano tra loro anche

qualitativamente) ed è determinata dalla compenetrazione e dalla fusione di

diversi momenti irripetibili. Proprio queste caratteristiche dei singoli

momenti vissuti dalla nostra psiche determinano la non reversibilità del

tempo della vita, per cui ogni ricerca del tempo perduto è destinata a fallire.

Il secondo punto della divisione bergsoniana, essendo definito come qualcosa di

concreto ed interiore, viene chiamato dal filosofo durata e risulta conoscibile (o

meglio vivibile, in quanto gli istanti del tempo della vita non possono essere

misurati) dalla coscienza.

Il filosofo francese infatti, contrapponendosi alla visione positivistica (ma in fondo

anche kantiana) che assimilava il tempo allo spazio, considerava la temporalità

dal punto di vista psicologico, ed esprimeva questa sua concezione tramite

l’esempio delle lancette dell’orologio:

“…quando seguo con gli occhi sul quadrante di un orologio il

movimento delle lancette…non misuro una durata, come pare si

creda, mi limito a contare delle simultaneità, il che è molto

diverso. Al di fuori di me, nello spazio, vi è un’unica posizione

della lancetta...in quanto non resta nulla delle posizioni passate.

Dentro di me, si svolge un processo d’organizzazione o di mutua

compenetrazione dei fatti di coscienza, che costituisce la vera

durata...” 2

Per Bergson dunque, noi contiamo delle

simultaneità, ponendole una dopo l’altra, e spetta

poi alla coscienza collegare questi momenti facendo

sorgere il concetto di tempo. Ciò significa che senza

la coscienza, non c’è alcun tempo.

Dal brano del Saggio sui dati immediati della

coscienza, relativo all’esempio dell’orologio, si

evincono alcune riflessioni: mentre l’interpretazione

del tempo fornitaci dalla scienza è una creazione

astratta dell’uomo, una mera convenzione che ha

Henri Bergson. “Saggio sui dati immediati della coscienza”. 1889.

2 -7-

ragion d’essere solo perché risponde ad esigenze pratiche, in quanto conferisce

ordine e stabilità, la durata è il tempo concreto. Nel tempo astratto vi è distinzione

fra presente, passato, futuro e la progressione è regolare e continua. Nella durata,

invece, manca questa distinzione e la progressione è irregolare, cioè ammette

salti, riduzion

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