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Le riletture di un mito: Medea

La storia di Medea ha affascinato da sempre scrittori e artisti e la lista dei rifacimenti e delle

riscritture del mito sarebbe lunghissima; per questo ho voluto concentrarmi solo su alcune

interpretazioni.

Sta andando in scena alla 45° edizione delle rappresentzioni classiche del teatro di Siracusa la

Medea di Euripide con la regia di Krzystof Zanussi e Maria Grazia Ciani è colei che si è occupata

della traduzione del testo. Durante un'intervista lei ha afferma che i classici sono “un’eredità

complessa, a tratti luminosa e trasparente, a tratti oscura e indecifrabile.La traduttrice cita una frase

latino: “timeo Danaos et dona ferentes” per indicare la difficoltà nella traduzione e

nell'interpretazione.

Deriva dalla famosa Iliade, e in senso stretto vuol dire "Temo i Greci anche quando portano

doni".Dice in seguito che in realtà sono gli antichi Greci, a dover temere noi e le nostre congetture,

riscrizioni, e infinite traduzioni modificate non tanto dall’errore materiale e superficiale, quanto dal

fraintendimento profondo.

Cita poi la scrittrice ingleseVirginia Woolf che della lingua e della poetica greca aveva fatto il suo

mito personale e che afferma:

«…leggiamo il greco com’era?… Non sbagliamo a leggere?… Non leggiamo nella poesia greca

non ciò che c’è, ma ciò che ci manca?». E concludeva che è impossibile cogliere la lingua greca nel

suo significato profondo, quindi inutile leggere il greco in traduzione .

Eppure è proprio questa lingua uno dei doni maggiori. Questa lingua che non si può più modificare,

flettere, alterare. Che non reagisce ma costringe alla reazione. Che impone il confronto ma al

confronto si sottrae.”

Per questo le interpretazioni sono tante e nessuna può essere considerata migliore dell'altra.

MEDEA IN APOLLONIO RODIO:ARGONAUTICHE

Dopo Euripide la + importante rielaborazione del mito degli Argonauti e della figura di Medea nella

letteratura greca è costituita dalle Argonautiche, terzo poema epico della storia dopo l'Iliade e

l'Odissea, scritto da Apollonio Rodio, e che può essere considerato l' espressione + rilevante di

questo genere in età ellenistica.

Trama : E' composto da 5836 versi, ed è diviso in 4 libri. Qui la vicenda parte dal momento in cui lo

zio di Giasone Pelia usurpa il regno a Esone, padre di Giasone. Il figlio si presenta per reclamare il

trono e Pelia gli impone di recuperare il Vello d'oro nella Colchide presso il re Eeta. Qui incontra

Medea, nella parte che corrisponde al terzo libro, la giovane fanciulla viene colpita dai dardi di Eros

sotto l'ordine di Era e Atena, affinchè si innamori di Giasone e questo possa conquistare il vello,

cosa che poi lui riesce a fare grazie all'aiuto della donna.

Medea, mentre nella tragedia euripidea è presentata come una maga e barbara, donna istintiva e

passionale, qui è rappresentata come una giovane che affronta per la prima volta il sentimento

dell'amore e il suo animo è diviso da un forte conflitto. In lei vi è il contrasto tra IMEROS cioè

l'amore passionale e AIDOS cioè il pudore, la paura di tradire la famiglia e la patria.

Questo è evidente nel passo delle Argonautiche che abbiamo letto dove viene descritta l'angoscia di

Medea innamorata.

(Testo solo da citare, letto in italiano) :

La scena inizia con la descrizione di paesaggio notturno tranquillo e silenzioso in contrasto con

l'animo agitato di Medea a causa dei sentimenti per Giasone; in questo passaggio in cui viene

ripresa la sintomatologia dell'amore tipica di Saffo. Successivamente arriva ad una angoscia tale da

volersi uccidere ma alla fine è più forte il suo attaccamento alla vita, non a caso il passo si chiude

con l'immagine del sole e della luce. Infine Medea deciderà di scappare con lo straniero,

sottomettendosi al suo IMEROS.

Questo è un monologo interiore che riprende quelli presenti nella Medea di Euripide e che indica

un'innovazione nei confronti del genere epico precedente poiché non viene descritto solo l'agire dei

personaggi ma anche la loro interiorità, introspezione psicologica richiesta dalle esigenza della

letteratura di età ellenistica.

Non è importante il fatto che l'amore sia generato da una causa esterna, cioè dai dardi scagliati da

Eros, ma l'essenziale è che venga descritta la situazione interiore della ragazza.

Giasone invece qui rappresenta l'eroe del dubbio, dell'angoscia, l'antieroe omerico. Infatti i

personaggi dell'Iliade e dell'Odissea seguivano dei valori condivisi del codice eroico. Giasone è un

personaggio statico, privo di quella ferocia vitale che contraddistingueva il mondo omerico, teso all'

isolamento più che all'auto-affermazione, caratterizzato dal vuoto perfino nelle ambizioni di gloria

personale. Non ha alcuna vera motivazione per compiere la sua impresa che sente come un peso,

non ha sicurezza né coraggio e di fronte alla madre piange disperato come abbiamo letto da alcuni

versi del libro 1°. Alla fine ha successo solo grazie alle sue doti di seduttore nei confronti di Medea

e alle frecce scoccate da Eros. Lui desidera solo tornare in patria e di fronte alle difficoltà si sente

impotente: questo comportamento si traduce con la parola greca AMEKANIA cioè impotenza ed

incapacità di agire.

Nel passo che abbiamo letto dal libro 4° gli Argonauti che stanno tornando in patria, si trovano a

navigare senza luna né stelle e non sanno in che direzione andare. Giasone, eroe fallito è impaurito,

piange e chiede aiuto agli dei e solo grazie all'intervento del deus ex machina Apollo trovano un

approdo.

Giasone qui rappresenta l'uomo moderno e gli tutti gli uomini che sono come gli Argonauti devono

affrontare una vita che corrisponde ad un viaggio nell'oscurità.

Tutte le vicende del tradimento di Medea da parte di Giasone, oggetto delle altre versioni del mito,

sono omesse. Tutti gli avvenimenti successivi per la conquista del trono di Iolco sono lasciati

sottintesi come molte parti delle avventure degli Argonauti.

LA MEDEA DI SENECA

Fu rappresentata fra il 61 ed il 62 d.C.

Pur rispettando la trama euripidea, nella sua produzione di coturnatae Seneca non mette al centro

della tragedia, come in Euripide, la realtà psicologica dell'eroina con i suoi dissidi interiori, ma

l'inumana violenza di cui Medea è protagonista e il gusto dell'orrido e del macabro che raggiunge

l'apice con l'infanticidio.

La tragedia presenta l'innovazione tecnica dell'uccisione dei figli da parte della protagonista sulla

scena e davanti agli occhi degli spettatori, (las votrier)contrariamente a quanto si usava nel dramma

antico, in cui i fatti luttuosi, anziché essere rappresentati, venivano narrati da un nunzio.

La Medea di Euripide chiude con un’apoteosi: Medea trionfa sul suo carro alato e raggiungerà

Atene. Invece in Seneca l' ultima battuta è pronunciata da Giasone; questa costituisce una condanna

senza attenuanti dell’eroina, una sorta di antiapoteosi.

Seneca presenta una Medea in cui il furor ha già vinto sulla mens bona, sulla ratio.

In Euripide la tragedia iniziava con la presentazione della protagonista da parte della nutrice e il

racconto da parte sua della saga del vello e l'inizio delle sciagure della sua padrona mostrandola

come una vittima dell'avverso destino che l'aveva travolta. Seneca invece introduce la protagonista

in preda al furor, e chiama a raccolta le divinità degli Inferi e tutte le forze oscure, per chiedere loro

aiuto nei suoi piani di vendetta.

Sia in Euripide che in Seneca il pater è sconfitto perchè privato della discendenza ma mentre la

Medea di Euripide dopo aver ucciso i figli li porta con se sul carro alato, per piangerli e seppellirli,

invece la protagonista di Seneca rifiuta persino il suo essere madre, come se quel ruolo venga

cancellato completamente dall'infanticidio.

Ma diverso è anche l'atteggiamento di Giasone, il marito. Infatti mentre in Euripide Giasone è

convinto delle sue azioni e disprezza Medea supplice (comportamento che sarà ammonito dal coro),

in Seneca invece, l'eroe è in preda all'angoscia e si dichiara costretto a prendere tale decisione, per

amore dei figli. Il coro in questo caso approva la figura di Giasone e vede le sue nuove nozze come

la sua liberazione da Medea, per la quale non prova pietà. Seneca introduce rispetto al testo di

Euripide una significativa variazione nel finale del mito:Medea uccide solo uno dei due figli

inizialmente per uccidere l'altro davanti agli occhi del padre.

VALERIO FLACCO E IL MODELLO GRECO DI APOLLONIO

Valerio Flacco compie una imitazione e rielaborazione (vertere) delle Argonautiche di Apollonio

Rodio. C'è quindi un ritorno all'epica mitologica. (Non più storica come Lucano)

Sono interrotte all'ottavo libro e sono dedicate a Vespasiano che con la sua spedizione ha aperto la

navigazione ai Romani in Britannia come gli Argonauti aprirono la navigazione verso il Mar Nero.

Sottolinea quindi la novità e l'importanza della navigazione come strumento di conoscenza e

civilizzazione. Il modello imitato nello stile è Virgilio poiché nell'età dei Flavi vi è un ritorno

all'ordine e alla classicità.

Tanto nel poema di Apollonio che in quello di Flacco vi è un processo di umanizzazione ed analisi

dei personaggi e in particola modo della protagonista. Inoltre Flacco ha come un grande modello

latino nella Didone virgiliana. Nel libro 7° narra come Medea, accesa d'amore per Giasone ad opera

di Afrodite, che qui assume le sembianze di Circe per avvicinarla, dopo una lunga lotta interiore

decide di aiutarlo. Ma il suo conflitto interiore si consuma in un solo momento diversamente dal

poema greco dove ci sono 3 monologhi.

Questo è il passo: “ in una sola ora spesso decide di promettere al misero le sue arti e poi muta idea

e di nuovo decide altrimenti e proclama che ella non vorrà cedere per sempre ad un così

vergognoso amore.” La sua ragione lotta invana con il suo ZUMOS. Medea si sente in balia della

fiamma d'amore e non sapendo opporvi resistenza pensa di porre fine a ciò con il suicidio; ma le

gioie della vita hanno il sopravvento.

Sulla scia di Apollonio Flacco disegna una Medea non più maga, ma creatura fragile, donna vittima

dell'amore, per il quale è disposta a rinunciare a tutto.

Giasone qui non è più vittima dell'AMEKANIA come in Apollonio ma è un dux consapevole del

suo valore e della sua missione( modelllo :Enea.)Inoltre introduce la figura del fidanzato di Medea

Stirno. (Che richiama Turno). Contro cui Giasone deve combattere.

LE SONGE DE MEDEE

Il sogno di Medea tre étoiles (Medea, Giasone, Creusa) e due bambini: sulla musica contemporanea

di Mauro Lanza la tragedia della maga della Colchide e dell'uccisione dei suoi figli si risolve in un

bagno di sangue raccolto da secchi sospesi sulla scena.

Concentrandosi sulla parte finale della tragedia di Euripide, Angelin Preljocaj, ha scoperto il

"complesso di Medea": quell'inconsapevole pulsione materna a sopprimere i figli che si

interpongono nel legame tra coniugi e amanti; l'unico aspetto del mito- confermato da continui,

raccapriccianti fatti di cronaca- a suo dire veramente universale. P guarda medea dal punto di vista

dell’infanticidio ma come una sorta di opera psicoanalitica. Ecco perché si chiama songe de medee

perché è come il complesso di Edipo. Da un punto di vista psicoanalitico si puo creare il complesso

di medea nel senso che tutte le donne ne soffrono come fosse quello di edipo. E’ qualcosa che

celano nel profondo una sorta di deviazione inconscia nella vita delle donne che è sempre presente

come una specie di tabù e allo stesso tempo come un desiderio inconscio. Ho l’impressione che

tutte le madri abbiano questo tipo di dualità “Sono la madre dei miei figli o la compagna del loro

padre?” Compagna nel senso di amante. Perciò sono travagliate. “Vivo una passione amorosa o

allevo i miei figli?” Credo che tutte le donne che sono madri, che lo ammettano oppure no cerchino

di stabilire cosa sia più importante, cosa sia più ovvio. C’è un forte senso di conflitto tra i 4

personaggi. Maria che rappresenta medea è caratterizzata dalla determinazione, fermezza, forza di

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