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Sintesi

Il rapporto tra uomo e psiche nella Medea di Euripide e nelle Metamorfosi di Apuleio


Questo elaborato è ottimo per chi apprezza in particolar modo la psicologia e vuole approfondire il ruolo dell’amore nella psiche umana. Sarà un bellissimo viaggio tra l’intricato mondo dell’inconscio e dei sentimenti. Sono altresì presenti riferimenti ad altre materie, come richiesto dal CdC, e ho aggiunto anche un saggio a fine capitolo per dimostrare alle vostre insegnanti le vostre capacità di critica.

Ecco a Voi una parte (la prima) dell’elaborato:

Quella di Amore e Psiche è una fiaba senza tempo, metafora dell'eterna lotta tra razionalità e istinto, tra cuore e cervello.
L’autore di questa straordinaria novella è Apuleio, brillante oratore originario di Madaura e cultore della filosofia, vissuto intorno al 125-170 d.C. Occupando una posizione e un ruolo centrali nel celebre romanzo di Apuleio, le Metamorfosi, la storia di Amore e Psiche è dunque l’episodio più famoso dell’opera. La fiaba inizia nel più classico dei modi: un re e una regina avevano tre figlie, la minore delle quali, Psiche, era così bella che Venere ne era invidiosa e nessun uomo osava chiederla in sposa. Un oracolo di Apollo ordina al padre di esporre Psiche su una rupe, dove si unirà in matrimonio a un orribile mostro. La ragazza viene portata sul luogo del supplizio, nell’attesa che si compia il suo destino. Con l'aiuto di Zefiro, Cupido decide di condurre Psiche, della quale si è invaghito, nel suo palazzo dove, imponendo che gli incontri avvengano al buio per non incorrere nelle ire della madre Venere, la fa sua; così per molte notti Eros e Psiche bruciano la loro passione in un amore che mai nessun mortale aveva conosciuto. La fanciulla è prigioniera nel castello del grande dio, legata a questo sentimento che le travolge i sensi. Poi, una notte, lo sposo le preannuncia che le sue sorelle la stanno cercando e la invita quindi a non mostrarsi a loro, perché altrimenti ne verrà una terribile disgrazia. Psiche, la cui famiglia è all’oscuro della sua condizione, lo convince a lasciare che riveda le sorelle. Nonostante le reiterate raccomandazioni del misterioso marito (che le preannuncia anche una gravidanza celeste), la giovane si lascia convincere dalle due donne a spiare l'aspetto del coniuge - cosa che le è severamente proibita -, perché per invidia della sua sorte benevola le hanno insinuato nel cuore il sospetto che si tratti in realtà di un mostro, da uccidere con un rasoio affilato. Dopo il congedo delle sue sorelle, Psiche deve fare affidamento unicamente a sé stessa.
Ecco dunque la scena più famosa di questa novella:
At Psyche relicta sola, nisi quod infestis Furiis agitata sola non est aestu pelagi simile maerendo fluctuat, et quamvis statuto consilio et obstinato animo iam tamen facinori manus admovens adhuc incerta consilii titubat multisque calamitatis suae distrahitur affectibus. Festinat differt, audet trepidat, diffidit irascitur et, quod est ultimum, in eodem corpore odit bestiam, diligit maritum. Vespera tamen iam noctem trahente praecipiti festinatione nefarii sceleris instruit apparatum. Nox aderat et maritus aderat primisque Veneris proeliis velitatus in altum soporem descenderat. Tunc Psyche et corporis et animi alioquin infirma fati tamen saevitia subministrante viribus roboratur, et prolata lucerna et adrepta novacula sexum audacia mutatur. Sed cum primum luminis oblatione tori secreta claruerunt, videt omnium ferarum mitissimam dulcissimamque bestiam, ipsum illum Cupidinem formonsum deum formonse cubantem, cuius aspectu lucernae quoque lumen hilaratum

increbruit et acuminis sacrilegi novaculam paenitebat. At vero Psyche tanto aspectu deterrita et impos animi, marcido pallore defecta tremensque desedit in imos poplites et ferrum quaerit abscondere, sed in suo pectore; quod profecto fecisset, nisi ferrum timore tanti flagitii manibus temerariis delapsum evolasset. Iamque lassa, salute defecta, dum saepius divini vultus intuetur pulchritudinem, recreatur animi.
«Ma Psiche, lasciata sola, non è più sola, ma agitata da minacciose Furie che la squassano a somiglianza del lamentoso flusso del mare. E per quanto avesse già presa quella deliberazione, e fosse già pronta a compierla, è ancora incerta sul da farsi, esita, ed è sbattuta fra i diversi sentimenti della sua sventura. Si affretta, vuol rimandare; è pronta, esita, tentenna, si adira, e infine, nella stessa persona odia la belva e ama il marito. Era già scesa la notte, il marito era sopraggiunto, e dopo aver combattuto le battaglie di Venere era piombato in un sonno profondo. Allora Psiche, debole naturalmente di corpo e di spirito, facendo forza al suo destino crudele, si decide, toglie la lucerna, afferra il rasoio, diventa virilmente audace. Ma non appena, all'apparire del lume, si rischiararono i segreti del talamo, scorge la più mite di tutte le fiere, la belva più dolce, Cupido in persona, il bellissimo dio che dormiva soave, al cui apparire anche il lume della lucerna rallegrato diede una fiammata, e il rasoio dalla lama affilata splendette. Allora Psiche, naturalmente atterrita da una visione così bella, non si poté padroneggiare; tremante, smarrita e pallida come morta, cadde in ginocchio mentre tentava di nascondere il ferro che avrebbe voluto ficcarsi nel cuore, e lo avrebbe fatto se il ferro, come spaventato di un delitto così grande, non le fosse scivolato dalle temerarie mani e non fosse caduto in terra. Stanca, perduta, si sente rinascere a guardare assorta la bellezza di quel volto divino.»
Psiche, estasiata da tale visione e con l'animo preso da curiosità insaziabile, scorge le armi di suo marito posate ai piedi del letto e comincia a toccarle con ammirazione. Toglie fuori della faretra una saetta e mentre con la punta del pollice sfiora la punta aguzza, si punge profondamente a causa di un brusco movimento derivato dalla mano tremante, tanto che piccole gocce di sangue le irrorano la pelle. Così la fanciulla, senza volerlo, incappò in un sentimento ancor più forte nei confronti di Cupido.
Tunc magis magisque cupidine fraglans Cupidinis prona in eum efflictim inhians patulis ac petulantibus saviis festinanter ingestis de somni mensura metuebat. Sed dum bono tanto percita saucia mente fluctuat, lucerna illa, sive perfidia pessima sive invidia noxia sive quod tale corpus contingere et quasi basiare et ipsa gestiebat, evomuit de summa luminis sui stillam ferventis olei

super umerum dei dexterum. Hem audax et temeraria lucerna et amoris vile ministerium, ipsum ignis totius deum aduris, cum te scilicet amator aliquis, ut diutius cupitis etiam nocte potiretur, primus invenerit. Sic inustus exiluit deus visaque detectae fidei colluvie prorsus ex osculis et manibus infelicissimae coniugis tacitus advolavit.
«Allora, vieppiù infiammata del desiderio di Cupido, china su di lui, con le labbra schiuse per baciarlo, gli lancia ripetutamente baci forti e ardenti, e teme di svegliarlo. Ma mentre eccitata da tanto piacere il suo animo piagato delira, quella lucerna, o per infame perfidia, o per malvagia invidia, o perché anch'essa bruciava di toccare e quasi di baciare un tal corpo, schizzò fuori dal lucignolo una stilla d'olio ardente sopra l'omero destro del dio. O audace e temeraria lucerna, vile serva di amore, tu bruci lo stesso dio di tanto fuoco, tu che certo devi essere stata inventata da qualche amante che voleva possedere anche la notte le cose che per tanto tempo ha bramate. Così, bruciato, balzò su il dio, e scoperto il risultato della fede tradita, volò via tacito in un baleno, dalle mani e dai baci dell’infelicissima consorte».
In questa scena la protagonista della fiaba, Psiche, contempla l’abbagliante bellezza del coniuge e si punge inavvertitamente con una sua freccia, moltiplicando così l'amore già grande che prova per lui. In quel momento la lucerna che è oggetto magico e sembra avere un carattere tutto suo nei racconti di Apuleio, lascia cadere sul giovane divino una goccia d'olio bollente, provocandone il risveglio: egli, resosi conto che la sposa ha tradito la sua fiducia, la abbandona liberandosi in volo e invano Psiche cerca di seguirlo. È questo il momento in cui, nella narrazione, si verifica la rottura dell'equilibrio iniziale, causando una perdita per l'eroina. Secondo l’accurata analisi di Vladimir Propp tutti quelli elencati finora sono elementi tipici della fiaba popolare. Psiche, spinta dalla curiositas e dalla sua ingenuità (ha creduto alle malevole parole delle sorelle, dettate dall’invidia), ha rotto il patto di fedeltà e ha perso l’oggetto del suo desiderio.
La vicenda di Psiche si ricollega all'esigenza, propria della cultura misterica, di uno stretto legame tra l'uomo, o meglio la sua parte più nobile, l'anima (non a caso psyché in greco significa proprio «anima») e la divinità. Questo legame arriva al termine di un lungo e impegnativo percorso di purificazione, rappresentato nell’ampio racconto dal superamento di difficili prove. Difatti prima di andarsene, Cupido rivela alla ragazza la verità: Venere, consumata dall’invidia nei confronti di Psiche, gli aveva imposto di dare quest’ultima in moglie al più abietto degli esseri, ma lui stesso se n'era innamorato e l'aveva voluta come sua sposa. Psiche, fuori di sé per il dolore, si vendica delle sorelle: fa credere loro che Cupido le desideri come spose e che Zefiro le trasporterà giù dalla rupe;

in tal modo le due perfide si sfracellano sulle rocce. Notiamo qui come l’impeto derivato dalla sofferenza sia talmente forte da ignorare qualsiasi legame famigliare. Successivamente, Psiche si presenta a Venere, che intanto è alla sua ricerca per vendicarsi. La dea infierisce su di lei maltrattandola; infine, non contenta, le impone alcune prove, che Psiche supera con l'aiuto delle formiche, di una canna palustre e di un'aquila; ma la quarta prova è la più terribile: si tratta di scendere nell'Ade per chiedere a Proserpina un unguento di bellezza per Venere. La giovane vi riesce con l'aiuto di una torre, ma sulla via del ritorno non sa resistere alla curiosità e apre la fiala, come Venere aveva previsto: la fiala di Proserpina non contiene infatti bellezza, ma un sonno infernale. Psiche cade a terra esanime. Tutto sembra perduto, ma Cupido vola da lei e la salva. Subito dopo, per intervento di Giove, ottiene il permesso di sposarla e lei viene resa immortale e dà alla luce una figlia, Voluttà. Il cammino doloroso di Psiche la conduce da una condizione felice ma inconsapevole in cui è amante notturna di Eros, a una infelice ma consapevole. L’amore, come una sorta di peccato originale, conduce l’uomo a soffrire ma è via per la conoscenza di sé e dell’altro. Attraverso l’amore la psiche dell’individuo conosce sé stessa. La conclusione della fiaba significa che l’amore rende l’uomo divino.
Estratto del documento

Istituto d’Istruzione Superiore ‘‘P. Colonna’’ – Galatina

Esami di Stato 2020/21

Il rapporto tra uomo e psiche

nella Medea di Euripide e nelle Metamorfosi di Apuleio

Jacopo Zucchi, Amore e Psiche, 1589. E. Delacroix, La furia di Medea, 1862.

Nicoletta Giannachi

V A

Liceo Classico

Quella di Amore e Psiche è una fiaba senza tempo, metafora dell'eterna lotta tra razionalità e istinto,

tra cuore e cervello.

L’autore di questa straordinaria novella è Apuleio, brillante oratore originario di Madaura e cultore

della filosofia, vissuto intorno al 125-170 d.C. Occupando una posizione e un ruolo centrali nel

è dunque l’episodio più

celebre romanzo di Apuleio, le Metamorfosi, la storia di Amore e Psiche

famoso dell’opera. La fiaba inizia nel più classico dei modi: un re e una regina avevano tre figlie, la

minore delle quali, Psiche, era così bella che Venere ne era invidiosa e nessun uomo osava chiederla

in sposa. Un oracolo di Apollo ordina al padre di esporre Psiche su una rupe, dove si unirà in

viene portata sul luogo del supplizio, nell’attesa che si

matrimonio a un orribile mostro. La ragazza

compia il suo destino. Con l'aiuto di Zefiro, Cupido decide di condurre Psiche, della quale si è

invaghito, nel suo palazzo dove, imponendo che gli incontri avvengano al buio per non incorrere

nelle ire della madre Venere, la fa sua; così per molte notti Eros e Psiche bruciano la loro passione

in un amore che mai nessun mortale aveva conosciuto. La fanciulla è prigioniera nel castello del

grande dio, legata a questo sentimento che le travolge i sensi. Poi, una notte, lo sposo le

preannuncia che le sue sorelle la stanno cercando e la invita quindi a non mostrarsi a loro, perché

Psiche, la cui famiglia è all’oscuro

altrimenti ne verrà una terribile disgrazia. della sua condizione,

lo convince a lasciare che riveda le sorelle. Nonostante le reiterate raccomandazioni del misterioso

marito (che le preannuncia anche una gravidanza celeste), la giovane si lascia convincere dalle due

donne a spiare l'aspetto del coniuge - cosa che le è severamente proibita -, perché per invidia della

sua sorte benevola le hanno insinuato nel cuore il sospetto che si tratti in realtà di un mostro, da

uccidere con un rasoio affilato. Dopo il congedo delle sue sorelle, Psiche deve fare affidamento

unicamente a sé stessa.

Ecco dunque la scena più famosa di questa novella:

At Psyche relicta sola, nisi quod infestis Furiis agitata sola non est aestu pelagi simile maerendo

fluctuat, et quamvis statuto consilio et obstinato animo iam tamen facinori manus admovens adhuc

incerta consilii titubat multisque calamitatis suae distrahitur affectibus. Festinat differt, audet

trepidat, diffidit irascitur et, quod est ultimum, in eodem corpore odit bestiam, diligit maritum.

Vespera tamen iam noctem trahente praecipiti festinatione nefarii sceleris instruit apparatum. Nox

aderat et maritus aderat primisque Veneris proeliis velitatus in altum soporem descenderat. Tunc

Psyche et corporis et animi alioquin infirma fati tamen saevitia subministrante viribus roboratur, et

prolata lucerna et adrepta novacula sexum audacia mutatur. Sed cum primum luminis oblatione tori

secreta claruerunt, videt omnium ferarum mitissimam dulcissimamque bestiam, ipsum illum

Cupidinem formonsum deum formonse cubantem, cuius aspectu lucernae quoque lumen hilaratum

increbruit et acuminis sacrilegi novaculam paenitebat. At vero Psyche tanto aspectu deterrita et

impos animi, marcido pallore defecta tremensque desedit in imos poplites et ferrum quaerit

abscondere, sed in suo pectore; quod profecto fecisset, nisi ferrum timore tanti flagitii manibus

temerariis delapsum evolasset. Iamque lassa, salute defecta, dum saepius divini vultus intuetur

pulchritudinem, recreatur animi.

«Ma Psiche, lasciata sola, non è più sola, ma agitata da minacciose Furie che la squassano a

somiglianza del lamentoso flusso del mare. E per quanto avesse già presa quella deliberazione, e

fosse già pronta a compierla, è ancora incerta sul da farsi, esita, ed è sbattuta fra i diversi sentimenti

della sua sventura. Si affretta, vuol rimandare; è pronta, esita, tentenna, si adira, e infine, nella

stessa persona odia la belva e ama il marito. Era già scesa la notte, il marito era sopraggiunto, e

dopo aver combattuto le battaglie di Venere era piombato in un sonno profondo. Allora Psiche,

debole naturalmente di corpo e di spirito, facendo forza al suo destino crudele, si decide, toglie la

lucerna, afferra il rasoio, diventa virilmente audace. Ma non appena, all'apparire del lume, si

rischiararono i segreti del talamo, scorge la più mite di tutte le fiere, la belva più dolce, Cupido in

persona, il bellissimo dio che dormiva soave, al cui apparire anche il lume della lucerna rallegrato

diede una fiammata, e il rasoio dalla lama affilata splendette. Allora Psiche, naturalmente atterrita

da una visione così bella, non si poté padroneggiare; tremante, smarrita e pallida come morta, cadde

in ginocchio mentre tentava di nascondere il ferro che avrebbe voluto ficcarsi nel cuore, e lo

avrebbe fatto se il ferro, come spaventato di un delitto così grande, non le fosse scivolato dalle

temerarie mani e non fosse caduto in terra. Stanca, perduta, si sente rinascere a guardare assorta la

bellezza di quel volto divino.»

Psiche, estasiata da tale visione e con l'animo preso da curiosità insaziabile, scorge le armi di suo

marito posate ai piedi del letto e comincia a toccarle con ammirazione. Toglie fuori della faretra una

saetta e mentre con la punta del pollice sfiora la punta aguzza, si punge profondamente a causa di

un brusco movimento derivato dalla mano tremante, tanto che piccole gocce di sangue le irrorano la

pelle. Così la fanciulla, senza volerlo, incappò in un sentimento ancor più forte nei confronti di

Cupido.

Tunc magis magisque cupidine fraglans Cupidinis prona in eum efflictim inhians patulis ac

petulantibus saviis festinanter ingestis de somni mensura metuebat. Sed dum bono tanto percita

saucia mente fluctuat, lucerna illa, sive perfidia pessima sive invidia noxia sive quod tale corpus

contingere et quasi basiare et ipsa gestiebat, evomuit de summa luminis sui stillam ferventis olei

super umerum dei dexterum. Hem audax et temeraria lucerna et amoris vile ministerium, ipsum

ignis totius deum aduris, cum te scilicet amator aliquis, ut diutius cupitis etiam nocte potiretur,

primus invenerit. Sic inustus exiluit deus visaque detectae fidei colluvie prorsus ex osculis et

manibus infelicissimae coniugis tacitus advolavit.

«Allora, vieppiù infiammata del desiderio di Cupido, china su di lui, con le labbra schiuse per

baciarlo, gli lancia ripetutamente baci forti e ardenti, e teme di svegliarlo. Ma mentre eccitata da

tanto piacere il suo animo piagato delira, quella lucerna, o per infame perfidia, o per malvagia

invidia, o perché anch'essa bruciava di toccare e quasi di baciare un tal corpo, schizzò fuori dal

lucignolo una stilla d'olio ardente sopra l'omero destro del dio. O audace e temeraria lucerna, vile

serva di amore, tu bruci lo stesso dio di tanto fuoco, tu che certo devi essere stata inventata da

qualche amante che voleva possedere anche la notte le cose che per tanto tempo ha bramate. Così,

bruciato, balzò su il dio, e scoperto il risultato della fede tradita, volò via tacito in un baleno, dalle

mani e dai baci dell’infelicissima consorte». contempla l’abbagliante bellezza del coniuge

In questa scena la protagonista della fiaba, Psiche, e si

punge inavvertitamente con una sua freccia, moltiplicando così l'amore già grande che prova per

lui. In quel momento la lucerna che è oggetto magico e sembra avere un carattere tutto suo nei

racconti di Apuleio, lascia cadere sul giovane divino una goccia d'olio bollente, provocandone il

risveglio: egli, resosi conto che la sposa ha tradito la sua fiducia, la abbandona liberandosi in volo e

invano Psiche cerca di seguirlo. È questo il momento in cui, nella narrazione, si verifica la rottura

Secondo l’accurata analisi di Vladimir

dell'equilibrio iniziale, causando una perdita per l'eroina.

Propp tutti quelli elencati finora sono elementi tipici della fiaba popolare. Psiche, spinta dalla

e dalla sua ingenuità (ha creduto alle malevole parole delle sorelle, dettate dall’invidia),

curiositas

ha rotto il patto di fedeltà e ha perso l’oggetto del suo desiderio.

La vicenda di Psiche si ricollega all'esigenza, propria della cultura misterica, di uno stretto legame

tra l'uomo, o meglio la sua parte più nobile, l'anima (non a caso psyché in greco significa proprio

«anima») e la divinità. Questo legame arriva al termine di un lungo e impegnativo percorso di

racconto

purificazione, rappresentato nell’ampio dal superamento di difficili prove. Difatti prima di

consumata dall’invidia nei confronti di

andarsene, Cupido rivela alla ragazza la verità: Venere,

gli aveva imposto di dare quest’ultima

Psiche, in moglie al più abietto degli esseri, ma lui stesso se

n'era innamorato e l'aveva voluta come sua sposa. Psiche, fuori di sé per il dolore, si vendica delle

sorelle: fa credere loro che Cupido le desideri come spose e che Zefiro le trasporterà giù dalla rupe;

Notiamo qui come l’impeto derivato dalla

in tal modo le due perfide si sfracellano sulle rocce.

sofferenza sia talmente forte da ignorare qualsiasi legame famigliare. Successivamente, Psiche si

presenta a Venere, che intanto è alla sua ricerca per vendicarsi. La dea infierisce su di lei

maltrattandola; infine, non contenta, le impone alcune prove, che Psiche supera con l'aiuto delle

formiche, di una canna palustre e di un'aquila; ma la quarta prova è la più terribile: si tratta di

scendere nell'Ade per chiedere a Proserpina un unguento di bellezza per Venere. La giovane vi

riesce con l'aiuto di una torre, ma sulla via del ritorno non sa resistere alla curiosità e apre la fiala,

come Venere aveva previsto: la fiala di Proserpina non contiene infatti bellezza, ma un sonno

infernale. Psiche cade a terra esanime. Tutto sembra perduto, ma Cupido vola da lei e la salva.

Subito dopo, per intervento di Giove, ottiene il permesso di sposarla e lei viene resa immortale e dà

alla luce una figlia, Voluttà. Il cammino doloroso di Psiche la conduce da una condizione felice ma

inconsapevole in cui è amante notturna di Eros, a una infelice ma consapevole. L’amore, come una

sorta di peccato originale, conduce l’uomo a soffrire ma è via per la conoscenza di sé e dell’altro.

Attraverso l’amore la psiche dell’individuo conosce sé stessa. La conclusione della fiaba significa

che l’amore rende l’uomo divino.

Il contrasto tra ragione e sentimento si evince in Medea, una tragedia di Euripide, andata in scena

per la prima volta ad Atene, alle Grandi Dionisie del 431 a.C. Considerata uno dei capolavori

l’opera è dominata dalla straripante, incontrastata personalità di

dell’illustre poeta tragico greco, Quest’ultimo concepisce la donna

Medea, indubbiamente uno dei più grandi personaggi di Euripide.

della passione esasperata, tant’è che ella esibisce

come emblema un'ampia gamma di stati d'animo

che culminano negli omicidi della giovane sposa di Giasone e dei propri figli: atti caratterizzati sì da

grande ferocia, ma non privi di dubbi e di tentazioni di desistere, talvolta manifestati nell'ambito

L’autore

della stessa scena, in un continuo alternarsi di propositi omicidi e di pentimenti. ci offre

tante e tali sfaccettature del personaggio che Medea può essere vista, di volta in volta, come feroce

e vendicativa assassina, come vittima di pulsioni interne incontrollabili, o anche come moglie così

addolorata per l'abbandono del marito da arrivare a perdere ogni raziocinio. La grandezza della

figura fortemente emotiva sta proprio nell'essere assai complessa, in una continua lotta tra la

razionalità e le passioni. Quella a cui va incontro la protagonista è una passione violenta e feroce

che la dipinge come donna debole e forte allo stesso tempo. Forte perché padrona della sua vita e

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