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Fia ricondotto in parte
Da verace saper, l'onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probità del volgo
Così star suole in piede (vedi pag 208 in poi)
Quale star può quel ch'ha in error la sede. […]
storia della filosofia?
Qual è stato il valore dato nella Anche in questo caso è emblematica
Arthur Schopenhauer,
l’esperienza di filosofo tedesco contemporaneo ad Hegel, ma
che, fondamentalmente, non ha nulla a che fare con il sistema hegeliano, vicino alle filosofie
orientali da cui prende spunto per il disegno della sua filosofia e pessimista, proprio come
Giacomo Leopardi. A differenza di quest’ultimo, però, rivela la causa del male universale
degli uomini nella volontà di vivere e restituisce ben tre vie di uscita (arte, morale e ascesi)
con le quali l’uomo può elevarsi e staccarsi dalla sua condizione latente di sofferenza.
ARTHUR SCHOPENHAUER
« La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia, passando per
l'intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia. »
Breve cenno biografico: 22 febbraio 1788
Nasce a Danzica (allora città libera) il
Heinrich Floris Schopenhauer,
Arthur, figlio di ricco
commerciante appartenente a una delle famiglie più antiche
Johanna Henriette Trosiener
e ben in vista della città, e da ,
donna vivace e salottiera dalle evidenti velleità letterarie. Il
nome è scelto dal padre, uomo colto e illuminato che
intrattiene conoscenze in tutta Europa, in quanto la sua
pronuncia rimane identica in francese come in inglese, ed è
dunque un buon biglietto da visita per il futuro erede di
un'impresa commerciale a carattere internazionale. Nel
Weimar
1805, alla morte del padre, si stabilì a con la madre.
Christoph Martin Wieland e Georg Wilhelm
Qui conobbe
Friedrich Hegel. Contrario ad ogni mondanità, si ritirò in
solitudine per portare a termine gli studi. Con buoni studi
alle spalle, dopo la morte del padre nel 1805, decise di
Gottlob
dedicarsi alla filosofia e frequentò i corsi tenuti da
Ernst Schulze Gottinga Johann Gottlieb Fichte
a e quelli di a
Berlino.
Nei confronti di questi, ma anche di Schelling e di Hegel, Schopenhauer nutrì sempre
disprezzo e avversione, definendo Hegel "Il gran cialtrone". Nel 1809 s'iscrisse alla
facoltà di medicina a Gottinga. Due anni dopo, nel 1811, si trasferì a Berlino per
frequentare i corsi di filosofia. Ingegno molteplice, sempre interessato ai più diversi
aspetti del sapere umano (frequentò corsi di fisica, matematica, chimica, magnetismo,
anatomia, fisiologia, e tanti altri ancora), nel 1813 si laureò a Jena con una tesi “Sulla
quadruplice radice del principio di ragion sufficiente” e, nel 1819, pubblicò la sua opera
mondo come volontà e rappresentazione”
più importante, “Il che ebbe tuttavia
scarsissimo successo tra i suoi contemporanei e che incominciò a ricevere qualche
attenzione solo vent'anni dopo, alla morte di Hegel. Difatti se le aule in cui lui insegnava
erano vuote, quelle di Hegel erano gremite. Infatti anche le successive edizioni del
trattato furono accolte assai sottotono, nonostante fossero giunti, da più parti, persino
riconoscimenti ufficiali, primo fra tutti la vittoria di un concorso indetto dalla Società
libertà del
delle Scienze norvegese, che egli conseguì nel 1839 con un trattato “Sulla
volere umano”. Dopo aver girato in lungo ed in largo l'Europa, e dopo una breve
parentesi da libero docente universitario a Berlino (1820), dal 1833 decise di fermarsi a
Francoforte sul Meno dove visse da solitario borghese, celibe, misogino. La vera
affermazione del pensatore si ebbe solo a partire dal 1851, data della pubblicazione del
e paralipomeni”,
volume “Parerga inizialmente pensato come un completamento della
Mondo,
trattazione più complessa del ma che venne accolto come un'opera a sé stante,
uno scritto forse più facile per stile e approccio e che, come rovescio della medaglia,
ebbe quello di far conoscere al grande pubblico anche le opere precedenti del filosofo.
Fondamentalmente in pieno accordo con i dettami della sua filosofia, manifestò un
sempre più acuto disagio nei confronti dei contatti umani (ciò che gli procurò, in città,
la fama di irriducibile misantropo) e uno scarso interesse, almeno in via ufficiale, per le
vicende politiche dell'epoca quali furono, ad esempio, i moti rivoluzionari del 1848); i
tardi riconoscimenti di critica e pubblico servirono, suppositivamente, ad attenuare i
tratti più intransigenti del carattere del filosofo, ciò che gli procurò negli ultimi anni
della sua esistenza una ristretta ma interessata e fedelissima cerchia di (come egli
stesso amò definirli) devoti "apostoli", tra cui il compositore Wagner. Morì di pleurite
acuta nel 1860. Sulla sua lapide nessuna epigrafe: solo Arthur Schopenhauer.
Il suo pensiero
Nella sua dottrina, Schopenhauer fu influenzato da vari filosofi:
Platone:
1) nella teoria delle "idee", forme eterne dell' Iperuranio;
Kant:
2) Schopenhauer riprende i termini del problema kantiano del rapporto fra le
cose come ci appaiono (fenomeno) e la cosa in sé (noumeno). Il fenomeno, ovvero
le cose come ci appaiono che elaborate dalle forme a priori di spazio e tempo e
(Kant ne aveva identificate 12 invece)
dalla categoria di causalità danno vita alla
scienza, è oggettivo ma non vero, perché offuscato dal 'velo di Maya', ovvero un
velo che impedisce ai sensi di percepire la realtà. La cosa in sé (il noumeno) è, a
volontà di vivere,
differenza di quanto diceva Kant, conoscibile, e consiste nella
presente in ogni cosa dell'universo;
Illuministi:
3) Schopenhauer analizza il mondo da un punto di vista fisiologico, è
critico e rifiuta l'Idealismo. In particolare riprende da Voltaire l'atteggiamento
ironico e demistificatore nei confronti di religioni, credenze popolari e
superstizioni;
Romanticismo: l'irrazionalismo, il dolore, l'importanza
4) riprende alcuni temi:
(catartica) dell'arte e della musica. Richard Wagner, in particolare, modificò la sua
mondo come volontà e rappresentazione”,
concezione dopo aver letto “Il specie nel
L'anello del Nibelungo
testo de (la cessazione della volontà di vivere che
Parsifal Tristano e Isotta.
accompagna il personaggio di Wotan), nel e nel Nel
dramma wagneriano sono presenti la Volontà, il giorno in cui gli amanti non
possono realizzare i loro desideri e la Notte in cui la loro unione si compie,
superamento della Volontà, anche se "l'ascesi erotica" dei due amanti è destinata
a concludersi nella loro tragica fine
Spiritualità indiana: Frederich Mayer;
5) Schopenhauer la conosce attraverso
ammira molto la sapienza orientale, tanto da metterne il sapore nelle proprie
opere: molte espressioni e immagini fanno parte del repertorio indiano (velo di
Maya). E' la filosofia buddhista ad avere grande rilievo in Schopenhauer e
dolore
specialmente per la tematica del il cui superamento è uno degli assi
portanti del pensiero di Siddharta. Ma mentre questi ottimisticamente teorizza
nirvana
come possibile il raggiungimento del Schopenhauer è pessimista e
scettico anche se indica delle vie per attenuare il dolore.
Parsifal
6) Anche il di Wagner ha elementi della filosofia indiana, ma coniugati col
cristianesimo e il paganesimo germanico in maniera molto ambigua.
7) Riprende la teoria del Nirvana, che è un mondo dove l'uomo non desidera, che si
raggiunge attraverso tre momenti:
giustizia, che ci porta a considerare la volontà di vivere come un'istanza
o collettiva e non individuale;
compassione, che ci porta a superare l'eros per amare il prossimo
o condividendone il dolore, simile appunto al nostro;
ascesi, che è uno stato di castità che ci serve per annullare il desiderio e
o raggiungere così il nirvana.
Il punto di partenza della filosofia schopenhaueriana è la distinzione, che riprende da
Kant tra “fenomeno” e “noumeno”, ovvero tra “la cosa così come appare” e “ la cosa in
sé”, modificandola un po’: se, infatti, per Kant il fenomeno era la realtà, unica realtà
accessibile alla mente umana, e il noumeno un concetto limite, inconoscibile per l’uomo
parvenza, illusione e
a causa dei limiti della ragione, per Schopenhauer il fenomeno è
sogno, ovvero ciò che nell’antica sapienza indiana era detto “velo di Maya”, mentre il
quella realtà che si nasconde dietro al fenomeno
noumeno è e che solo il filosofo può
s-croprire (cioè quello che poi si rileverà essere la volontà di vivere). Già dalla prima
orientalistico-metafisica
distinzione, si nota l’ “atmosfera” tipica delle religioni orientali,
gnoseologico-scientifica
contrapposta a quella illuministica di Kant. Il fenomeno di cui
parla Schopenhauer, dunque, non è altro che la rappresentazione che esiste solo dentro
la coscienza. La rappresentazione ha due aspetti essenziali ed inseparabili, la cui
soggetto rappresentato
distinzione costituisce la forma generale della conoscenza: il e
rappresentato. Il soggetto è ciò che tutto conosce senza essere conosciuto da
l’oggetto
alcuno. L’oggetto è ciò che viene conosciuto. Entrambi sono facce di una stessa medaglia,
sono imprescindibili della rappresentazione e nessuno dei due precede o sussiste
sull’altro. Sulle orme del criticismo, Schopenhauer afferma che la nostra mente, o più
esattamente, il nostro sistema nervoso e celebrale, risultino corredati da una serie di
spazio,
forme a prori. Tuttavia a differenza di Kant, Schopenhauer ne individua tre:
tempo e causalità . Quest’ultima è l’unica categoria, sia in quanto tutte le altre sono ad essa
riconducibili, sia in quanto la realtà stessa dell’oggetto si risolve completamente nell’azione
causale su altri oggetti. La causalità assume forme diverse a seconda degli ambiti in cui opera:
FISICA LOGICA MATEMATICA MORALE
Si manifesta come Si manifesta come principio del Si manifesta come principio Si manifesta come
principio del divenire e conoscere, regolando i rapporti dell’essere che regola i rapporti principio dell’agire e
regola i rapporti tra gli tra premesse e conseguenze spazio-temporali e le connessioni regola i nessi tra
oggetti aritmetiche geometriche un’azione e la sua
ragione
Poiché Schopenhauer paragona le forme a prori a vetri sfaccettati, attraverso cui la
visione delle cose si deforma; egli considera la rappresentazione con una fantasmagoria
vita è sogno, tessuto di apparenze,
ingannevole, traendo la conclusione che la cioè un
incantesimo.
un Al di là del sogno e della trapunta arabescata del fenomeno, esiste
però una realtà, quella vera, riguardo alla quale l’uomo, o meglio il filosofo che è
nell’uomo, non può fare a meno di interrogarsi. Infatti, sostiene Schopenhauer, l’uomo è
animale metafisico interrogarsi
un che è portato a stupirsi della propria esistenza e a
sull’essenza ultima della vita. Ciò avviene proporzionalmente alla sua intelligenza.
Schopenhauer presenta la propria filosofia come un integrazione necessaria della
filosofia di Kant. Egli si vanta di aver trovare la via di accesso al noumeno che la
della ragion pura” solo
“Critica aveva escluso. Se fossimo esseri conoscenti,
rappresentanti, non potremmo mai scoprire la cosa in sé, come affermava anche Kant
(non poter conoscere il noumeno rappresenta un limite della ragione per Kant). Ma noi
siamo anche corpo, la realtà delle cose ci concerne, siamo nel mondo come una sua
parte; difatti vogliamo, desideriamo certe cose e certe altre le evitiamo, rifuggiamo il
dolore e ricerchiamo il piacere. Proprio questo ci permette di squarciare il velo del
fenomeno e cogliere la cosa in sé, di s-croprire il velo di Maya e cogliere l’essenza delle
cose. Infatti, ripiegandoci in noi stessi, scopriamo che la radice noumenica del nostro io
volontà:
è la noi siamo volontà di vivere, un impulso irrazionale che ci spinge, malgrado
Il mondo è volontà.
noi stessi, a vivere e ad agire.
L’essenza profonda del nostro io è la brama, la volontà di vivere (Wille zum leben), cioè
un impulso prepotente ed irresistibile che ci spinge a esistere e ad agire. Più che