Sintesi
Nel cosmo alla ricerca della vita extraterrestre



"Se fossimo soli nell'Universo allora l'Universo stesso sarebbe solo un grande spreco di spazio."

Definizioni :

la vita è la condizione propria della materia vivente, che la distingue dalla materia inanimata. Per la biologia la vita è proprietà emergente dell'organismo vivente, non astratta forza vitale come pensavano i vitalisti. Extraterrestre è un aggettivo che indica qualsiasi oggetto di provenienza esterna al pianeta Terra. Può essere riferito a del materiale come ad esempio i meteoriti o a forme di vita estranee alla Terra. La panspermia è una teoria che suggerisce che i semi della vita (in senso ovviamente figurato) siano sparsi per l'Universo, e che la vita sulla Terra sia iniziata con l'arrivo di detti semi e il loro sviluppo. È implicito quindi che ciò possa accadere anche su molti altri pianeti. Per estensione, semi si potrebbero considerare anche semplici molecole organiche.

L'esobiologia (o xenobiologia, astrobiologia) è un campo prevalentemente speculativo della biologia che considera la possibilità della vita extraterrestre e la sua possibile natura. Include anche l'ipotesi di un'origine della vita sulla Terra tramite panspermia

Il paradosso di Fermi è un paradosso che si dice sia stato proposto dal fisico Enrico Fermi nel contesto della probabilità di contattare forme di vita intelligente extraterrestre. il quale suggerisce che se la vita intelligente è comune nell'universo ci dovrebbero essere ovvi segni di essa.

SETI, acronimo di Search for Extra-Terrestrial Intelligence (Ricerca di Intelligenza Extraterrestre), è un programma dedicato alla ricerca della vita intelligente extraterrestre, abbastanza evoluta da poter inviare segnali radio nel cosmo. Il programma si occupa anche di inviare segnali della nostra presenza ad eventuali altre civiltà in grado di captarli

Le radiosorgenti, cioè i corpi celesti che producono una vasta gamma di emissioni radio

Le origini L'origine della vita viene ricondotta alla teoria dell'abiogenesi (dal greco a-bio-genesis, "origini non biologiche"), che studia come la vita sia comparsa e si sia sviluppata sulla Terra e, ipoteticamente, in altri luoghi dell'universo conosciuto, a partire dal big bang (datato 13,7 miliardi di anni fa) fino ai giorni nostri. L'origine della vita sulla Terra è databile entro un periodo compreso tra i 4,4 miliardi di anni fa, quando l'acqua allo stato liquido comparve sulla superficie terrestre, e i 2,7 miliardi di anni fa quando la prima incontrovertibile evidenza della vita è verificata da isotopi stabili e biomarcatori molecolari che mostrano l'attività di fotosintesi.

Esperimenti di Miller Nel 1953 un neolaureato, Stanley Miller, ed il suo professore, Harold Urey, realizzarono un esperimento che provò che molecole organiche si sarebbero potute formare spontaneamente sulla Terra primordiale da precursori inorganici. In quello che è passato alla storia come "esperimento di Miller" si fece uso di una soluzione gassosa altamente riducente, contenente metano, ammoniaca, idrogeno e vapore acqueo, per formare, sotto l'esposizione di una scarica elettrica continua, alcuni monomeri organici di base, come gli amminoacidi.

Ricerca scientifica

Esperimento della NASA per testare la possibilità della vita su Giove, sull'impronta dell'esperimento di Stanley Miller. Delle scariche elettriche vengono generate in una miscela di acetilene e metano a bassissime temperature, ottenendo delle catene polimeriche.

La vita sulla Terra proviene da altri pianeti?

Un nuovo studio rilancia la teoria secondo cui le prime forme di vita potrebbero essere sbarcate sul nostro pianeta a bordo di frammenti rocciosi provenienti da pianeti extrasolari.

All'interno del nostro Sistema Solare ci sono frammenti rocciosi appartenenti ad altri corpi celesti: un certo numero di meteoriti trovati sulla Terra provengono da Marte, altri dalla Luna. Ma secondo il nuovo modello, molti oggetti rocciosi potrebbero provenire anche da altri sistemi solari.

La vita sul nostro pianeta potrebbe aver avuto origine da microrganismi giunti sulla Terra dopo aver viaggiato nello spazio per milioni di anni. Gli scienziati della Princeton University, della University of Arizona e del Centro de Astrobiología (CAB) in Spagna sostengono - in una recente ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Astrobiology - di aver trovato una prova a supporto di questa teoria, detta lito-panspermia. I microrganismi sarebbero stati portati sulla Terra grazie a frammenti di altri pianeti scagliati nello spazio in seguito a eruzioni vulcaniche o collisioni con altri oggetti celesti e poi catturati dalla gravità del nostro sistema planetario.

I ricercatori sono arrivati alla conclusione che è molto probabile che la vita sia stata portata sul nostro pianeta - o viceversa si sia diffusa dalla Terra ad altri pianeti - durante l'"infanzia" del Sistema Solare, quando la Terra e i pianeti extrasolari erano abbastanza vicini da riuscire a scambiarsi materiale solido grazie ai meteoriti.

Lo studio, inoltre, afferma che alcuni di questi oggetti potrebbero aver trasportato forme di vita capaci di "contagiare" pianeti lontani. Microrganismi come le spore batteriche, infatti, avrebbero potuto facilmente sopravvivere al lungo viaggio nello spazio, nonostante gli elevati livelli di radiazione cosmica e ultravioletta. Un fattore importante, osserva Moro-Martin, sono le dimensioni del corpo roccioso: più è grande, maggiore è la possibilità che le forme di vita che ospita possano restarvi annidate il tempo sufficiente per sopravvivere a un viaggio interstellare. Sebbene la maggioranza degli studiosi ritenga che la vita sulla Terra si sia originata proprio sul nostro pianeta, la teoria del trasferimento debole lascia aperta la possibilità che invece i primi microrganismi provenissero da altri pianeti.

Le condizioni di sviluppo della vita:

Distanza dalla stella

La prima condizione riguarda probabilmente la distanza dalla propria stella. Questa non può essere troppo piccola né troppo grande, in relazione all’energia radiante dell’astro, in modo tale che, a prescindere da tutte le altre condizioni, possano realizzarsi fenomeni fotosintetici (radiazione nel visibile) e che la radiazione infrarossa sia tale da consentire la presenza di acqua liquida. Nel sistema solare la fascia della vita è compresa tra le orbite di Venere e di Marte; il fatto che l’acqua in forma liquida non sia presente sui due pianeti extraterrestri della fascia e che non siano presenti fenomeni foto sintetico - simili (su Marte peraltro, ad oggi, non possono essere esclusi con assoluta certezza) è solo dovuto ad altre condizioni concomitanti.

Massa planetaria

Un pianeta in grado di ospitare la vita dovrebbe avere massa e dimensioni non troppo dissimili da quelle della Terra, in modo da avere un’attrazione gravitazionale in grado di trattenere un’atmosfera per lunghi periodi. Spesso si considera la massa marziana come limite inferiore, anche se probabilmente è possibile scendere a valori più bassi come quelli di Ganimede o di Titano o addirittura di Tritone. Il limite superiore è assai difficile da stabilirsi a priori; gli ostacoli presenti con masse troppo grandi (per esempio simili a quella di Giove) riguardano forza di gravità, pressione

sulla superficie, composizione atmosferica e suo spessore, che possono rendere difficoltoso lo sviluppo biotico in superficie.

Presenza di substrato solido

Un substrato solido appare indispensabile per l’affermarsi di forme di vita di tipo terrestre, oltre che per le sue origini (fenomeni di adsorbimento di molecole organiche su cristalli di silice). Ambienti gassosi come quelli caratteristici dei giganti del sistema solare esterno (Giove, Saturno, Urano, Nettuno) sono completamente inadatti a forme di vita.

Presenza di acqua liquida

L’acqua è fondamentale per lo sviluppo di una vita di tipo terrestre. Affinché possa trovarsi in forma liquida sono necessarie condizioni ambientali (principalmente di temperatura e pressione) che probabilmente sono poco frequenti e, nel nostro sistema, forse del tutto assenti, tranne che sul satellite gioviano Europa.

In secondo luogo si deve considerare l’effetto serra, determinato dalla presenza di gas in atmosfera (CO2 ma non solo). Infine l’ambiente microclimatico legato a particolari situazioni di latitudine (zone circumpolari di Mercurio) o alla presenza di sorgenti interne di calore per l’esistenza di magma incandescente sotto la crosta. Se inoltre è presente un nucleo caldissimo e fluido si può avere anche la presenza di un campo magnetico, in grado a sua volta di esercitare una protezione più o meno efficace dalle radiazioni cosmiche e solari.

Presenza di un grosso satellite

Aspetto generalmente trascurato, potrebbe avere una grande importanza. Un satellite di grosse dimensioni, come la Luna, è infatti in grado di stabilizzare l'angolo formato dall'asse di rotazione del pianeta rispetto alla perpendicolare al piano orbitale. Variazioni consistenti, e in tempi relativamente brevi, dell’obliquità dell’asse orbitale di un pianeta privo di un compagno a funzione stabilizzatrice, producono infatti marcate variazioni climatiche che sicuramente non favoriscono lo sviluppo biologico, La Luna invece, contribuisce a rendere lento il moto di precessione e le variazioni climatiche da cambiamenti dell’obliquità impercettibili nel medio periodo. Secondo questi principi sembrerebbe che la presenza di un grosso satellite sia sempre necessaria a limitare e rallentare il moto di precessione, causa di grossi sconvolgimenti climatici Ma non è sempre vero; per esempio Mercurio e Venere non hanno satelliti, eppure il loro angolo di obliquità è relativamente costante. In questi casi è la vicinanza del Sole ad essere responsabile della stabilità, con le sue enormi forze mareali. La Terra però, più lontana, non ne trarrebbe grande vantaggio e ancora di più Marte. Questo di satelliti ne ha due, ma sono piccolissimi e non in grado di incidere sulla stabilità dell’angolo; in effetti il Pianeta rosso presenta moti di precessione accentuati, anche per le perturbazioni gravitazionali esercitate dai giganti esterni e soprattutto da Giove. Questo rappresenta in effetti un possibile impedimento o un forte ostacolo allo sviluppo, nel passato, della Vita sul pianeta.

campo magnetico

Protezione dalle radiazioni e dai meteoroiti.Una adeguata atmosfera e un campo magnetico sono indispensabili per la protezione della superficie da pericolose radiazioni ionizzanti (raggi X e raggi gamma), non ionizzanti (ultravioletti) e corpuscolari provenienti dalla radiazione cosmica galattica e dal vento stellare, nonché dal bombardamento di meteoriti.

Possibili basi e origini di vita extraterrestre Tutta la vita sulla Terra è basata su carbonio, idrogeno, azoto e ossigeno, e questo fatto potrebbe essere una costante anche per quanto riguarda altri pianeti alieni. Ci sono però altri elementi chimici che potrebbero ipoteticamente costituire la base per la vita, come ad esempio il silicio. Il punto di vista secondo il quale il carbonio è necessariamente la base di tutta la vita sugli altri pianeti, in quanto le sue proprietà chimiche e termodinamiche lo rendono di gran lunga superiore a tutti gli altri elementi, è stato soprannominato sciovinismo del carbonio.

Una prova a sostegno dell'esistenza di forme di vita extraterrestre di tipo elementare potrebbe venire dall'esame di meteoriti cadute in Antartide, che si presume provengano dal pianeta Marte. Don Bogard, uno scienziato della NASA, esaminò alcuni granuli di cristallo presenti nelle meteoriti, scoprendo che il gas in essi contenuto aveva una composizione identica a quella rilevata su Marte dai lander Viking alla metà degli anni settanta. Questa era una prova diretta e inconfutabile che quelle rocce erano di origine marziana e al contempo forniva anche un metodo per stabilire sperimentalmente quando un meteorite era stato, precedentemente, una roccia di Marte. Nel 1997, un gruppo di scienziati della NASA sostenne di avere scoperto, in alcune meteoriti provenienti da Marte, microfossili di batteri extraterrestri. Questa potrebbe essere la prova che la vita si è sviluppata almeno in un altro posto, oltre alla Terra

Forme di vita in ambienti estremi terrestri La vita è capace di resistere e proliferare in siti in cui le condizioni ambientali possono essere definite "estreme". Anche questo argomento è di interesse per l'esobiologia, in quanto l'analisi degli habitat terrestri può orientare gli studiosi nella selezione degli ambienti extraterrestri da analizzare allo scopo di cercarvi la vita.

Fino a qualche decennio fa, si riteneva che la vita potesse svilupparsi esclusivamente in presenza di una combinazione di fattori molto rigida: l'irraggiamento opportuno da parte di una stella, la presenza di acqua allo stato liquido, la presenza di ossigeno nell'atmosfera e di condizioni di temperatura e di umidità variabili entro livelli prestabiliti. Ma, negli ultimi trentacinque anni, gli scienziati hanno scoperto una quantità di esseri viventi, detti organismi estremofili, adattati a vivere nelle condizioni più proibitive, come ad esempio:

* in assenza di luce, come gli organismi che vivono nei pressi delle sorgenti idrotermali sul fondo degli oceani o come alcuni batteri che vivono circa 3 km sotto la superficie terrestre metabolizzando l'idrogeno;

* in assenza di acqua allo stato liquido, come gli organismi che vivono nelle profondità della calotta glaciale antartica;

* in ambienti poverissimi, ed in particolari condizioni biochimiche, come gli organismi che vivono sotto la crosta di sale della Death Valley, in California; * addirittura nell'interno delle rocce, come microorganismi fotosintetici presenti entro arenarie dell'Antartide, che restano congelati per la maggior parte della loro vita e si riattivano solo per poche ore all'anno.

Aver trovato la vita sulla Terra in ambienti inaspettati ha aumentato i limiti dei parametri ambientali entro i quali è possibile la sopravvivenza degli organismi viventi, e di conseguenza ha aperto nuove frontiere di esplorazione spaziale alla ricerca della vita extraterrestre, all'interno dello stesso sistema solare. Negli ultimi anni, mondi particolarmente interessanti da questo punto di vista sono stati ritenuti la luna maggiore di Saturno, Titano, e soprattutto una luna di Giove, Europa.

http://www.tng.iac.es/users/boschin/RadioAFAM/Corso/Lez_1/lezione1.htm

Lo studio scientifico sulla possibile base biomeccanica della vita extraterrestre è noto con il nome di esobiologia o xenobiologia. Per alcuni la vita nell'universo è nata e si è evoluta autonomamente in punti diversi, differenziandosi. Mentre per altri, sostenitori della teoria detta panspermia, la vita è stata generata da un unico tipo di spore che hanno provveduto a una base comune per ogni specie su ogni pianeta. Pioneer 10 (anche chiamata Pioneer F) è una sonda spaziale che ha effettuato importanti ricerche scientifiche nelle regioni esterne del nostro Sistema solare. Lanciata il 3 marzo 1972, il Pioneer 10 fu la prima sonda spaziale ad attraversare la fascia principale degli asteroidi del sistema solare, la prima ad effettuare osservazioni dirette di Giove e il primo oggetto creato dall'uomo a lasciare il Sistema solare il 13 giugno 1983, quando oltrepassò l'orbita di Nettuno, il pianeta più distante dal Sole. Il 3 dicembre 1973, Pioneer 10 ha inviato le prime foto in primo piano di Giove. La conclusione ufficiale della missione è avvenuta il 31 marzo 1997. Fino al 17 febbraio 1998 è stato l'oggetto artificiale più distante dalla Terra, dopo quella data è stato superato dalla sonda Voyager 1.

La placca

Visto che un giorno la sonda lascerà il sistema solare, e visto che è destinata probabilmente addirittura a sopravvivere all'uomo stesso, si decise di dotarla di un messaggio destinato ad eventuali esseri extraterrestri che dovessero un giorno raccoglierlo. Il messaggio è inciso su una placca detta Placca del Pioneer. Con placca dei Pioneer si indica l'effigie presente sulle placche commemorative in alluminio anodizzato con oro, che furono posizionate a bordo delle sonde Pioneer 10 ed 11 rispettivamente nel 1972 e nel 1973. Nell'eventualità che le due sonde venissero intercettate da esseri extraterrestri, le placche mostrano le immagini di un uomo ed una donna nudi attorno alle quali si trovano vari simboli che hanno il fine di fornire informazioni sull'origine delle sonde.

Nel 1977 l'iniziativa è stata ripetuta, elaborando un messaggio più complesso e dettagliato, col Voyager Golden Record, un disco contenente suoni e filmati che fu fissato alle sonde Voyager.

Il SETI Institute, proposto nel 1960 da Frank Drake (tuttora uno dei suoi direttori), è nato ufficialmente nel 1974. È un'organizzazione scientifica privata, senza scopi di lucro. La sede centrale è a Mountain View, in California. Ad eccezione del segnale Wow!, gli esperimenti SETI condotti fino ad ora non hanno rilevato nulla che possa somigliare ad un segnale di comunicazione interstellare. Per dirla con le parole di Frank Drake, del SETI Institute: "Ciò di cui siamo certi è che il cielo non è ingombro di potenti trasmettitori a microonde". Il grande fisico italiano Enrico Fermi osservò nel 1950 che se ci fosse una civiltà interstellare la sua presenza ci sarebbe evidente. Ciò è noto come il paradosso di Fermi.

Il paradosso si riassume solitamente nella domanda "Dove sono tutti quanti? Se ci sono così tante civiltà evolute, perché non abbiamo ancora ricevuto prove di vita extraterrestre come trasmissioni di segnali radio, sonde o navi spaziali?". Estremizzando la questione, il problema diventa se gli esseri umani sono la sola civiltà tecnologicamente avanzata dell'Universo. Questo problema viene usualmente posto come monito alle stime più ottimistiche dell'equazione di Drake, che proporrebbero un universo ricco di pianeti con civiltà avanzate, in grado di stabilire comunicazioni radio, inviare sonde o colonizzare altri mondi.

Dall’approccio probabilistico alla stima quantitativa

Un tentativo di approccio all’argomento vita extraterrestre su basi statistiche è quello proposto da Frank Drake.

L’equazione di Drake

Nel 1961 Drake sviluppò un’equazione per stimare quante civiltà intelligenti, in grado di comunicare, fossero presenti nella nostra Galassia. L’equazione comprende numerosi membri, gli ultimi dei quali riguardano la comparsa e lo sviluppo della vita intelligente:

N = NS x FP x NE x FL x FI x FC x FT

In questa equazione :

NS rappresenta il numero complessivo di stelle nella nostra Galassia;

FP è la percentuale di stelle che hanno pianeti;

NE è il numero di pianeti per stella capaci di far sviluppare la vita;

FL è la percentuale di pianeti NE nei quali la vita si è effettivamente sviluppata;

FI è la percentuale di pianeti FL dove la vita si è evoluta fino a forme intelligenti;

FC è la percentuale di pianeti FI in grado di comunicare;

FT è la frazione di tempo in cui i pianeti che ospitano vita intelligente e in grado di comunicare possono effettivamente farlo.

Ottimismo e pessimismo

NUMERO DELLE STELLE NELLA NOSTRA GALASSIA Ottimista: 300 miliardi Pessimista: 100 miliardi

NUMERO DEI SISTEMI SOLARI SIMILI AL NOSTRO Ottimista: 1,7% di 300 miliardi = 5 miliardi Pessimista: 0,1% di 100 miliardi = 100 milioni

NUMERO DEI SISTEMI SOLARI SIMILI AL NOSTRO CHE POTREBBERO AVERE UN PIANETA IN POSIZIONE GIUSTA Ottimista: 20% di 5 miliardi = 1 miliardo Pessimista: 10% di 100 milioni = 10 milioni

NUMERO DEI PIANETI ADATTI ALLA VITA SU CUI PUO’ ESSERSI SVILUPPATA UNA FORMA DI VITA DI TIPO BATTERICO Ottimista: 100% di 1 miliardo = 1 miliardo Moderato: 50% di 10 milioni = 5 milioni Pessimista: 0,01% di 10 milioni = 1.000

NUMERO DEI PIANETI SUI QUALI DA FORME DI VITA DI TIPO BATTERICO AVREBBERO POTUTO SVILUPPARSI FORME DI VITA DI TIPO PLURICELLULARE Ottimista: 70% di 1 miliardo = 700 milioni Moderato: 20% di 5 milioni = 1 milione Pessimista: 5% di 1000 = 50

NUMERO DEI PIANETI SUI QUALI PARTENDO DA FORME DI VITA DI TIPO PLUCELLULARE AVREBBERO POTUTO SVILUPPARSI FORME INTELLIGENTI Ottimista: 90% di 700 milioni = 600 milioni Moderato: 25% di 1 milione = 250.000 Pessimista: 2% di 50 = 1

NUMERO DEI PIANETI SUI QUALI, PARTENDO DA FORME INTELLIGENTI, AVREBBE POTUTO SVILUPPARSI UNA CIVILTA’ TECNOLOGICA Ottimista: 100% di 600 milioni = 600 milioni Moderato: 100% di 250.000 = 250.000 Pessimista: 5% di 1 = 0,05

NUMERO DEI PIANETI DELLA GALASSIA SUI QUALI ESISTE OGGI UNA CIVILTA’ TECNOLOGICA Ottimista: 0,1% di 600 milioni = 600.000

Moderato: 0,02% di 250.000 = 50 Pessimista: 0,0002% di 0,05 = 0,0000001

Queste cifre si riferiscono soltanto alla nostra Galassia. E nell’Universo esiste un numero immenso di galassie: si calcola ve ne siano almeno dieci miliardi osservabili... A questo punto le cifre cambiano completamente, perché bisogna moltiplicare il tutto per almeno dieci miliardi, e allora si sale a cifre sbalorditive. Il pessimista, in tal caso, salirebbe da 0,0000001 a 1.000. Vale a dire che, in base alle sue restrittive percentuali di valutazione, vi sarebbero oggi nell'Universo almeno 1.000 civiltà extraterrestri. Il moderato salirebbe a 500 miliardi... E l’ottimista a 6 milioni di miliardi di civiltà extraterrestri contemporanee alla nostra! Ecco quindi i dati conclusivi per l'Universo: NUMERO DI CIVILTA’ TECNOLOGICHE OGGI NELL’UNIVERSO Ottimista: 6 milioni di miliardi Moderato: 500 miliardi Pessimista: 1.000

L'analisi delle probabilità di Isaac Asimov da "Civiltà extraterrestri" (Extraterrestrial Civilizations), 1979 Nella nostra Galassia Via Lattea ci sarebbero 300.000.000.000: stelle 280.000.000.000: sistemi planetari 75.000.000.000: sistemi planetari che girano attorno a stelle simili al Sole 52.000.000.000: stelle simili al Sole che hanno un'ecosfera utile 5.200.000.000: stelle simili al Sole, popolazione I, 2a generazione, con ecosfera utile 2.600.000.000: stelle simili al Sole, popolazione I, 2a generazione, con un'ecosfera utile al cui interno giri un pianeta 1.300.000.000: stelle simili al Sole, popolazione I, 2a generazione, con un'ecosfera utile al cui interno giri un pianeta simile alla Terra 650.000.000: numero di pianeti abitabili 600.000.000: numero di pianeti abitabili che hanno generato la vita 433.000.000: numero di pianeti abitabili che hanno generato una vita multicellulare 416.000.000: numero di pianeti abitabili che hanno generato una ricca vita terrestre 390.000.000: numero di pianeti che hanno sviluppato una civiltà tecnologica 530.000: numero di pianeti in cui è in essere oggi una civiltà tecnologica

L’equazione di Drake modificata

Quello che a noi interessa è però solo una possibile stima del numero di pianeti che ospitano la vita, non la vita intelligente. L’equazione di Drake perciò può essere ridotta ad una forma più semplice, con l’eliminazione degli ultimi membri. N, in questa equazione, non è più il numero di civiltà in grado di comunicare, ma il numero di pianeti con forme di vita e quindi lo chiameremo NV.

NV = NS x FP x NE x FL

Tranne NS, stimato con sufficiente approssimazione (tra i 100 e i 200 miliardi) e comunque periodicamente aggiornato, gli altri sono alquanto ipotetici. FP, fino ad alcuni anni fa, era stimato in un range compreso tra il 20% e il 50%, ma la continua scoperta di nuovi pianeti extrasolari sembra suggerire percentuali maggiori. Ad NE viene di solito assegnato un valore compreso tra 1 e 5 ma , alla luce delle peculiaritàh che deve possedere un pianeta alle quali è stato fatto cenno, queste stime appaiono troppo ottimistiche; prudenzialmente si potrebbe suggerire un range compreso tra 0.1 e 1. La stima di FL è il vero nodo della questione, la vera incognita, l’oggetto principale di questa relazione. Il suo valore è, in realtà, solo un’estensione temporaleh di NE: infatti se accettiamo il già ricordato postulato centrale dell’evoluzione, su tutti i pianeti in possesso di requisiti per lo sviluppo della vita, questa si sviluppa se il tempo a disposizione è sufficiente. In pratica è l’età del pianeta che, in relazione alle variabili del paragrafo precedente, può darci informazioni sia sull’esistenza di vita che sul livello evolutivo da questa raggiunto. Dalla formazione della nostra Galassia probabilmente un gran numero di stelle, con pianeti al seguito, ha cessato di esistere ma altre si sono formate, si formano e si formeranno in futuro.

In ogni caso, anche adottando parametri numerici molto prudenti, è facile verificare che, solo nella nostra Galassia,attualmente potrebbero essere presenti milioni o addirittura miliardi di pianeti abitati da una o più forme di vita.

Metodi di individuazione di pianeti extrasolari

· Rilevamento diretto

Nel 1995, anno di scoperta del primo pianeta extrasolare.

L'individuazione di pianeti extrasolari mediante imaging diretto è resa molto difficile dal fatto che l'osservazione di tali corpi celesti è disturbata dalla luminosità della stella madre, che offusca la luminosità, molto più debole, emessa dai pianeti.

È più facile ottenere immagini dirette quando il pianeta è particolarmente massivo (molto più grande di Giove), la sua orbita è molto lontana dalla stella madre, ed è caldo, in modo da emettere radiazione infrarossa; si sono ottenute, così, immagini di pianeti che sono più luminosi all'infrarosso che nello spettro della luce visibile.

Gli scienziati sono alla ricerca di una qualche prova dell'esistenza di vita unicellulare sui pianeti del sistema solare, portando avanti gli studi sulla superficie di Marte ed esaminando le meteoriti cadute sulla Terra. È stata proposta anche una missione per Europa, una luna del pianeta Giove, che si ipotizza possa contenere delle riserve liquide sotto la sua superficie; rimane da verificare, oltre alla reale esistenza di queste riserve, se sono costituite da acqua o da componenti gassosi allo stato liquido a causa delle basse temperature (metano o ammoniaca); sono previste spedizioni di sonde nel futuro per cercare di indagare la cosa. Nel 1996 è stata scoperta all'interno di un meteorite, ALH 84001, proveniente da Marte, la presenza di una struttura fossilizzata che potrebbe essere compatibile con i residui dovuti al metabolismo di qualcosa simile a batteri. Tuttavia la reale natura di questa struttura (residuo di batteri alieni di un lontano passato o semplice configurazione casuale all'interno del meteorite) è tutta da verificare. Nel febbraio del 2005, due scienziati della NASA avevano inizialmente riferito di aver trovato quella che essi definivano una possibile prova della presenza di vita su Marte. In particolare, i due scienziati, Carol Stoker e Larry Lemke, si erano basati sul fatto che alcuni segni spettrografici di metano nell'atmosfera marziana sono molto simili al metano prodotto da alcune forme di vita primitive sulla Terra; tuttavia i vertici della NASA smentirono la notizia, e i due scienziati in seguito ritrattarono le loro affermazioni. Nonostante questo alcuni scienziati considerano ancora plausibile l'ipotesi riportando alcune rilevazioni che potrebbero essere compatibili con un'origine biologica del metano su Marte.

Parte dell'antenna del radiotelescopio di Arecibo usato per il programma SETI Nel maggio del 2011 il geologo Bruno D'Argenio e il biologo molecolare Giuseppe Geraci, accomunati da un progetto svolto per il Consiglio Nazionale delle Ricerche, hanno annunciato di aver scoperto - all'interno di alcuni meteoriti - dei batteri, dalla stampa ribattezzati batteri alieni, i quali, rimasti immobili e inattivi per 2,3 miliardi di anni nelle rocce, una volta estratti si sarebbero risvegliati e riprodotti.

· Rilevamento indiretto

Metodo delle velocità radiali Dischi circumstellari e protoplanetari

Astrometria Variazioni degli intervalli di emissioni di una Pulsar

Microlente gravitazionale Transito

A 17 anni di distanza da quella prima scoperta, il numero di pianeti extrasolari confermati è salito ad oltre 700, mentre sono oltre 2000 i candidati da confermare. I circa 2300 pianeti candidati sono stati scoperti in circa 2 anni dalla sonda della NASA Kepler, attraverso la tecnica dei transiti. Questo metodo di indagine prevede di osservare, se si è nella giusta prospettiva, il calo di luce prodotto dal passaggio dell'ipotetico pianeta di fronte alla propria stella. Come ci si può aspettare, le probabilità che un simile allineamento si verifichi, sono davvero basse, perché potremmo osservare solamente i pianeti la cui orbita giace quasi lungo la nostra linea di vista.

La tecnica adottata da Kepler è quella di misurare il debolissimo affievolimento della luce della stella quando il pianeta le passa davanti. In California è stato anche compiuto un bilancio della missione del

satellite annunciando l’individuazione di ulteriori 461 candidati pianeti extrasolari (portando il totale a 2.740) in buona parte delle dimensioni analoghe alla Terra. Quattro di questi sono ora particolarmente studiati perché situati anche nella zona abitabile dove l’energia ricevuta consentirebbe lo scorrere dell’acqua in superficie. Le conclusioni delle relazioni americane sull’argomento presentate al meeting sono interessanti e si possono riassumere in tre punti: l’esistenza di pianeti extrasolari è assolutamente normale nell’evoluzione di stelle e galassie; la presenza di corpi delle dimensioni paragonabili alla Terra è molto più alta di quanto si prevedesse; la scoperta di un gemello del nostro «pianeta azzurro» si avvicina sempre più.

Un gruppo internazionale di astronomi ha pubblicato recentemente uno studio che sembra dare maggiore forza a questa convizione, arrivando a teorizzare che quasi tutte le stelle possiedono almeno un pianeta.

Microlensing gravitazionale

Gli scienziati in 6 anni di ricerche hanno osservato milioni di stelle e studiato un effetto particolare, chiamato microlensing gravitazionale. In parole molto semplici, quando una stella relativamente vicina sembra sovrapporsi, per un gioco prospettico, ad una sorgente (stella, galassia) più distante, questa si comporta come una lente di ingrandimento, aumentando la luminosità della sorgente di sfondo. Questo effetto è diretta conseguenza della teoria della relatività generale e riguarda, con intensità diverse, tutti i corpi dotati di massa. Quando la stella che fa da lente possiede uno o più pianeti che le ruotano intorno, anche questi corpi celesti amplificano la luce della sorgente di sfondo, producendo un repentino e breve aumento di luminosità, che si sovrappone all'andamento principale indotto dalla stella. Questa tecnica ha dei grossi svantaggi nel campo della ricerca attiva dei pianeti, perché nessuno può prevedere questo rarissimo allineamento celeste e perché, poi, una volta che si è verificato, non è più possibile confermare le osservazioni fino al successivo (e molto raro) allineamento. D'altra parte, l'uso della tecnica del microlensing ha anche dei vantaggi, il più importante è sicuramente il fatto che non fa una selezione troppo severa sulle dimensioni e la distanza dei pianeti, proprio il problema che si deve risolvere per scoprire qual è la percentuale di sistemi planetari nella Galassia.

È stato teorizzato che una società altamente tecnologica comunichi attraverso lo spazio grazie alla trasmissione di informazioni in molteplici forme. Progetti come il SETI conducono attualmente ricerche in questo senso, vagliando le informazioni che vengono ricevute dallo spazio attraverso i radiotelescopi, in cerca di onde radio anomale che possano confermare la presenza di vita intelligente.

La radioastronomia

Il trasporto delle informazioni nel Cosmo

Lo studio del Cosmo si basa quasi completamente su informazioni che riguardano gli oggetti celesti e che, noi uomini, riusciamo ad ottenere stando qui, sul nostro pianeta. E' certamente vero che negli ultimi decenni ci si e' avvalsi di sonde spaziali che hanno esplorato da vicino alcuni corpi celesti del nostro sistema solare, ma nonostante il notevole valore di tali imprese, la descrizione che attualmente diamo dell'Universo e' principalmente dovuta all'interpretazione di osservazioni e misure eseguite restando sul nostro pianeta o nei suoi pressi (satelliti in orbita terrestre). Le grandi distanze cosmiche ed i limiti fisici imposti alla velocita` di propagazione delle informazioni, si ricordi che, in base alla teoria della relativita`, nessun oggetto o segnale puo' viaggiare a velocita' superiori a quella della luce nel vuoto, implicano che la comprensione del Cosmo deve passare necessariamente per l'osservazione "passiva" dello stesso e l'interpretazione dei fatti osservati. Esperimenti ed esplorazioni eseguite sui corpi celesti o nei loro pressi saranno sempre piu' importanti in futuro solo per la comprensione del nostro immediato circondario, cioe' il Sistema Solare e al limite la nostra galassia. Appurato questo, ci dobbiamo chiedere in che modo le informazioni viaggiano dai corpi celesti attraverso gli sconfinati spazi interstellari ed intergalattici per giungere sulla Terra. Sostanzialmente possiamo distinguere quattro classi distinte di "mezzi di trasporto". a. Corpi materiali b. Neutrini c. Onde gravitazionali d. Onde elettromagnetiche Corpi materiali

In questa classe rientrano tutti i corpi materiali, cioe' dotati di massa, di qualsiasi dimensione, che giungono sulla Terra. Si va dalle particelle atomiche, per esempio i raggi cosmici, i quali sono protoni, elettroni o nuclei di atomi completamente privati degli elettroni che hanno energie elevatissime, alle meteoriti che possono avere dimensioni macroscopiche. Studiando l'energia cinetica di questi corpi e, nel caso delle meteoriti, la loro composizione chimica e possibile risalire ai processi fisici e chimici che li hanno generati, quindi allo stato dell'ambiente da cui provengono. Il problema piu' importante di questo mezzo di trasporto delle informazioni e' che questi corpi interagiscono fortemente con la materia e con le onde elettromagnetiche, percio' l'informazione che riceviamo da essi e' il risultato delle condizioni iniziali che li hanno generati e di tutte le successive interazioni, quindi anche trasformazioni, che hanno subito durante il loro viaggio dalla sorgente a noi. Particolare importanza riveste l'attraversamento dell'atmosfera terrestre. Per mezzo dei corpi materiali e' possibile indagare lo spazio interplanetario, la formazione ed evoluzione del sistema solare, il Sole, le fasi finali di vita delle stelle e, probabilmente, oggetti molto lontani quali i nuclei attivi delle galassie ed i Quasar. Neutrini

I neutrini sono delle particelle elementari che hanno la caratteristica di interagire molto poco con la materia. Cio' significa che un neutrino puo' attraversare regioni in cui la densita' di materia e' elevatissima e proseguire inalterato il suo cammino. Ad esempio un neutrino ha una probabilita' non trascurabile di oltrepassare la nostra Terra come se essa fosse trasparente. Da quanto appena detto, appare chiaro che i neutrini sono veicoli robustissimi per trasferire informazioni a grandissime distanze. Visto che i neutrini interagiscono poco con la

materia, risulta anche difficile catturarli, ecco perche' i rilevatori di neutrini sono dei dispositivi enormi, che coinvolgono enormi masse, e vengono messi al riparo da tutte le possibili sorgenti di rumore. I rilevatori sono di solito posizionati al di sotto di montagne, che con tutta la loro massa schermano gli strumenti, per esempio dagli sciami di particelle prodotti dai raggi cosmici. I neutrini sono prodotti in molte reazioni nucleari, percio' sono originati da eventi estremamente energetici. Attualmente sono stati osservati neutrini di natura solare ed alcuni prodotti dall'esplosione di una supernova. Come si puo' facilmente intuire da queste poche righe, lo studio dei neutrini puo' potenzialmente dare molte informazioni su luoghi e tempi (anche i neutrini hanno velocita' limitata) estremamente lontani da noi, ma la difficolta' di osservazione ha reso questo campo d'indagine poco proficuo. Onde gravitazionali

La relativita' generale di Einstein ha ipotizzato l'esistenza delle onde gravitazionali. Le onde gravitazionali sono perturbazioni del campo gravitazionale, prodotto da una massa, che di propagano nello spazio vuoto alla velocita' della luce. La generazione di tali onde si ha quando la distribuzione di una massa cambia in modo accelerato, per esempio durante il collasso di una supernova o la rotazione veloce di una pulsar. La caratteristica fondamentale delle onde gravitazionali e' che la loro dispersione o assorbimento nella materia e' trascurabile; come conseguenza si ha che l'Universo e' trasparente a queste onde, percio' esse possono trasportare le informazioni pressoche' integre dalla sorgente a qualsiasi posto. Ma come nel caso dei neutrini, la loro scarsa rilevabilita' le rende, attualmente, poco efficaci nello studio del Cosmo. Sono in corso degli esperimenti molto sofisticati per cercare di osservare onde gravitazionali, ma fino ad ora non esistono osservazioni dirette. Esiste una sola prova indiretta della loro esistenza e si tratta dell'aumento progressivo del periodo orbitale di una pulsar binaria (PSR 1913+16) che sta rallentando la sua velocita' di rotazione in accordo con la perdita di energia calcolata per emissione di onde gravitazionali. Onde elettromagnetiche

Le onde elettromagnetiche sono il prodotto dell'accelerazione di cariche elettriche. Esse hanno la caratteristica di interagire fortemente con la materia, quindi l'informazione che portano all'osservatore e' sempre il risultato della combinazione di quella iniziale e di quelle successivamente raccolte durante il viaggio dalla sorgente all'osservatore. Il loro grande vantaggio e' che sono facilmente rilevabili e per questo motivo sono il mezzo piu' antico ed anche quello piu' sfruttato dagli astrofisici per lo studio dell'Universo. La luce visibile proveniente da tutti i corpi celesti, le onde radio, oggetto di questo corso, i raggi UV, quelli X e quelli gamma, sono onde elettromagnetiche. I mezzi per rivelarle sono: i nostri occhi, i telescopi, i radiotelescopi, ecc

Ipotesi attuali di Forme di Vita Extraterrestre

Ipotesi di Vita su EUROPA - satellite di Giove

La presenza di forme di vita su Europa, uno dei satelliti naturali di Giove, è ritenuta possibile al disotto della sua crosta ghiacciata. Europa è ritenuto uno dei luoghi con la più alta probabilità di

ospitare forme di vita extraterrestre in tutto il sistema solare. Ci sono condizioni compatibili con la vita negli oceani che si suppone si trovino sotto i ghiacci. Si tratterebbe di ambienti molto simili alle bocche idrotermali presenti sulla terra nelle profondità degli oceani e in special modo al Lago Vostok, in Antartide. La vita in un oceano del genere potrebbe somigliare alla vita microbica presente sulla Terra nelle profondità oceaniche. La scoperta di vita su Europa potrebbe permetterci di comprendere meglio come questa si sia evoluta anche sulla Terra. In ogni caso, non ci sono prove dirette di forme di vita su Europa, ma la presenza di acqua liquida ha stimolato la richiesta a inviare una sonda sul satellite.

Europa potrebbe realmente essere popolata da forma di vita è l'influsso che Giove ha sulle sue lune. Si sa infatti che la gravità del gigante gassoso può provocare un riscaldamento tale degli oceani di Europa da permettere la sopravvivenza di forme di vita complesse. Senza contare che la costante irradiazione energetica proveniente dal pianeta reagisce con lo strato superficiale di ghiaccio liberando ossigeno ed altri ossidanti nell'oceano sottostante. Quello che si è sempre pensato su Europa tuttavia è che questo bombardamento di particelle ionizzate che liberano ossigeno nell'oceano della luna gioviana non consentirebbe di trasportare sufficiente ossigeno per supportare la vita in strati profondi del mare globale. Questo considerando anche i bombardamenti di detriti spaziali che potrebbero scalfire il ghiaccio: potrebbero infatti scavare il guscio ghiacciato di Europa per qualche decina di metri, ma non raggiungere l'oceano sottostante. Il nuovo studio tuttavia sembra suggerire l'idea che l'ossigeno possa aver raggiunto anche l'oceano sotterraneo di Europa, passando attraverso la superficie ghiacciata. La chiave è l'attrazione gravitazionale di Giove. Giove infatti esprime su Europa una forza gravitazionale circa 1000 volte maggiore rispetto a quella che la Terra esercita sulla Luna, facendola gonfiare e comprimere, e rendendola geologicamente attiva, oltre che fornire una spiegazione sul perchè la superficie ghiacciata non sembra essere più vecchia di 50 milioni di anni. La forza gravitazionale di Giove potrebbe provocare l'emersione di ghiaccio profondo, a contatto con l'oceano, verso la superficie, dove verrebbe ossigenato. Durante questo processo, strati più superficiali ed ossigenati della calotta ghiacciata verrebbero spinti in profondità, portando ossigeno al mare di Europa. Il meccanismo è tale che occorrerebbero circa 2 milioni di anni per ossigenare l'intero oceano di Europa. Non solo: parte della crosta ghiacciata potrebbe sciogliersi in profondità, creando fratture che trascinano materia ricca di ossigeno dalla superficie all'oceano di acqua liquida prima di ricongelarsi. Anche se questo processo fosse meno imponente di quanto è stato calcolato, occorrerebbe solo mezzo milioni di anni per raggiungere livelli di ossigenazione paragonabili a quelli di alcune zone scarsamente ossigenate della Terra, in grado di supportare crostacei e microrganismi. In soli 12 milioni di anni, periodo geologicamente cortissimo, il mare globale di Europa raggiungerebbe livelli di ossigeno tali da essere paragonabili agli oceani terrestri ricchi di vita, se non addirittura superiori. Tutte queste ipotesi portano a ritenere che su Europa sia possibile, grazie al continuo rifornimento di ossigeno dagli strati superficiali della luna, la presenza di circa 3 milioni di tonnellate di vita.

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Ipotesi di Vita su MARTE

La scoperta delle due calotte polari con il loro periodico avanzamento e ritiro ha fatto sorgere l'ipotesi, oggi confermata, che il pianeta fosse soggetto ai cicli stagionali. Altri aspetti di somiglianza alla Terra, come la lunghezza del giorno, la quasi simile inclinazione dell'asse di rotazione, la durata dell'anno siderale (pressappoco doppia rispetto quella terrestre) hanno alimentato la tesi dell'esistenza di forme di vita su Marte.

Nel marzo del 2004 la sonda Mars Express ha rilevato la presenza di metano nell'atmosfera di Marte e, siccome questo gas può persistere solo per poche centinaia di anni, essa viene spiegata solamente attraverso un processo vulcanico o geologico non identificato, o con la presenza di certe forme di vita estremofile; altri hanno spiegato che il minerale chiamato olivina, in presenza di acqua, potrebbe essere stato convertito in serpentina e questo fenomeno potrebbe essere accaduto in qualche luogo nel sottosuolo di Marte ed aver liberato abbastanza metano, da poter essere rilevato dalle sonde. Ancora, il Mars Express nel febbraio 2005 ha segnalato la presenza di formaldeide, altro indizio di presenza di vita microbica.

Nel giugno del 2008 la missione Phoenix ha testimoniato la presenza di acqua allo stato solido sul pianeta rosso. Phoenix ha lavorato su terreni vecchi di 50.000 e forse un milione di anni, sperando di trovare tracce che un tempo il clima di Marte era stato più caldo.

In Antartide è stato ritrovato un meteorite, chiamato ALH84001, dove all’interno sono state trovate presumibili tracce fossili di batteri. Il meteorite ALH84001 fu ritrovato nel 1984 dalla ricercatrice Roberta Score che faceva parte di una spedizione della ANSMET (Antartic Search for Meteorites). ALH84001 fu chiamato così in quanto ritrovato sulle Allan Hills in Antartide; 84 sta per l’anno in cui è stato scoperto e 001 in quanto fu il primo meteorite delle Allan Hill ad essere studiato a Houston.

Titano è il più grande satellite naturale del pianeta Saturno ed uno dei corpi rocciosi più massicci dell'intero sistema solare; supera in dimensioni il pianeta Mercurio, per dimensioni e massa è il secondo satellite del sistema solare dopo Ganimede. Si tratta inoltre dell'unico satellite in possesso di una densa atmosfera, che in passato ha impedito uno studio dettagliato della sua superficie dalla Terra. Con la missione spaziale Cassini-Huygens è stato possibile studiare l'oggetto da distanza ravvicinata ed il lander Huygens è atterrato con successo sul suolo titaniano. L'atmosfera titaniana appare ricca di metano e la temperatura superficiale media è molto vicina al punto triplo del metano dove possono coesistere le forme liquida, solida e gassosa di questo idrocarburo. Misure condotte con telescopi terrestri hanno evidenziato che la superficie non è uniforme e presenta quelli che potrebbero essere dei continenti.
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