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INTRODUZIONE
Come si evince dal titolo della mia trattazione, ho deciso di condurre una
riflessione sul ruolo dei mass media nel condizionamento delle masse
prendendo spunto dal confronto con l’Orwelliano “1984”, che mi è
sembrato avere non pochi punti in comune col suddetto argomento.
I motivi che mi hanno portato a scegliere questa e non altre materie sono
presto detti. Prima di tutto sono sempre stata interessata ai modi in cui la
mente umana può essere manipolata e condizionata, e quindi alla maniera
in cui molto spesso senza accorgercene non siamo veri padroni delle
nostre scelte ma semplici esecutori. Non nego che la mia attenzione a
questo tipo di circostanze possa derivare da un mio personalissimo
pessimismo riguardo al mondo e alla società, ma molte volte nella mia
vita mi sono trovata a chiedermi qual era davvero la mia opinione ed ho
notato che è molto più difficile di quanto si pensi non lasciarsi
influenzare da fattori esterni; che essi siano amici, parenti, insegnanti o
figure autorevoli, o che si tratti dei mass media e degli impliciti messaggi
che riceviamo dalla società, senza ombra di dubbio possono
condizionarci in bene o in male. A noi spetta la capacità critica, la voglia
di conservare la nostra libertà nelle idee e nelle scelte. Ma è qui che
giungo al nodo centrale della mia analisi: vogliamo davvero essere liberi?
O è forse vero, come in fondo teorizzava Orwell, che abbiamo un terrore
inconscio per la nostra autonomia di giudizio e di espressione e che è
proprio su questo terreno fertile che il seme dell’irrazionalismo sociale e,
nella sua forma peggiore, dei totalitarismi riesce a germogliare?
Ovviamente dunque la mia tesina non verterà solamente sul confronto del
Grande fratello con gli odierni mass media, ma analizzerà in modo più o
meno approfondito i totalitarismi della storia e il modo in cui essi sono
riusciti ad imporsi asservendo le menti dei popoli che hanno assoggettato,
senza tralasciare gli ovvi riferimenti alla psicologia, alla sociologia e alla
pedagogia riguardo a queste tematiche. 3
PRESENTAZIONE DELL’AUTORE
George Orwell (1903-
1950), il cui vero
nome era Eric Arthur
Blair, nacque a
Motihari, nel Bengala,
dove il padre era
impiegato nell'Indian
Civil Service. Lì
trascorse la sua
infanzia fino al 1907, anno in cui si trasferì con la famiglia in Inghilterra.
Fin da bambino pensò di diventare scrittore e, in seguito, collegò questa
sua iniziale aspirazione al senso di isolamento ed all'impressione di
essere sottovalutato che lo accompagnarono fino all'adolescenza.
Particolarmente dolorosa fu per lui la permanenza presso il collegio di
St.Cyprian a cui fu iscritto nel 1911. Conclusi gli studi nella prestigiosa
Public School di Eton, alla quale era stato ammesso con una borsa di
studio, rinunciò agli studi universitari per arruolarsi nella Indian Imperial
Police in Birmania e nel 1929, dopo circa cinque anni di servizio si
congedò e ritornò in Europa per iniziare la sua carriera di scrittore.
Per molti anni scrivere romanzi non gli diede alcuna sicurezza economica
e solo nel 1945, con la pubblicazione de La fattoria degli animali,
raggiunse una fama internazionale ed anche una tranquillità finanziaria
che gli permise di scrivere esclusivamente quello che voleva. Negli anni
precedenti, infatti, si era guadagnato da vivere svolgendo del lavoro
giornalistico per varie riviste e curando trasmissioni per la BBC; ancor
prima aveva fatto il lavapiatti a Parigi, era stato commesso di libreria a
Londra, aveva insegnato presso scuole private, aveva gestito per un breve
periodo un negozio, era stato bracciante nei campi di luppolo ed aveva
persino vagabondato con i mendicanti. 4
Questo elenco di attività è
indicativo non solo della
precarietà economica che
Orwell, come molti scrittori,
sperimentò agli inizi della
carriera letteraria, ma anche di
un interesse personale a
condividere, a sperimentare
personalmente le condizioni di
vita degli strati sociali più umili. Si è detto molto a proposito del "senso
di colpa" maturato dal giovane Orwell, poliziotto borghese, nei confronti
delle vittime dell'imperialismo e più in generale maturato, per via della
sua provenienza dal ceto medio, nei confronti del proletariato e degli
emarginati. Egli stesso ha spiegato nel libro La strada di Wigan Pier
questo suo abbassarsi al livello degli "infimi fra gli infimi" come bisogno
di "espiare" e di conoscere dall'interno l'altra faccia del mondo, quella in
cui non era nato. Tuttavia l'itinerario personale di Orwell non va
interpretato solo come conflitto psicologico, ma soprattutto, in positivo,
come ricerca di esperienze e valori incompatibili con le certezze, gli
schemi ed i valori socialmente istituiti. Orwell non fu solo distante
dall'orizzonte ideologico della borghesia ma anche dai dogmi e dai
conformismi degli ambienti di sinistra; in generale si oppose a tutti i
modelli di pensiero e di comportamento adatti ad occultare i bisogni
e le aspirazioni umane più profonde.
L'assidua analisi dei miti della borghesia e la sofferta comprensione dei
drammi degli sfruttati e dei poveri segnarono in maniera evidente il
percorso interiore ed intellettuale di Orwell, ma nonostante i continui
riferimenti al piano politico, questi non ridusse mai il suo impegno
esclusivamente a tale piano.
La concezione orwelliana, non riflette una interpretazione del
socialismo, ma costituisce una lettura più che politica dei problemi
sociali. Anche se Orwell si è sempre schierato politicamente, al punto di
dichiarare di aver scritto "libri senza vita" quando gli era mancata una 5
chiara "intenzione politica" (2), ha sempre sottolineato soprattutto
l'intreccio fra il conformismo sociale e le tensioni interne all'individuo.
Nel 1948, alle prese con la seconda stesura del suo ultimo romanzo,
1984, uno dei più significativi sul piano politico, Orwell scrisse a George
Woodcock di essere convinto che nella vita degli uomini fosse presente
una solitudine irriducibile alle circostanze esterne socialmente definite
(3); possiamo considerare questa convinzione una indicazione del fatto
che nella concezione orwelliana l'uomo non è tanto un animale sociale
quanto un individuo inserito in una realtà sociale. Per questo, Orwell
non è stato solo (come spesso sembra) uno dei primi intellettuali di
sinistra a denunciare lo stalinismo; egli ha da un lato denunciato il
totalitarismo nelle sue manifestazioni storiche e nei suoi potenziali
sviluppi, e da un altro lato ha descritto con acutezza i fattori che possono
rendere le persone complici dell'autoritarismo sociale.
PRESENTAZIONE DEL LIBRO
Trama:
In un futuro prossimo (l’anno 1984) la Terra è suddivisa in tre grandi
potenze totalitarie perennemente in guerra tra loro: Oceania, Eurasia ed
Estasia. 6
In Oceania, la cui capitale è Londra, la società è amministrata secondo i
principi del Socing (il socialismo inglese) e governata da un onnipotente
partito unico con a capo il Grande Fratello, un personaggio che nessuno
ha mai visto e che tiene costantemente sotto controllo la vita di tutti i
cittadini (la sua figura somiglia molto a quella di Stalin). I suoi occhi
sono le telecamere che spiano la vita di qualunque cittadino e il suo
braccio la psicopolizia che interviene in ogni situazione sospetta.
Ovunque vi sono grandi manifesti che ritraggono il Grande Fratello e gli
slogan del partito: «la guerra è pace», «la libertà è schiavitù»,
«l’ignoranza è forza».
Il protagonista del romanzo, Winston Smith, è un membro subalterno del
partito, incaricato di censurare i libri e gli articoli dei giornali non in linea
con la politica ufficiale. Apparentemente docile, in realtà mal sopporta i
condizionamenti del partito. Accanto a lui agiscono altri due personaggi:
Julia, della quale Winston è innamorato malgrado il partito vieti il sesso,
e O’Brien, un importante funzionario che il protagonista crede amico.
Nonostante il partito imponga la castità (il sesso è permesso al solo scopo
di procreare) Winston e Julia diventano amanti e decidono di collaborare
con un’organizzazione clandestina di resistenza chiamata
“Confraternita”. Ma una volta confidati con O’Brien si scopre che questi
è un membro della psicopolizia, governata dal Minamor (il ministero
dell'amore, la cui funzione è torturare i dissidenti). Il fine di O'Brien è
insegnare a Winston la tecnica del Bipensiero attraverso tre fasi:
apprendimento, comprensione, accettazione.
La prima fase consiste nell'infliggere un dolore di intensità sempre
crescente al condannato in modo che egli accetti una realtà che non è
tale. Winston riesce a resistere alla prima fase e, nella seconda, egli
capisce di essere "l'ultimo uomo in Europa" (il primo titolo che Orwell
aveva pensato di dare al libro), vale a dire l'ultimo guardiano dello spirito
umano, e di avere l'aspetto — dopo le innumerevoli torture subite — di
uno scheletro; ma è felice perché è conscio di non aver tradito Julia. 7
Nella terza fase, Winston — che ha ancora qualche pensiero non
ortodosso — viene portato nella Stanza 101: l'inferno personale di ogni
persona. Per il protagonista è prossima una maschera con dentro due topi
che O'Brien sta per mettergli sul volto. E viene definitivamente sconfitto
quando, per fermare O'Brien, urla "Fatelo a Julia", perdendo il suo ultimo
sentimento umano. Winston apprende dunque da O’Brien i principi
fondamentali del sistema sul quale si fonda lo stato e scopre che non è
sufficiente confessare e obbedire alle regole, ma che il Grande Fratello
vuole possedere anche l’anima e il pensiero dei suoi sudditi. Alla fine,
Winston viene costretto a cedere: rinuncia all’amore per Julia e al libero
pensiero, sottomettendosi e amando completamente il Grande Fratello.
Osservazioni sull'Opera
1984 appartiene a quella serie di romanzi che compaiono nell’Europa del
primo e del secondo dopoguerra caratterizzati da connotazioni negative,
segno di una profonda crisi di valori che colpisce la borghesia e gli
intellettuali in particolare.
Con quest'opera Orwell intendeva lanciare un monito contro gli abusi
del potere (manifestatisi in forme gravissime ed allarmanti negli anni
intorno alla seconda guerra mondiale) contro l’appiattimento della
coscienza e dei sentimenti e contro la sopraffazione mentale
compiuta dalle ideologie. Il presente viene proiettato in una parabola
futura per rendere maggiormente visibile il processo di massificazione in 8
atto che i più sembrano accettare come prezzo da pagare in cambio della
prosperità economica: la presenza di un numero ristretto di grandi
potenze che si dividono la terra, la riscrittura faziosa del passato e l’uso
propagandistico dei mass media sono temi ed aspetti della realtà attuali al
tempo di Orwell, come attuali ci appaiono oggi.
In 1984 lo Stato si identifica con il Partito Interno al cui capo vi è
l’onnipotente Grande Fratello, modellato sul partito comunista sovietico
in epoca staliniana. Il Partito realizza un regime totalitario che ottiene un
controllo assoluto della coscienza individuale con i sistemi della
persuasione e della tortura. La violenza fisica è l’emblema del rapporto di
necessità che si stabilisce in un regime totalitario fra violenza ed
esercizio del potere.
L’intreccio strettissimo tra teoria politica e finzione romanzesca è
rappresentato, ad esempio, dalla professione del protagonista, Winston
Smith, il cui nome è denso di significato: "Winston" come Winston
Churchill, eroe della seconda guerra mondiale, e "Smith", il più comune
cognome inglese, ad indicare che siamo tutti chiamati in causa.
Analogamente, la questione del passato e della storia ha una doppia
valenza, romanzesca e teorica. Il problema della memoria ossessiona il
protagonista, che cessa di essere un oppositore del sistema solo quando
cessa di credere al passato. D’altro canto, il controllo del passato e della
storia — che il partito esprime nello slogan “Chi controlla il presente
controlla il passato, chi controlla il passato controlla il futuro” — è
una delle costanti di ogni forma di falsificazione storica, come ad