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Lost
Riassunto
Filosofia
C
o RESCITA INTERIORE DEI PERSONAGGI E SUPERUOMO
N
DI IETSZCHE
T C
o EMPO ICLICO
D L A
o ESTINO E IBERO RBITRIO
Fisica
L T R
o A EORIA DELLA ELATIVITÀ
L :
o OST LIMITE TRA FANTASCIENZA E FISICA
Lost
Lost è una serie televisiva americana, iniziata nel 2004 e conclusasi da poco,
dopo sei stagioni. Lost è ambientato principalmente su un’ isola tropicale nel
Pacifico del sud in cui si ritrovano i sopravvissuti di un incidente aereo. Ma
questo luogo si rivelerà subito pericoloso e sorprendente: tra messaggi di
soccorso inascoltati da anni, misteriose entità guardiane, una comunità
segreta denominata semplicemente “Altri”, strani comportamenti delle
bussole dovute ad un intenso campo magnetico e l’impossibilità di
comunicare con il mondo esterno, i protagonisti scopriranno che il luogo in cui
sono precipitati non è una normale isola tropicale.
Ma il successo di Lost non è dovuto solamente ai misteri che ne affascinano
gli spettatori: i creatori di questo telefilm infatti ne hanno intessuto la trama
prendendo spunto da una quantità incredibile di fonti diverse: dalla Bibbia
all’Odissea, dalla fisica alla fantascienza, dalla filosofia occidentale alle
credenze dei popoli più antichi, rendendolo una delle serie meglio riuscite
della storia del piccolo schermo. Seguire Lost per me ha significato cogliere
gli indizi disseminati per gli episodi, scoprendo degli incredibili collegamenti.
Un breve riassunto
Le prime tre stagioni di Lost ci narrano i primi mesi che i protagonisti passano
nell’Isola, in cui scoprono alcune stazioni abbandonate in cui sembra che si
svolgessero esperimenti scientifici e una comunità, gli “Altri”, con cui nasce
subito una grande ostilità. Nella quarta stagione nei pressi dell’Isola giunge
finalmente una nave, ma subito si capisce che i nuovi arrivati non sono lì per
salvare i naufraghi. Nonostante ciò, sei dei sopravvissuti riescono a lasciare
l’Isola, mentre quelli rimasti si ritrovano trent’anni indietro nel tempo. Durante
l’ultima stagione i protagonisti sono nuovamente riuniti nell’Isola, in cui
prenderanno parte ad una lotta che molto semplicisticamente si può definire
tra il “Bene” e il “Male”, ma che in fondo nasconde molte tracce della filosofia.
Filosofia
Crescita interiore dei personaggi e superuomo di
Nietszche
Già dalla struttura degli episodi si capisce che in Lost la crescita interiore dei
personaggi sarà di fondamentale importanza: il racconto dei fatti sull’Isola,
infatti, viene spesso interrotto da dei brevi episodi della vita passata dei
protagonisti, come per indicarci che in quell’Isola ognuno avrà una seconda
possibilità. Lost è una storia di redenzione e della possibilità che ognuno ha
di migliorare se stesso e soprattutto conoscersi nelle sue migliori qualità,
anche se nei suoi limiti. Esemplare in questo è il caso di Jack, che può
essere considerato il protagonista di Lost. E’ un medico, ma vive
costantemente sotto l’ombra del padre, e per questo motivo nella sua vita non
ha mai potuto dimostrare le sue qualità migliori, quelle di leader. L’Isola gli
darà la possibilità di guidare il gruppo dei sopravvissuti, ma per avere una
vera e propria liberazione dal passato dovrà superare delle “prove”, costituite
da delle apparizioni del padre, il quale in verità è morto. Sull'Isola capisce di
poter esser un leader, ed elimina quelle piccole cose che prima dello schianto
dell'aereo erano sempre state un tallone d'Achille. Ora è conscio delle sue
abilità, ed è un animo puro, che cerca sempre di fare la cosa giusta. Nel
corso della serie Jack riuscirà a superare questo senso di inferiorità, ma
come lui anche tutti gli altri protagonisti di Lost troveranno nell’Isola la
possibilità di liberarsi dai fantasmi del passato: il paralitico John avrà la sua
occasione di dimostrare a se stesso che può ancora essere un uomo come
gli altri, Michael imparerà ad essere il padre che Walt non ha mai avuto, Kate
capirà che non può sempre fuggire di fronte ai problemi della vita e via via
tutti gli altri.
Nel loro piccolo, per dirlo con Nietzsche, diventeranno superuomini, e con
alle spalle il superamento dei limiti del passato, potranno reinventarsi
nell’Isola, diventando finalmente liberi di crearsi il loro destino. E Lost finirà
proprio così: superati i problemi della loro vita passata i protagonisti
finalmente potranno andare avanti, come dirà uno di loro nell’ultimo episodio.
Nietszche, rigettando l’ottimismo dei positivisti e sulla scia di Schopenhauer,
afferma che la realtà è irrazionale, ma giunto a questa considerazione, l’uomo
ha due scelte: fuggire di fronte alla realtà (e questa era l’idea di
Shopenhauer) o diventare superuomo, accettando l’irrazionalità
dell’esistenza, il dominio delle passioni. Nietszche è il filosofo dell’amor fati,
l'atteggiamento proprio dell'oltre-uomo che accetta entusiasticamente, fino a
desiderarlo, il carattere casuale e arbitrario degli eventi che compongono la
sua vita. Questo modo di rapportarsi alla vita è lo stesso che ha John già dai
primissimi episodi di Lost. Mentre gli altri naufraghi, appena realizzata la loro
tragica situazione si facevano prendere dall’isteria e dalla paura, John si
comportava diversamente: costruisce un fischietto per richiamare un cane,
insegna a giocare a backgammon a Walt, ma soprattutto impara da subito
che nell’Isola tutto è diverso. Come il superuomo di Nietszche si lascia alle
spalle le leggi della vita civile e della morale e da subito si adatta alle nuove
condizioni che il fato ha voluto per lui. Emblematica è la scena in cui se ne
sta sorridente sotto un acquazzone, un po’ come il D’Annunzio-superuomo de
La pioggia nel pineto.
Piano piano l’Isola darà a tutti la possibilità di cambiare, di redimersi, ma
questa trasformazione sarà evidente nel momento in cui sei dei sopravvissuti
riusciranno a tornare a casa: l’esperienza vissuta li ha fatti cambiare e
nessuno di loro potrà riprendere la vita nel mondo reale, dal quale vengono
come rigettati. Forse, come sosteneva Nietzsche, il mondo non è ancora
pronto per l’avvento del superuomo.
Tempo Ciclico
Oltre alla figura del superuomo, in Lost è presente anche l’altra grande figura
del pensiero nietzscheano: l’eterno ritorno dell’uguale. Nonostante la
visione lineare del tempo, derivata dalla tradizione ebraica e cristiana, sia
attualmente la più comune e la più accreditata, per le idee di progresso e di
irreversibilità ad essa inscindibilmente legate, la visione ciclica del tempo è
stata per lunghissimi anni predominante. Nelle società primitive,
probabilmente in base all’osservazione del movimento regolare degli astri
celesti e della costanza dei cicli biologici, si rappresentava il tempo secondo
l’immagine di una ruota o di un cerchio che ritorna su se stesso da sempre e
per sempre.
Come le stagioni si ripresentano sempre uguali, nulla accade che non sia già
accaduto. Il futuro perpetua il passato e non c’è evento che non debba
ritornare. Non esiste quindi la storia come succedersi unico e irreversibile di
fatti irripetibili. Questa concezione del tempo influenzò i greci, basti pensare
all’apocatastasi (il sistema temporale circolare degli stoici), ma anche altre
popolazioni in tutto il mondo. Il senso del tempo ciclico verrà ripreso in epoca
moderna da Friedrich Nietzsche che lo esprimerà nel concetto dell’eterno
ritorno dell’uguale. «In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni
combinazione può ripetersi infinite volte». Questo il semplice ragionamento
alla base di uno dei capisaldi della filosofia di Nietzsche. Se le “cose del
mondo” sono di numero finito e il tempo infinito applicando questo concetto
alla vita umana ne risulta che ogni evento che possiamo vivere, l’abbiamo già
vissuto infinite volte nel passato, e lo vivremo infinite volte nel futuro. La
nostra stessa vita è già accaduta, e così ogni attimo di essa. Questo concetto
è ripreso molte volte in Lost: dai flashback sui personaggi, dal ripetersi di
certe situazioni e dai viaggi nel tempo. Nelle prime tre stagioni di Lost durante
gli episodi vengono mostrati i ricordi dei personaggi, che mostrano come le
varie vicende che accadono sull’Isola rappresentino la ripetizione di alcuni
elementi delle loro vite passate. Sawyer sull’Isola troverà l’uomo che uccise i
suoi genitori, Kate rivedrà il cavallo che le permise di sfuggire allo sceriffo,
Sayid scorgerà nella giungla il gatto della donna che aveva torturato, tutti
nell’Isola troveranno il loro passato, come se fosse impossibile sfuggirgli,
neppure naufragando nel mezzo del Pacifico. Seguendo Lost non si può non
notare il ripetersi di certe situazioni, come in un ciclo continuo: alcuni dei
protagonisti lasceranno l’Isola, ma appena tre anni dopo si ritroveranno
nuovamante tutti insieme in un aereo, che precipiterà sull’Isola, riportandoli
indietro dove erano partiti. In una delle ultime puntate, Al di là del mare, ci
viene mostrata la storia dell’Isola, a partire da un anno imprecisato (i
personaggi presenti parlano latino), ed è facile intuire l’idea dell’eterno ritorno,
del continuo succedersi di eventi sempre uguali (o perlomeno simili). La storia
dell’Isola è costituita dall’avvicendarsi di naufragi, i cui sopravvissuti devono
lottare contro i pericoli dell’Isola, finchè avviene un nuovo naufragio e così
via. Questo concetto è esplicitamente dichiarato dal “cattivo” di Lost, mentre
parla degli uomini che giungono sull’ Isola: Arrivano, Combattono,
Distruggono. Finisce sempre nello stesso modo.
Destino e Libero Arbitrio
Strettamente legato al concetto di eterno ritorno è quello di destino: se ogni
azione è destinata a ripetersi, dove sta la libertà dell’uomo? Sono molti i
filosofi che hanno provato a rispondere a questa domanda, dividendosi
principalmente in due opposte linee di pensiero: chi per la necessità degli
eventi, e chi per il libero arbitrio e la contingenza. Cartesio, il fondatore del
razionalismo, estese il dominio della ragione anche alla morale, restituendo
all’uomo l’uso intero del libero arbitrio, rendendolo padrone della sua volontà.
Contro tale concezione si muovono le filosofie di Hobbes e di Spinoza, i quali
rifiutano all’uomo ogni autonomia all’interno della necessità assoluta della
natura, la cui legge può solo essere compresa dall’uomo affinchè raggiunga
la serenità. Anche Hegel vede la necessità della storia, come ritorno dello
Spirito a sè stesso. Contro il sistema hegeliano vanno Shopenhauer e
Kierkegaard, ed è il secondo a dare il via all’esistenzialismo, una filosofia
incentrata sulla singola esistenza dell’uomo, la cui vita è segnata dalla libertà
delle proprie scelte. In Lost il confronto tra destino e libero arbitrio è
impersonato già dai primi episodi dall’opposizione tra John e Jack. Il primo
crede nel destino ed è fermamente convinto di essere sempre stato
predestinato a finire nell’Isola, sulla quale dovrà svolgere un qualche compito.
Jack invece è l’uomo di scienza, per lui l’aereo è caduto per un semplice
problema tecnico e non esiste alcun destino. Questo scontro arriverà al suo
apice all’inizio della seconda stagione: John ha trovato una botola nella
giungla ed è convinto che contenga il motivo per cui è arrivato nell’Isola. Per
Jack quella botola è un semplice mezzo per difendersi dagli “Altri” e non
accetta i discorsi sul destino di John. Un altro momento topico è il finale della
terza stagione, in cui Jack cerca di contattare la nave dei soccorsi per poter
lasciare l’Isola e, nonostante la ferrea opposizione di John, ci riesce: il
destino, quello che li ha tenuti sull’Isola fino ad allora sembra essere stato
sconfitto, ma non è così. In un flashforward si vede Jack, finalmente fuori
dall’Isola, che dice a Kate (un’altra naufraga): Non era destino che
lasciassimo l’Isola, dobbiamo tornare indietro! L’uomo di scienza è cambiato,
a
ma troppo tardi, nel frattempo John è morto. Fino alla 5 stagione è emersa