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Arte suprema:
armonia, equilibrio, colore,terapia…
Edoardo Cetraro V F
Anno scolastico 2007/2008
Liceo scientifico “A. Einstein”
La musica è un linguaggio non meno importante di quello visivo, corporeo o
verbale, in grado di esprimere idee, concetti, sentimenti propri di ogni individuo.
È qualcosa di essenziale che scatena in noi quella capacità della mente di
sottrarsi momentaneamente alla pura ragione e di riportarci a impressioni e
sensazioni vissute in passato, riuscendo a vivificare il nostro animo.
Wackenroder, scrittore tedesco del XVIII secolo, fu tra i primi a mettere in risalto il valore
della musica, affermando:
“La musica mi appare come l'araba fenice, che, leggera e ardita,
s'innalza al volo... e con lo slancio delle ali rallegra gli dei e gli
uomini... ora l'arte dei suoni è per me proprio come il simbolo
della nostra vita: una commovente breve gioia, che s'alza e
s'inabissa, non si sa perché; un'isola piccola, lieta, verde, con
splendore di sole, con canti e suoni...”.
Nei romantici successivi la musica diventa la “regina delle arti” anzi
l’arte romantica per eccellenza, poiché, sprofondando l’ascoltatore in un
flusso indeterminato di emozioni e di immagini, gli fa vivere
l’esperienza stessa dell'infinito.
Richard Wagner, compositore e saggista tedesco del secolo successivo,
affermò inoltre che:
“La musica distrae subito l’intelletto da ogni concezione di nostro
rapporto con le cose a noi esterne, e ci separa al tempo stesso, come
pura forma libera, da ogni obiettività, dal mondo esteriore, lasciandoci
gettare lo sguardo solo nel nostro intimo essere e in quello di tutte le cose”.
Partendo da questi spunti generali, il seguito di questo lavoro vuole evidenziare le espressioni
artistiche più strettamente legate alla musica e alla sua capacità di esaltare il sentimento ( tra
la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento) giungendo infine ad esaminare la fisicità del
suono e la capacità della musica di poter sortire effetti positivi per la salute e il benessere
della persona.
LA REGINA DELLE ARTI
Per Schopenhauer tutte le arti oggettivano la volontà per mezzo di
idee, ma la musica oltrepassa le idee in quanto è l’immagine
immediata della volontà stessa e soprattutto è indipendente dal
mondo fenomenico: perciò l’effetto della musica è tanto più potente
e penetrante di quello delle altre arti perché queste esprimono solo
l’ombra, mentre essa esprime l’essenza noumenica del mondo basata
sulla volontà di vivere. Essa rivela l’intima essenza del mondo, con
semplici suoni e con la massima determinatezza e verità, andando oltre i limiti della ragione.
La musica, ma più in generale l’arte, è un conforto momentaneo alla vita, ha un valore
contemplativo e uno catartico per essenza, in quanto consente all’uomo di elevarsi sopra la
volontà, il dolore e il tempo. Occupa una posizione eccentrica rispetto alle altre arti, in essa
appunto vi è il suono della volontà, per cui diventa l’arte suprema. La volontà è un impulso
cieco e irrazionale, e il linguaggio della musica è il sentimento, contrapposto quindi al
concetto di ragione.
Schopenhauer sostiene nella sua opera, Mondo come volontà e rappresentazione :
«Io ritengo che se si riuscisse a dare della musica una spiegazione completa, esatta e
penetrante nei particolari; se riuscissimo, cioè, a riprodurre per via di concetti quanto la
musica esprime, avremmo insieme ottenuto, per via di concetti, anche una soddisfacente
riproduzione o spiegazione del mondo, che sarebbe la vera filosofia”.
“Senza musica non è più vita” (F. Nietzsche)
Nietzsche afferma che la musica nasce da un’identificazione totale
dell’artista con “l’uno originario, col suo dolore e la sua
contraddizione” e che il prodotto di quest'identificazione è puro, non
riducibile a concetti ed immagini.
“Dio ci ha dato la musica in primo luogo per indirizzarci verso
l'alto. La musica raduna in sé tutte le virtù, sa essere nobile e scherzosa, sa rallegrarci ed
ammansire l'animo più rozzo con la dolcezza delle sue note melanconiche, ma il suo compito
principale è guidare i nostri pensieri verso l'alto, così da elevarci, da toccarci nei profondo”,
così scrisse quando aveva appena quattordici anni.
La musica funge da sutura tra l’uomo e il dionisiaco, prende parte tra le arti non figurative.
Essa è quindi un mezzo per arrivare verso qualcosa di superiore. L’arte, in generale, ha il
compito di presentare il mondo nella trasparenza delle idee platoniche che lo determinano,
ma la musica supera questo livello: in quanto riflesso dell’essenza delle cose, essa precede
ogni forma di oggettivazione.
Nietzsche dà il merito a Schopenhauer di aver riconosciuto alla musica un’origine diversa sa
quella delle altre arti, cioè un’origine metafisica essendo espressione diretta della volontà di
vita e dunque della realtà al di là del mondo fenomenico. La scultura e la poesia epica sono
espressioni dell'apollineo; esse creano immagini, sogni; il dionisiaco, invece, trova la sua
espressione più compiuta nella musica.
Nietzsche identifica nel Tristano e Isotta di Wagner, una perfetta sintesi tra apollineo e
dionisiaco. Tuttavia, successivamente, entra in contraddizione in quanto afferma che la
musica tollera solo con grande difficoltà, al suo fianco, elementi apollinei quali la parola e
l'impianto scenico dell'opera, o i "programmi" che nella seconda metà dell'Ottocento
sembrano essere divenuti indispensabili per qualsiasi espressione di musica sinfonica, anche
d'età precedente. Infatti, da un altro scritto nietzschiano contemporaneo, Musica e parola,
emerge un'estetica musicale incompatibile con la poetica wagneriana del Wort-Ton-Drama,
(“dramma di suono e parola”), espressione coniata per indicare una vera e propria
rivoluzione del teatro musicale, caratterizzato da due elementi quali il Leitmotiv (“tema
conduttore”, è un tema musicale ricorrente associato ad un personaggio, un sentimento, un
luogo, un'idea, un oggetto…) e la melodia infinita, con conseguente abbandono della
distribuzione in strofe e dell'impiego della rima. Difatti in questo scritto Nietzsche afferma la
priorità espressiva della musica sul testo, contrariamente al principio wagneriano secondo cui
la musica deve essere solo il mezzo per conseguire il fine: "Mettere la musica completamente
al servizio di immagini, e di concetti, utilizzarla come mezzo allo scopo di dar loro forza e
chiarezza, questa è la strana arroganza del concetto di "opera”... Perché la musica non può
mai diventare un mezzo anche se la si violenta, se la si vessa, se la si tormenta; come suono,
come rullo di tamburo, ai suoi livelli più rozzi e più semplici essa supera ancora la poesia e
la abbassa ad un proprio riflesso... Certamente la musica mai può diventare mezzo al
servizio del testo, ma in ogni caso supera il testo; diventa dunque sicuramente cattiva
musica se il compositore spezza in se medesimo ogni forza dionisiaca che in lui prende
corpo, per gettare uno sguardo pieno d'ansia sulle parole e sui gesti delle sue marionette".
RITMO E MUSICALITA’ NELLA POESIA
La poesia durante il romanticismo acquisisce profondamente il valore della musicalità, che
ne diventa uno dei principali elementi costituenti.
Leopardi affermando:
“ Le arti imitano ed esprimono la natura da cui si trae il sentimento, la musica non imita e
non esprime che lo stesso sentimento in persona”, si accosta quindi alla formulazione
dell’estetica romantica: essi consideravano per l’appunto la musica come un superamento
della forma in quanto finito e soprattutto apertura all’infinito.
Successivamente anche il simbolismo esalta il valore della musicalità nella poesia.
“Correspondences” (“corrispondenze”), una della più celebri poesie di Baudelaire, viene
considerata una delle premesse al simbolismo, in cui il poeta francese scrive che tutte le cose
hanno tra di loro un legame misterioso, per cui spesso una richiama l'altra, come un profumo
o un colore o una musica richiamano ricordi e tempi lontani. Per i poeti simbolisti la poesia
deve comunicare in forme non razionali, che trovano il loro grande modello appunto nel
linguaggio della musica. Il poeta per intuizioni misteriose ed improvvise coglie il senso
riposto nella realtà, scoprendo collegamenti apparentemente illogici fra oggetti diversi,
associando colori, profumi, suoni di cui riesce a percepire la misteriosa affinità, scegliendo le
parole non per il loro significato concreto ed oggettivo ma per le suggestioni che possono
evocare con il loro suono ed il loro ritmo. La poesia simbolista francese ebbe i suoi grandi
protagonisti in Rimbaud, Verlaine e Mallarmè.
In Italia il simbolismo ebbe un'eco nella poesia di Pascoli ed un riflesso nell’opera di
D'Annunzio. Questi autori ricorrono a tecniche come il simbolo, l’allegoria, e la sinestesia
costruendo delle corrispondenze tra suoni, colori, odori e emozioni attraverso un processo
irrazionale basato su analogie che si sviluppano per associazioni. La musicalità della poesia
diventa intensa, raffinata e capace di significare al di là della semantica tradizionale dando
vita al fonosimbolismo di cui si servirono appunto Pascoli e D’Annunzio. Quindi viene
valorizzato l’aspetto fonico delle parole, stabilendo un particolare rapporto tra il suono di una
parola e il suo significato.
La poetica del simbolismo trova piena espressione in Pascoli nella
prosa il Fanciullino, ma in modi molto moderati rispetto alla coeva
produzione poetica europea, soprattutto quella francese. La poesia di
Giovanni Pascoli nasce dalla capacità di ascoltare la voce della sua
anima e i suoni misteriosi che il mondo interiore gli sussurra. La
musicalità pervade la poesia pascoliana, grazie all’uso frequente di
metafore e analogie, di parole onomatopeiche e ricorso al
fonosimbolismo, a un fitto sistema di rime e all’impiego di versi brevi
che valorizzano ogni singolo elemento lessicale. Egli ricerca quindi una sorta di musicalità
evocativa, accentuando l’elemento sonoro del verso, secondo il modello dei poeti maledetti
come Paul Verlaine.
Appunto Paul Verlaine mette al primo posto l’allusività della
musica, intesa come mezzo tecnico per realizzare l’invito al sogno.
Sfrutta la poesia per raggiungere l’intimo senso della realtà,
penetrando oltre le apparenze. Nel componimento Arte poetica,
-scritto nel 1874 e pubblicato nel 1884 nella raccolta Allora e ora- ,
Verlaine si impose come caposcuola dei primi simbolisti e espose in
versi la sua poetica, che può essere riassunta nel principio “la
musica prima di tutto”: la musicalità del verso di Verlaine deriva dalla costante attenzione al
suono e al ritmo, dalla ripetizione quasi incantatoria di suoni o di versi o di strofe, sostenuta
da una versificazione che disgrega la sintassi della frase per distribuirla su versi brevi e
dispari, giudicati da Verlaine stesso più musicali e leggeri, ricchi quindi di allitterazioni,
assonanze e ellissi. Fuggi da lungi la Punta assassina,
Ars Poetica (Paul Verlaine) Lo spirito crudele e il Riso impuro,
A Charles Morice Che fan piangere gli occhi dell'Azzurro,
Fuggi quest'aglio di bassa cucina!
Sia musica, sia innanzi tutto musica!
Tu devi dunque preferire il Dispari, Piglia l'eloquenza e torcile il collo!
Più vago e più vaporoso nell'aria, Faresti bene, in vena d'energia,
E niente che vi pesi o vi si posi. A tenere un po' a bada anche la Rima.
Fin dove giungerà, se non la guidi?
Ed è indispensabile scegliere
Un poco ambiguamente le parole: Chi mai dirà gli abusi della Rima?
Sia benvenuta la canzone grigia, Quale bambino sordo o negro pazzo
Che il preciso sa unire all'Indeciso. Ha inventato quest'orpello da un soldo
Stonato e vuoto sotto la lima?
Sono occhi belli dietro alcuni veli,
E’ la luce tremante a mezzo il giorno, Sia musica, ancora e sempre musica!
In un cielo ancor tiepido d'autunno, Il tuo verso sia cosa dileguata
L’azzurro intrico delle stelle chiare! Che si intuisce in fuga da un'anima involata
Verso altri cieli, verso altri amori.
E inoltre noi vogliamo lo Sfumato,