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di

El Nagar Samera

Anno Scolastico 2008/2009

J

oanne Rowling, già nel 1971 all’età di sei anni, ha le idee molto chiare

su quello che vorrebbe fare nella vita: scrivere. Non esce mai di casa

senza avere con sé carta e penna su cui scrivere; Joanne continua a

coltivare la sua passione anche andando contro alla famiglia che non

vedeva la carriera da scrittrice come un mezzo per costruire un solido

futuro, infatti studia lingue anziché letteratura finendo per fare

l’insegnante di inglese e francese, la segretaria

bilingue e l’impiegata. Nonostante questo però

la Rowling continua a scrivere. Sempre. In ogni

momento libero della giornata, la sera a casa e

persino in ufficio (pratica che le causerà anche

un licenziamento). Ormai scrivere è diventato, per sua stessa ammissione,

una compulsione e a volte un vero e proprio bisogno, e in certi momenti

tragici della sua vita, sarà anche una vera ancora di salvezza. Scrive due

romanzi per adulti mai terminati cimentandosi anche in vari generi

letterari ma è consapevole che le manca qualcosa, un elemento

fondamentale: l’ispirazione.

In un caldo pomeriggio estivo del 1990, su un treno per Londra, ecco arrivare l’idea che le cambiò

la vita. Mentre guardava annoiata fuori dal finestrino uno

scorcio di campagna inglese, l’immagine di un ragazzino con

folti e spettinati capelli castani, occhialini tondi e una cicatrice

a forma di saetta sulla fronte le balenò nella mente; insieme al

giovane, una quantità di particolari iniziarono ad affollare la

testa di Joanne: una Scuola di Magia in un Castello nascosto in

un angolo remoto della Scozia, un Custode delle sue chiavi e

dei suoi luoghi, fantasmi che l’infestano e gli amici del cuore di

quel ragazzino occhialuto. Ripensando a quel’insolito pomeriggio, la Rowling ha commentato

quel momento così: “Ho avuto una reazione fisica, un vasto flusso di adrenalina, che è sempre

indice del fatto che hai avuto una buona idea”.

Ecco come nasce l’idea di Harry Potter, su un treno che attraversa la campagna

inglese, un’immagine ricorrente in tutti i romanzi:

nel primo è simbolo, per Harry, di un nuovo inizio,

di una nuova avventura per poi diventare, negli

altri romanzi, un elemento caro al protagonista in

quanto lo riporta ad Hogwarts che considera come

la sua vera casa e nell’ultimo episodio della saga vi è una sorta di

circolarità degli eventi in quanto l’autrice decide di far terminare la

storia da dove era iniziata, alla stazione di King’s Cross con il treno per Hogwarts in partenza.

Dal 26 giugno 1997, (il giorno della prima pubblicazione di

Harry Potter e la Pietra Filosofale) i sette libri che

compongono la saga creata da JK Rowling sono stati tradotti

in circa sessanta lingue, comprese quelle morte, e hanno

venduto oltre 500 milioni di copie guadagnandosi il titolo di

“libro più venduto degli ultimi dieci anni”; l’ultimo capitolo

della saga ha venduto circa 72 milioni di copie nel mondo

solo nel primo week end tanto da fare di questo romanzo il

campione assoluto d’incassi nella storia

della letteratura mondiale.

Eppure questa è solo una parte del

fenomeno Harry Potter, il successo dei

libri ha portato alla realizzazione dei

film, i quali a loro volta hanno incrementato la popolarità dei libri, dando

origine ad una mania collettiva che è tutt’ora in fase ascendente.

Il settore del merchandising, di fronte ad un fenomeno di questa portata ha

naturalmente invaso il mercato con le più disparate variabili di prodotti

firmati Harry Potter; oltre ad acquistare ogni tipo di gadget, i fan di tutto il mondo organizzano

spesso raduni o veri e propri eventi a tema e mantengono i contatti attraverso internet (i siti

dedicati ai romanzi di JK Rowling sono centinaia di migliaia).

Se tutto ciò fa parte dell’aspetto positivo del

Potter-contagio, che al limite corre il rischio di

invadere il mercato, esiste anche un rovescio della

medaglia rappresentato principalmente da plagi,

anzi da veri e propri cloni (come per esempio Harry

Potter in Calcutta o Harry Potter and the Crystal

Vase: ma questi sono solo l’inizio di una lunga lista

di romanzi dal contenuto falso ma spacciato per

autentico), e da numerosissime vertenze legali che hanno investito l’opera, l’autrice, la casa

editrice (comprendendo a volte anche l’illustratrice ufficiale) da critiche e accuse da parte di

alcuni estremisti religiosi e di autorità religiose, per cui Harry Potter sarebbe un libro contenente

magia nera e addirittura satanismo, nonostante sia risaputo che la saga è un’opera di

invenzione, una saga fantasy che rientra pienamente nel genere, benché sia fortemente

influenzata anche dal genere classico del romanzo di formazione.

Il termine “maghetto” viene usato per designare il giovane protagonista della saga della Rowling;

un’espressione quanto meno fuori luogo se usata per descrivere l’Harry degli ultimi romanzi, un

Harry quindicenne, sedicenne e diciassettenne che sembra aver del tutto abbandonato i modi

fanciulleschi dei primi romanzi ed essersi avviato precocemente verso l’età adulta.

Quel “maghetto” così abusato da parte di chi ignora la realtà della saga di Harry Potter non tiene

conto del fatto che il suo protagonista è al centro di una crescita fisica e psicologica su cui si basa

l’intera opera, perfettamente visibile nel numero dei romanzi: sette, come sette sono gli anni che

Harry trascorre ad Hogwarts, il luogo della sua formazione culturale e spirituale. Harry non rimane

il ragazzino protagonista di un romanzo per bambini ma bensì, poco a poco diventa il soggetto di

un grande romanzo di formazione, quello che in tedesco è noto come bildungsroman. Il romanzo

di formazione è un genere letterario che nasce in Germania dove ha come massimo esponente

Goethe e il suo “Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister”. Il bildungsroman consiste nella

«storia di un giovane che fa il suo ingresso nella vita avvolto da una felice incoscienza, cerca anime

gemelle, incontra l’amicizia e l’amore ma si scontra, però, con le dure realtà del mondo e dopo

diverse esperienze significative ritrova se stesso e porta a termine il suo destino». Da questa

definizione è facile capire come il genere letterario del “romanzo di formazione” sia presto uscito

dagli ambienti letterari tedeschi del Settecento per essere applicato a una vastissima mole di

opere, dal David Copperfield di Dickens fino al Giovane Holden di Salinger. Nonostante ci siano

molti scettici è innegabile che Harry Potter di J.K. Rowling rientri a tutti gli effetti nella categoria

dei romanzi di formazione. Anche a livello stilistico

si può notare una costante evoluzione: se il primo

romanzo, La Pietra Filosofale, e il secondo, La

Camera dei Segreti, rientrano in un genere

letterario più adatto ai ragazzi grazie a trame

semplici e al fatto che i tre personaggi principali

(Harry, Ron, Hermione) ragionano ancora in

termini di undicenni, nei successivi romanzi tutto

cambia: Harry non percepisce più Hogwarts come

un rifugio sicuro e felice, la realtà sembra farsi più

dura e lo stile si adegua a delle vicende più complesse ed è come se il romanzo crescesse insieme

ai suoi lettori. Nel corso della saga, in effetti, assistiamo al lungo processo di maturazione di Harry.

Egli è un ragazzino del tutto inconsapevole delle proprie

capacità e a cui vengono nascoste le vere origini. La Scuola di

Magia e Stregoneria di Hogwarts è il luogo in cui Harry affronta

la propria crescita e maturazione attraverso un duplice

percorso: da un lato egli impara a conoscere e controllare i

propri poteri che derivano dalla sua eredità magica, dall’altro

egli matura psicologicamente dopo aver affrontato prove

difficili e significative che lo portano alla consapevolezza che la propria forza e le proprie capacità

non derivano dalla magia che ha ereditato ‘biologicamente’ dai suoi genitori, ma dalle qualità che

ha acquisito nel corso del suo processo di crescita.

Molti romanzi di formazione hanno nella scuola o nella figura dell’insegnante uno degli elementi

centrali della vicenda ma va tuttavia notato, e questo Harry Potter lo dimostra chiaramente, come

in realtà la maturazione del protagonista non coincida mai con il

successo scolastico ma segua strade diverse, spesso in opposizione

ad esso. Harry non è certo il primo della classe in tutte le materie

ed anzi vengono sottolineati i suoi costanti insuccessi in alcuni

corsi. Spessissimo egli entra in conflitto con i propri insegnanti,

non soltanto con l’odiato Severus Piton, il professore di Pozioni,

ma anche con altri professori e tra questi non manca lo stesso

Albus Silente (il preside di Hogwarts, nonché potentissimo Mago

che si prenderà particolare cura di Harry duranti i suoi anni a

scuola) che nel quinto e sesto episodio della saga viene spesso

criticato dal ragazzo.

Harry ad Hogwarts impara a conoscere e usare i propri poteri e comincia a conoscere meglio se

stesso e il suo ruolo nel mondo, ma in realtà la sua evoluzione non segue la carriera scolastica: è

indicativo anzi, che al termine del sesto libro, Harry Potter e il Principe Mezzosangue, egli decida di

abbandonare Hogwarts proprio perché consapevole che il passo finale verso la definitiva

maturazione non può avvenire a scuola ma nel mondo esterno. Il romanzo di formazione si

concentra soprattutto sulla difficoltà del suo protagonista ad entrare a far parte armoniosamente

con la società che lo circonda. Harry è un “disadattato”, ignaro di come va il mondo e di quali sono

le leggi che lo regolano. Orfano dei genitori e cresciuto sotto l’oppressiva tirannia degli zii Dursley,

che non gli hanno mai permesso di avere amici o anche solo conoscenti, non facendogli soddisfare

il bisogno di aggregazione; Harry viene tutto d’un tratto sballottato in un mondo sconosciuto in cui

dev’essere totalmente autosufficiente e dove la sua vita è in costante messa in pericolo. Come per

tutti i protagonisti dei bildungsroman, anche per Harry l’incontro con il mondo esterno assume le

connotazioni di un vero e proprio scontro. Il mondo della magia è ad Harry completamente

sconosciuto, diversamente da come accade per gli altri suoi coetanei che al primo anno di

Hogwarts già sanno dalla nascita di essere maghi ed hanno potuto apprendere le prime nozioni

grazie ai genitori.

Addirittura Hermione, anch’ella come Harry ignara della sua vera

natura fino agli 11 anni, ne sa più di lui perché ha già letto tutto il

possibile sul mondo magico. Quando Harry si trova in difficoltà

davanti ad una porta chiusa e Ron la apre con un incantesimo

come se fosse la cosa più semplice del mondo, creature magiche

come i Folletti che gestiscono la Gringott, la banca dei Maghi,

Fantasmi che infestano la Scuola di Magia e molti altri episodi

lasciano Harry basito. Harry non è capace di interagire con i suoi

simili, siano essi maghi o anche “babbani”, proprio perché egli non

si riconosce né negli uni né negli altri.

Cosa Harry sia veramente, quale sia il suo vero posto nel mondo,

sono queste le domande che egli si pone nel corso dei romanzi,

quesiti che si fa un qualsiasi adolescente “comune” in quanto

questo è un periodo dell'età evolutiva caratterizzato dalla

transizione dallo stato infantile a quello adulto dell'individuo e

questo causa una forte instabilità data anche dalla società che non

riconosce un ruolo preciso, al suo interno, per gli adolescenti.

Harry è costretto a vivere con gli zii materni, i Dursley, che

rappresentano la crudezza della realtà, poiché incarnano tutti gli aspetti più negativi di quel

mondo che Harry impara lentamente a conoscere. Vernon Dursley è il “padre padrone” dai valori

piccolo-borghesi che cerca di rendere “normale” quello strano ragazzo che purtroppo deve tenersi

in casa. Di contro, James e Lily Potter vengono da Harry idealizzati al punto che, quando nel quinto

romanzo, Harry Potter e L’Ordine della Fenice, scopre come fosse in realtà suo padre e lo trova

diverso da quell’immagine che si era costruito, Harry non può fare a meno di entrare in crisi.

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