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1942) propose di misurarne almeno il grado di auto-somiglianza, introducendo il concetto di
dimensione frazionaria.
L’idea di dimensione frattale o frazionaria è un’estensione del concetto di dimensione normalmente
usato per descrivere le direzioni nello spazio di oggetti ordinari e regolari come quadrati e cubi. Una
linea è unidimensionale, un quadrato è bidimensionale e un cubo è tridimensionale.
L’idea di Haussdorff consiste nel calcolare quanti piccoli oggetti o unità di grandezza p sono
necessari per coprire un oggetto più grande di grandezza P
In generale, per ogni oggetto frattale di grandezza P costituito da unità più piccole di grandezza p, il
numero N di unità che si possono far entrare nell’oggetto è il rapporto tra le grandezze elevato ad
una potenza d, chiamata dimensione di Haussdorff.
In termini matematici, questo si può scrivere come:
d
N = (P/p) oppure d = log N / log (P/p)
La dimensione non è altro che l’esponente del fattore di scala necessario per determinare la
grandezza corrispondente dell’oggetto aumentato in scala.
Questo modo di definire le dimensioni mostra che anche oggetti familiari, come linea, quadrato e
cubo sono frattali, benché matematicamente siano considerati “banali”: la linea contiene piccoli
segmenti, il quadrato piccoli quadrati, il cubo piccoli cubi.
Applicando il concetto di dimensione di Haussdorff alla curva di Koch si ottiene una dimensione
frazionaria. Supponiamo che, al primo stadio della sua costruzione, la curva a fiocco di neve abbia
lato di 1 cm. Con una risoluzione di 1 cm, la curva appare come un triangolo fatto di 3 segmenti di
retta. Eventuali pieghe più piccole non sono visibili. Se la risoluzione passa a 1/3 di cm, i segmenti
che si scorgono sono 12, ciascuno lungo 1/3 di cm. Ogni volta che l’unità di misura viene ridotta a
1/3, il numero di segmenti visibili aumenta di 4 volte. Nel nostra caso, N=4 e P/p = 3. perciò:
d
3 = 4 d
Log 3 = log 4
d log 3= log 4
d = log 4 /log 3
La dimensione di Haussdorff della curva di Koch è dunque 1,2618…
Ciò non vuol dire che il fiocco di neve si estenda in 1,26 direzioni diverse. La dimensione frattale
produce gli stessi numeri del più usuale concetto di dimensione nel caso di spazi familiari come una
linea, un quadrato, un cubo –cioè 1, 2, 3-, ma si applica a più forme. La dimensione frattale coglie
la relazione tra il numero di elementi costituenti e le loro dimensioni. 6
A seconda della loro sinuosità, le curve frattali possono cadere fra due dimensioni: possono avere
dimensioni tra 1 e 2, in base alla quantità di anse che contengono. Se la curva si avvicina a una
linea, allora ha una dimensione frattale vicina a 1. Una curva che fa molti “zig-zag” riempie
maggiormente il piano ed ha una dimensione frattale vicina a 2. Analogamente, un paesaggio
montuoso frattale può trovarsi fra la seconda e la terza dimensione classica.
Una maggiore dimensione frattale significa un grado maggiore di complessità ed irregolarità della
superficie, ma essa non supera mai la dimensione euclidea dello spazio in cui è racchiusa: un
paesaggio alpino, più accidentato di un paesaggio collinare, non ha mai una dimensione superiore a
3.
Le cartine di una linea costiera molto irregolare mostrano un’altra curiosa proprietà dei frattali.
Passando a scale sempre più piccole, si scopre un numero sempre crescente di particolari e si hanno
lunghezze sempre più grandi. Su un mappamondo, la costa orientale degli Stati Uniti d’America
sembra una linea liscia della lunghezza approssimativa di 4.000 km. La stessa costa, disegnata su un
atlante, appare molto più frastagliata. Quando si aggiungono le lunghezze dei capi e delle baie, la
lunghezza complessiva diventa circa 7.000 km. Se passiamo ad una scala minore e prendiamo
l’intera serie delle carte nautiche e le mettiamo in fila per vedere la vera linea costiera, troviamo una
curva estremamente complessa, lunga quasi 20.000 km. E così via, diminuendo sempre più la scala.
Queste considerazioni suggeriscono che, in conseguenza dell’auto-somiglianza, il semplice concetto
di lunghezza non fornisce più un’adeguata misura della lunghezza vera. Una linea costiera non può
essere considerata una linea retta. 7
Costa orientale degli U.S.A.
Diversamente dalle curve della geometria euclidea, che quando vengono ingrandite diventano linee
rette, le pieghe frazionarie delle linee costiere, delle montagne, delle nuvole non scompaiono
quando ingrandiamo la scale. Se la lunghezza di una linea costiera viene misurata con passi sempre
più piccoli, la sua lunghezza cresce indefinitamente. Poiché il suo contorno è così sinuoso, la vera
lunghezza di una costa frattale è infinita. La lunghezza classica, caratteristica di oggetti
unidimensionali come le curve, non è un concetto valido per oggetti con dimensione frattale
maggiore di 1.
I primi studi matematici
Dal punto di vista matematico, lo studio sistematico delle figure frattali è stato iniziato da Benoit
Mandelbrot (matematico polacco naturalizzato francese, Varsavia 1924) negli anni Settanta. L’idea
2
originale di Mandelbrot è stata quella di iterare la semplice forma ricorsiva x +c dando a x e c
2
valori complessi. Se x è un numero complesso qualunque, elevandolo al quadrato e sommando c si
ottiene un nuovo numero complesso. Ripetendo per questo numero lo stesso procedimento, si
ottiene un ulteriore numero, e così via, indefinitamente.
Nel caso in cui c sia nullo, si possono verificare tre possibilità:
i punti che distano 1 dall’origine (cioè, che stanno su una circonferenza di raggio r=1) non
2
sono mossi dalla trasformazione (perché x è uguale a x, se x=1); 8
i punti che distano meno di 1 dall’origine, che sono cioè interni alla circonferenza di r=1, si
2
muovono verso l’origine (perché x < x, se x<1)
i punti che distano più di 1 dall’origine, che sono cioè esterni alla circonferenza di r=1, si
2
muovono verso l’infinito (perché x >x se x>1).
Ci sono, dunque, due zone di attrazione, verso lo zero e verso infinito, divise da un confine
circolare.
Nel caso in cui c sia diverso da zero, varie cose possono succedere ed il risultato dipende dal valore
che esso assume:
per certi valori di c, continuando ad applicare la regola, il punto nel piano non fa che
allontanarsi sempre di più, generando una successione di punti sempre più distanziati;
per altri valori, il punto non “fugge via”, ma crea forme intricate di straordinaria bellezza.
Tra “fuggire all’infinito” e “rimanere in trappola” vi è una grande differenza. Quali sono i valori
della costante che producono un certo comportamento? Per scoprirlo, Mandelbrot effettuò alcuni
esperimenti al computer. Immaginiamo, ad esempio, di dividere il piano in piccole celle e scegliamo
una costante complessa al centro di una cella. Se la regola “eleva al quadrato ed aggiungi una
costante” porta alla fuga, coloriamo di bianco la cella; se il punto rimane intrappolato, la coloriamo
di nero. Facciamo la stessa cosa con tutte le celle, una alla volta. Otteniamo così una forma
estremamente complicata: un frattale, detto “insieme di Mandelbrot”. La struttura di questo oggetto
geometrico diventa più visibile (e più bella) se si colorano (secondo una qualunque codifica
cromatica) le regioni bianche, a seconda della velocità a cui il punto si dirige verso l’infinito.
Insieme di Mandelbrot 9
Disse Mandelbrot: "Le nubi non sono sfere, le montagne non sono coni, le linee costiere non sono
cerchi, la corteccia degli alberi non è levigata e il fulmine non viaggia in linea retta".
Con la sua teoria, Mandelbrot non volle certo dimostrare che la geometria euclidea fosse sbagliata:
intendeva semplicemente dimostrare che la geometria classica non riesce a rappresentare
determinati aspetti della realtà. La geometria classica resta un modo efficace per descrivere i
cristalli di sale, che sono cubici, o i pianeti, che sono approssimativamente sferici e ruotano intorno
al Sole su orbite ellittiche. La geometria frattale, viceversa, introduce un gruppo di forme
utilizzabili per rappresentare un vasto campo di oggetti irregolari e fornisce agli scienziati un nuovo
metro per misurare ed esplorare la natura.
A causa delle svariate applicazioni dei frattali, Mandelbrot ottenne il premio Wolf (assegnato dal
1978 dalla Fondazione Wolf a scienziati ed artisti viventi) nel 1993, non per la matematica, ma per
la fisica.
Curiosità storiche
Per la curva di Koch, il matematico Ernesto Cesaro (1859-1906) disse: “E’ una similitudine tra il
3
tutto e le sue parti, perfino quelle infinitesimali , che ci porta a considerare la curva di Koch alla
stregua di una linea meravigliosa tra tutte. Se fosse dotata di vita, non sarebbe possibile
annientarla senza sopprimerla al primo colpo, poiché in caso contrario rinascerebbe
incessantemente dalle profondità dei suoi triangoli, come la vita nell’universo…’’ .
Il matematico Charles Hermite (1822-1901), al contrario, dichiarava di "ritrarsi con spavento e
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orrore da questa piaga lamentevole delle funzioni che non hanno derivata” , riferendosi
probabilmente alla proprietà della curva di Koch di avere infiniti punti angolosi (punti di non
derivabilità). 10
I frattali nell’ambiente che ci circonda
La distribuzione delle galassie: l’universo frattale
Già in un articolo pubblicato nel 1970 col titolo “The case for a hierarchical cosmology”,
l’astronomo e cosmologo Gérard de Vaucouleurs sostenne che non c’erano ragioni per supporre che
la distribuzione delle galassie avrebbe finito con l’omogeneizzarsi, più di quante ce ne fossero per
concludere che l’aggregazione di stelle e galassie sarebbe continuata in tutto l’universo, a
prescindere dalla scala. Sulla base dei dati d’osservazione disponibili a quel tempo, de Vaucouleurs
calcolò la distribuzione delle galassie in un modo numerico che Mandelbrot interpretò
“frattalmente”, nel senso che, secondo la sua ipotesi, la geometria di tutte le galassie nell’universo
rappresenta un frattale la cui dimensione è di poco inferiore a 1,25 (simile quindi a quella del fiocco
di neve di Koch).
Nonostante quella di de Vaucouleurs sia ormai una teoria superata, essa ha dato l’input ad
importanti ricerche in campo astronomico degli ultimi anni, una delle quali è l’interpretazione
frattale dell’universo del fisico Luciano Pietronero, direttore dell'Istituto dei Sistemi Complessi del
CNR. L’ipotesi di un cosmo frattale presuppone che esso presenti una struttura irregolare, non
uniforme, che includa immani regioni vuote, chiamate “bolle”.
Le galassie costituiscono i più grandi agglomerati di materia conosciuti. La struttura interna di una
galassia è determinata principalmente dalla forza di gravità dei suoi elementi interni e quindi da
11
meccanismi di natura simile a quelli che governano il nostro Sistema Solare. Sistemi di questo tipo
non manifestano proprietà rilevanti di auto somiglianza.
Ma se consideriamo scale ancora più grandi, e cioè la distribuzione delle galassie stesse
nell’universo, arriviamo a delle conclusioni sorprendenti. Dobbiamo però fare un passo indietro;
consideriamo la quantità di massa in un volume dato: la massa dei solidi pieni cresce con il cubo
della dimensione lineare, quindi solidi come i cubi o le sfere hanno massa e volume direttamente
proporzionali tra loro. I solidi frattali, invece, hanno un diverso comportamento, poiché presentano
molti vuoti al loro interno. La densità di materia in tali solidi decresce al crescere del volume
considerato.
Gli astrofisici non possono certo vedere le strutture frattali nell’Universo; possono però, ricostruirne
mappe tridimensionali e da queste determinarne le caratteristiche statistiche.
Gli studi condotti da Pietronero hanno portato alla conclusione che la distribuzione di materia
nell’Universo segue la legge della densità di materia nei solidi frattali: egli afferma che la densità
delle strutture costitutive delle galassie e dei loro ammassi è auto-simile, cioè ha densità tanto