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Angelica Giovinazzi Il fascino dalla ripetizione

L’EFFETTO DROSTE

Effetto Droste è un termine fiammingo

utilizzato per descrivere un particolare tipo di

pittura ricorsiva.

Il termine Droste si riferisce ad una marca olandese

di cacao sulla cui scatola era presente l’immagine

di un’infermiera che teneva in mano un vassoio

con una tazza e una scatola di cacao della stessa

marca (con la stessa immagine…) e fu coniato dal

poeta e giornalista Nico Scheepmaker, alla fine

degli anni 70.

L’effetto consiste infatti nel posizionare,

riprendere, riprodurre una piccola copia

dell’immagine in questione al suo interno (piccola

copia compresa) creando così un infinita ripetizione

dell’immagine stessa. L’effetto è migliore nel caso in cui

si riesca ad integrare la “copia” in una posizione

credibile o comunque naturale com’era appunto il caso

della scatola di cacao.

Immagini ricorsive

L’Effetto Droste ci riporta immediatamente al concetto di ricorsività. Il

significato di questo termine è in realtà abbastanza generale poiché delinea

l’annidarsi di cose entro cose e le sue variazioni in qualsiasi ambito esso sia

applicabile: un racconto all’interno di un racconto, un’immagine dentro ad

un’immagine, scatole cinesi dentro a scatole cinesi… In alcuni casi, avvicinandosi

pericolosamente ad una circolarità che conduce ad un regresso all’infinito essa sfiora

il paradosso. La ricorsività è in realtà molto più presente in natura di quanto si possa

immaginare: l’albero ad esempio cresce costruendo, a partire dal tronco, copie

sempre più piccole di sé stesso.

10

Angelica Giovinazzi Il fascino dalla ripetizione

ESCHER E L’EFFETTO DROSTE Così sentito spinto ad allontanarmi

sempre più dall’illustrazione

più o meno diretta e realistica

della realtà circostante.

Non vi è dubbio che queste

particolari circostanze sono state

responsabili di aver portato alla luce

le mie “visioni interiori”.

(Maurits Cornelis Escher)

Maurits Cornelis Escher (1898- 1972)

conosciuto principalmente per le sue

incisioni su legno, litografie e

mezzetinte che tendono a presentare

costruzioni impossibili, esplorazioni

dell'infinito, tassellature del piano e dello

spazio e motivi a geometrie

interconnesse che cambiano

gradualmente in forme via via

differenti. Le opere di Escher sono molto

amate dagli scienziati, logici, Figura 3 Galleria di Stampe

matematici e fisici che apprezzano il

suo uso razionale di poliedri,

distorsioni geometriche ed

interpretazioni originali di concetti appartenenti alla scienza, sovente per ottenere

effetti paradossali. In Galleria di Stampe, una delle opere più belle e più inquietanti di

Escher, vediamo un giovane che in una galleria d’arte osserva un quadro che raffigura

una nave nel porto di una cittadina. Su un tetto in pietra sta seduto un ragazzo, mentre

due piani sotto di lui una donna è affacciata alla finestra del suo appartamento che si

trova proprio sopra una galleria d’arte, la stessa galleria d’arte da cui eravamo partiti!

Il paradosso è evidente, sebbene rimangano forti dubbi sulla delimitazione che

intercorre tra realtà, figurazione e rappresentazione: è il quadro di una galleria che

11

Angelica Giovinazzi Il fascino dalla ripetizione

contiene se stessa, di una città che contiene se stessa, di una galleria che contiene se

stessa o è il giovane che contiene se stesso? Escher non avrebbe potuto ultimare il

quadro senza essere incoerente rispetto alle regole secondo cui stava dipingendo il

quadro. Al centro resta quindi una “macchia” bianca, il centro del vortice, che è e

deve essere incompleto. Escher avrebbe potuto renderlo più grande o più piccolo, su

sua arbitraria decisione, ma non avrebbe potuto liberarsene.

Nel 2003, un gruppo di matematici riuscirono a tirare le fila della struttura

matematica dell’immagine. Una volta che essa fu scoperta essi poterono completare

la famosa macchia bianca con l’aiuto di un algoritmo informatico. La loro scoperta,

pubblicata in un documento, fu acclamata non solo nell’ambito dei circoli accademici

ma anche dalla stampa.

Questa è la dimostrazione che Escher utilizzava gli effetti ricorsivi, quali l’effetto

Droste.

LA POP ART

Uno dei casi più noti dell’uso della ricorsività e della ripetizione in arte è la

cosiddetta Pop Art.

La Pop Art è stato definito in Inghilterra un fenomeno artistico che ha avuto

origine in America intorno al 1960 e che di lì si è diffuso rapidamente in tutto il

mondo, creando sconcerto nell’opinione pubblica. La Pop Art ci fa capire che l’uomo

vive in mezzo a oggetti industriali, bombardato da messaggi pubblicitari, moltiplicati

in un numero enorme di copie, ingranditi e occhieggianti dai muri delle vie, stampati

sui giornali e trasmessi nelle case grazie alla televisione. Da tutto ciò siamo

condizionati, e di conseguenza modifichiamo il nostro modo di vedere e di capire

l’immagine. La Pop Art, dunque, o in italiano “Arte Popolare”, pone al centro

dell’attenzione gli oggetti da cui siamo circondati, anche i più banali, quelli a cui

siamo maggiormente abituati e della cui esistenza quasi non ci accorgiamo più. Per

questa ragione si sono visti riferimenti della Pop Art con il Dadaismo e si è parlato di

Newdada.

Il rapporto esiste certamente: in modo particolare con Duchamp. Tuttavia, mentre

i dadaisti esibivano un atteggiamento polemico, la Pop Art vuole piuttosto

interpretare il proprio momento storico, pur non dimenticando la demistificazione

dell’ “oggetto-totem” ma constatando, al contempo, come l’oggetto industriale

possegga una propria bellezza. L’oggetto quindi viene estraniato dal proprio contesto

per evidenziare al meglio la sua “esistenza”, concentrando su di essa la propria

attenzione. 12

Angelica Giovinazzi Il fascino dalla ripetizione

La Pop Art Americana

Nel 1962 il gallerista americano Sidney Janis

organizzò una gigantesca mostra che riuniva tutti coloro

che, in Europa e in America, avevano aderito allo

spirito pop o lo avevano preceduto. La presenza della

Pop Art Americana alla Biennale di Venezia del 1964 né

decretò un successo che nessun altro movimento aveva

avuto in modo così marcato a livello internazionale. Il

modo di operare dei suoi protagonisti prendeva spunto dall’immaginario di massa:

fumetti, pubblicità, oggetti di consumo, ritratti di star. Il soggetto veniva poi

manipolato secondo strategie differenti e, per questa via, ricondotto a una forma

nuova di attenzione.

Le prime opere furono dipinte a tinte forti, realizzati con colori acrilici (i colori

violenti della cartellonistica pubblicitaria) e riproducevano bottiglie di birra, lattine,

strisce di fumetti, segnali stradali, oggetti di consumo, etc... Presto, tuttavia, le

tecniche espressive si moltiplicarono, passando dalla fotografia alla serigrafia, dal

collage alla diretta inclusione di oggetti reali nell'opera. Si trattò di una vera e propria

rivoluzione nell'atteggiamento artistico e nella percezione dell'opera d'arte, privata

dell'aura che la contraddistingueva, in quanto ormai "adeguata" alla realtà comune e

divenuta, in molti casi, seriale. Nella pop art il concetto di serialità e ripetizione non

ha un significato di ricerca armonica e matematica, ma piuttosto un contenuto

ideologico legato alla funzione dell’arte.

ANDY WARHOL …Il problema con i classicisti

è che quando vedono un albero

non vedono altro

e disegnano un albero…

(Andy Warhol)

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Angelica Giovinazzi Il fascino dalla ripetizione

Uno degli artisti più rappresentativi della Pop Art è Andy Warhol. Pittore, grafico

e regista di origine slovacca, è uno degli esponenti più noti della Pop Art: per evitare

l’espressione del sentimento individuale, adotta la tecnica serigrafica, industriale.

Anche i temi prescelti dall’artista sono quelli consueti della vita contemporanea,

stereotipati e condizionanti: divi cinematografici e politici celebri, a livello

internazionale, negli anni Sessanta-Settanta oppure con oggetti da supermercato.

La ripetizione era il suo metodo di successo: su

grosse tele riproduceva moltissime volte la stessa

immagine alterandone i colori (prevalentemente

vivaci e forti). Prendendo immagini pubblicitarie

di grandi marchi commerciali (famose le sue

bottiglie di Coca Cola, le lattine di zuppa

Campbell's, e i detersivi Brillo) o immagini

d'impatto come incidenti stradali o sedie elettriche,

riusciva a svuotare di ogni significato le immagini

che rappresentava proprio con la ripetizione

dell'immagine su vasta scala.

Dipingeva “ciò che si vede ogni giorno”, come

lattine di Coca Cola, ma anche ciò che (persona on

cosa) diventa oggetto di adorazione collettiva. È Figura 4 100 Campbells' Soup

Cans, 1962

sempre in questo spirito che riprodusse immagini

di personaggi molto noti come Marylin Monroe. Il

procedimento che utilizzava era quello di

trasformare i personaggi in icone; le immagini venivano serigrafate secondo il

procedimento della quadricromia, non a caso quello usato dalle riviste, ma nei vari

personaggi veniva accentuato l’effetto del “fuori registro”: i contorni non

coincidevano perfettamente con le aree colorate. Questo serviva a mettere in

evidenzia come ciò che Warhol stava ritraendo non fosse “una persona”, ma la sua

“immagine pubblica” (cioè quella spesso pubblicata dalla stampa). 14

Angelica Giovinazzi Il fascino dalla ripetizione

LACCHE E DORATURA

IL COLLAGE

Il termine Collage (dal francese) indica la tecnica utilizzata per la realizzazione

di opere di ogni livello prodotte per mezzo di sovrapposizione di carte, fotografie,

oggetti, ritagli di giornale o di rivista.

Queste opere o composizioni sono realizzate con l'utilizzo di materiali diversi

incollati su un supporto che può essere di vario tipo ma generalmente rigido. A volte i

collages erano realizzati con carte precedentemente preparate ad acrilico.

LA PITTURA ACRILICA

La tecnica della pittura acrilica risale a pochi

decenni fa. Di pronto indurimento e di una notevole

lucentezza, i pigmenti acrilici sono tempere

scremate, solubili in presenza di acqua, che al posto

dei leganti di tipo organico - tipo l’albume dell’uovo

- hanno agglomeranti del tipo sintetico a base

acrilica, dalla quale prendono il nome.

Recentemente, questa, è diventata una delle tecniche

più impiegate nel mondo dell’arte pittorica, sia come complemento che in

sostituzione di quella a olio. Generalmente la pittura acrilica ha caratteristiche

migliori di quelle della pittura ad olio, poiché essicca in pochissimi minuti e, quando

la pittura è data per stesura, si abbreviano in modo considerevole i tempi di attesa tra

una seduta e l'altra. Essendo un pigmento molto più magro e meno elastico di quello a

olio, è però, più soggetto ad escoriazioni. Le gamme cromatiche dei colori acrilici,

comprese in più archi di tonalità, sono sempre più fredde e più povere di quelle dei

colori ad olio. Occorre fare molta attenzione nella pulizia dei pennelli, devono essere

immediatamente risciacquati per evitarne il danneggiamento provocato dal colore

essiccato. Bastano pochissimi minuti e già il pennello è quasi irrimediabilmente

rovinato. Soltanto nei casi di essiccazione appena iniziata, è possibile recuperare il

pennello, immergendo le sue setole nella pittura stessa, più volte, spennellando su una

superficie.

I pigmenti acrilici sono colori simili alla tempera ed hanno più o meno le stesse

prestazioni, ma con effetti coloristici di brillantezza molto più marcati. Hanno la

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Angelica Giovinazzi Il fascino dalla ripetizione

proprietà di essiccarsi con una velocità estrema, si rendono agevolmente

amalgamabili anche con il pennello dal pelo più tenero e possono essere diluiti con

acqua. In relazione a quest' ultima comodissima proprietà, occorre fare attenzione a

non esagerare, per non rischiare di ridurre la luminosità, la solidità e la stabilità del

colore; è preferibile fare quest' operazione con il "medio" che si trova in commercio,

quello cioè che serve per la preparazione industriale del colore. In questo caso, il

colore asciutto ha tutte le caratteristiche della pittura allo stato originale, meno che la

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