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rivelare chiaramente, in modo inequivocabile (a lettere di fuoco) la sua natura e siano splendidi
come il fiore giallo del croco, che spicca tutto solo in un prato polveroso.
Ah, io ammiro (o invidio o commisero) l’uomo che è sicuro di sé, ha fiducia negli altri e in se stesso
e non riflette sulla precarietà della vita umana, simboleggiata dalla sua ombra che la canicola
(periodo più caldo dell’estate) imprime sopra un muro scalcinato.
Perciò non domandarci, o uomo, la formula magica che possa darti nuove certezze svelandoti i
misteri della vita e dell’universo, ma solo qualche sillaba storta, dura, aspra, secca come un ramo,
che è la più adeguata ad esprimere la nostra disperazione e la nostra desolazione. Pertanto solo
una cosa possiamo dirti: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo, ossia gli aspetti negativi della
nostra condizione umana e quelli altrettanto negativi della storia.
Meriggiare pallido e assorto
Contenuta nella raccolta Ossi di Seppia. È una delle liriche più famose di Montale, in cui il poeta
descrive l’angoscia esistenziale dell’uomo, condannato a vivere in un mondo
incomprensibile, dal quale è impossibile ogni evasione (in questa poesia l’autore cerca di
spiegare il suo etimo psicologico). Vivere, secondo lui, è come camminare a ridosso di una
muraglia irta di cocci aguzzi di bottiglia, oltre la quale non è possibile né andare né vedere. Non ci
sarà mai dato perciò di vedere ciò che è di là del muro, cioè l’essenza, lo scopo, il significato della
vita, non ci sarà mai dato di conoscere la verità, o di raggiungere la felicità assoluta. La lirica è
caratterizzata da una serie di verbi all’infinito che danno il senso della continuità monotona e
senza senso delle varie forme di vita. Un’altra caratteristica è la presenza di parole aspre, secche,
stridule, che fanno parte del linguaggio poetico del Montale. I merli, i serpenti, le formiche e dopo
le cicale, con i loro atti monotoni e ripetitivi, rappresentano il vano affaccendarsi degli esseri
viventi, e quindi anche degli uomini.
Parafrasi
Pallido per l’afa e assorto, meditando cioè sulle cose e gli aspetti della natura, me ne sto all’ombra
nelle ore del meriggio estivo presso un muro d’ombra arroventato dal sole, e ascolto tra i cespugli
spinosi (pruni) ne gli sterpi (le erbe inaridite) i fischi dei merli e i frusci dei serpenti striscianti tra le
erbe.
Nelle fessure del terreno prodotte dalla siccità e sugli steli della veccia (pianta leguminosa
rampicante) scruto le file di rosse formiche che ora s’interrompono, ora s’intrecciano in cima alle
minuscole biche, ai piccoli mucchi di terra dei formicai.
Osservo, attraverso le foglie e i rami degli alberi, il tremolare lontano del mare increspato di piccole
onde, simili a scaglie, a squame d’argento, mentre dai calvi picchi, dalle cime dei monti privi di
vegetazione, si levano i tremuli scricchi, ossia i vibranti stridi delle cicale.
E, camminando nel sole che acceca con la sua luce rovente, penso che tutta la vita, con il suo
perenne travaglio, ossia con le sue continue pene quotidiane, è un mistero insondabile
(incomprensibile, inesplorabile), è simile a questo mio camminare rasente una muraglia cosparsa
in cima di cocci aguzzi (appuntiti e taglienti) di bottiglia.
Spesso il male di vivere
Contenuta nella raccolta Ossi di Seppia. Il tema della poesia è questo: in un mondo misterioso
ed indecifrabile una cosa sola è certa, che la vita è male. Il poeta scrive Indifferenza con la
maiuscola e la chiama divina, forse ricordando Epicuro che la considera prerogativa degli dei, i
quali vivono liberi e beati, del tutto incuranti e distaccati dal mondo e dagli uomini, immuni da pene
ed affanni. Per Montale l’Indifferenza è uno stato di assoluto distacco dalla vita, di totale
estraneità ai travagli e alle ansie dell’esistenza. Nella poesia troviamo espresso il concetto
dell’universalità del dolore, che vediamo diffuso ovunque: nelle cose inanimate (il rivo strozzato),
nel regno vegetale (la foglia incartocciata), e nel regno animale (il cavallo stramazzato).
Caratteristica della poesia è l’efficacia espressiva dei termini usati per indicare il male di vivere.
Infine c’è da rilevare la corrispondenza in chiave antitetica tra gli esempi del male di vivere (il rivo
strozzato, l’incartocciarsi della foglia riarsa, il cavallo stramazzato) e gli esempi della divina
Indifferenza (la statua immobile, la nuvola fresca e soffice, il falco alto e levato).
Parafrasi
Il male di vivere (cioè che la vita è male) si può constatare ad ogni passo: per esempio, nel
ruscello strozzato, ostacolato nel suo corso, che gorgoglia, rumoreggia quasi lamentandosi nel
punto della strozzatura; nel lento incartocciarsi della foglia inaridita e riarsa; nel cavallo
stramazzato, caduto di colpo, sfinito dalle fatiche o dalla vecchiaia.
Nella vita – dice il poeta – non conobbi altro bene che lo stato d’animo prodigioso, imperturbabile
(freddo, impassibile, inalterabile), che ci dona l’Indifferenza.
L’imperturbabilità che essa ci procura, è analoga a quella che vediamo nella statua, nella
sonnolenza inerte del meriggio assoluto, nella nuvola sospesa nell’azzurro del cielo, nel falco alto
levato nell’infinità dello spazio.
Cigola la carrucola del pozzo
Contenuta in Ossi di Seppia. In questa poesia Montale segue la poetica dei poeti simbolisti, che
spesso ritraggono la realtà oggettiva con le sue specifiche caratteristiche, ma nello stesso tempo la
considerano come simbolo di una realtà diversa di carattere spirituale. Qui abbiamo la perfetta
immedesimazione di realtà e di simbolo. Infatti nell’acqua del secchio, che dal pozzo sale alla
superficie, il poeta crede di intravedere il volto di una persona amata che gli sorride; ma quando
egli si accosta, l’immagine s’intorbida e svanisce, e il secchio ricade nel fondo oscuro del pozzo.
Nel mondo in cui viviamo, pensa il poeta, tutto è labile (instabile, passeggero, temporaneo) ed
effimero (fuggevole, precario); perfino i ricordi di momenti felici, quando cerchiamo di riviverli,
sbiadiscono e si dissolvono, perché il tempo tra noi e il nostro passato frappone una barriera
invalicabile e tutto diventa lontano e irrecuperabile.
Parafrasi
La carrucola del pozzo stride, l’acqua sale alla luce e si fonde con essa (cioè diventa anch’essa
chiara, luminosa). Alla superficie del secchio ricolmo affiora un felice ricordo, nel limpido cerchio
dell’acqua sorride l’immagine di una persona cara.
Avvicino il mio volto alle sue labbra che però svaniscono: il passato si altera nella nostra memoria,
invecchia, è come se appartenesse a un altro…
Ahimè, già stride la ruota della carrucola; essa ti restituisce al fondo oscuro del pozzo, o visione,
una distanza fissata dal tempo inesorabile ci divide da noi stessi, impedendoci di riappropriarci del
nostro passato. Il passato infatti appartiene a quell’altro di noi che allora era tanto diverso dal noi di
oggi.
La storia
Contenuta in Satura. Poesia scritta fra l’aprile e l’ottobre 1969, in essa il canto cede il passo ad un
andamento discorsivo, nel quale la riflessione predomina. È il testo del suo più radicale
antistoricismo. Montale parla della impossibilità di rinchiudere il reale in facili formule
interpretative, la storia non insegna nulla, non è maestra di vita.
Big bang o altro
Contenuta in Quaderno di quattro anni. In questa poesia l’affermazione di Montale sembra essere
la seguente: l’universo appare come una vera e propria macchinazione ai danni dell’uomo;
l’idea che possa averlo creato un Dio che somiglia proprio all’uomo fa spavento perché in tal modo
si attribuirebbe a quest’ultimo, almeno di riflesso, la responsabilità di un’opera così mostruosa.
Infatti gli uomini si macchiano anche di delitti, sono ladri e assassini, ma, poiché fanno parte
dell’universo e sono perciò imprigionati nel suo meccanismo perverso, in definitiva non li si può
incolpare, sono innocenti. In questi versi viene negato perciò anche il libero arbitrio, cioè la
possibilità da parte dell’uomo di scegliere fra il bene e il male.
La caduta dei valori
Contenuta nel Diario del ’71 e del ’72. È una poesia abbastanza prosastica. Per il poeta è pura
illusione quella che ci induce a credere che dei valori si siano veramente affermati. In realtà
la vita non tiene conto delle distinzioni e valutazioni elaborate dagli uomini come guida per i loro
comportamenti. L’espressione caduta dei valori nasce dalla convinzione che si sia verificato un
regresso nei costumi di un popolo, rispetto al livello cui era giunto precedentemente. Una
contrapposizione simile si presenta spesso, sia nel rimpianto quotidiano della gente comune per i
tempi migliori di cui (si pensa) hanno potuto godere coloro che ci hanno preceduti, sia nel
vagheggiamento nostalgico contenuto nelle grandi opere letterarie per le condizioni di una volta.
Montale sa che si tratta solo di idealizzazioni di cui gli uomini mostrano di non sapere fare a meno.
La visione della vita non concede illusioni: la storia degli uomini non può essere costretta negli
schemi interpretativi elaborati dagli uomini, e meno che mai nella loro concezione finalistica del
Tutto.
Fine del ‘68
Contenuta in Satura. In essa Montale riflette sulla pochezza del nostro pianeta e di ciò di cui
l’uomo l’ha riempito.
Per finire
Contenuta in Diario del ’71 e del ’72. Questa poesia conclude un’esistenza ed un percorso poetico
in cui il senso della misura e il gusto quali della vita nascosta, appartata, sono diventati una cifra
stilistica. Montale con essa vuole sottolineare la propria vita priva di interesse.
Provo rimorso
Contenta in Satura. La poesia ha il sapore di una rilettura del celeberrimo male di vivere, ma
all’emblema oggettivo del testo antico si sostituisce un realismo quotidiano e volutamente dimesso,
in cui la zanzara schiacciata sostituisce il cavallo stramazzato. L’indifferenza non appare più
essere divina, ma umanissima e minimale, mentre il sarcasmo del poeta si esercita contro uno dei
luoghi del nuovo potere, indicato dall’espressione “consiglio d’amministrazione”.
È ancora possibile la poesia?
Brano tratto da una parte del discorso pronunciato da Montale di fronte all’Accademia di Svezia
il 12 dicembre 1975, in occasione del conferimento del premio Nobel. Più che preoccuparsi di
sé o della sua arte, Montale sviluppa un ragionamento assai preoccupato, che verte sulle
possibilità di sopravvivenza della poesia e dell’arte nel nostro mondo massificato e alienato.
Questo brano prefigura la condizione del poeta contemporaneo. Dopo il poeta romantico,
desideroso di esternare, rivelare le passioni del sentimento e proporsi come guida morale, dopo il
letterato esteta D’Annunzio, spregiatore delle masse, disponibile a tutte le sollecitazioni dei sensi,
è ora il tempo del poeta testimone di una verità segreta. Le convinzioni di Montale, concerne la
poesia, si possono così riassumere:
La vera arte è una realtà inutile, estranea ai meccanismi dell’industria culturale, e perciò non
- può essere misurata
Nell’attuale società di massa l’arte tende a farsi prodotto da consumare e poi gettare
- La sua produzione è così in continuo aumento per soddisfare la domanda dei consumatori
- La poesia in questo modo diventa esibizione, mentre la sua vera natura sarebbe
- accumulazione, crescita nel tempo, elaborazione individuale e interiorizzazione, che non
segue le mode
Per le grandi opere di poesia non è concepibile una vera morte, anche se la
- contemporaneità tende ad allontanarsene
L’arte oggi è in crisi, una crisi epocale, che dura dalle origini, e ne consegue l’inutilità di
- chiedersi quale sarà il destino delle arti, si può solo registrare i sintomi della crisi e della
sofferenza che ne scaturisce, senza però avanzare delle soluzioni possibili, come del resto fa
lo stesso Montale.
La seconda guerra
mondiale
Introduzione
Guerra iniziata nel 1939 con l'invasione della Polonia da parte della Germania nazista. In risposta