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Sintesi
Scienze: anatomia dell'occhio umano; la retina; i fotorecettori e il meccanismo della visione
Estratto del documento

Liceo scientifico statale “M. Curie” di Pinerolo

Esame di stato 2011

Gabriele Martino 5Cif

L’OCCHIO E LA PERCEZIONE DELLA LUCE

IL MECCANISMO DELLA VISIONE E LE SUE ANOMALIE

1

INDICE

ANATOMIA DELL’OCCHIO UMANO………………………………………………………...3

 Sclera e cornea…………………………………………………………………………….3

 Iride e pupilla……………………………………………………………………………...4

 Cristallino………………………………………………………………………………… 4

 Corpo vitreo……………………………………………………………………………….6

LA RETINA……………………………………………………………………………………….6

 Epitelio pigmentato………………………………………………………………………..7

 Fototrasduzione……………………………………………………………………………8

 Pigmenti visivi…………………………………………………………………………….10

I FOTORECETTORI E IL MECCANISMO DELLA VISIONE………………………………....11

 I movimenti dell’occhio…………………………………………………………………...11

 Visione diurna e notturna………………………………………………………………….11

 Fovea centralis…………………………………………………………………………….12

 Papilla ottica…………………………………………………………………………….....13

 Il contrasto…………………………………………………………………………………14

 La percezione dei colori…………………………………………………………………....16

BIBLIOGRAFIA…………………………………………………………………………………..17

2

Viene definita luce l’insieme delle onde elettromagnetiche avente lunghezza d’onda compresa tra

-8 -2

10 cm e 10 cm. Le lunghezze d’onde visibili all’occhio umano sono solo una piccola parte di

queste e vanno da 400 a circa 700 nm. Al di sopra di questo campo c’è la radiazione infrarossa e al

di sotto quella ultravioletta. La maggior parte della luce che riceviamo dal Sole è in forma di luce

visibile con un massimo di circa 500 nm corrispondente alla lunghezza d’onda della luce blu-verde.

L’energia contenuta in un quanto aumenta col diminuire della lunghezza d’onda. I quanti con

lunghezza d’onda minore di 1 nm sono ricchi di energia e in grado di rompere i legami e i nuclei

atomici, mentre quelli con lunghezze d’onda maggiori di 1000 nm non hanno abbastanza energia

per influire sulla struttura molecolare. I pigmenti presenti negli occhi degli organismi viventi sono

stati selezionati dall’evoluzione in modo da catturare l’energia radiante del sole con picchi di

assorbimento entro tali limiti.

La luce riflessa dagli oggetti che ci circondano compie il lungo viaggio attraverso il nostro occhio

che sfocia nella percezione consapevole di immagini.

ANATOMIA DELL’OCCHIO UMANO

L’anatomista Claudio Galeno nel descrivere la struttura del globo oculare si servì di una analogia

efficace: gli strati che lo compongono sono simili ai vestiti (tunicae) che ricoprono una persona,

cioè concentrici ma di diversa forma, materiale e, di conseguenza, funzione. Sono infatti presenti

tre membrane parietali concentriche dall’esterno all’interno: una membrana fibrosa ( formata da

sclera e cornea), una membrana pigmentaria vascolare, l’uvea, formata dalla coroide dal corpo

ciliare e dall’iride, e una membrana nervosa (retina).

SCLERA E CORNEA

Il primo contatto della radiazione luminosa con l’occhio avviene a livello dello strato più esterno, la

sclera o sclerotica ( dal termine sclerotico che significa “indurito e inflessibile”), una membrana

connettiva biancastra dello spessore medio di 1mm la cui parte anteriore, unita tramite il limbo

corneale, è detta cornea.

La sclerotica è negli animali solitamente pigmentata per rendere più difficile capire la direzione

dello sguardo, tuttavia nell’uomo la posizione della pupilla è ben visibile e svolge una parte

importante nella comunicazione non verbale. La sclera si configura come una calotta sferica che dà

forma è rigidità al globo oculare ed è costituita da collagene solido. Le stesse fibre di collagene,

disposte in sottilissime laminette parallele che permettono il passaggio della luce, formano la cornea

avente la forma di un dischetto circolare con la superficie anteriore convessa e quella posteriore

concava. La trasparenza è data anche dal fatto che sia composta per il 75% da acqua e dall’assenza

di vasi sanguigni. Alla sua nutrizione provvedono infatti le ghiandole lacrimali che la umettano

frequentemente ( grazie al veloce movimento delle palpebre) e il retrostante umor acqueo. La sclera

è resa opaca dalla membrana sottostante, la coroide, contenente un pigmento nerastro per evitare

che la luce penetri nell’occhio se non dall’area della cornea la quale dà ai raggi luminosi un lieve

grado di convergenza. La cornea non è perfettamente sferica, cioè il suo grado di curvatura non è

esattamente uguale lungo i vari meridiani della superficie corneale; ciò accade specialmente tra

meridiani perpendicolari. In questo caso se la differenza è accentuata la rifrazione diversa dei

meridiani porta alla formazione di due linee focali di diversa lunghezza. Ne risulta una immagine

confusa. Se una delle due linee si trova sulla retina l’immagine viene percepita normale in una

direzione, ma deforme ( ad esempio allungata ) nella direzione perpendicolare. Tale difetto di

rifrazione viene detto astigmatismo.

3

IRIDE E PUPILLA

La coroide insieme alla zona ciliare( composta da muscolo ciliare e processi ciliari) e all’iride forma

la membrana pigmentaria vascolare denominata da Galeno uvea, data la somiglianza delle

ramificazioni di vasi sanguigni nella parete interna alle venature di un chicco d’uva sbucciato e dei

processi ciliari a grappoli d’uva. La coroide ( da corion , il sacco che circonda il feto) è una

membrana, spessa neanche mezzo millimetro e interposta tra la sclera e la retina, ricca di vasi

sanguigni che nutrono gran parte dell’occhio. Durante lo sviluppo del feto dalla parte anteriore di

questa membrana si sviluppano l’iride e la zona ciliare( composta da muscolo ciliare e processi

ciliari). L’umor acqueo è elaborato dai processi ciliari , minuscole pieghe nella parte posteriore del

muscolo ciliare presenti sempre in numero di 70. Tale liquido viene ricambiato ogni 2 ore tramite

il canale di Schlemm che lo riassorbe portando via con esso i rifiuti.. Dopo aver oltrepassato la

cornea la luce attraversa l’umor acqueo contenuto nella camera anteriore. L’umor acqueo è

composto per il 98% da acqua e per il resto da sali minerali in soluzione e, avendo un indice di

rifrazione sostanzialmente identico a quello della cornea, i raggi passando attraverso esso non

subiscono variazione di percorso. La luce poi raggiunge il cristallino dopo esser stata filtrata dalla

pupilla.

L’ iride è costituito da uno strato connettivo vascolare ricco di vasi sanguigni e dallo sfintere irideo,

un muscolo disposto ad anello intorno alla cavità della pupilla. Tramite due ordini di fibre muscolari

(disposte in senso circolare concentrico e disposte in modo raggiato) tale muscolo regola il diametro

della pupilla. Ad una contrazione delle fibre circolari corrisponde un rilassamento e quindi un

allungamento delle fibre raggiate; ciò comporta un restringimento della pupilla (miosi). Al

contrario, al rilassamento delle fibre circolari e alla contemporanea contrazione delle fibre raggiate

corrisponde un allargamento del foro pupillare (midriasi). Tale meccanismo ha il compito di filtrare

la luce proveniente dall’esterno verso il cristallino poiché l’iride è pigmentato. Il suo colore non è di

uniforme intensità essendo i pigmenti disposti su due cerchi concentrici e in accumuli formanti

piccole macchie di colore. Con il passare del tempo l’ iride si schiarisce ( fino ad assumere, in età

avanzata, il colore bluastro tipico dell’iride dei neonati) e acquista un’ anello blu lattiginoso, detto

arcus senilis, formato dal colesterolo. L’area della pupilla può variare, in risposta a improvvisi

cambiamenti dell’intensità luminosa ( riflesso pupillare ), non più di 5 volte rispetto a quella media

(data dall’equilibrio delle due fibre muscolari), quindi svolge un ruolo ridotto nell’adattamento

dell’occhio alla luminosità dell' ambiente che avviene per la maggior parte a livello della retina (pag

11-12). Dal restringimento della pupilla deriva un miglioramento dell’immagine che si forma sulla

retina, poiché vengono ad essere esclusi i margini della lente, che essendo otticamente imperfetti

introducono una grande aberrazione ottica. Inoltre viene anche ad aumentare la distanza del fuoco

(il punto in cui convergono i raggi luminosi entranti nell’occhio). L’iride divide la camera posteriore

( nella quale i processi ciliari elaborano l’umor acqueo) dalla camera anteriore. La pupilla è posta in

diretta continuazione assiale antero-posteriore con la cornea e con la lente del cristallino.

CRISTALLINO

Una volta attraversata la pupilla, la luce incontra il cristallino avente due funzioni principali: far

convergere i raggi in un unico punto sulla superficie della retina e filtrare i raggi UV ( con ampiezza

minore di 400 nm). Il cristallino è una lente (di diametro di 10 mm e di spessore di circa 5 mm)

trasparente ed elastica biconvessa costituita da una membrana periferica detta capsula, da uno strato

epiteliale e da un sistema di fibre (cellule epiteliali modificate) disposte a strati concentrici. Ha un

potere di rifrazione elevato che gli permette di dare un elevato grado di convergenza ai raggi

luminosi. Isolato dai tessuti circostanti il cristallino galleggia in una sospensione acquosa ed è un

tessuto morto se non per la presenza del sottile strato epiteliale. Infatti le fibre che lo compongono

non sono altro che cellule epiteliali morte impacchettate con proteine trasparenti (dette alfa e beta

4

cristalline) che rimangono immutate per tutta la durata della vita anche se solubili. Durante la

crescita tali proteine formano nuovi strati (fino a 20.000) diminuendo la permeabilità e aumentando

la rigidezza e lo spessore della struttura.

Il cristallino è collegato all’anello dei muscoli ciliari tramite delle fibre raggruppate nelle zonula di

Zinn . Quando l’occhio mette a fuoco un oggetto molto vicino questi muscoli si contraggono

consentendo ai legamenti che tengono sospeso il cristallino di distendersi; in tal modo il cristallino

diviene più spesso e più sferico e quindi la deviazione della luce è più netta. In stato di riposo, i

muscoli rilassandosi mettono in tensione i legamenti sospensori e appiattiscono il cristallino

permettendoci di mettere a fuoco oggetti distanti. Tale meccanismo è detto accomodamento.

Il cristallino rappresenta un filtro estremamente efficiente per la luce ultravioletta e deriva dalla vita

diurna che svolgiamo. Per la loro elevata energia le radiazioni ultraviolette riescono ad attivare le

cellule fotorecettrici sensibili a lunghezze d’onda molto maggiori. Un occhio deve quindi sviluppare

un sistema che non si attivi casualmente e ovunque appena la luce solare lo colpisce. Gli animali di

grandi dimensioni non possono percepire la luce ultravioletta poiché un occhio più grande raccoglie

più luce; esiste infatti un limite oltre il quale il danno potenziale prodotto dalla luce ultravioletta,

quando è concentrata supera i vantaggi dovuti alla possibilità di percepire questa radiazioni. Molti

uccelli e insetti che possono farlo hanno una vita troppo breve perché il danno accumulato sia

significativo.

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