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follia appaiono lo sbocco inevitabile del disagio e della noia di vivere.
Wilde Parimenti il Dorian Gray di Wilde, praticando un edonismo che esclude
ogni forma morale, si contrappone alla società e ai suoi codici, ma in tal modo
va in contro alla morte. Si nota come la pulsione di morte e il vagheggiamento
dell’annientamento siano tematiche sempre presenti nella produzione
decadente.
Rimbaud Diametralmente opposta è invece la visone della vita espressa da
Rimbaud ne Il battello ebbro (chiaro riferimento al poeta), dove non si riscontra
questo languore mortale, ma anzi un fervore attivo, che si esplica nel motivo
del viaggio e dell’ebbrezza come affermazione di libertà assoluta. Tuttavia il
viaggio come fuga verso l’irrazionale rimane la spia del disagio dell’autore.
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2. LO SVILUPPO DEL DANDY: IL DECADENTISMO
Il termine Decadentismo deriva dalla parola francese décadent, che significa
appunto decadente, e si riferisce al sonetto Languore, pubblicato il 26 maggio 1883 su un
periodico francese intitolato Le Chat Noir dal poeta francese Paul Verlaine, che recita:
« Sono l'Impero alla fine della decadenza,
che guarda passare i grandi Barbari bianchi
componendo acrostici indolenti dove danza
il languore del sole in uno stile d'oro. »
L’idea di “decadenza” era propria dei circoli d’avanguardia che si contrapponevano
alla mentalità borghese e benpensante e ostentavano atteggiamenti bohemien e idee
deliberatamente provocatorie ispirandosi al modello “maledetto” di Baudelaire. Tema
questo che fu largamente ripreso da un gruppo di scrittori, riuniti attorno alla rivista Le
Decadent, che trattava proprio i vari aspetti della crisi. Nello stesso anno, Verlaine
pubblica Poètes maudits, opera dedicata ai tre suoi amici Tristan Corbière, Stéphane
Mallarmé, e Arthur Rimbaud, che divennero noti con il nome di poeti maledetti.
La critica ufficiale, per descrivere questi atteggiamenti, usò il termine decadentismo
proprio per sottolineare la sensazione di crollo di una civiltà. Il termine venne usato con
un’accezione negativa, ma gli intellettuali che facevano parte di quel gruppo, definito
come “decadente”, ribaltarono il significato, arrivando ad indicare un privilegio spirituale e
ne fecero una sorta di bandiera da esibire con orgoglio e dedizione.
2.1. La visione decadente del mondo
La base della visione del mondo decadente è un irrazionalismo misticheggiante che
riprende ed esaspera i temi della cultura romantica. Il decadentismo nasce
principalmente come corrente contrapposta al positivismo che costituisce dell’opinione
“borghese” corrente. Il decadente, al contrario, ritiene che la ragione e la scienza non
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possano dare la vera conoscenza del mondo e del reale, perché l’essenza del reale è
misteriosa ed enigmatica. Proprio per questo la sua anima sarà sempre protesa verso il
mistero, l’inconoscibile, in cerca di quegli stati di grazia in cui l’assoluto e l’ineffabile
possano rivelarsi.
In questa visione mistica, ogni forma visibile non è che un simbolo di qualcosa di più
profondo, che sta al di là della realtà e si collega ad infinite altre realtà, creando un’infinita
rete di corrispondenze che solo il decadente, spirito dalla sensibilità superiore, può
cogliere.
La visione decadente propone la coincidenza tra io e mondo, tra soggetto e oggetto,
che avviene sul piano dell’inconscio: in questa zona oscura, l’individualità scompare e si
fonde con un Tutto inconsapevole e immemore. I poeti decadenti si lasciano travolgere
dalla parte irrazionale dell’io, di abbandonano ad essa, convinti che solo così si possa
raggiungere la scoperta di una realtà più vera. La conoscenza si raggiunge quindi
solamente attraverso gli stati abnormi ed irrazionali dell’essere: il delirio, la follia, la
malattia, la nevrosi, l’incubo, l’allucinazione, stati molto spesso ricercati attraverso l’abuso
di sostanze quali l’oppio, l’hashish e l’assenzio (come
testimonia lo stesso Baudelaire ne I paradisi artificiali).
Fondamentali sono anche le altre forme di estasi
quali il panismo e le epifanie. Se io e mondo non sono in
realtà distinti, l’io individuale può annullarsi nel Tutto,
confondersi nella vibrazione stessa della materia, farsi
nuvola, filo d’erba, corso d’acqua e, attraverso questo
annullamento, potenziare all’infinito la propria vita,
renderla come divina.
Le epifanie avvengono quando un particolare
insignificante di un oggetto, all’improvviso si carica di un
intenso significato e affascina come un messaggio
proveniente da un'altra dimensione. Pablo Ricasso, Bevitrice di
assenzio, 1901. Olio su cartone,
65,8x50,8 cm. New York,
Collezione Melville Hall.
2.2. La poetica
Tra i momenti più importanti della conoscenza, per i decadenti, vi è soprattutto l’arte.
Il poeta, il pittore, il musicista, infatti, sono dei veri e propri sacerdoti e veggenti capaci di
guardare là dove l’uomo comune non vede nulla e di scoprire l’assoluto. L'arte diventa
una voce del mistero e il valore più alto, che va al di sopra di tutti gli altri e li assorbe tutti:
anche la vita deve essere il più simile possibile ad un’opera d’arte.
Questo culto religioso dell'arte ha dato origine al fenomeno dell’estetismo.
L'esteta è colui che basa la propria vita non sui valori morali, del bene, del male, il giusto,
l’ingiusto, ma sulla ricerca del bello, e in base al bello giudica la realtà. Arte e vita si
confondono e quest’ultima è tutta filtrata attraverso l’arte: un bel viso, un bel paesaggio
vengono subito associati ad un viso o ad un paesaggio immortalato da un poeta o da un
pittore.
Il bello viene ricercato in oggetti preziosi, quadri, stoffe, gioielli, libri antichi, e la
banalità e volgarità della gente comune vengono scartate, secondo un atteggiamento
tipicamente snobistico, da dandy. I maggiori teorici di questo movimento furono Gabriele
D'Annunzio e Oscar Wilde. 10
L’arte deve avere la caratteristica di essere pura, un’arte fine a se stessa senza
scopi sociali o divulgativi, semplicemente qualcosa di bello di cui godere, secondo il
concetto dell’arte per l’arte.
I decadenti compiono anche una rivoluzione del linguaggio poetico: alle immagini
nitide, chiare, distinte, ora si sostituisce l’impreciso, il vago, l’indefinito. Queste parole
hanno infatti un carattere magico e sono capaci di farci scoprire l’ignoto e di metterci in
contatto con un'altra dimensione. Il poeta decadente parla in primo luogo a se stesso:
infatti rifiuta di rivolgersi al pubblico borghese ritenuto mediocre e volgare. Nel periodo
del grande sviluppo della società di massa, l’artista decadente cerca di essere un
unicum, di differenziarsi dai prodotti scadenti, dai romanzi di appendice.
Le varie tecniche espressive usate dagli scrittori decadenti sono innanzi tutto la
musicalità: la parola non ha solo un significato logico, ma ha una pura fonicità. Infatti la
musica nella visione decadente è l’arte suprema, e provoca vera e propria estasi.
Un'altra tecnica espressiva molto usata è il linguaggio metaforico: la metafora
decadente presuppone una concezione irrazionalistica, è l’espressione di una visione
simbolica del mondo, dove ogni cosa rimanda ad un’altra, allude alla rete di
corrispondenze che unisce le cose in un sistema di analogie universali.
Accanto alla metafora, la poesia decadente fa largo uso anche della sinestesia che
è una fusione di sensazioni: impressioni che colpiscono un senso ci riportano a sensi
diversi. I poeti tendono inoltre alla fusione di vari linguaggi artistici per ottenere degli
effetti ancora più suggestivi e particolari.
2.3. Temi e miti
Tra i temi più significativi che ricorrono nella letteratura decadente il più
L’ammirazione importante è l’ammirazione per le epoche di decadenza. La grecità
per le epoche
di decadenza alessandrina, il periodo della latinità imperiale, l’epoca bizantina sono viste
come età in cui l’esaurirsi delle forze di una società ormai prossima al crollo
si traduce in estrema, squisita raffinatezza.
Al culto per la raffinatezza estenuata di tali epoche si aggiunge il
Perversione e vagheggiamento del lusso raro e prezioso e della lussuria, complicata da
crudeltà perversità e crudeltà. Non a caso è stato scritto che buona parte della
letteratura decadente si colloca “all’insegna del Divin Marchese”, cioè
segnata dal sadismo e dal masochismo, che deriva il suo nome proprio da un
letterato di questo periodo (Leopold von Sacher Masoch).
La malattia in genere è un altro grande tema decadente. La letteratura
La malattia decadente è malata, e tale malattia è il simbolo della società corrotta fino alle
fondamenta e ormai prossima alla fine. La malattia decadente diventa però
anche una condizione privilegiata, un segno di nobiltà e di distinzione, di
quella separatezza sprezzante verso la massa che contrassegna
l’aristocraticismo degli intellettuali di quest’età. Alla malattia umana viene poi
associata la malattia delle cose, amano tutto ciò che è corrotto, impuro,
putrescente: per questo Venezia, in cui si associano sfacelo e raffinatezza,
putredine e bellezza aristocratica, è la città decadente per eccellenza.
La malattia e la corruzione affascinano i decadenti anche perché sono
La morte immagini della morte, tema dominante e ossessivo. L’attrazione per la morte
è evidentemente il simbolo di un dato epocale, di una condizione generale
della società europea e trascrive la consapevolezza di una crisi storica di
eccezionale portata. La malattia non è del singolo individuo, ma della civiltà.
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Sempre all’interno della stessa cultura, al fascino esercitato dalla
Il vitalismo malattia, dalla decadenza e dalla morte, si contrappongono però tendenze
opposte: il vitalismo, cioè l’esaltazione della pienezza vitale, la ricerca del
godimento ebbro, “dionisiaco”, la celebrazione della forza barbarica.
Il vitalismo è tipico infatti del superuomo d’annunziano anche se si
Il superuomo caratterizza subito come una maschera per esorcizzare l’attrazione morbosa
d’annunziano della morte: esso non è che uno degli aspetti della malattia interiore, del
disfacimento e degli impulsi autodistruttivi.
Sia l’attrazione per la morte che il vitalismo sono il segno di
Il rifiuto un’estenuata ricerca del diverso, dell’abnorme e di un rifiuto aristocratico nei
aristocratico
della normalità confronti della morale benpensante e borghese che l’artista ha in orrore.
2.4. Gli eroi
Nella letteratura decadente possiamo individuare alcuni tipi, figure che ricorrono
spesso nella prosa quanto nella poesia. Essi sono:
1. L’artista maledetto: profana tutti i valori e le convenzioni della società
sceglie deliberatamente il male e l’abiezione, persegue un ideale di vita
sregolata, ai limiti delle possibilità umane
2. L’esteta: sostituisce le leggi morali con le leggi del bello ed è alla continua
ricerca di piaceri raffinati. Ha orrore della vita comune e si isola circondato
solo dalla bellezza e dall’arte.
3. L’inetto a vivere (Emilio Brentani, Mattia Pascal, Zeno): è escluso dalla vita
perché non ha energia e si rifugia nelle sue fantasie. Più che vivere si lascia
vivere. E’ un uomo debole, malato che vorrebbe vivere forte emozioni ma è
come paralizzato dalla sua volontà pressoché assente.
4. La donna fatale: lussuriosa, perversa, crudele torturatrice, succhia le
energie vitali dell’uomo e lo porta alla follia. E’ ciò che l’inetto vorrebbe
essere.
5. il fanciullino pascoliano: rifiuta la condizione adulta e la visione matura
della vita. E’ portatore di una visione fresca ed ingenua del mondo ed esprime
l’esigenza dell’irrazionale.
6. Il superuomo d’annunziano: vorrebbe essere l’antitesi degli eroi deboli e
inetti, esalta la forza e la violenza. Il concetto di superuomo ha anche
significati politici: deve rigenerare l’Italia riportandola alla sua grandezza
passata, deve sconfiggere le forze negative del liberalismo, della democrazia
e del egualitarismo, e instaurare una dittatura di eletti, di forti, di aristocratici,
che sottomettono il popolo.