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Sintesi
Introduzione Tesina su Fabrizio De Andrè


La tesina descrive la figura del celebre e innovativo cantautore italiano Fabrizio De Andrè. Tesina maturità argomenti: in Italiano: Edgar Lee Masters, in Storia il fascismo, in Storia dell'arte Grant Wood (Gotico americano), contenuti extra: l'intervista di Fernanda Pivano a Fabrizio De Andrè.


Collegamenti

Tesina su Fabrizio De Andrè


Italiano: Edgar Lee Masters.
Storia: Il fascismo.
Storia dell'arte: Grant Wood (Gotico americano).
Contenuti extra: L'intervista di Fernanda Pivano a Fabrizio De Andrè.
Estratto del documento

Eppure non danneggio nessuno

seguendo la mia strada di uomo tranquillo.

Ma alle persone per bene non piace che

si segua una strada diversa dalla loro…

No, alle persone per bene, non piace che

si segua una strada diversa dalla loro… Georges Brassens

LA M U S I C A

L’influenza del francese Brassens si fece fortemente sentire anche sotto il punto di vista

prettamente musicale.

Le composizioni di Fabrizio, presentavano un singolare e inedito mix tra musica Folk e musica

classica, scelta alquanto azzardata in un periodo nel quale il panorama musicale offriva perlopiù

musica leggera. Inoltre, agli inizi venne considerata piuttosto insolita da parte dei critici che De

Andrè di non utilizzasse la batteria appunto perché il suo scopo, tuttavia, era quello di mettere in

risalto i testi.

L’effetto anacronistico prodotto dalle musiche e dagli arrangiamenti dei primi quarantacinque

giri si rivela un elemento capace di creare una sensazione di lontananza, di sospensione nel tempo

in cui si muovono personaggi come Michè e come Piero. Anche quando le storie di De Andrè si

riferiscono alla cronaca contemporanea, galleggiano in un’epoca dai contorni incerti e dove

l’ambientazione sonora è semplice e retrò che ad un certo punto lascia il posto a violini, oboi o

trombe che sottolineano la qualità superiore del prodotto.

Nel corso degli anni De Andrè ricerca un tipo di musica al passo coi tempi ed è portato a

sinfonizzare la sua musica, ad “americanizzarla” o a “mediterraneizzarla”. Riascoltando la

produzione di tutti questi anni si ha l’impressione che il suo rapporto con la musica sia

caratterizzato dalla volontà di liberare, per quanto possibile, il testo dagli schemi obbligati che

l’arte dei suoni tende a imporre; in fondo il suo ideale sembra essere quello di un testo cantato

che si muova secondo l’impulso della melodia, sopra un accompagnamento più armonico che

ritmico. In effetti De Andrè considera la melodia non come uno schema obbligato, ma come una

sorta di traccia, alla quale il testo si adatta senza lasciarsi condizionare rendendolo libero.

Cosa farò io? Me ne starò in disparte, perché un’artista che canti o scriva deve mantenere un

equilibrio di giudizio, guardando la realtà dalla cima di una montagna scegliendosi così la

solitudine volontaria, responsabile solamente di sé stessi senza legge, né gregge.

Fabrizio De André

LA PO ET I C A E I PER S O N A G G I

Fabrizio De Andrè è il maggior esponente della cosiddetta Scuola Genovese, la quale si

proponeva di rinnovare il repertorio canzonettistico di quegli anni, prendendo spunto dagli

chansonniers d’oltralpe (in particola Brassens) attraverso parole, musiche e tematiche

innovative.

La straordinaria fantasia poetica di De Andrè scaturisce da una indignazione morale e da una

solidarietà, a volte strettamente personale, nei confronti delle minoranze.

In interi popoli perseguitati, come i pellerossa d’america, i palestinesi e i sardi e nelle singole

persone emarginate e ferite, come impiccati, pensionati, ladri crocifissi o da crocifiggere, vecchi

alcolizzati e soldati morti, il cantautore riscontra una umanità dolente che deve affidarsi alla

misericordia dei giusti e soprattutto di Dio.

De Andrè attraverso le sue canzoni, ha narrato piccole grandi vicende della nostra storia recente,

come la morte di Pasolini e di Tenco, il dramma delle minoranze zingare e palestinesi, la stagione

ricca e tragica del Maggio francese e delle bombe italiane, la squallida epopea dei vari mafiosi

degli anni 80’ e 90’. Si è anche interessato a piccole storie quotidiane presentando un universo

pieno di prostitute, vagabondi e omicidi, che vengono sempre colti nel loro aspetto più umano e

grazie a ciò resi archetipi positivi della ribellione anti-borghese.

Per rafforzare le sue composizioni, De Andrè tende ad intensificare e a mettere in risalto quelli

che sono i problemi della vita quotidiana. E’ da questo punto che ne deriva la definizione di

narratore di storie mosso da un presupposto etico e di solidarietà umana; la sua forte sensibilità

lo porta a sentire “l’altro” e il “diverso”, non come una minaccia, ma bensì come una ricchezza.

Possiamo affermare con certezza che la poetica di De Andrè è di chiaro stampo etico ideologico

e di conseguenza realistica; queste caratteristiche permangono sia che egli adotti la tecnica del

racconto favolistica, sia che adotti quella di un reportage di cronaca.

Alla volontà di identificarsi con gli ultimi, si può far risalire la scelta di De Andrè di utilizzare

nei suoi dischi, i dialetti e le lingue delle minoranze, in quanto rispetto all’italiano sono le lingue

della resistenza al potere, che usa sempre una lingua colta. Egli infatti canta, oltre che in italiano,

in dialetto sardo, genovese e napoletano. Tutto ciò non dovrebbe però stupirci essendo a

conoscenza della dimensione plurilinguistica di De Andrè: l’influenza francese dei poeti e dei

grandi chansonniers; l’italiano, quello colto e quello regionale; le canzoni di Bob Dylan e

Leonard Cohen; i dialetti genovese e sardo, essendo vissuto tra Genova e la Sardegna.

De Andrè è stato molto influenzato anche dalle letture giovanili, ma la sua coscienza e le sue

idee si formano a partire dall’approccio con Geroges Brassens, al quale va riconosciuto il suo

futuro artistico e politico. Infatti, ascoltando la sua musica studiandone i testi, Fabrizio,

comincerà a sentire sempre più vicina la “commedia umana” e il suo anarchismo.

alcune etnie “primitive”, il compito fondamentale di liberare dalla

Il canto ha ancora oggi, in

sofferenza, di alleviare il dolore, di esorcizzare il male. Fabrizio De André

D I S C O G R A F IA 1) Volume I – anno 1967

2) Tutti morimmo a stento – anno 1968

3) Volume III – anno 1968

4) La buona novella – anno 1970

5) Non al denaro, non all’amore né al cielo – anno 1971

6) Storia di un impiegato – anno 1973

7) Canzoni – anno 1974

8) Volume 8 – anno 1975

9) Rimini – anno 1978

10) Indiano – anno 1981

11) Creuza de mà – anno 1984

12) Le nuvole – anno 1990

13) Anime salve – anno 1996

River l’ho letto da ragazzo, avrò avuto diciotto anni. Mi era piaciuto, e non so perché

Spoon

mi fosse piaciuto, forse perché in questi personaggi ci trovavo qualcosa di me. Poi mi è capitato

di rileggerlo, due anni fa, e mi sono reso conto che non era invecchiato per niente. Soprattutto

mi ha colpito un fatto: nella vita, si è costretti a pensare il falso e a non essere sinceri; nella

morte, invece, i personaggi di Spoon River si esprimono con estrema sincerità, perché non

hanno più da aspettarsi niente, non hanno più niente da pensare. Così parlano come da vivi

non sono mai stati capaci di fare. Fabrizio De Andrè

5 ”

Nel 1971 Fabrizio De André pubblicò l’album Non al denaro non all’amore né al cielo ,

liberamente tratto dall’Antologia di Spoon River. De André scelse nove delle 244 poesie e le

trasformò in altrettante canzoni. Le nove poesie scelte toccano fondamentalmente due grandi

temi: l’invidia (Un matto, Un giudice, Un blasfemo, Un malato di cuore) e la scienza.

In questi due gruppi si possono scoprire delle simmetrie: il giudice perseguitato da tutti trasforma

la sua invidia in sete di potere e si vendica, il chimico è tanto preso dalla scienza e dalla ricerca

di un ordine perfetto da essere incapace di amare. Il malato di cuore, invece, rappresenta

l’alternativa all’invidia, purché essendo in una situazione tale da poter invidiare tutti gli altri,

riesce a vincere l’invidia grazie all’amore invece di lasciarsi trasportare dall’egoismo.

I buoni propositi del medico vengono schiacciati dal sistema che lo obbliga a essere disonesto,

mentre l’ottico vuole trasformare la realtà e mostrarci un’altra realtà più vera.

Il suonatore Jones è l’unico in questa raccolta di poesie a cui De André lascia il nome. Infatti,

mentre nelle poesie originali di Edgar Lee Masters ogni personaggio ha un nome e un cognome,

i titoli delle canzoni di De André sono generici (un giudice, un medico) per sottolineare che le

storie di questi personaggi sono esempi di comportamenti umani che si possono ritrovare in ogni

epoca e in ogni luogo.

Il suonatore Jones, il personaggio con cui l’album si chiude, invece è unico, rappresenta

l’alternativa alla vita vista come lotta per raggiungere i propri scopi. Per tutta la sua lunga vita il

suonatore Jones ha fatto quello che più gli è piaciuto e per questo è morto senza rimpianti. Senza

dubbio il suonatore Jones era anche il personaggio al quale De André avrebbe voluto

assomigliare. Per Jones la musica non è un mestiere, è una scelta di libertà; anche De André

soprattutto negli ultimi anni ha cercato di svincolarsi dalla prigione della musica come mestiere,

pubblicando gli ultimi album a una distanza di sei anni uno dall’altro e riducendo le apparizioni

in pubblico.

ED G A R LEE M A S T ER S

Edgar Lee Master è l’autore de l’Antologia di Spoon River dalla quale Fabrizio prese ispirazione,

e nasce a Garnett, Kansas, il 23 agosto 1869. Viene cresciuto nella fattoria dei nonni a Petersburg

ma a undici anni si trasferisce con la famiglia in un’altra piccola città, bagnata dal fiume Spoon.

a scrivere poesie sotto l’influenza di un insegnante di liceo, e qualcuna gli viene

Incomincia

pubblicata su un quotidiano locale.

A ventitré anni parte per Chicago in cerca di fortuna e, dopo aver tentato la strada del

giornalismo, è costretto ad entrare nello studio di un famoso penalista. Frequenta gli ambienti

culturali di Chicago e scrive poemetti storici, tragedie in versi e sonetti; nel 1916 esce la sua

opera di successo The Spoon River, successivamente scrive un’autobiografia e delle biografie,

romanzi, racconti e ancora versi, ma di scarso valore e fortuna. Master è comunque in miseria e

sopravvive grazie a qualche conferenza e ai prestiti di alcuni amici. All’età di ottantuno anni, il

6 marzo 1950, muore in seguito a una polmonite.

LE O PER E

Prima e dopo Spoon River, nonostante la tenacia e la buona volontà, Edgar Lee Master non è più

riuscito a produrre nulla di valore. Sin da giovane aveva scritto poesie, poi pubblicate in volume

nel 1898. nel 1902 aveva portato diligentemente a termine una tragedia in versi, Massimiliano.

Nel 1905 aveva dato alle stampe un poemetto storico, Il sangue dei profeti. Ha scritto le poesie

che formano l’Antologia di Spoon River tra il maggio 1914 e i primi di gennaio del 1915. Quando

esce nell’edizione newyorkese del 1916 contiene 244 epigrafi più la collina come prologo. La

sua autobiografia Across Spoon River è del 1936; tra il 1916 e il 1942, anno di pubblicazione

del suo ultimo libro, scrisse dozzine di raccolte di versi, alcuni lavori teatrali, un buon numero

di racconti e cinque biografie.

A N T O LO G IA D I S PO O N R I V ER

Inquadramento generale tematica: la versione originale fu pubblicata a puntate nel 1914

– 1915. L’antologia è composta da 243 poesie più i versi di La Collina come prologo.

Il libro è strutturato su liriche che descrivono sottoforma di epitaffi, storie e commenti delle

vite degli abitanti di Illinos, paese che sorge sul fiume Spoon (Chicago), dove si trasferì Master

nel 1891. I singoli componimenti possono essere definiti dei monologhi confessione

pronunciati dagli stessi abitanti che pur avendo storie diverse, sono collegati tra loro dallo stesso

dramma collettivo di una vita disperata. Le poesie parlano del regno dei morti, regno in cui

finalmente la giustizia viene rivendicata.

nell’antologia i morti raccontano in maniera quasi ossessiva alcuni dettagli

Tema dominante:

delle loro vite; sono come inchiodati in un attimo decisivo della loro esistenza, e portano con

sé un ricordo, un’immagine o un’emozione della loro vita terrena, descritta con poche parole

delle epitaffi delle loro tombe. Tutti sembrano denunciare un desiderio di riscatto per non essere

stati ciò che volevano essere, quasi tutte le storie infatti, descrivono fallimenti ed esperienze da

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