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Sintesi
Storia: prima guerra mondiale;

Latino: Seneca;

Filosofia: lo stato Anti Hegeliano;

Italiano: i simbolisti (confronto con Rimbauld);

Storia dell'arte: Manet;

Inglese: Oliver Twist;

Fisica: Albert Einstein;

Chimica: i fuochi fatui.
Estratto del documento

Benedetto Croce diceva che fino all'età dei diciotto

“ anni tutti scrivono poesie.

Dai diciotto anni in poi rimangono a scriverle due

categorie di persone: i poeti e i cretini.

E quindi io precauzionalmente preferirei

considerarmi un cantautore. ”

Faber: Emarginati, ribelli e prostitute. 2

Chi era Faber.

Fabrizio De André nasce il 18 febbraio 1940 a Genova (Pegli) 12.

Nella primavera del 1941 il padre, antifascista, visto l'aggravarsi della situazione a causa

della guerra acquista nei pressi di Revignano d'Asti, la Cascina dell'Orto dove Fabrizio trascorre

parte della propria infanzia con la madre e il fratello Mauro, maggiore di quattro anni. Qui il

piccolo "Bicio" impara a conoscere tutti gli aspetti della vita contadina, integrandosi con le

persone del luogo e facendosi benvolere dalle stesse. E' proprio in tale contesto che cominciano a

manifestare i primi segni di interesse per la musica: un giorno la madre lo trova in piedi su una

sedia, con la radio accesa, intento a dirigere un brano sinfonico a mò di direttore d'orchestra.

Nel 1945 la famiglia De André torna a Genova. Nell'ottobre del 1946 il piccolo Fabrizio viene

iscritto alla scuola elementare presso l'Istituto delle suore dove inizia a manifestare il suo

temperamento ribelle e anticonformista. Gli espliciti segnali di insofferenza alla disciplina da parte

del figlio inducono in seguito i coniugi De André a ritirarlo dalla struttura privata per iscriverlo in una

scuola statale. Nel '51 De André inizia a frequentare la scuola media ma una sua bocciatura, in

seconda, fa infuriare il padre in maniera tale che lo demanda, per l'educazione, ai

severissimi gesuiti.

Di ritorno dalla Francia il padre gli porta in regalo due 78 giri di Georges Brassens del quale il

musicista in erba inizia a tradurne alcuni testi. Seguono gli studi ginnasiali, liceali ed infine universitari

(facoltà di giurisprudenza), interrotti a sei esami dalla fine. Il suo primo disco esce nel '58 ("Nuvole

barocche"), seguito da altri episodi a 45 giri, ma la svolta artistica matura diversi anni dopo,

quando Mina gli incide "La Canzone di Marinella", che si trasforma in un grande successo.

Tra i suoi amici di allora ci sono Gino Paoli, Luigi Tenco, Paolo Villaggio. Nel 1962 sposa

Enrica Rignon e dal loro matrimonio nasce il figlio Cristiano.

Sono i modelli americani e francesi del tempo a stregare il giovane cantautore che

s'accompagna con la chitarra acustica, che si batte contro l'ipocrisia bigotta e le convenzioni

borghesi imperanti, in brani diventati poi storici come "La Guerra di Piero", "Bocca di Rosa", "Via del

Campo". Seguirono altri album, accolti con entusiasmo da un pugno di cultori ma passati sotto

silenzio dalla critica.

Solo dal 1975 De André, schivo e taciturno, accetta di esibirsi in tour. Nel 1977 nasce Luvi, la

seconda figlia dalla compagna Dori Ghezzi. Proprio la bionda cantante e De André vengono rapiti

dall'anonima sarda, nella loro villa di Tempio Pausania nel 1979.

La consacrazione internazionale arriva con "Creuza de ma", nel 1984 dove il dialetto ligure e

l'atmosfera sonora mediterranea raccontano odori, personaggi e storie di porto. Il disco segna una

pietra miliare per l'allora nascente world music italiana ed e' premiato dalla critica come miglior

album dell'anno e del decennio.

Nel 1988 sposa la compagna Dori Ghezzi, e nel 1989 intraprende una collaborazione

con Ivano Fossati .

L'11 gennaio 1999 Fabrizio De André muore a Milano, stroncato da un male incurabile. I suoi

funerali si svolgono il 13 gennaio a Genova alla presenza di oltre diecimila persone.

Faber: Emarginati, ribelli e prostitute. 3

De Andrè e la guerra.

“Questa canzone la dedichiamo a quelli che Platone chiamava, in modo

poetico, i figli della luna; alle persone che noi chiamiamo gay oppure, per una

strana forma di compiacimento, diversi, se non addirittura culi. Mi fa piacere

cantarla così, a luci accese, a dimostrare che oggi si può essere semplicemente se

stessi senza bisogno di vergognarsi.”

[Presentazione durante il concerto tenuto al Teatro Smeraldo di Milano (19/12/'92)]

Andrea

Andrea s’è perso, s’è perso, e non sa tornare.

Andrea s’è perso, s’è perso, e non sa tornare.

Andrea aveva un amore: Riccioli neri.

Andrea aveva un dolore: Riccioli neri.

C’era scritto sul foglio ch’era morto sulla bandiera.

C’era scritto e la firma era d’oro, era firma di Re.

Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia.

Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia.

Occhi di bosco, contadino del regno, profilo francese.

Occhi di bosco, soldato del regno, profilo francese.

E Andrea l’ha perso, ha perso l’amore la perla più rara.

E Andrea ha in bocca un dolore, la perla più scura.

Andrea raccoglieva violette ai bordi del pozzo.

Andrea gettava Riccioli neri nel cerchio del pozzo.

Il secchio gli disse – Signore il pozzo è profondo

Più fondo del fondo degli occhi della Notte del Pianto.

Lui disse – Mi basta che sia più profondo di me.

Lui disse – Mi basta che sia più profondo di me.

Faber: Emarginati, ribelli e prostitute. 4

Analisi del testo

E’ una canzone contro la guerra sullo sfondo di una storia d’amore omosessuale.

L’amore di Andrea, “riccioli neri”, muore combattendo per la propria patria e Andrea

apprende la notizia leggendo il foglio con “la firma di re”.

Si osservi il verso “Andrea l’ha perso, ha perso l’amore” indica che il ragazzo morto (il

soldato) non è Andrea bensì il suo innamorato (alle donne non era concesso arruolarsi,

ricordiamo), tesi confermata dal verbo che De Andrè usa nel verso successivo “Andrea ha”, quindi

Andrea non è morto ma vivo e soffre.

Andrea disperato raggiunge un pozzo e dopo avervi gettato una ciocca di riccioli neri si

suicida buttandosi nel pozzo che bastava fosse “più profondo di me”.

L’Italia e la Prima guerra

Pochi giorni dopo lo scoppio della guerra, il 3 Agosto 1914, il governo guidato dal

conservatore Antonio Salandra dichiarò che l'Italia non avrebbe preso parte al conflitto, forte del

fatto che la Triplice Alleanza aveva carattere difensivo, mentre in questo caso era stata l'Austria-

Ungheria ad attaccare. In realtà, sia Salandra sia il ministro degli esteri Sidney Sonnino avviarono

presto trattative con i due schieramenti (Triplice alleanza e Triplice intesa) per capire cosa

avrebbero potuto ottenere da una o dall'altra parte. E, anche se la maggioranza del parlamento

era assolutamente contraria all'entrata in guerra, primo tra tutti l'ex presidente del Consiglio Giolitti,

molti intellettuali e alcuni politici si schierarono con gli «interventisti», per lo più nazionalisti e parte

dei liberali.

Alla fine, il 26 Aprile del 1915, al termine di un'ardua trattativa, l'accordo con l'Intesa si

concretizzò nel Patto di Londra, firmato da Sonnino all'insaputa del Parlamento Italiano. Con il

Patto di Londra l'Italia ricevette la promessa di ottenere, in caso di vittoria, le “terre irredente”

(Trento e Trieste).

Così il 3 Maggio, l'Italia si disimpegnò dalla Triplice Alleanza, mentre i nazionalisti

manifestavano in piazza per l'entrata in guerra, i parlamentari neutralisti ricevettero minacce e

intimidazioni, (lo stesso Giolitti dovette assumere una scorta). Il 13 Maggio Salandra presentò al re le

dimissioni; Giolitti, nel timore di approfondire una grossa frattura all'interno del paese, di provocare

una crisi istituzionale di larga portata e di compromettere il paese all'esterno, rinunciò alla

successione e fece in modo che l'incarico venisse conferito nuovamente a Salandra. L'Italia entrò

perciò in guerra per volontà di un gruppo di relativa minoranza, chiamando a combattere i militari

lungo più di 750 Km di fronte, che andavano dal Mare Adriatico al confine svizzero.

« Cittadini e soldati, siate un esercito solo! Ogni viltà è tradimento, ogni discordia è

tradimento, ogni recriminazione è tradimento. » (Vittorio Emanuele III)

L'Italia dichiarò guerra all'Austria-Ungheria la sera del 23 maggio 1915 e il 24

Maggio 1915 dal Forte Verena, sull'Altopiano di Asiago, partì il primo colpo di cannone verso le

fortezze austriache situate sulla Piana di Vezzena. Quindici mesi più tardi l'Italia dichiarerà guerra

anche alla Germania. Il comando delle forze armate italiane fu affidato al generale Luigi Cadorna.

Si arrivò così a una guerra di trincea simile a quella che si stava svolgendo sul fronte occidentale:

Faber: Emarginati, ribelli e prostitute. 5

l'unica differenza consisteva nel fatto che, mentre sul fronte occidentale le trincee erano scavate

nel fango, sul fronte italiano erano scavate nelle rocce e nei ghiacciai delle Alpi, fino e oltre i 3.000

metri di altitudine. Il 24 Ottobre gli Austro-Ungarici e i tedeschi sfondarono il fronte dell'Isonzo a nord

convergendo su Caporetto e accerchiarono la 2ª Armata italiana, da lì gli austriaci avanzarono

per 150 km in direzione sud-ovest raggiungendo Udine in soli quattro giorni. La Disfatta di

Caporetto provocò il crollo del fronte italiano sull'Isonzo con la conseguente ritirata delle armate

schierate dall'Adriatico fino alla Valsugana, oltre alle perdite umane e di materiale.

In seguito Cadorna venne sostituito, per volere del nuovo presidente del consiglio Vittorio

Emanuele Orlando, dal generale Armando Diaz, l'8 Novembre 1917, dopo che la ritirata si stabilizzò

definitivamente sulla linea del monte Grappa e del Piave.

Gli Austro-Ungarici fermarono gli attacchi in attesa della primavera del 1918, preparando

un'offensiva che li avrebbe dovuti portare a penetrare nella pianura veneta. La fine della guerra

contro la Russia fece sì che la maggior parte dell'esercito impiegato sul fronte orientale potesse

spostarsi a ovest.

L'offensiva Austro-Ungarica arrivò il 15 giugno: l'esercito dell'Impero attaccò con 66 divisioni

nella cosiddetta battaglia del solstizio, che vide gli italiani resistere all'assalto e infliggere al nemico

pesantissime perdite. Gli Austro-Ungarici, per i quali la battaglia del solstizio era l'ultima possibilità

per dare una svolta al conflitto e ribaltarne le sorti, persero le loro speranze, e con i popoli

dell'impero asburgico sull'orlo della rivoluzione. L'Italia anticipò a Ottobre l'offensiva prevista per il

1919, impedendo la prosecuzione dell'offensiva.

Da Vittorio Veneto il 23 Ottobre partì l'offensiva, con condizioni climatiche pessime. Gli

italiani avanzarono rapidamente in Veneto, Friuli e Cadore e il 29 Ottobre l'Austria-Ungheria si

arrese. Il 3 Novembre, a Villa Giusti, presso Padova l'esercito dell'Impero firmò l'armistizio; i soldati

italiani entrarono a Trento mentre i bersaglieri sbarcarono a Trieste, chiamati dal locale comitato di

salute pubblica, che però aveva richiesto lo sbarco di truppe dell'Intesa.

Faber: Emarginati, ribelli e prostitute. 6

De Andrè e il tempo. Confronto con Seneca.

Passa il tempo sopra il tempo, ma non devi aver paura. sembra correre come il

vento, però il tempo non ha premura.

[La stagione del tuo amore De Andrè]

Quello che non ho

Quello che non ho è una camicia bianca

Quello che non ho è un segreto in banca

Quello che non ho sono le tue pistole

Per conquistarmi il cielo, per guadagnarmi il sole.

Quello che non ho è di farla franca

Quello che non è quello che non mi manca

Quello che non ho sono le tue parole

Per guadagnarmi il cielo, per conquistarmi il sole.

Quello che non ho è un orologio avanti

Per correre più in fretta e avervi più distanti

Quello che non ho è un treno arrugginito

Che mi riporti indietro da dove son partito.

Quello che non ho sono i tuoi denti d’oro

Quello che non ho è un pranzo di lavoro

Quello che non ho è questa prateria

Per correre più forte della malinconia.

Quello che non ho sono le mani in pasta

Quello che non ho è un indirizzo in tasca

Quello che nonho sei tu dalla mia parte

Quello che non ho è di fregarti a carte.

Quello che non ho è una camicia bianca

Quello che non ho è un segreto in banca

Quello che non ho sono le tue pistole

Per conquistarmi il cielo, per guadagnarmi il sole.

Faber: Emarginati, ribelli e prostitute. 7

Il “De brevitate vitae” di Seneca

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