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Estratto del documento

comprensione più chiara dell’evoluzione culturale in Italia all’inizio del XX secolo, che

avrebbe, nel giro di pochi anni, contribuito al successo del Fascismo.

La relazione tra futurismo e fascismo non sono generalmente ammesse, ma la violenza

estrema di questo manifesto può aiutare a spiegare perché il fascismo ebbe l’opportunità di

usare con successo il suo stile e il suo aspetto tipicamente nazionalista: Marinetti divenne in

Italia uno dei più importanti rappresentanti della cultura fascista.

Il Futurismo nel suo tempo

È normale che il Futurismo, nascendo in un'epoca decadente, dove veniva esaltata la

psicologia, l’anima e l’interiorità, abbia avuto tantissime contraddizioni. All'immobilismo

scolastico e accademico ereditato dalle "tre corone" della poesia decadente (Carducci,

Pascoli e D'Annunzio) i futuristi oppongono il distruttivismo e, all'armonia e alla

raffinatezza, contrappongono il disordine delle parole.

Secondo i futuristi, questi poeti devono essere completamente rinnegati perché incarnano

esattamente i quattro ingredienti intellettuali che l'avanguardia vuole abolire:

 La poesia morbosa e nostalgica;

 Il sentimento romantico;

 L'ossessione della lussuria;

 La passione per il passato.

Il manifesto della letteratura futurista.

Marinetti e altri esponenti (Corrado Govoni e Aldo

Palazzeschi) intendono rompere con il passato, ritenuto ormai

morto e incapace di offrire al presente qualunque stimolo,

sottolineando l’esigenza di rinnovare la società in ogni suo

aspetto. Nel “Manifesto tecnico della letteratura futurista”,

Marinetti proclama:

"... ROMPERE OGNI LEGAME CON LE FORME

POETICHE TRADIZIONALI...

... SPERIMENTARE LINGUAGGI INEDITI...

... ABOLIRE LA PUNTEGGIATURA... ”

6

I futuristi rivoluzionarono anche la tipografia attraverso l’utilizzo di differenti caratteri

(corsivo, grassetto) per evidenziare alcune parole rispetto ad altre come troviamo nella

raccolta “Zang Tumb Tumb”.

Il Manifesto della cucina futurista.

Tutte le avanguardie storiche del Novecento appaiono debitrici verso il Futurismo. Il 28

dicembre 1930, nella "Gazzetta del popolo di Torino", appare il “Manifesto della cucina

futurista”, firmato dal solito Marinetti. Il proclama non nasce dal nulla, ma si riallaccia a

una discussione iniziata il 1° gennaio 1913 con il manifesto “Le cubisme culinaire” scritto

da Apollinaire e pubblicato sulla rivista parigina "Fantasio". In esso il poeta esponeva i

fondamenti di un nuovo tipo di cucina capace di compiere quella rivoluzione sensoriale che

in pittura era stata portata dal cubismo. Esso sarà ripreso, in maniera decisiva, solo nel 1930,

quando, provocatoriamente, Marinetti decide di ripubblicare il manifesto di Maincave su

"La cucina italiana", in quel tempo rivista di punta della gastronomia nazionale. Secondo

Marinetti bisognava eliminare la pastasciutta perché considerata un alimento difficilmente

digeribile, che appesantisce e assonna. Illustra anche le altre rivoluzioni da portare a tavola e

secondo la sua prospettiva, la chimica deve impegnarsi nell’inventare cibi in pillole che,

distribuite dallo Stato, possano sfamare e nutrire il popolo e l’uomo non dovrà più lavorare

per procurarsi il cibo. Negli ultimi punti del suo manifesto, afferma che bisogna mangiare

con le mani e che vanno abolite le posate, poiché il cibo deve dare un “piacere tattile”;

prevede inoltre dei “bocconi simultanei che contengono dieci, venti sapori da gustare in

pochi attimi” capaci di “riassumere un’intera zona di vita”.

Il Manifesto della cucina futurista suscita subito accese discussioni, che si riflettono su

numerosissimi giornali, soprattutto satirici. Nel 1931 addirittura la polemica supera i confini

nazionali e trova posto in giornali francesi, inglesi, tedeschi e americani. In tutta Italia

vengono organizzate una serie di banchetti futuristi anch'essi ampiamente documentati dalla

stampa. In seguito a tanto scalpore mondano, nel 1932 esce il libro “La cucina futurista”,

curato da Marinetti e Fillìa, che oltre al manifesto riporta tutte le cronache giornalistiche dei

banchetti futuristi, nuove ricette e istruzioni per perfetti pranzi futuristi e inoltre un "piccolo

dizionario della cucina futurista", che chiude il libro, e un racconto inedito, dedicato al

rapporto tra eros e cibo, che lo apre. 7

Filippo

Tommaso Marinetti

Il fondatore del futurismo nasce nel 1876 ad Alessandria

d'Egitto, dove frequenta il collegio di gesuiti francesi. Nel 1893

si trasferisce a Parigi, dove perfeziona gli studi e ottiene il

baccalaureato in lettere, ma, invece di dedicarsi subito alla

letteratura, segue il volere del padre, Enrico, un grande

avvocato, e si laurea in legge all'Università di Genova nel 1899.

Il primo successo letterario gli viene da un poemetto in versi liberi "Le vieux marins"

(1898). Nel 1902 Marinetti pubblica in francese il suo primo libro, il poema epico "La

conquete des étoiles" e a seguire la tragedia "Roi Bombance", intrisa di un profondo

pessimismo sociale e, sempre nello stesso anno Marinetti fonda a Milano con Sem

Benelli e Vitaliano Ponti la rivista internazionale "Poesia". Il Futurismo nasce per un atto di

volontarismo estremo: si tratta di inventare una nuova formula, una letteratura nuova, adatta

ai tempi nuovi; lancia così il "Manifesto del Futurismo" da "Le Figaro" di Parigi il 20

febbraio 1909. Sceglie il foglio parigino e la lingua francese per rivolgersi a un più vasto

pubblico. Come teorico e polemista, Marinetti distingue in quella che egli stesso definisce

"l'arte di fare manifesti". Nelle sue mani il "manifesto" si trasforma: da esposizione più o

meno pacata e brillante di idee letterarie o altro, diviene un testo incandescente, terroristico,

dotato di valenze spesso paradossali e simboliche. Imponente e prestigiosa è la serie di

8

manifesti marinettiani: da quello di "fondazione", a "Uccidiamo il chiaro di luna!", dai

"manifesti tecnici" in cui si enuncia la teoria delle parole in libertà a quello, scintillante di

brio e di invenzioni sul "Teatro di varietà" e così via. All'estensore dei manifesti va

affiancato il Marinetti polemista e lo scrittore politico. Di fatto Marinetti e altri futuristi

collaborano attivamente al fascismo delle origini, ma già nel 1920, al Secondo Congresso di

Milano, Marinetti esce dai Fasci per rientrarci nel 1929 e diviene accademico d'Italia. Per

quanto riguarda Marinetti come scrittore creativo, le due composizioni più strettamente

parolibere sono: "Battaglia Peso + Odore" (1912) e "Zang Tumb Tumb" (1914), documenti

letterari importantissimi ma scarsi di vera sostanza poetica. Subito, a partire dal "romanzo

esplosivo", "Otto anime in una bomba" (1919), Marinetti usa la sua stessa teoria come

un'impalcatura, un sostegno per una più complessa costruzione letteraria. Convinto

dell'utilità della guerra, partecipa ai conflitti della sua epoca: la guerra libica, la guerra

bulgaro- turca, la prima guerra mondiale, la guerra d'Etiopia e infine la seconda guerra

mondiale. Dopo lo sbarco alleato ad Anzio (1943) Marinetti si trasferisce a Venezia, dove

continua a lavorare alle sue opere, "La grande Milano tradizionale e futurista" e "Una

sensibilità italiana nata in Egitto". Nel 1944 è a Salò tra gli aderenti alle Repubblica Sociale

Italiana, in cui vede finalmente eliminata l'odiata monarchia. Nell'agosto dello stesso anno si

trasferisce a Bellagio, dove il 2 dicembre muore per una crisi cardiaca. Poche ore prima

aveva composto la sua ultima opera, "Il quarto d'ora di poesia della X mas", nella quale

ritrova alcuni tra gli accenni più profondi della sua poetica. 9

Il Menu Futurista

Il menu sta a indicare l’elenco di tutti i piatti che un’azienda ristorativa può offrire al cliente

durante un pranzo o una cena. In antichità il menu veniva compilato in modo da presentare

tutte le vivande offerte durante i banchetti lussuosi in un’unica pagina perché il cliente era

costretto a consumare la scelta altrui. In questo caso dovevano essere riportate

obbligatoriamente tredici portate per scaramanzia, ottenendo così un documento

appariscente e banale. Auguste Escoffie, celebre chef francese, con il suo “Le livre des

menus” scritto nel 1912 assegna al termine menu due distinti significati: il primo indica

l’insieme delle pietanze e delle bevande che entrano nella composizione di un pasto; il

secondo si riferisce al cartoncino sui cui il programma è riportato. Il menu non è sempre

esistito, ha fatto la sua prima comparsa all’inizio dell’Ottocento, quando il cosiddetto

servizio alla francese, che prevede la disposizione contemporanea di tutte le portate sulla

tavola, fu progressivamente sostituito da quello alla russa, in cui i piatti vengono presentati

dai camerieri in ordinata successione. In questo modo non fu più possibile avere una

visione globale e immediata dell’intero pasto e si rese necessaria la presenza di

un’informazione scritta, il menu appunto, che ognuno trovava al proprio posto e sul quale

era esposto il programma della serata. Il menu è una testimonianza affascinante di quanto e

come si siano trasformate, in quasi due secoli, le nostre abitudini al ristorante e sono dei

documenti indispensabili per tracciare una storia delle mode gastronomiche degli ultimi due

secoli. Esaminandone i contenuti si può, per fare solo un esempio, ripercorrere il momento

in cui, in Francia, nacquero i menu à la carte e i ristoranti cominciarono a vantare maggiori

10

pretese di eleganza, offrendo ai commensali, oltre a un eccellente livello di cucina, ambienti

alla moda e tavoli separati. Oggi, nei locali di maggiore prestigio, il menu, nella sua

continua evoluzione, si presenta generalmente con una grafica sobria ma allo stesso tempo

accattivante. Il menu viene scritto quasi quotidianamente per permettere al cliente di avere

sempre una scelta di piatti e non cadere nella ripetizione che potrebbe stancare il palato.

Il menu viene classificato in tre categorie:

Menu a prezzo vario. Viene definito anche menu alla carte o alla gran carte, in quanto da al

cliente la possibilità di scegliere, secondo le proprie esigenze, la tipologia di piatto con

relativo prezzo.

Menu a prezzo fisso. Permette al cliente di scegliere due o tre portate definite dal ristoratore

con un prezzo già stabilito. Le aziende che decidono di scegliere questa tipologia di menu,

devono avere almeno otto menu per mese.

Menu a prezzo concordato. Vengono offerti dei pacchetti ristorativi che risultano agevolati

per il cliente e per l’azienda, soprattutto durante le cerimonie che richiedono un numero

elevato di ospiti. 11

Il Fascismo

Il fascismo fu un movimento politico italiano, fondato da Benito Mussolini nel 1919. 12

Le origini del fascismo

Il fascismo nacque in Italia in una situazione politica ed

economica particolare. L’Italia era uscita vittoriosa dalla

prima guerra mondiale e aveva ampliato il suo territorio.

Nonostante ciò, le conseguenze del conflitto furono molto

gravi: oltre 600.000 morti e un milione di invalidi e feriti.

Non meno grave era la situazione economica in cui si trovava

il paese, distrutto dalla guerra e sommerso dai debiti. Non

solo le promesse di un lavoro sicuro, fatte ai reduci di guerra,

non poterono essere mantenute, ma gli agricoltori trovarono i

campi incolti, e molti operai rimasero senza lavoro perché la maggior parte delle fabbriche

era chiusa per mancanza di materie prime. In varie città italiane scoppiarono scioperi e

manifestazioni di protesta. I grossi industriali e i proprietari terrieri temevano una

rivoluzione socialista e chiedevano un deciso intervento del governo per reprimere i moti di

protesta. In questo clima di incertezza e malcontento generale, si fece avanti Benito

Mussolini, un giornalista poi entrato in politica, che formò a Milano un’associazione

chiamata Fasci di combattimento o Camicie Nere per il colore della loro divisa. In poco

tempo vi aderirono numerose persone, convinte che solo l’ordine, l’autorità e la forza

avrebbero potuto porre rimedio alle difficoltà del momento. Grazie all’appoggio economico

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