Anteprima
Vedrai una selezione di 9 pagine su 40
Cibo tra rappresentazione e sostanza Pag. 1 Cibo tra rappresentazione e sostanza Pag. 2
Anteprima di 9 pagg. su 40.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Cibo tra rappresentazione e sostanza Pag. 6
Anteprima di 9 pagg. su 40.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Cibo tra rappresentazione e sostanza Pag. 11
Anteprima di 9 pagg. su 40.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Cibo tra rappresentazione e sostanza Pag. 16
Anteprima di 9 pagg. su 40.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Cibo tra rappresentazione e sostanza Pag. 21
Anteprima di 9 pagg. su 40.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Cibo tra rappresentazione e sostanza Pag. 26
Anteprima di 9 pagg. su 40.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Cibo tra rappresentazione e sostanza Pag. 31
Anteprima di 9 pagg. su 40.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Cibo tra rappresentazione e sostanza Pag. 36
1 su 40
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

• Negli uccelli è presente il gozzo, una cavità sotto il

becco nella quale avviene una prima digestione del

cibo, che poi andrà a finire nel ventriglio

procedendo fino all'ano.

• I ruminanti hanno lo stomaco diviso in

quattro camere: rumine, reticolo, omaso

e abomaso. Nell'uomo

l'apparato

digerente è diviso

in bocca, faringe,

esofago, stomaco,

intestino tenue

(duodeno, digiuno

ed ileo) e intestino

crasso (cieco colon

e retto).

Il sistema digerente dell’uomo, è il più evoluto.

Il cibo ingerito entra nella bocca e percorre faringe, esofago, stomaco,

intestino tenue e intestino crasso . Le sostanze alimentari non digeribili

vengono espulse dall’ano.

La digestione del cibo consiste nella sua demolizione meccanica (nella bocca)

e chimica (nel tubo digerente) per assorbire i monomeri che esso contiene.

Ciò che introduciamo nella bocca, viene sminuzzato per mezzo dei denti

(molari, premolari, canini e incisivi) e mescolato grazie alla lingua con la

saliva, una sostanza che viene prodotta dalle ghiandole salivari. Già la saliva

stessa contiene sostanze per la trasformazione e per la digestione del cibo

come una glicoproteina mucosa, che lubrifica il cibo solido e protegge il

rivestimento interno della bocca, sostanze tampone per la neutralizzazione

degli acidi, il lisozima, una sostanza antibatterica, e l’amilasi salivare, un

enzima digestivo che idrolizza l’amido.

Il cibo mescolato quindi alla saliva, diventa bolo alimentare e viene spinto

nella faringe per mezzo della lingua (che inoltre contiene i ricettori del gusto

nelle papille gustative).

Al passaggio del bolo nella faringe, la laringe (organo vocale) si alza e fa

abbassare l’epiglottide, una struttura cartilaginea che impedisce l’entrata

nelle vie aeree.

Il bolo entra nell’esofago, un tubo che termina nello stomaco formato da

quattro strati: mucosa (strato più interno dove viene secerto il muco),

sottomucosa (contiene vasi sanguigni, terminazioni nervosa, linfonodi e vasi

linfatici) , tonaca muscolare ( due strati di fibre muscolari) e sierosa (strato

Nello stomaco avviene l’intervento dei succhi gastrici composti da muco,

enzimi e acidi forti.

I succhi gastrici vengono prodotti dalle ghiandole gastriche collegate allo

stomaco dalle fossette gastriche.

Il cibo stesso stimola il corpo umano a produrre un ormone, la gastrina, che

stimola la produzione dei succhi gastrici che verrà cessata con un

meccanismo a feedback negativo quando l’acidità nello stomaco supererà

un certo livello.

Il bolo alimentare mescolato a questi succhi diventa chimo e passa

nell’intestino mediante lo sfintere pilorico un po’ per volta ad intervalli

regolari.

L’intestino è un tubo lungo nell’adulto anche più di sei metri che termina

con la valvola ileocecale. Si divide in tre parti: duodeno, digiuno ed ileo. Il

chimo dentro l’intestino stimola la produzione di due ormoni: secretina e

cck, che hanno come organo bersaglio due ghiandole: fegato e pancreas, i

quali riversano i propri secreti attraverso i loro dotti ( coledoco e dotto

pancreatico). Il pancreas produce una soluzione basica ricca di bicarbonato

e di enzimi digestivi. Il fegato la bile (accumulata poi nella cistifellea) che

contiene sali biliari che facilitano la demolizione dei grassi.

Nell’intestino tenue termina la digestione chimica. Le sue pareti presentano

delle estroflessioni per mezzo le quali le sostanze nutritive entrano nei vasi

linfatici o nei capillari e per mezzo della vena porta arrivano al fegato il

quale trasforma le sostanze nutritive in componenti utili al corpo. Ad

esempio trasforma i monosaccaridi come fruttosio e galattosio in glucosio

conservato in forma di glicogeno, o trasforma i grasso in ATP, o provvede a

MA LA DOMANDA PIU’ IMPORTANTE

E’…………..

COSA ENTRA NEL

NOSTRO

SISTEMA DIGERENTE?!

L’essere umano è l’unico animale che non si

accontenta di nutrirsi con quello che trova in

natura, ma inventa, sperimenta, mescola e crea

sapori sempre nuovi al suo palato………….

Insomma cucina.

Scalda, raffredda, scioglie, solidifica e crea ciò

che la natura non è in grado di “cucinargli”, ma

essa dona gli ingredienti fondamentali per

permettere all’uomo di unire il piacere ad un

processo necessario alla vita come la nutrizione.

APICIO E PETRONIO

L’ARTE E

CULINARIA LA CENA

DI

TRIMALCHIONE

APICIO

E L’ARTE CULINARIA

Salsiccie lucane, prosciutto della Marsica, anguille del Garda, spigola del

Tevere, rombo di Ravenna, ricci e frutti di mare di Miseno, formaggi di Sarsina

a forma piramidale, rape di Norcia, cipolle di Pompei, cardi siciliani, olive

ripiene del Piceno, sale di Ostia, vini della Sabina, di Sorrento, di Salreno…..

Non si può certo dire che gli scrittori latini (Catone, Marziale, Orazio,

Petronio…) siano avari di notizie su prodotti e specialità gastronomiche di

città che oggi definiamo italiane.

Molti scrittori hanno descritto scene di banchetti, la più celebre è

indubbiamente la “cena del liberto Trimalchione” nel Satyricon di Petronio.

L’opera più importante di genere gastronomico scritto in latino è il “De re

coquinaria” scritta da Marco Gavio Apicio, che ci consente di conoscere i gusti

alimentari dei romani del suo tempo e che ebbe una grande influenza per

secoli in quest’arte.

Gli storici ricordano tre diversi personaggi col nome di Apicio vissute in

epoche diverse, dall’età repubblicana a quella di Traiano. Marco Gavio Apicio

visse sotto il regno di Tiberio.

Passò alla storia per le sue stravaganze e innovazioni culinarie.

IL DE RE COQUINARIA

Il “De re coquinaria” è un testo molto complesso e costituito da più sezioni

non omogenee tra loro perché probabilmente composte in tempi diversi,

diviso in dieci libri. Molte sono le ricette di salse e di piatti completi.

Il primo libro contiene suggerimenti vari sulla preparazione del vino, sul

modo di conservare frutta, verdura e carne, sul riconoscimento del buon

miele e sulla preparazione di salse.

Il secondo libro è dedicato all’ impiego di carni tritate . Si nota l’ uso di

alimenti poveri ed erbe aromatiche, tutto descritto in ricette perlopiù di facile

esecuzione .

Il libro terzo è dedicato agli ortaggi e alla loro conservazione, visti più come

medicinali saporiti che some contorni.

Il quarto libro vengono raccolte ricette per salse torte, piatti di verdure

antipasti, frutta cotta e formaggi.

Il quinto libro è dedicato ai legumi, nel sesto si parla di come cucinare

cacciagione e animali da cortile.

Il settimo è il libro delle “vivande prelibate” (vagine sterili, calli di

dromedario , cotenne , piedini di maiale e di cinghiale , fegato d’ oca , poppa

di scrofa , lombi , rognoni , prosciutti).

Nell’ottavo si parla di come cucinare i quadrupedi come cinghiali e cervi.

Il nono e il decimo invece sono dedicati a come pescare e come cucinare il

A CENA DI TRIMALCHION

La “cena di Trimalchione” è un racconto tratto dal Satyricon di

Petronio. Viene descritta la volgarità di come un liberto sfoggiava le

ricchezze ottenute.

È un’indimenticabile descrizione del banchetto del nuovo ricco

Trimalchione, rozzo ed esuberante ospite. Anche se il racconto è

volutamente esagerato, tutto reso per enfatizzare la grossolanità del

personaggio. Inoltre ci offre la possibilità di conoscere il gusto

culinario dei Romani.

La descrizione di cibi prelibati e oggi per noi molti strani (ghiri

cosparsi di miele e semi di papavero) si mescola a quella di cibi più

tradizionali (salsicce, focacce, trionfi di frutta), il tutto presentato con grande

abbondanza di suppellettili preziose (asinelli di bronzo, griglie di argento,

cappelli ed elmi per guarnire vitelli e cinghiali).

Naturalmente il tutto innaffiato di abbondantissimi vini . Il vino è infatti è un

alimento fondamentale della mensa romana, tanto da essere compreso

perfino nelle razioni degli schiavi, consumato diluito con acqua e spesso con

l’aggiunta di miele, resine o spezie.

Petronio esalta l’abilità dei cuochi romani che, oltre a manipolare

sapientemente sapori tanto diversi, riuscivano a dare ai piatti un aspetto

diverso da quello che ci si poteva aspettare, imbandendo ad esempio carne

Nel medioevo, la cultura della tavola, e la gastronomia non

potevano non risentire della povertà dell’epoca e dei forti richiami

della Chiesa ad un stile morigerato e contenuto.

L’abbondanza e la qualità del cibo rimase sempre e comunque nel

corso dei secoli simbolo di

ricchezza, potenza e benessere.

Nel corso della storia cresce anche l’interesse di studiosi e

letterati sul cibo e l’alimentazione e sulla loro influenza sulla

società umana.

Ricordiamo che lo stesso Leonardo Da Vinci si dilettò in cucina,

anche se spesso con risultati

davvero non all’altezza della sua fama. Nella lettera di

presentazione a Ludovico il Moro scrive: “Io non ho rivali a

costruire ponti, fortificazioni e catapulte..la mia pittura

e la mia scultura reggono il confronto con quelle di qualunque altro

artista… e faccio delle torte che non hanno uguali”.

“La scoperta d'un nuovo manicaretto giova all'umanità più che la

scoperta d'una nuova stella".

Così scriveva ai tempi della rivoluzione francese il magistrato

Anthelme Brillat-Savarin,. Scrisse saggi di diritto, ma il suo nome è

rimasto legato alla “Fisiologia del gusto” (1825), non un libro di

cucina in senso tecnico, ma una serie di gustose meditazioni sulla

civiltà e i piaceri della tavola. Gli stessi suoi contemporanei lo

FEUERBACH

La nuova filosofia di Feuerbach, nata prima dall’amore e poi dalla critica dell’

idealismo hegeliano, vuole l’uomo come l’unico vero oggetto della filosofia,

l’uomo

nella sua concretezza, nella sua corporeità, nella sua fisicità .

Feuerbach giunge a dire, in modo un po’ paradossale ma che indica bene

la sua esigenza di concretezza, che "l’uomo è ciò che mangia": si noti che

Mann ist wa isst.

in tedesco è un gioco di parole che suona così :

L’obiettivo manifesto che Feuerbach si pone è, naturalmente, quello di

sostenere un materialismo radicale e anti-idealistico, a tal punto da

portarlo a sostenere che noi coincidiamo precisamente con ciò che

ingeriamo… La libertà del volere consisterebbe dunque nella libertà di

scelta entro i limiti di un determinato genere. Se da una parte la

genere cibo

dipendenza dal non è l’effetto di una libera scelta della

singolo cibo

volontà, nella scelta di questo o quel la volontà sarebbe libera a

tutti gli effetti.

Forse questa coincidenza tra essere e mangiare potrà sembrare un po’

eccessiva, ma è innegabile il fatto che, se siamo, è perché mangiamo. Che

poi siamo ciò che mangiamo, forse è un po’ troppo, con buona pace di

Feuerbach.

Feurbach inoltre interpretata l’alimentazione come la base che rende

Nello stesso secolo in Italia ci furono altri

uomini di cultura interessati, seppur in

modo diverso al cibo e alla cucina e alla loro

influenza sull’esistenza umana.

Ad esempio Pellegrino Artusi esaltò l’arte

del ricettario facendone uno strumento di

unità per il popolo italiano.

Molti scrittori inserirono nelle loro opere

descrizioni e riferimenti al cibo e alle

abitudini alimentari dei protagonisti.

PELLEGRINO

GIOVANNI

ARTUSI VERGA

VS

TOMASI DI

LAMPEDUSA

PELLEGRINO ARTUSI

Pellegrino Artusi usò la cucina per unificare gli italiani nel momento

dell’unificazione dello stivale.

Da nord a sud, gli italiani avevano culture, usi, costumi molto

diversi.

Come disse Cavour bisognava fare gli italiani.

Mentre Alessandro Manzoni avviò un progetto di unificazione della

lingua scrivendo i suoi promessi sposi in fiorentino, l’Artusi scrissi un

ricettario, “La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene", che

raccoglieva ricetta di tutta l’Italia avendo un successo pari al

romanzo storico manzoniano.

Lo scambio interregionale appare dunque la chiave per accede

progressivamente ad un coscienza nazionale senza sacrificare il

passato, senza sminuire le proprio origini.

Con questo scritto, Artusi diventa agli occhi delle future massaie il padre della

cucina italiana e uno dei padri della cultura del nuovo stato.

Pellegrino nacque a Forlimpopoli nel 1820 dove la famiglia gestiva un’avviata

drogheria.

Dettagli
Publisher
40 pagine
799 download