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La crisi del '29
Il boom degli anni venti
In seguito alla prima guerra mondiale, negli Stati Uniti si verificò una crisi di sovrapproduzione,
dovuta alla cessione delle esportazioni verso l'Europa. Il mercato interno, quindi, non era più in
grado di assorbire la massa di merci prodotte, e di conseguenza nacque l'esigenza di ampliare il
mercato. Quest'esigenza poteva concretizzarsi riprendendo le esportazioni verso i Paesi europei, i
quali però, erano rimasti privi dei mezzi finanziari per ricostruire le loro economie disastrate.
La ricostruzione economica era quel presupposto affinché quei Paesi potessero procedere al
pagamento delle ingenti riparazioni imposte dai trattati di pace a favore delle potenze vincitrici;
queste ultime, a loro volta erano alle prese con i debiti di guerra contratti con gli Stati Uniti.
Prese quindi piede la convinzione che un consistente aiuto finanziario anche agli Stati vinti, avrebbe
innescato benefiche conseguenze.
Ebbe così origine un piano economico, basato sul far affluire capitali statunitensi verso la
Germania, per fare in modo che si riprendesse la produzione sia tedesca, che, indirettamente, degli
altri Paesi vinti. Il denaro americano rivitalizzò l'economia europea, e permise ai Paesi vinti di poter
pagare il prezzo delle riparazioni ai vincitori, che poterono così estinguere i debiti con gli Stati Uniti
per le forniture belliche.
Gli Stati Uniti fecero affluire i capitali in eccedenza verso l'Europa, che era sempre più legata a loro
per le forniture di prodotti agricoli e industriali per via dei prezzi più convenienti praticati rispetto a
quelli degli operatori europei.
In breve tempo si verificò un enorme giro di affari, con un conseguente notevole sviluppo
economico, che sfociò in un vero e proprio boom tra il 1925 e il 1926.
L'aumentata produttività fece crescere i salari, determinando un miglioramento del tenore di vita
degli americani, tra i quali si diffuse un crescente ottimismo. In questi anni nasce l'American way of
life, il modo di vita americano, caratterizzato in particolar modo da larghi consumi.
La crisi 3
Convinti che la situazione di benessere non potesse terminare, il mondo produttivo statunitense si
rese protagonista di una gara alla produzione, che coinvolse anche le banche in un giro enorme di
prestiti e speculazioni. Queste ultime, praticavano una politica di agevolazione creditizia,
determinando una crescita di liquidità, che induceva le imprese non a investire nella produzione, ma
ad investire in speculazioni di Borsa. La Borsa di New York, infatti, tra il 1927 e il 1928 spostava
un'enorme quantità di ricchezza che non aveva alcuna base reale nell'espansione della produzione.
Il grosso volume d'affari incoraggiava anche i piccoli risparmiatori ad affrontare i rischi del gioco in
borsa; si diffuse così una specie di “febbre speculativa”, il prezzo dei titoli quotati in Borsa saliva
vertiginosamente, tutto ciò fece dimenticare che l'equilibrio economico è fondato sull'equilibrio del
marcato, e quindi da un equilibrio tra offerta da parte dei produttori e domanda da parte dei
consumatori.
Ma al crescere dei titoli di borsa corrispondeva il calo della produzione, dovuto ad una crisi di
sovrapproduzione, causata specialmente dalla diminuzione delle esportazioni da parte degli Stati
Uniti. Molti prodotti sia agricoli che industriali rimasero invenduti, i prezzi diminuirono
drasticamente e numerose fabbriche furono destinate a chiudere.
A quel punto gli speculatori ritennero fosse il momento di vendere le azioni per realizzare i
guadagni sperati, La corsa alle vendite però fece crollare in picchiata il valore dei titoli, fino ad
arrivare, il 24 ottobre 1929, al crollo della Borsa di New York, seguito dall'inevitabile crollo dei
titoli azionari, e alla chiusura di molte imprese.
Nel giro di due anni la produzione industriale calò di oltre la metà, provocando il fallimento di
industrie e banche. La disoccupazione aumentò vertiginosamente. La catastrofe economica degli
Stati Uniti si diffuse ovviamente anche nel resto del mondo, dando inizio ad una crisi gravissima
che si concluse definitivamente soltanto dopo la seconda guerra mondiale.
In Europa, il ritiro dei capitali statunitensi e l'arrivo sul mercato di merci a bassissimo prezzo,
provocarono una diminuzione della produzione, e il conseguente aumento della disoccupazione.
Gli effetti della crisi si sentirono sopratutto in Germania, poiché la sua economia era strettamente
legata a quella degli Stati Uniti; qui si ebbe una ripresa economica solo con la nomina di Hitler alla
cancelleria.
Il 1929 non fu un anno disastroso per tutti, infatti, alcuni industriali riuscirono a sfuggire dalla crisi,
e favoriti dalla politica protezionistica del governo fascista, riuscirono ad accaparrarsi ampi mercati
e monopolizzare alcuni settori produttivi, ovviamente tutto a danno dei consumatori.
Roosevelt e il New Deal 4
A risollevare le sorti dell'economia statunitense contribuì il nuovo presidente, il democratico
Franklin Delano Roosevelt, che elaborò un piano di emergenza, il New Deal, che prevedeva
l'abbandono di un'economia libera, verso un'economia basata su un energico intervento dello stato.
Si abbandonò la politica deflattiva, per una politica di inflazione controllata, immettendo carta
moneta nel mercato, svalutando il dollaro, e introducendo il controllo dello stato sul sistema
bancario, sulle Borse e sul mercato azionario. Roosevelt intervenne anche a livello di politica
sociale, tutelando i salari minimi, istituendo l'obbligo per gli imprenditori di trattare con i sindacati,
e realizzando una serie di lavori pubblici, che risollevarono molte aziende in crisi, facendo
diminuire anche la disoccupazione.
La politica di Roosevelt incontrò ovviamente una forte opposizione nell'ambiente capitalistico,
nonostante ciò Roosevelt venne rieletto nel 1936, e poté concludere la sua azione di governo,
sostenuto sul piano teorico dall'economista inglese Keynes, che nella sua opera sosteneva che
l'intervento dello stato deve essere limitato nel tempo e basato su un programma di spesa pubblica,
o finalizzato a contenere la domanda.
Nel 1938, la politica del New Deal, può considerarsi conclusa. Infatti, le minacce del nazismo e
dell'imperialismo nipponico, indussero il governo a moltiplicare le spese per gli armamenti, che da
sole riuscirono a far superare la crisi, tanto che la disoccupazione sparì velocemente.
Bilancio del New Deal
Com'è facile immaginare, la politica di Roosevelt cambiò alcuni dei fondamentali della civiltà
americana.
Il fattore più evidente, è la scomparsa delle tesi del liberismo, introducendo la pratica dello "Stato
assistenziale" (Welfare State), non solo in America, ma in molti paesi capitalisti.
La ripresa economica che era tra gli obiettivi del presidente, fu attuata in buona parte, ma non fu
raggiunto il pieno impiego della manodopera, cosa che avverrà solo con il riarmo, che non
apparteneva, però, alla logica di Roosevelt.
Fu conseguita in misura notevole la ridistribuzione dei redditi e venne allargata e tutelata la libertà
dei sindacati, assieme a quella politica, tanto che gli Stati Uniti divennero il rifugio di molti
intellettuali durante la persecuzione nazista e fascista (Albert Einstein, Enrico Fermi). 5
La legge bancaria del '26 e del '36, Legge
Amato e nascita dei gruppi plurifunzionali
Introduzione
Il sistema creditizio italiano, al pari di quello di altri paesi occidentali, è il risultato di una lunga
evoluzione storica.
Inizialmente, con il prevalere delle teorie economiche di tipo liberistico, abbiamo uno svolgimento
senza vincoli dell’attività creditizia che non era regolata da norme specifiche, le banche quindi
agivano secondo criteri aziendali.
Questa situazione si è protratta a lungo sin dopo la conclusione della prima guerra mondiale,
quando diversi fallimenti di banche causarono pesanti danni, fino a raggiungere, nel 1921 il dissesto
della Banca Italiana di Sconto, causato da uno squilibrio tra raccolta di risparmio rimborsabile a
vista, e concessione di prestiti a medio/lungo termine.
I vari fallimenti fecero apparire l'esigenza di una disciplina del settore creditizio, facendo nascere
all’inizio degli anni ’20 alcuni progetti di legge.
Legge bancaria del 1926
I diversi progetti di legge sfociarono nel 1926 in alcuni decreti, che furono successivamente
convertiti in legge e che rimasero a lungo in vigore. Essi stabilivano in particolare:
1. un unico istituto di emissione, cioè la Banca d'Italia (cessavano quindi di emettere moneta il
Banco di Sicilia e il Banco di Napoli),
2. l’attribuzione alla Banca d’Italia della vigilanza sull’attività delle Banche, con imposizione a
queste di una serie di vincoli (presentare il bilancio annuale, destinare una parte degli utili a
riserva).
In seguito alla crisi del Ventinove, lo stato fu costretto ad intervenire, istituendo enti finanziari
pubblici, destinati a fornire alle imprese capitali e medio/lungo termine, e a rilevare pacchetti
azionari di alcune aziende possedute da banche, per fare in modo che riacquistassero liquidità. 6
Nacquero così l’IMI (Istituto Mobiliare Italiano) con lo scopo di concedere e di assumere
partecipazioni azionarie, e nel l’IRI (Istituto per la ricostruzione industriale), che rilevò i pacchetti
azionari delle banche di interesse nazionale e delle industrie controllate da esse, diventando l'ente di
gestione delle partecipazioni statali.
Legge bancaria del 1936
Nel 1936 venne realizzata una riforma bancaria, che non ha posto solo vincoli e divieti ma ha
introdotto anche gli indirizzi di fondo per guidare e coordinare il sistema bancario.
Il sistema creditizio disegnato dalla Legge bancaria è strutturato in forma gerarchica, ed è
caratterizzato dalla distinzione netta tra aziende di credito ordinario (banche commerciali) e istituti
di credito speciale operanti a medio lungo termine.
La legge del 1936, però imponeva troppi limiti all’attività delle banche, costrette dalla
specializzazione temporale e restringeva notevolmente il loro campo d’azione.
Legge Amato
Con la Legge Amato del 1990, si è avuto un primo superamento del principio di specializzazione
bancaria. La legge ha previsto e disciplinato la trasformazione delle banche pubbliche in società per
azione, ha consentito la fusione tra banche, e soprattutto ha introdotto il gruppo bancario
polifunzionale.
Per gruppo polifunzionale si intende un sistema coordinato di società specializzate in determinati
servizi creditizi e finanziari, diretto da una società capogruppo che si occupa della pianificazione
strategica di tutto il gruppo.
La riforma del 1993 ha sostituito alla tripartizione prima esistente (Banca Centrale, Banche di
credito ordinario e Banche di credito speciale) una bipartizione: Banca Centrale e banche di credito
ordinario. In pratica, quindi, sono stati soppressi gli istituti di credito speciale.
Con l'introduzione dell'Euro, la Banca d'Italia abbandona la funzione di emissione di moneta,
funzione svolta dalla Banca Centrale Europea; la Banca d'Italia controlla l'operato delle banche di
credito ordinario, mentre la BCE delibera in materia di tasso ufficiale di sconto (tasso con cui la
Banca centrale concede prestiti alle altre banche). 7
Le forme di stato
Definizione
Il termine “forma di Stato” è il modo in cui il potere statale è distribuito tra il centro e la periferia.
Uno Stato è accentrato quando l’amministrazione statale è costituita in prevalenza da organi
centrali, con sede al centro dello Stato e competenza su tutto il territorio nazionale, e anche da
organi periferici ai quali però vengono delegate soltanto alcune funzioni amministrative, che
svolgono sotto la direzione e il controllo degli organi centrali (decentramento gerarchico).
Uno Stato è decentrato quando accanto all’amministrazione statale esiste anche una
amministrazione locale formata da enti locali o territoriali, ai quali viene riconosciuta soltanto una
limitata autonomia amministrativa, nel rispetto dei principi e dei criteri stabiliti dagli organi centrali
(decentramento autarchico).