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Sintesi


La crisi delle scienze
Estratto del documento

LETTERATURA

Musil: I turbamenti del giovane Törless (1906)

Nonostante le numerose critiche con cui la dissertazione attacca Mach, la presenza di Mach,

come abbiamo detto, è forte nella produzione letteraria di Musil. Lo si può vedere a una lettura

attenta dei diari e a un esame preciso dei testi. Lo sguardo di Musil è quello di uno

scienziato/filosofo che ha vissuto la crisi dell’immagine meccanicistica del mondo.

Mach e Musil concordano, come dice De

Angelis:«sull’importanza della vita intellettuale e

dunque sulla necessità di collegamenti universali tra i

pensieri». Ma non si giunge a una realtà irrigidita in

leggi oggettive. Piuttosto la realtà diventa labile e

insidiosa.

Musil non cede alle tentazioni irrazionalistiche che

pure erano forti nella cultura primonovecentesca. È

attraverso gli strumenti offerti dalla nuova fisica che

Musil distrugge la fede in una corrispondenza totale

tra scienza e mondo. La sua formazione scientifica

permane come una base costante di riferimento.

Nell’Uomo senza qualità, deriva da Mach il voto di

sfiducia contro la realtà nella quale viviamo. Il

possibile si sostituisce al reale. Ma già nel Törless

compare questa “assenza di qualità” considerata

come assenza di esperienze di vita e indifferenza nei

Robert Musil (1880 - 1941) confronti delle diverse opzioni che la vita offre.

Tuttavia, mentre nel Törless “l’assenza di qualità” è

legata a una sensazione di abbandono e di dolore, Ulrich (protagonista dell’Uomo senza

qualità) vive con orgoglio il rifiuto di un patrimonio di valori ormai svuotati del loro senso.

Il tema della percezione e dell’espressione

Il romanzo inizia con una citazione tratta da Maeterlinck:

« Noi togliamo stranamente valore alle cose appena le pronunciamo. Crediamo di essere scesi

sul fondo degli abissi, e quando ne riemergiamo la goccia d’acqua che stilla dalla punta

sbiancata delle nostre dita non somiglia più al mare da cui viene».

Musil pone immediatamente un diaframma tra realtà ed espressione. La conoscenza è una

discesa nel profondo dell’oscurità e una simile discesa è il percorso di Törless, il giovane

protagonista del romanzo. In molte parti del romanzo compaiono le immagini di porte,

trabocchetti, cancelli, soglie per indicare l’interconnessione tra la superficie e la profondità. La

realtà è sempre duplice e i pericoli di scivolare sotto sono costanti. Ma ogni rischio non è fine a

se stesso, perché permette di acquisire una consapevolezza che prima non si aveva.

Quando Törless viene a sapere che Basini (un suo compagno di collegio) ha rubato avviene

dentro di lui un profondo cambiamento: « Per la prima volta qualcosa era caduto come un

sasso nella vaga solitudine dei suoi sogni; era lì, non c’era nulla da fare; era una realtà. Ieri

Basini era ancora lo stesso come lui; ma s’era aperto un trabocchetto, e Basini era precipitato…

Ma allora ogni altra cosa era altrettanto possibile».

La crepa che si apre nel mondo di Törless mette in crisi la certezza che fino ad allora gli aveva

permesso di riconoscersi in un mondo stabile e solido. Se Basini era stato un ragazzo come

Törless, adesso egli era sprofondato in una realtà diversa e con lui era franata la sicurezza nei

confronti di ciò che appare in superficie. Ovunque esistono trabocchetti.

Anche l’incontro con Bozena (la prostituta che Törless e i suoi compagni frequentano) è un

altro colpo che viene inferto alla “realtà”:

« In quel momento non aveva potuto fare a meno di riandare col pensiero alla propria madre,

e ora ciò continuava a dominarlo e non c’era verso di liberarsene. S’era insinuato senza parere

nel recinto della sua coscienza… fulmineo…: quasi neanche un pensiero. E subito era seguita

una serie concitata di domande destinate a soffocarlo: “Cosa fa sì che questa Bozena possa

accostare la sua infima persona a quella di mia madre”?».

Il confronto involontario e fulmineo, tra Bozena (una prostituta) e la madre, incrina un’altra

certezza, quella che vedeva nei genitori e nella società borghese che essi frequentavano, nel

decoro e nella bellezza, i caratteri eterni e immutabili dell’unico mondo esistente.

Si affacciano all’orizzonte della coscienza esperienze che rimandano a strati nascosti di cui è

difficile anche solo parlare. Musil fa un paragone tra il cinema e l’impossibilità (sperimentata da

Törless) di afferrare un’immagine nel momento stesso in cui essa compare. A Törless sembra

di non vedere mai le cose come sono, ma di scorgere solo un balenio di immagini già passate.

La realtà è inafferrabile e ineffabile.

Quando si entra nella dimensione nascosta del reale è facile perdersi. Musil parla della lente di

ingrandimento come di un altro strumento attraverso cui ci appaiono cose che non ci sono

affatto. La lente di ingrandimento non solo ci mostra i particolari di un oggetto ma distrugge o

deforma l’oggetto stesso.

Dice Musil: «Quella prospettiva interiore che aveva sperimentato, mutevole a seconda della

maggiore o minore vicinanza, quel nesso sfuggente che a seconda del nostro punto di

osservazione assegna a cose ed eventi valori improvvisi, tra loro incommensurabili ed

estranei». Pare che qui si riecheggino le posizioni di Mach sul punto di vista.

L’esito a cui perviene Musil non è di abbandono di ogni ricerca intellettuale. Qui gli viene in

soccorso la filosofia di Mach e le ricerche della nuova fisica.

Dice Musil: «Come se attorno all’uomo fosse tracciato un confine invisibile. Quel che si prepara

al di là di esso e viene avanti da lontano è come un mare nebbioso pieno di forme mutevoli e

gigantesche, quel che s’accosta all’uomo diventando azione, scontrandosi con la sua vita, è

piccolo e chiaro, e ha dimensioni umane, contorni umani».

Non vi è rinuncia alla ragione, ma il riconoscimento dei suoi limiti. Al termine del romanzo,

dopo che Törless è stato interrogato dal preside, il ragazzo afferma di avere imparato che il

dualismo ragione/non ragione non è nella natura esterna ma dentro di lui: «Io ho in me

qualcosa di oscuro che non posso misurare razionalmente, una vita che non può essere

espressa con le parole e che tuttavia è la mia vita…».

Commenta De Angelis: «L’influsso di Mach si presenta al servizio di una valutazione

dell’irrazionale intesa sia come risposta creativa e funzionale a una situazione di fatto, sia

come cambiamento nel mondo dei valori». La ragione plasma una realtà indefinita che,

comunque, sfugge sempre a una codificazione ultima. E i modelli a cui essa fa ricorso possono

variare a seconda dei punti di vista da cui si descrivono le cose. Il fondo della realtà resta

indicibile, ma non per questo l’uomo deve rinunciare alla conoscenza.

Il tema del dualismo tra intelletto ed emozione

Törless, quando entra in contatto col mondo irrazionale, cerca, all’inizio, di risolvere i dubbi che

sta vivendo ricorrendo solo all’intelletto. L’episodio più importante è il colloquio col professore

a proposito dei numeri immaginari. Törless è rimasto affascinato dalla lezione del suo

professore di matematica sui numeri immaginari e decide di chiedergli ulteriori spiegazioni.

Il professore gli dà la seguente risposta: «E se lei potesse coglierne fino in fondo il senso [il

professore fa riferimento a un libro di Kant che era sul suo tavolo] s’imbatterebbe di continuo

in simili concetti necessari al ragionamento, che determinano tutto pur non essendo, loro,

senz’altro comprensibili. È qualcosa di molto simile a quello che succede in matematica». I

numeri immaginari sono quelli che hanno come unità di calcolo la radice quadrata di meno

uno. Ma questa radice non esiste perché ogni numero, positivo o negativo, elevato al quadrato

dà un valore positivo.

La curiosità di Törless viene delusa dal professore e quando si compra il volume di Kant e cerca

di leggerlo non ci capisce niente. I misteri della matematica sono un’altra strada di accesso al

regno infero. Non si possono risolvere. Essi rimandano a emozioni che Törless sta vivendo ma

che ancora non riesce a collegare con i propri dubbi di carattere intellettuale. Sarà Beineberg,

uno dei suoi amici, a fargli capire. Beineberg e Törless stanno discutendo sempre dei numeri

immaginari e Beineberg, come per caso, introduce il discorso su Basini. Törless dice: «Lascia

perdere per favore. Non mi va di far entrare questa storia [Basini] in questi problemi

[matematica]. Non ora». E subito dopo: «Basini e quest’altra faccenda per me sono due cose

diverse. E io non ho l’abitudine di mettere due cose diverse nello stesso calderone». Invece il

calderone è lo stesso. Basini è il ragazzo, compagno di collegio, che viene umiliato da

Beineberg, Reiting e poi anche da Törless. I riti sadici, che i ragazzi compiono in un

nascondiglio del collegio, li turbano ed eccitano. Beineberg, forse inconsapevolmente, fa

balenare a Törless l’eventualità che il problema sui numeri immaginari e su Basini abbia

un’unica origine.

Törless, nonostante le iniziali proteste, si rende conto che è vero:

«“Ma non mi interessa niente, Beineberg! Tu non mi capisci. Non hai neppure idea di quello

che mi interessa. Se mi tormenta la matematica e se mi…” ma qui rifletté in fretta e non disse

nulla di Basini, “se mi tormenta la matematica è perché dietro ci cerco qualcosa che è molto

diverso da quel che cerchi tu: niente di soprannaturale, proprio il naturale cerco, io… hai

capito?”». Dunque il tormento per la matematica è della

stessa natura del tormento per le esperienze che

sta facendo con Basini.

Il tema dei rapporti intelletto-emozione si

interseca col tema dell’espressione e della

percezione. Nel finale del romanzo Törless, come

era arrivato a conciliare dicibile e indicibile,

concilia intelletto ed emozione: «Ogni grande

scoperta si compie solo per metà nel cerchio

illuminato della mente cosciente, per l’altra metà

nell’oscuro recesso del nostro essere più interiore,

ed è innanzi tutto uno stato d’animo alla cui

estremità sboccia il pensiero come un fiore».

Basini e Beineberg rappresentano le due

possibilità che aveva di fronte a sé Törless. Il

giovane ha risolto i suoi turbamenti in modo

equilibrato; sarebbe invece potuto diventare come

Robert mason: Il giovane Torless Beineberg, che ha troppa fiducia nelle parole, o

come Basini, che vive solo nel silenzio dei sensi.

Il tema della crescita e dello sviluppo personale

Il romanzo è un romanzo di formazione. Il giovane Törless cresce verso la maturità. Lo

troviamo, all’inizio, che lascia la madre e gli affetti familiari per entrare nel collegio. Qui si

concretizzano le esperienze fondamentali che lo formano: l’incontro con Bozena, l’amicizia con

Beineberg e Reiting, i “giochi” con Basini, i dubbi intellettuali.

Törless, lasciando la sicurezza della casa paterna, perde la capacità di orientarsi e naufraga in

una indifferenza verso tutto e tutti. Ma viene risvegliato dalle sue esperienze che gli provocano

il dolore del distacco e della disillusione, ma poi gli daranno una nuova armonia.

L’arco temporale del romanzo comincia con l’arrivo del giovane al collegio e termina quando

torna a casa. La consapevolezza che ha acquisito lo ha trasformato: «Ora sapeva distinguere il

giorno dalla notte; e a dire il vero, lo aveva sempre saputo, e solo le ondate di un sogno

angoscioso avevano cancellato quei confini, e lui si vergognava di quel suo smarrimento».

Törless è diventato adulto quando ha trovato un equilibrio tra intelletto e emozione, tra parola

ed esperienza. Ha dovuto superare molte prove. È stato tentato da Bozena, Beinebrg e Reiting,

come da Basini. Ma non meno pericolosa è stata la tentazione a cui lo ha sottoposto il

professore di matematica offrendogli di soffocare le sue perplessità. Törless ha oscillato tra la

normalità che confonde l’aspetto superficiale della realtà con la realtà stessa e il naufragio nei

regni dell’inconscio.

Le sue vicende si presentano come una serie di riti di iniziazione, superati i quali le tenebre

non fanno più paura. FILOSOFIA

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