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Tesina - Premio maturità 2008
Titolo: La crisi della scienza
Autore: Lorenzo Baraldi
Descrizione: lo sviluppo delle discipline scientifiche dalla seconda metà del xix secolo ha causato profonde ripercussioni sull'immagine generale della scienza delineatasi a partire dal seicento e consolidatasi con il positivismo. sono entrati in crisi i fondament
Materie trattate: matematica, fisica, astronomia, filosofia
Area: scientifica
Sommario: Tra la fine del XIX secolo e i primi decenni del XX gli sviluppi delle matematiche misero in crisi i principi fondamentali della scienza moderna. Ancora ai tempi di Kant la geometria euclidea appariva come il modello del rigore scientifico: la sua struttura rispecchiava l'architettura stessa della realtà . Ora, cambiamenti rivoluzionari nella matematica portavano alla nascita di geometrie non euclidee. Era necessario riconoscere il fallimento della ragione scientifica, incapace di cogliere le vere strutture del reale? Oppure si doveva ammettere che una particolare forma di scienza, cui era stato attribuito in precedenza un valore assoluto, era invece solo una rappresentazione particolare della realtà , valida entro certi limiti per lo studio di particolari sistemi? Il dibattito che si avviò nella filosofia e nella scienza a partire da queste domande è noto come crisi dei fondamenti. Nel corso del XIX secolo, nell'ambito delle discipline matematiche, si erano registrati grandi progressi e si era avviata una discussione sui fondamenti della matematica. Questi progressi apparivano, infatti, difficilmente inquadrabili entro il modello classico di questa scienza, che era ancora essenzialmente fondata sull'intuizione e su una forma logica ambigua e imprecisa, ricalcata sul linguaggio comune. Filosofi e scienziati, di fronte a tali difficoltà , si chiesero se denunciare il fallimento della matematica in quanto tale, oppure se riconoscere apertamente i limiti del modello classico di scienza, per approfondirne i concetti e i metodi. La seconda strada fu intrapresa da matematici e logici, quali Frege, Hilbert, Brouwer. Questi autori tracciarono una netta delimitazione tra la matematica e le altre scienze a cui il positivismo aveva affidato in precedenza il compito di definire i principi della razionalità scientifica.
L'impatto dell'antinomia di Russell è fortissimo. Russell individua la causa delle
antinomie nell'autoriferimento, vale a dire nella possibilità di denire classi che includano
teoria dei tipi
se stesse come propri elementi. Da queste premesse, Russell elabora la ,
secondo la quale una classe non può appartenere a se stessa ma solo a un'altra classe
superiore ad essa per estensione.
1.2.2 L'intuizionismo e il formalismo
Al logicismo si oppongono in primo luogo i matematici intuizionisti. In Francia
il matematico e sico Poincaré riuta ogni possibile fondazione della matematica su
basi logiche: la matematica è, a suo parere, un'attività costruttiva, mentre la logica
ha solo la funzione secondaria di permettere la comunicazione dei risultati del pensiero
creativo. Le antinomie russelliane, la cui natura è logico-linguistica, non mettono aatto
intuizione dello
in crisi la matematica reale. Quest'ultima non si basa sulla logica, ma sull'
scorrere continuo del tempo . Questa intuizione rende possibile la costruzione successiva
e indenita degli enti matematici, che non hanno una realtà esterna, ma sono costruzioni
mentali.
Diversa sia dall'impostazione logicista sia da quella intuizionista è quella di David
Hilbert. La logica, che fa uso di nozioni aritmetiche come quelle di insieme e numero,
non può essere considerata più fondamentale della matematica, ma deve essere sviluppata
parallelamente ad essa. Le diverse teorie matematiche, come la teoria degli insiemi,
strutture assiomatico-deduttive
la geometria elementare e l'aritmetica, sono . Ciascuna
di esse risulta fondata qualora se ne provi la non contraddittorietà. Hilbert concentra
dunque la sua attenzione sulla coerenza di un sistema formale.
Anche il formalismo, tuttavia, conosce una crisi clamorosa, quando nel 1931 il matem-
teoremi di incompletezza
atico austriaco Kurt Gödel dimostra due , secondo i quali un
enunciato relativo alla non-contraddittorità di un qualsiasi sistema formale logico o
matematico è in realtà, all'interno del sistema stesso, un enunciato indecidibile: esso non
può venire mostrato nè come vero nè come falso, attraverso il riferimento alle proposizioni
del sistema. In tal modo, la fondazione dei sistemi formali, obbiettivo del formalismo,
risulta impossibile.
Spesso i teoremi di incompletezza sono stati intesi come la dimostrazione dell'esistenza
di insuperabili limiti per la ragione umana. Va notato che questi risultati sono stati
ottenuti facendo uso della logica e della ragione e non contro di essa. Questi risultati
di impossibilità, come analoghe dimostrazioni matematiche relative alla quadratura del
cerchio o alla formula risolutiva delle equazioni di quarto grado, accrescono la nostra
consapevolezza e il nostro controllo sui metodi logici e matematici di cui ci serviamo.
Infatti, Gödel dimostra che non è possibile un certo tipo di fondazione, ma non
qualsiasi forma di giusticazione: se non è possibile fondare sul più semplice (l'aritmetica
elementare) il più complesso (la matematica nel suo insieme), ciò non esclude, però,
altre forme di giusticazione, ricorrendo a teorie più potenti di quelle che si vogliono
La scienza non è però più vista come un albero che cresce sulle salde radici della
fondare.
logica, ma come un complesso di teorie, che si sorreggono a vicenda, che si giusticano
reciprocamente in un processo circolare . 5
2
Capitolo
Spazio e Tempo
Spostiamoci ora sulla sica: il primo nucleo tematico che aronteremo dal punto di
vista sico è quello dello spazio e del tempo. Analizzeremo come è cambiata dal punto
di vista scientico la concezione di queste due entità, che hanno trovato una loro unità
nel concetto di spazio-tempo, che combina le nostre classiche nozioni tradizionalmente
distinte di spazio e di tempo in un solo costrutto unico e omogeneo. Singolarmente, si
è scelto di condurre anche l'analisi delle concezioni di Aristotele e di Galileo secondo
una prospettiva spazio-temporale: infatti, benchè generalmente si pensi che la nascita
dello spazio-tempo sia una conseguenza diretta della teoria della relatività ristretta, va
ricordato che lo spazio-tempo non è un'idea originale di Einstein, e che anzi, anche le
teorie relativistiche di Galileo e Newton avrebbero potuto trarre grande vantaggio da
una prospettiva di tipo spazio-temporale, e proprio da questo punto di vista verranno
analizzate in questa sede.
2.1 Da Aristotele alla relatività Galileiana
Nella sica di Aristotele, lo spazio sico era rappresentato da uno spazio euclideo
tridimensionale, cosicchè un qualsiasi punto dello spazio rimaneva lo stesso punto anche
in un secondo istante, se l'oggetto situato in quel punto rimaneva fermo durante tale
intervallo di tempo. Anche il tempo era rappresentato come uno spazio euclideo, ma
ridotto ad una sola dimensione, qualcosa di simile a una retta dei numeri reali, ma senza
un'origine denita, uno zero temporale, insomma. In termini meno intuitivi, ma più
precisi, potremmo pensare lo spazio-tempo aristotelico come il prodotto cartesiano
A
1 3
A ×
= E E
Dunque un punto in questo modello è denito nello spazio e nel tempo da una coppia
, dove , il tempo, appartiene ad uno spazio euclideo di una sola dimensione, che
(t, x) t
abbiamo indicato con , e , punto dello spazio, appartiene ad uno spazio euclideo di
1 x
E
tre dimensioni , come mostrato nella gura 2.1.
3
E 6
Figura 2.1: Lo spazio-tempo aristotelico
Questo comporta che, considerati due eventi diversi che si svolgono in questo spazio-
tempo, abbiamo una precisa denizione della loro separazione spaziale, che è la loro
distanza, e della loro separazione temporale. In particolare, sappiamo se due eventi
accadono nello stesso luogo o nello stesso tempo; nel caso in cui due eventi si svolgano
in tempi diversi abbiamo una chiara notazione dell'intervallo temporale che li separa.
Spostiamoci ora più avanti nel tempo, nel 1638, quando Galileo formula per la prima
Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
volta la sua relatività nel , e vediamo
quale modello spazio-temporale possa denirla. La relatività galileiana è rappresentata,
dal punto di vista matematico, da un sistema di equazioni che lega le coordinate di un
sistema di riferimento con quelle di un secondo sistema di riferimento che si muove con
velocità costante rispetto ad esso; Galileo ha infatti cercato di capire come variassero
v
le leggi siche al variare del punto d'osservazione e degli spostamenti relativi dei due
sistemi di riferimento.
Ciò che Galileo ci insegna, in sostanza, è che le leggi del movimento rimangono
esattamente le stesse se riferite a un qualsiasi sistema di riferimento che si muove di
moto uniforme. Scrive infatti:
Rinserratevi con qualche amico nella maggiore stanza che sia sotto coverta
di alcun gran naviglio, e quivi fate d'aver mosche, farfalle e simili animaletti
volanti: siavi anco un gran vaso d'acqua, e dentrovi de' pescetti; sospendasi
anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vada versando dell'acqua
in un altro vaso di angusta bocca che sia posto a basso; e stando ferma la
nave, osservate diligentemente come quelli animaletti volanti con pari velocità
vanno verso tutte le parti della stanza. [..] Osservate che avrete diligente-
mente tutte queste cose, benché niun dubbio ci sia mentre il vascello sta
fermo non debbano succedere così: fate muovere la nave con quanta si voglia
velocità; ché (pur di moto uniforme e non uttuante in qua e in là) voi non
riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati eetti; né da alcuno
di quelli potrete comprendere se la nave cammina, o pure sta ferma. [3]
Dunque non possiamo distinguere un sistema di riferimento fermo da uno in moto
uniforme, e di conseguenza, non possiamo più dire che un particolare punto dello spazio
7
Figura 2.2: Lo spazio-tempo galileiano
è o non è lo stesso punto al variare del tempo. In altre parole, avremmo potuto
ragurare lo spazio-tempo di Aristotele come un grande schermo, ogni punto del quale
rimane lo stesso indipendentemente da ciò che viene proiettato su di esso; nello spazio-
tempo di Galileo non c'è più uno schermo che rimane sso mentre il tempo passa. Non
possiamo più dire, chiusi nel nostro sistema di riferimento, che un determinato punto P
dello spazio rimane lo stesso al variare del tempo: se consideriamo ad esempio un punto
sso sulla supercie terrestre, esso dopo qualche secondo si sarà spostato in conseguenza
del moto di rotazione terrestre in un'altra regione; allo stesso modo dovremmo considerare
il moto di rivoluzione, il moto di rotazione della Terra intorno al centro della Galassia, e
il moto della Galassia stessa nel gruppo Locale.
Se volessimo rappresentare lo spazio-tempo di Galileo in termini matematici, non
avremmo più un unico spazio euclideo in cui si svolgono tutti i moti del mondo sico
3
E
al variare del tempo, ma avremmo più spazi euclidei per ogni istante del tempo. Nello
spazio-tempo galileiano ogni evento ha una sua coordinata temporale, ma non ha una
G
localizzazione spaziale in uno specico spazio euclideo (gura 2.2).
3
E
2.2 La relatività ristretta
Il principio di inerzia richiedeva la denizione di un sistema di riferimento nel quale
fosse valido: Newton risolse il dilemma asserendo che tutti gli spazi relativi si riferissero
spazio assoluto
ad uno , il solo esistente invariato e immutabile, e che l'immutabilità dello
tempo assoluto
spazio assoluto fosse nient'altro che l'espressione dell'esistenza di un , che
scorre uniformemente, pervadendo tutto lo spazio assoluto.
La soluzione di Newton fu brillante e diventò un paradigma destinato a durare per
secoli. Già Galileo, tuttavia, con i suoi tentativi di misurare la velocità della luce su base
terrestre, esprimeva dubbi non risolti per l'epoca su come si dovesse intendere il principio
di relatività e quindi il principio di inerzia ad esso strettamente correlato. Questi dubbi
rimasero sopiti, ouscati dal fulgore del grande successo della meccanica newtoniana, no
al 1905, quando con l'avvento delle equazioni di Maxwell, delle trasformazioni di Lorentz
e inne della teoria della relatività di Einstein viene meno il concetto, no ad allora dato
per scontato, di tempo assoluto.
Nel paragrafo precedente abbiamo già considerato uno degli ingredienti fondamentali
8
Figura 2.3: Due eventi possono essere giudicati simultanei da un osservatore, e possono
essere invece giudicati non simultanei da un altro osservatore in moto uniforme rispetto
al primo.
della relatività generale di Einstein, il principio di relatività, che ci dice che le leggi del
moto non distinguono tra moto stazionario e uniforme. Un altro aspetto importante
è il principio di equivalenza, secondo cui la massa inerziale (la proprietà intrinseca del
corpo materiale di opporsi alle variazioni di moto) e la massa gravitazionale (la proprietà
di un corpo di essere sorgente e di subire l'inusso di un campo gravitazionale) sono
numericamente uguali. L'ultimo ingrediente di cui abbiamo bisogno per introdurre la
relatività di Einstein è la velocità nita della luce.
La teoria ristretta infatti parte dall'assunto che se la velocità della luce è una costante
allora il tempo e lo spazio sono delle variabili. Il tempo e lo spazio sono così legati
insieme a formare un nuovo spazio-tempo: quando ci si muove rispetto ad un sistema
di riferimento il tempo rallenta e la massa aumenta in maniera crescente man mano che
ci si avvicina alla velocità della luce. Da qui si deduce il motivo per cui la teoria della
relatività ristretta dice che non è possibile superare, o anche solo raggiungere, la velocità
della luce; il tempo si fermerebbe e la massa diventerebbe innita. La relatività generale
postula invece l'uguaglianza della massa gravitazionale e della massa inerziale, e ne ricava
la forma dello spazio-tempo, ovvero la sua metrica generale.
2.2.1 La ne dello spazio e del tempo assoluti
Il fatto che il tempo e lo spazio siano delle variabili comporta anche la ne del concetto
di etere, non solo come mezzo che trasmette la luce (sostituito dal campo elettromagneti-