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INDICE

CAPITOLO 1: La crisi del 1929

1) Gli anni ruggenti: la prodigiosa crescita economica degli Stati Uniti

2) Le contraddizioni dell’American Way of life: affarismo, xenofobia e protezionismo

3) Il boom della borsa

4) Segnali di crisi

5) Il crollo di Wall Street: il giovedì nero e il crollo dell’economia

6) La crisi nel resto del mondo e la risposta dei vari stati europei

7) Il New Deal e i suoi risultati

CAPITOLO 2: La crisi del 2007

1) Da una crisi immobiliare ad una crisi finanziaria

2) Da una crisi finanziaria ad una crisi economica

3) Gli effetti della crisi economica

4) I rimedi contro la crisi

5) Il New Deal di Obama contro la crisi 2

 Le basi del New Deal di Roosevelt e del piano economico di Obama

EPILOGO

La crisi del 1929 e la crisi del 2007: analogie e differenze

LA CRISI DEL 1929

1) G LI ANNI RUGGENTI: LA PRODIGIOSA CRESCITA ECONOMICA DEGLI STATI UNITI

Tra coloro che si erano arricchiti durante la Prima guerra

mondiale, il primato spettava agli Stati Uniti, i quali per

quattro anni avevano fornito agli Alleati europei i prodotti

necessari alla guerra. Nel dopoguerra il paese doveva solo

riscuotere il denaro che gli dovevano i paesi debitori

Tra il 1922 e il 1929 gli Stati Uniti conobbero una crescita

economica senza precedenti nella loro storia. La produzione

industriale salì del 64%, una crescita favorita dal basso costo

della manodopera e dalla produzione in serie organizzata

secondo il metodo taylorista. Tuttavia non si trattò solo di un

balzo in avanti a livello quantitativo ma anche di una

trasformazione a livello qualitativo, e ciò significò una

produzione di massa in tutti i settori.

Per assorbire questa produzione di massa furono creati dei consumatori di massa

L’impressione di consumi accessibili a tutti e la diffusione del benessere diffuse entusiasmo nella nazione. Gli

Stati Uniti volevano dimenticare i sacrifici della guerra, volevano distrazione e divertimento. Questi anni

passarono alla storia come «i ruggenti anni 20», inoltre l’American Way of Life, lo stile di vita americano

cominciò a rappresentare il sogno di tutti i popoli dell’Occidente.

2) L E CONTRADDIZIONI DELL’AMERICAN WAY OF LIFE: AFFARISMO, XENOFOBIA E

PROTEZIONISMO 3

Dopo la guerra gli Stati Uniti diventarono la prima potenza mondiale ad aver raggiunto livelli di ricchezza molto

più alti dell’Europa e ciò fece crescere tra i cittadini americani il rifiuto di un intervento politico a favore del

continente europeo e del resto del mondo. Ad abbracciare

queste richieste fu il repubblicano Warren Harding che

vinse le elezioni con un programma con cui il paese curava

solo i propri interessi sia politici ma soprattutto economici,

infatti il Partito repubblicano abbracciò in pieno la causa

dell’affarismo e varò una serie di misure per favorire gli

investimenti in cui: accentuò il liberismo in economia;

abbassò le imposte dirette (che colpiscono i ricchi più dei

poveri); alzò quelle indirette (che essendo applicate ai

beni di consumo colpiscono nella stessa misura ricchi e

poveri); ridusse le spese sociali rinunciando ad attivare

programmi di assistenza a favore delle classi più

povere; e abolì le leggi antitrust. In questo modo i ricchi si arricchirono sempre di più, mentre i poveri

diventarono ancora più poveri e numerosi

La volontà di difendere il benessere raggiunto e l’ordine sociale fece crescere negli Statunitensi l’intolleranza nei

confronti del diverso soprattutto nei confronti degli immigranti ma anche di coloro che non erano di religione

protestante, per questo motivo le leggi sull’immigrazione furono irrigidite per impedire la contaminazione etnica e

la diffusione delle idee sovversive provenienti dall’Europa. Emblematico fu il caso Sacco e Vanzetti i quali furono

condannati a morte solo perché italiani e di idee anarchiche.

Di grande scalpore fu anche la crescita dei consensi a favore dei Ku Klux Klan le cui azioni contro la

popolazione di colore si intensificarono e raggiunsero livelli preoccupanti.

In questo clima repressivo i repubblicani scatenarono anche la campagna proibizionista, che vietava di vendere e

consumare alcolici. Questo provvedimento fu reso esecutivo nel 1921, ma questa legge si rivelò controproducente,

infatti l’alcolismo non fu sconfitto, mentre prosperò il contrabbando, la corruzione e l’attività dei gangster (la più

famosa fu quella di Al Capone)

3) I L BOOM DELLA BORSA

Nel corso degli anni Venti, il numero e il prezzo dei titoli trattati dagli Stati Uniti crebbero ad una velocità

impressionante. Il miraggio di guadagni facili e rapidi fece diventare l’investimento in Borsa un fenomeno di

massa. I piccoli risparmiatori agivano in base i principi speculativi: acquistavano le azioni per rivenderle poco

dopo incassando la differenza e non erano interessati ad investimenti su tempi lunghi. Acquistare azioni era poco

impegnativo, il compratore pagava solo una parte dei titoli e prendeva il resto a prestito, dando in garanzia le

azioni stesse. Con il guadagno realizzato in breve tempo, contava di rendere il denaro riuscendo comunque a

racimolare un discreto profitto.

4) S EGNALI DI CRISI

Se si fosse osservata con attenzione la situazione reale dell’economia, difficilmente si sarebbe caduti nell’illusione

di una crescita infinita, questo perché nessuno si accorse che l’intero sistema produttivo statunitense soffriva di un

grave squilibrio. Infatti mentre aumentava la quantità delle merci prodotte, i salari restavano fermi a livelli molto

bassi, inoltre, le macchine introdotte nelle fabbriche richiedevano sempre meno operai e aumentava il numero dei

disoccupati. 4

Un altro problema veniva dall’agricoltura. Durante la Prima guerra mondiale gli agricoltori americani avevano

investito molto nel miglioramento del settore agricolo e avevano realizzato notevoli guadagni vendendo grano

all’Europa che a causa della guerra non produceva più beni di prima necessità.

Nel dopoguerra, però, l’agricoltura europea si riprese e molte nazioni adottarono una politica protezionista,

tassando le merci americane e comprando sempre meno da quest’ultimi. Quando i raccolti cominciarono ad

ammuffire i produttori furono costretti ad abbassare il prezzo nel tentativo di smerciarli. Abbassare i prezzi però

significò guadagnare molto meno del previsto e non avere denaro per pagare i debiti contratti, infatti nel 1927 una

gran numero di agricoltori smise di pagare i debiti alle banche che avevano prestato loro denaro e molte di esse

fallirono. Le grandi banche americane avevano le loro sedi principali a Wall Street la quale ospita anche la Borsa

dove nel 1929 si contavano cifre da capogiro.

5) I L CROLLO DI WALL STREET: IL GIOVEDI NERO E IL CROLLO DELL’ECONOMIA

La produzione industriale che in alcuni settori aveva subito

una battuta d’arresto ebbe un rallentamento generale

nell’estate del 1929 a causa di una sovrapproduzione. I titoli

continuavano a salire anche se il loro valore non

rispecchiava più il loro stato economico tanto che

nell’autunno del 1929 temendo che le azioni diffuse sul

mercato fossero destinate a un calo imminente gli operatori

liquidarono i propri titoli. Il panico si diffuse sul mercato: il

5

24 ottobre, il “giovedì nero” furono cedute 13 milioni di azioni e il 29 oltre 16 milioni e il valore delle azioni

crollò a vertici mai visti primi.

La crisi borsistica produsse una serie di effetti a catena. I risparmiatori che avevano acquistato a credito le azioni

non poterono più far fronte agli impegni. Gli agenti di borsa che a loro volta si erano indebitati con le banche

dovettero denunciare la loro insolvibilità. Gli effetti del crollo di Wall Street si trasmise dunque al sistema

creditizio: molte banche dovettero chiudere scatenando panico fra i risparmiatori, inoltre i correntisti temendo

l’azzeramento dei loro depositi si affrettarono a ritirarli riducendo ancora di più la liquidità. Il risultato fu una

gigantesca diminuzione della liquidità con serie di gravi conseguenze sul piano dell’economia reale.

Le aziende, non potendo più accedere al credito per gli investimenti, riducevano la produzione, tagliavano i salari

e licenziavano, tanta che in quel periodo il livello di disoccupazione fu pari al 25%.

6) L A CRISI NEL RESTO DEL MONDO E LA RISPOSTA DEI VARI STATI EUROPEI

La crisi del 1929 che si generò negli USA ebbe gravi ripercussioni non solo nel suo paese d’origine, ma anche nel

resto del mondo tanto che i vari paesi soprattutto quelli europei furono costretti ad adottare dei metodi abbastanza

drastici per non essere schiacciati da essa visto che gli USA si preoccuparono solo di difendere unicamente la loro

economia.

 RISPOSTA INGLESE: la Gran

Bretagna nel 1931 decise di svalutare

la propria moneta per rendere le

proprie merci nuovamente

competitive e l’anno successivo

decise di abbandonare il liberismo e

creò un sistema di “preferenze

imperiali” che favoriva i propri

prodotti sul mercato coloniale

 RISPOSTA FRANCESE: la Francia

adottò una linea deflazionistica, che

penalizzò le esportazioni francesi e ne

ritardò la ripresa economica fino al

1937

 RISPOSTA ITALIANA: l’Italia

fascista rispose alla crisi con

un’ulteriore diminuzione dei salari

che contenendo un risparmio sui costi

di produzione favoriva le grandi

imprese. La produzione industriale

tuttavia non poteva essere assorbita

completamente dal debole mercato

interno e cui erano venute a mancare

anche le rimesse degli immigrati e quindi per far fronte a questa situazione Mussolini tentò di conquistare

nuovi mercati e fu per questo che vi 6

furono nuove guerre coloniali italiane e l’entrata del Paese nella seconda guerra mondiale, tutto per motivi in

gran parte di natura economica. In Italia la crisi segnò un accentuazione del protezionismo e dell’intervento

dello Stato nell’economia accelerando così il passaggio alla politica autarchia.

 RISPOSTA TEDESCA: la Germania non poteva reagire alla crisi, come aveva fatto la Gran Bretagna, con

una svalutazione della moneta nazionale. Essa segui una politica deflazionistica fatta di un contenimento della

spesa pubblica e di riduzione dei salari. In seguito a questa scelta la Germania si trovò indifesa di fronte alle

aggressive politiche commerciali della comunità internazionale e subì un aggravamento della recessione.

Inoltre gli Stati Uniti nell’infuriare della crisi avevano sospeso i crediti internazionali e la Germania si trovò

strangolata nell’impossibilità di pagare i suoi debiti e dalla concorrenza degli altri paesi.

7) I

L NEW DEAL E I SUOI RISULTATI

Nel 1933 in America fu eletto il nuovo presidente americano: Franklin

Delano Roosevelt, un democratico che promise di risollevare la nazione

dalla grave depressione da cui era afflitta. Il nuovo presidente innanzitutto si

circondò di un gruppo di specialisti con il compito di varare un piano

economico adeguato. I punti da risolvere erano che le banche non

concedevano più prestiti all’imprese e quindi non potevano investire e

licenziavano; la popolazione senza lavoro e priva di credito riduceva i

consumi e quindi i licenziamenti aumentavano.

Quindi in primo luogo era necessario rilanciare gli investimenti delle

aziende e i consumi dei cittadini e quindi fu abbandonata la politica liberista

e si scelse invece una politica di intervento da parte dello Stato e questa fu

l’essenza del “New Deal” il nuovo corso che Roosevelt voleva realizzare.

Il New Deal di Roosevelt di divide in due fasi: la prima fase (1933-1935) furono varate una serie di riforme

urgenti per arrestare il corso della crisi che furono:

 Viene ristrutturato il sistema bancario

 Svalutazione del dollaro per rendere per rendere competitive le merci americane sui mercati esteri e per

avvantaggiare i debitori rispetto ai ceditori sul mercato interno

 Viene limitata la produzione agricola per far crescere i prezzi e aumentare i redditi di agricoltori e allevatori

 Viene creata la legge nazionale sulla ricostruzione industriale (controllo sulla concorrenza e sulla produzione)

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